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La sindrome dell’impostore

La sindrome dell’impostore è ciò che ci mette i bastoni tra le ruote.

 

La sindrome dell’impostore, quella sensazione che forse anche chi sta leggendo ha, che i successi siano arrivati per sbaglio, che non si siano davvero meritati e che qualcun* potrebbe scoprirlo in ogni momento e smascherarci.

Il lavoro pionieristico che ha scoperto la sindrome dell’impostore è quello delle studiose Pauline Clance e Suzanne Imes che, nel loro pionieristico lavoro di analisi di 250 donne con eccelsi risultati accademici erano convinte che i risultati fossero arrivati per un errore, uno sbaglio della commissione.

Questo lavoro parla di donne e della difficoltà che esse hanno nel raggiungere determinati risultati. Donne che raggiungono voti eccelsi, standard di formazione e training elevatissimi, ma che continuano a credere che ci sia stato un errore, che loro non meritino i risultati che hanno ottenuto.

Negli studi originali viene riportata la situazione di una delle donne prese in carico che, arrivata alla discussione di tesi di dottorato, era finalmente sollevata del fatto che avrebbe fallito e avrebbe smesso di essere “un’impostora”, dopo tutti quegli anni in cui era evidente che era lì senza meritarselo.

Deaux (1976) esplora per prima la presenza della sindrome dell’impostore in donne e uomini e nota, con grande meraviglia, varie cose:

  1. le donne hanno internalizzato perfettamente lo stereotipo per il quale non possono raggiungere determinati risultati eccelsi quanto gli uomini;
  2. mentre gli uomini attribuiscono il loro successo a delle capacità interne e abilità le donne lo attribuiscono a un caso fortuito, a un errore della commissione che le sta giudicando, sentendosi impostore;
  3. il fallimento per gli uomini viene vissuto come causato da una situazione esterna (un compito troppo difficile, troppo poco tempo) mentre per le donne viene visto come una mancanza di qualità e caratteristiche interne (non sono abbastanza intelligente, non sono sufficientemente preparata);
  4. nonostante i ripetuti successi la donna rimane comunque convinta che i traguardi che ha raggiunto non siano farina del suo sacco e che prima o poi la scopriranno per quello che è.

Le studiose sono andate ad analizzare le differenti tipologie di famiglie in cui le donne sono cresciute e in cui è germinata la sindrome dell’impostore. Sostanzialmente ne hanno trovate di due tipologie. La prima famiglia in cui la persona più intelligente tra fratelli e sorelle non era lei ma sempre qualcun altro che, in realtà, aveva sempre successi e riconoscimenti minori dei suoi. La seconda in cui lei stessa era la persona più intelligente, capace, bella di tutte le altre, i cui genitori dicevano che sarebbe riuscita a raggiungere qualunque cosa, così alla prima cosa non raggiunta sono crollate.

I differenti tipi di esperienze familiari portano allo stesso risultato, con la differenza che nel primo caso nelle donne rimane comunque la voglia di riuscire a farcela, nonostante sappiano che non sono mai abbastanza per il loro obiettivo. Nel secondo caso, invece, le donne si sentiranno sempre non in grado di farlo e sempre sull’orlo del tracollo e di essere scoperte.

La sindrome dell’impostore è un problema solo femminile?

La risposta è: no!

Da delle review che raggruppano tutti gli studi che trattano l’argomento (a prescindere dallo strumento utilizzato per misurarlo e dall’età del campione preso in considerazione) hanno trovato dei punti molto interessanti che dobbiamo assolutamente tenere a mente.

Innanzi tutto la sindrome dell’impostore si può trovare trasversalmente sia negli uomini che nelle donne, in quasi egual misura. La sindrome dell’impostore si presenta solo in tempistiche e in modi differenti per gli uni e per gli altri, ma li affligge allo stesso modo.

Un particolare interessante emerso da questi studi è che la sindrome affligge maggiormente le minoranze etniche.

Da dove nasce il fenomeno della sindrome dell’impostore.

La sindrome radicata all’interno delle nostre culture in modo profondo e che iniziamo a internalizzare all’incirca intorno ai 7/10 anni d’età.

E’ quello il momento in cui viene insegnato che ruolo abbiamo nella nostra società, in cui impariamo che cosa deve fare una donna e che cosa deve fare un uomo, in cui apprendiamo che chi è diverso da noi deve essere trattato in modo diverso.

Le disparità si radicano dentro di noi e ci insegnano che dobbiamo avvicinarci ad uno standard culturale che ci viene imposto altrimenti non saremo mai dei veri uomini e delle vere donne.

Ad esempio Margaret Mead (1947) osserva che una donna di successo e indipendente è vista come “una forza ostile e pericolosa all’interno della società”. Gli studi di Martina Horner’s (1972) che supportano i risultati e le osservazione di Margaret Mead, vedono il fatto che i successo per una donna sia fonte di paura e disagio. I suoi studi suggeriscono che, spesso, per paura di essere rigettate dalla società ed essere considerate meno femminili, non ci provano neanche.

Gli uomini, probabilmente, si trovano ad affrontare il risvolto dello stesso stereotipo. Laddove è l’uomo che deve portare avanti la cultura patriarcale, essere sempre infallibile e non mostrare alcun segno di cedimento è evidente che, al primo inevitabile scricchiolio che a tutti accade nelle vite, inizia ad instillarsi il dubbio di non avere le qualità per essere nel punto in cui si è.

Un problema culturale radicato in molte persone che si trovano ad essere convinte di non meritare quello che hanno e che, un giorno o l’altro, verranno scoperte da chi en sa più di loro. Due lati dello stesso problema, seppur in forme differenti, che si ripercuote sulle vite delle persone.

Allo stesso modo le minoranze etniche hanno lo stesso problema. Esse, infatti si vedono in base allo stereotipo della stessa minoranza, che non può rivestire determinate posizioni di rilievo o ottenere dei risultati importanti.

Quali sono i sintomi della sindrome dell’impostore?

Questa sindrome causa una serie di sintomatologie che a lungo andare posso portare a situazioni gravi come il burnout.

C’è un alto tasso di comorbidità con depressione, ansia, una bassa stima di sé stessi, sintomi somatici e disfunzione sociale. Negli studi ce hanno coinvolto gli studenti universitari c’era un alto tasso di persone con pensieri suicidari o con degli effettivi tentativi precedenti di suicidio.

Anche lo stesso burnout porta con sé tutta una serie di problematiche e sintomatologie molto gravi.

Bisogna quindi stare molto attenti perché questa sindrome strisciante e dilagante, che affligge tutte le persone all’interno di una società è pericolosa.

Che cosa fare in caso di sindrome dell’impostore?

Far emergere questa sindrome non è facile anche nei confronti di noi stessi. Ammettere che crediamo che i nostri risultati non siano merito nostro è qualcosa di complicato da raggiungere, figuriamoci dirlo anche a qualcun altro.

Il sapere che, in qualche modo, siamo tutti sulla “stessa barca” dovrebbe aiutare a smorzare la tensione. Serve a vedere nell’altra persona non più un competitor ma qualcun* che nel profondo può capirci e vive le stesse cose che viviamo noi.

Andare a parlare con un* psicolog* è un passaggio fondamentale per andare alla radice della sindrome, per riuscire a sbarazzarsene una volta per tutte.

Un modo molto utile con cui si può agire all’interno delle aziende è creare dei gruppi di confronto. Qui le persone si possano parlare liberamente e condividere le proprie difficoltà lavorative e parlare della sindrome stessa. Il sapere che anche le altre persone la vivono come te è rincuorante, permette di non sentirsi soli e isolati come invece accade per la sindrome.

La sindrome dell’impostore fa parte di quello che in PNL chiameremmo ‘credenza limitante’, una credenza profondamente radicata in noi che non ci permette di crescere e di goderci la nostra vita. E’ una situazione che può non solo impedirci di raggiugnere il nostro risultato e obiettivo ma anche che, una volta raggiunto, ci impedisce di goderne i frutti. Chi ne soffre non prova quel senso di ‘scopo nella vita’ che dovremmo invece riuscire a raggiungere.

Il primo passo è renderci conto che la sindrome esiste, anche se non ha ancora una voce a sé stante in nessun manuale diagnostico. Prendere consapevolezza che potremmo averla anche noi e chiedere aiuto parlandone con qualcuno e un professionista sono le tappe obbligate per riuscire a raggiungere i nostri obiettivi.

 

Bibliography:

  1. Levy, N. (2022). Impostor syndrome and pretense. Inquiry, 1-16.
  2. Chakrabarti, A., & Finkelstein, L. M. (2022). Are All High-Potentials Successful Leaders? Exploring the Underlying Effect of Impostor Syndrome and Evaluative Concerns on the Relationship Between HiPo Designation and Leadership Self-Efficacy. 
  3. Hook, G. (2022). It’s NOT Luck: Mature-Aged Female Students Negotiating Misogyny and the ‘imposter Syndrome’in Higher Education. In The Palgrave Handbook of Imposter Syndrome in Higher Education (pp. 465-480). Palgrave Macmillan, Cham.
  4. Clance, P. R., & Imes, S. A. (1978). The imposter phenomenon in high achieving women: Dynamics and therapeutic intervention. Psychotherapy: Theory, Research & Practice, 15(3), 241–247. https://doi.org/10.1037/h0086006
  5. Bravata, D.M., Watts, S.A., Keefer, A.L. et al. Prevalence, Predictors, and Treatment of Impostor Syndrome: a Systematic Review. J GEN INTERN MED 35, 1252–1275 (2020). https://doi.org/10.1007/s11606-019-05364-1
stress

Quanta stanchezza! Non sarà mica stress?

Quanta stanchezza…e quanto stress!

La pandemia ci ha messi a dura prova, per un periodo molto molto lungo. Volente o nolente tutti ne abbiamo risentito, se non nella via privata sicuramente in quella lavorativa. Sia direttamente che indirettamente.

Ci ha lasciati privi di forze e stanchi, stremati, senza energie. Questo è successo soprattutto sul lavoro: il fenomeno della great resignation è ancora in atto.

Un fiume di stanchezza che non capiamo bene da dove venga..e se provenisse dallo stress?

Ma che cos’è lo stress sul posto di lavoro?

Lo stress è la capacità che ha un dato organismo di sopravvivere alle situazioni ambientali. Per stress si intende proprio quel’attivazione fisica che permette la sopravvivenza tramite la reazione di attacco/fuga.

Quando lo stress avviene sul posto di lavoro si chiama stress da lavoro correlato.

Stime della FIASO ci dicono che 1 lavoratore su 4 soffre di stress da lavoro correlato, la spesa calcolata sull’EU-15 è di 20 miliardi di euro.

Per non parlare di quello che è il costo uscendo dall singola realtà, guardandolo più in generale in tutte le patologie corollarie che causa.

Alcune stime riportano che il  75-90% di tutte le visite mediche sono per problematiche relative allo stress.
Il 77% delle persone si rende conto che lo stress ha un impatto sulla salute fisica e il 73% su quella mentale.
Il 48% ha problematiche legate al sonno a causa dello stress

Come funziona lo stress?

Tramite gli occhi vediamo lo stimolo, il messaggio viene trasportato al cervello, nello specifico alla corteccia visiva. Nel caso in cui nel nostro campo visivo ci sia qualcosa che è pericoloso per noi si attiva l’amigdala. L’amigdala lancia l’allarme e da lì tutto l’organismo si prepara.

Non è un pericolo ma piuttosto la minaccia di un pericolo a innescare più spesso la risposta di stress

Daniel Goleman

L’attivazione dei pompieri fisici si ha tramite l’asse ipotalamo-ipofisi-corticosurrene che, stimolati, dicono al corpo di produrre tutte le sostanze che servono:

  • rilasciato dall’ipotalamo il fattore di rilascio per la corticotropina (CRH) che stimola l’adenoipofisi a produrre l’ormone adrenocorticotropo o corticotropina (ACTH)
  • L’ACTH a sua volta agisce sulle ghiandole surrenali stimolando la produzione di corticosteroidi

Scendendo dalla colonna vertebrale proprio come farebbero i pompieri nella loro caserma, la cascata enzimatica si espande poi in tutto il corpo. Tutte sostanze che ‘attivano’ o ‘spengono’ alcune zone tramite il sistema simpatico e quello parasimpatico, una rete di nervature che collegano la colonna vertebrale agli organi.

La parte simpatica possiamo dire che attiva:

  • tende i muscoli, perchè bisogna essere pornti a combattere o fuggire
  • le vene e le arterie si dilatano, per permettere maggiore afflusso di sangue ai muscoli
  • il cuore batte più forte per portare più sangue ai muscoli
  • i polmoni si dilatano per portare più ossigeno ai muscoli

D’altro canto il sistema parasimpatico chiude tutto ciò che non serve sul momento per fuggire o scappare:

  • spegne l’intestino, grande consumatore di energia, che serve invece ad altre zone
  • restringe i piccoli capillari delle estremità
  • spegne la salivazione

Attività sinergiche per permetterci di combattere o fuggire per la nostra sopravvivenza. Un’attivazione massiccia per il nostro organismo, che mobilita moltissime sostanze e sone del corpo proprio per sopravvivere.

Quest’attivazione quindi è positiva, ci permette di non morire e di reagire efficacemente all’ambiente.
Allora quando è che diventa negativa?

L’attivazione dello stress diventa negativa quando dura troppo nel tempo. Infatti tutto quello che è positivo sul momento diventa negativo a lungo andare. Possiamo immaginare i muscoli costantemente tesi che producano contratture. Le vene continuamente sotto stress rischiano di ledersi e assottigliarsi. L’intestino sempre sottoperformante può portare a irritazioni o a sindromi. Il corticolo di per sé stesso, in grandi quantità, è lesivo delle pareti del cuore.

Tutto il complesso di attacco/fuga fondamentale per la nostra sopravvivenza ci si ritorce contro quando rimane troppo tempo attivo o accade troppe volte di fila senza avere il tempo di recuperare.

Ma come può succedere che si attivi per così tanto?

Mentre la nostra attivazione dell’organismo è rimasta la stessa per millenni noi ci siamo evoluti e con noi anche la società in cui siamo inseriti. Non siamo più in totale balia della natura. Ciò che ora ci causa paura e attiva il nostro sistema di sopravvivenza sono paure più quotidiane: il lavoro, il traffico, il professore, la collega.

Il rimanere cronicamente attivati comporta un esaurimento delle nostre risorse interne, mentali e fisiche. Non riuscire a ricaricarsi modifica il nostro modo di reagire all’ambiente. Entriamo in un circolo vizioso in cui non siamo più consapevoli e attenti a ciò che sta succedendo intorno a noi ma siamo trasportati dai fatti che ci succedono. Questo non fa altro di farci rientrare in una spirale di sempre maggiore stress dal quale rischiamo di non riuscire a trovare una via d’uscita.

Lo stress ci porta sulla soglia delle nostre capacità di reagire all’ambiente, quando è troppo non riusciamo più a farlo efficacemente rischiando patologie ben più gravi.

Anche gli stessi modi di far fronte allo strss possono essere autodistruttivi e comportare un ulteriore incremento dello stress:

  • alcool e sigarette
  • uso di sostanze
  • negare l’esistenza del problema
  • fare finta di niente
  • concentrarsi in attività frenetiche e compulsive
  • mangiare troppo o troppo poco
  • dormire troppo o troppo poco

All’inizio queste strategie possono sembrarci utili ed efficaci per il problema, a lungo andare sveleranno il fatto di non esserlo.

Un cane che si morde la coda, insomma. Una situazione difficile che, malamente gestita, diventa una polveriera pronta a esplodere.

Ma adesso diamo qualche risoluzione per far fronte allo stress..

Se mi trovo in una situazione di stress cosa faccio?

Innanzi tutto è utile capire che cosa sia lo stress per me. Acquisire consapevolezza dei miei limiti mi aiuterà, nel futuro, a capire quando li sto attraversando.

Fare un passo indietro e osservare la situazione come se fossimo un osservatore esterno. Questo ci permetterà di vedere meglio la situazione che ci troviamo ad affrontare.

Utilizzare delle tecniche di respirazione, nello specifico concentrandosi sull’espirazione. Il diaframma interagisce con la nervatura del vago e permette un rilassamento del cuore.

La parte di fondamentale importanza è quella di prendere consapevolezza di noi stessi, di quelli che non i nostri automatismi che ci portano inevitalmente a provare stress. Imparare a non reagire più automaticamente ma poter scegliere consapevolmente come rispondere ci insegna a fermarci, prendere tempo, uscire dalle abitudini e creare un circolo vitale virtuoso.

 

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Sitografia:

NCBI

AIS

Fiaso

 

Personalizzare il proprio spazio di lavoro: Discussione dei risultati

Personalizzare il proprio spazio di lavoro: Discussione dei risultati

 

Foto di Free-Photos da Pixabay

In generale i dati sono risultati piuttosto in linea con le nostre aspettative, costruite sulla base della letteratura esaminata: il grado di personalizzazione del proprio spazio di lavoro è infatti risultato positivamente correlato con la qualità dell’ambiente di lavoro, il commitment organizzativo, la volontà di rimanere nell’organizzazione, il grado di autonomia nel lavoro, l’identificazione con l’organizzazione e con la soddisfazione, ciò rafforza l’idea secondo cui la possibilità di personalizzare il proprio spazio sia associata, in generale, al benessere dei lavoratori ed anche a benefici per l’organizzazione, visto che correla positivamente con il commitment, la prospettiva futura e l’identificazione con l’organizzazione. Nonostante l’analisi della letteratura ci avesse suggerito una possibile correlazione tra la personalizzazione dello spazio e le relazioni con i colleghi, nel nostro caso non si è rivelata significativa. Gli indici di correlazione più alti sono invece emersi tra il commitment e la prospettiva futura, due fattori che effettivamente sono concettualmente molto vicini, e tra il commitment e le relazioni con i colleghi, a tale proposito possiamo ipotizzare che un clima interpersonale positivo possa avere un effetto anche sul commitment organizzativo, tuttavia non abbiamo verificato l’ipotesi di un effetto diretto tra queste due variabili. I risultati ottenuti sulla soddisfazione hanno rafforzato l’ipotesi secondo cui essa sia strettamente associata al commitment, alla volontà di rimanere all’interno dell’organizzazione ed anche alla qualità dell’ambiente di lavoro, sottolineando di nuovo l’importanza che ha l’ambiente fisico per il benessere dei lavoratori.

Per quanto riguarda gli oggetti presenti nel proprio spazio di lavoro, come già sottolineato, sono quelli che potremmo considerare più personali e decorativi (foto, piante, quadri, souvenir, cartoline) ad essere correlati con la soddisfazione ed anche, in generale, con la percezione di un’ambiente di lavoro più accogliente e confortevole. Anche la possibilità di intervenire sull’ambiente,

regolando la finestra, la temperatura, la luce e la seduta, ha mostrato un’associazione positiva con la percezione di un ambiente di lavoro più rilassante ed accogliente.

Rispetto alle motivazioni, per fare un confronto con le classifiche riportate in Noorian (2009) e in Wells (2000), abbiamo ordinato gli item in base alla media:

 

  1. “per ricreare un’atmosfera familiare” (M = 3.64)
  2. “per rispondere a necessità pratiche di lavoro” (M = 3.45)
  3. “per comunicare ad altri la mia identità ed individualità” (M = 3.41)
  4. “per motivi estetici” (M = 3.34)
  5. “per mostrare che quella postazione appartiene a me” (M = 3.09)
  6. “per regolare le interazioni con gli altri” (M = 3.01)
  7. “per comunicare il mio status all’interno dell’organizzazione” (M = 2.83)

 

La nostra classifica risulta abbastanza diversa sia da quella di Noorian che di Wells, ed è interessante che l’item con la media più alta si riferisca proprio alla necessità di ricreare un’atmosfera familiare nell’ambiente di lavoro.

La possibilità di affacciarsi su di un parco o uno spazio verde sembra essere associata ad una maggiore tendenza alla personalizzazione, nonché alla percezione dell’ambiente di lavoro come più rilassante, a differenza di chi invece si affaccia su strade ed edifici, ciò rinforza l’idea che avere la visuale su di uno spazio verde abbia dei benefici per i lavoratori; lo stesso dicasi per la possibilità di fare la pausa in un’area verde, anche in questo caso abbiamo osservato una differenza significativa  rispetto alla soddisfazione.

Per quanto riguarda il genere ci saremmo aspettati di trovare alcune differenze, soprattutto rispetto alla personalizzazione, come nelle ricerche di Noorian (2009) e Wells (2000). Magari avremmo potuto approfondire ulteriormente se vi fossero delle differenze nelle motivazioni andando ad analizzare ciascun item ed, in generale, avremmo potuto arricchire le informazioni circa le modalità di personalizzazione dello spazio, attraverso fotografie ed osservazioni dirette ad esempio.

Sono invece emerse differenze significative rispetto all’età, indicando una generale tendenza del gruppo con età inferiore a percepire in maniera più positiva l’ambiente di lavoro e l’organizzazione, tuttavia non è emersa una differenza significativa rispetto al grado di personalizzazione dello spazio, ma solamente circa la presenza di foto di amici/familiari.

 Infine, anche nel caso dell’anzianità all’interno dell’organizzazione non abbiamo riscontrato differenze significative in grado di supportare l’ipotesi che vi siano delle differenze nella personalizzazione dello spazio in base al tempo trascorso all’interno dell’organizzazione.

 


©  La personalizzazione del proprio spazio: una ricerca in ambito lavorativo – Dott.ssa Martina Mancinelli


 

 

Differenze di genere, età e anzianità 

Differenze di genere, età e anzianità

 

Foto di Free Photos da Pixabay

Infine abbiamo voluto verificare se vi fossero delle differenze rispetto al genere, all’età ed all’anzianità di lavoro (all’interno dell’organizzazione di riferimento in fase di compilazione del questionario), ci sarebbe piaciuto accogliere il suggerimento di Noorian (2009) e verificare delle eventuali differenze rispetto al tipo di professione, ma la varietà del nostro campione era talmente ampia che ci è risultato impossibile creare delle categorie professionali concettualmente significative.

 Anche in questo caso, per brevità, ci limitiamo a riportare solamente i risultati significativi.

Rispetto al genere, a differenza di quanto emerso in alcune ricerche, non abbiamo riscontrato nessuna differenza significativa.

Per quanto riguarda l’età, abbiamo suddiviso il campione in due gruppi in base all’età media del campione (41 anni) ed abbiamo applicato test del chi quadro e il t test. Il test del chi quadro ha rivelato che vi è una differenza significativa nella frequenza delle risposte date relativamente alla presenza di foto di amici\familiari nel proprio spazio di lavoro (?2(1) = 6.07, p = .017), nello specifico il gruppo d’età oltre i 40 anni presenta una frequenza (16) maggiore rispetto al gruppo più giovane (6). Dal test t è invece emersa una differenza significativa tra le medie dei due gruppi d’età rispetto all’item “cattiva/buona” riferito all’organizzazione (t(98) = 2.67, p = .009), più esattamente la media del gruppo di età fino a 40 anni (M = 3.86, SD = .13) è risultata maggiore rispetto a quella del gruppo con età oltre i 40 anni (M = 3.35; SD = .15); allo stesso modo, anche nell’item “inospitale/accogliente” riferito ancora all’organizzazione vi è una differenza significativa tra le medie dei due gruppi (t(98) = 2.05, p = .043) con media maggiore per il gruppo di età fino a 40 anni (M = 3.75, SD = .15) rispetto a coloro che hanno un’età superiore ai 40 anni (M = 3.35, SD = .12). Rispetto ai fattori, abbiamo osservato delle differenze significative tra le medie dei due gruppi nella componente sulle motivazioni (LM) (t(99) = 2.25, p = .025), con media maggiore (M = 3.45, SD = .10) nel gruppo fino a 40 anni rispetto al gruppo di età superiore ai 40 anni (M = 3.08, SD = .13); nella componente relativa al commitment (LC) (t(99) =  2.25, p = .027), di nuovo osserviamo una media più alta per il gruppo fino a 40 anni (M = 3.98, SD = .11) rispetto al gruppo di età superiore ai 40 anni (M = 3.60, SD = .12); infine nel fattore 2 (LB) (t(99) = 2.09, p = .040) si evidenzia una media maggiore nel gruppo di età fino a 40 anni (M = 3.40, SD = .10) rispetto al gruppo di età oltre i 40 anni (M = 3.09, SD = .11). In generale si osservano quindi medie più alte per il gruppo più giovane.

Rispetto agli anni di anzianità all’interno dell’organizzazione d’appartenenza, abbiamo suddiviso il campione in due gruppi: coloro che lavorano all’interno dell’organizzazione da un periodo minore o pari a 10 anni e coloro che invece fanno parte dell’organizzazione da più di 10 anni. Anche in questo caso abbiamo applicato sia il test del chi quadro che il test t. Dal test del chi quadro è emerso che vi è una differenza significativa nella frequenza delle risposte date rispetto alla presenza di foto di amici/familiari (?2(1) = 16.74, p = .000), nello specifico il gruppo con anzianità maggiore mostra una frequenza di risposta positiva (18) più alta rispetto al gruppo di anzianità minore (4). Questo risultato potrebbe essere in linea con il dato relativo al fatto che anche il gruppo di età maggiore tendeva a mostrare una frequenza di risposta più alta rispetto alla presenza di foto di amici e familiari. Possiamo immaginare che gli anni di anzianità siano associati ad uno status più elevato che permetterebbe a questi individui di avere maggiore libertà di personalizzare il proprio spazio attraverso foto di amici e familiari. Dal test t non sono invece emerse differenze significative né rispetto ai fattori né rispetto agli item con differenziale semantico.

 


©  La personalizzazione del proprio spazio: una ricerca in ambito lavorativo – Dott.ssa Martina Mancinelli


 

Differenze rispetto a posizione e luogo di lavoro

Differenze rispetto a posizione e luogo di lavoro

Differenze rispetto al luogo di lavoro

 

Foto di Firmbee da Pixabay

 

Per quanto riguarda i primi item, quelli relativi alla posizione del luogo di lavoro, solamente nei casi in cui la distribuzione dei partecipanti per ciascun gruppo è risultata omogenea, i dati sono stati analizzati applicando l’Anova ad una via. Solo pochi dati sono risultati significativi, di seguito riportiamo quello concettualmente più interessante per la nostra ricerca.

Rispetto al luogo (in piena città\nelle vicinanze di parchi o spazi verdi\nella zona industriale\in area residenziale) abbiamo riscontrato una differenza significativa tra le medie dei gruppi per quanto riguarda il commitment (F(3,93) = 3.21, p = .027): la media dei partecipanti che lavorano nelle vicinanze di parchi o spazi verdi (M = 4.13, SD = .88) è infatti maggiore della media di coloro che lavorano nella zona industriale (M = 3.24, SD = 1.07).

 

Differenze relative alla posizione del luogo di lavoro

 

Per quanto riguarda le differenze riguardanti gli altri item relativi alla posizione del luogo di lavoro, abbiamo analizzato i dati applicando il T test.

E’ stata osservata un differenza significativa (t(93) = -2.13, p = .036) tra le medie dei partecipanti che hanno una vista su strade ed edifici e quelli che invece si affacciano su un paesaggio naturale relativamente al grado di personalizzazione dello spazio, più esattamente sembrerebbe che i secondi (M = 3.88, SD = .52) tendano a personalizzare più dei primi (M = 3.47, SD = .09); inoltre si è anche visto che coloro che si affacciano su un paesaggio naturale hanno una media (M = 3.29, SD = .25) significativamente maggiore (t(93) = -2.51, p = .014) anche nell’item “stressante/rilassante” rispetto ai partecipanti con finestra affacciata su strade ed edifici (M = 2.59, SD = .12), a significare che tendono a percepire l’ambiente di lavoro come più rilassante rispetto agli altri.

Per quanto riguarda invece la presenza o meno di uno spazio verde in cui poter fare la pausa, abbiamo ottenuto una differenza significativa rispetto alla soddisfazione (t(98) = 2.12, p = .037), con media maggiore nei casi in cui vi era possibilità di accedere ad uno spazio verde (M = 5.13, SD = .18) rispetto ai casi in cui non era invece possibile (M = 4.63, SD = .15).

Anche rispetto all’item “pericolosa/sicura” riferito all’organizzazione abbiamo trovato una differenza significativa (t(100) = -2.79, p = .006) tra coloro che hanno accesso ad uno spazio verde (M = 3.45, SD = .20) e chi invece non ha questa possibilità (M = 4.08, SD = .13), in questo caso però, al contrario delle aspettative, sono i secondi a presentare una media più alta rispetto ai primi, forse dovuto al fatto che parlare di spazi verdi può essere associato alla presenza di parchi che, in certi casi, potrebbero dare la sensazione di scarsa sicurezza.

 


©  La personalizzazione del proprio spazio: una ricerca in ambito lavorativo – Dott.ssa Martina Mancinelli


 

Differenze rispetto luogo e posizione di lavoro

Differenze rispetto luogo e posizione di lavoro

Differenze rispetto al luogo di lavoro

 

 

 

Per quanto riguarda i primi item, quelli relativi alla posizione del luogo di lavoro, solamente nei casi in cui la distribuzione dei partecipanti per ciascun gruppo è risultata omogenea, i dati sono stati analizzati applicando l’Anova ad una via. Solo pochi dati sono risultati significativi, di seguito riportiamo quello concettualmente più interessante per la nostra ricerca.

Rispetto al luogo (in piena città\nelle vicinanze di parchi o spazi verdi\nella zona industriale\in area residenziale) abbiamo riscontrato una differenza significativa tra le medie dei gruppi per quanto riguarda il commitment (F(3,93) = 3.21, p = .027): la media dei partecipanti che lavorano nelle vicinanze di parchi o spazi verdi (M = 4.13, SD = .88) è infatti maggiore della media di coloro che lavorano nella zona industriale (M = 3.24, SD = 1.07).

 

Differenze relative alla posizione del luogo di lavoro

Per quanto riguarda le differenze riguardanti gli altri item relativi alla posizione del luogo di lavoro, abbiamo analizzato i dati applicando il T test.

E’ stata osservata un differenza significativa (t(93) = -2.13, p = .036) tra le medie dei partecipanti che hanno una vista su strade ed edifici e quelli che invece si affacciano su un paesaggio naturale relativamente al grado di personalizzazione dello spazio, più esattamente sembrerebbe che i secondi (M = 3.88, SD = .52) tendano a personalizzare più dei primi (M = 3.47, SD = .09); inoltre si è anche visto che coloro che si affacciano su un paesaggio naturale hanno una media (M = 3.29, SD = .25) significativamente maggiore (t(93) = -2.51, p = .014) anche nell’item “stressante/rilassante” rispetto ai partecipanti con finestra affacciata su strade ed edifici (M = 2.59, SD = .12), a significare che tendono a percepire l’ambiente di lavoro come più rilassante rispetto agli altri. Per quanto riguarda invece la presenza o meno di uno spazio verde in cui poter fare la pausa, abbiamo ottenuto una differenza significativa rispetto alla soddisfazione (t(98) = 2.12, p = .037), con media maggiore nei casi in cui vi era possibilità di accedere ad uno spazio verde (M = 5.13, SD = .18) rispetto ai casi in cui non era invece possibile (M = 4.63, SD = .15). Anche rispetto all’item “pericolosa/sicura” riferito all’organizzazione abbiamo trovato una differenza significativa (t(100) = -2.79, p = .006) tra coloro che hanno accesso ad uno spazio verde (M = 3.45, SD = .20) e chi invece non ha questa possibilità (M =4.08, SD = .13), in questo caso però, al contrario delle aspettative, sono i secondi a presentare una media più alta rispetto ai primi, forse dovuto al fatto che parlare di spazi verdi può essere associato alla presenza di parchi che, in certi casi, potrebbero dare la sensazione di scarsa sicurezza.

 

 


©  La personalizzazione del proprio spazio: una ricerca in ambito lavorativo – Dott.ssa Martina Mancinelli


 

Personalizzare lo spazio di lavoro: correlazioni

Personalizzare lo spazio di lavoro: correlazioni

 

 

Visto l’elevato numero di dati, di seguito riportiamo solamente i risultati concettualmente più interessanti per la nostra ricerca (personalizzare lo spazio di lavoro), iniziando dalle correlazioni tra i fattori (tabella 17).

 

Tabella 17. Correlazioni tra fattori

r(103) LA LP LM LC LF LAu LB LE LR ID LS
LA 1
LP 244* 1
LM .231* 1
LC .462** .325** 1
LF   .425** .312** .712** 1
LAu .305** .382** .409** .451** 1
LB .449** .668** .593** .285** 1
LE -.461** -.260** -.355** -.301** -.335** 1
LR .482** .560** .471** .571** -.329** 1
ID .294** .394** .247* 1
LS .506** .300** .666** .626** .379** .519** -.324** .389** 1

*la correlazione è significativa a livello 0.05 (a due code)

** la correlazione è significativa a livello 0.01 (a due code)

 

Come si osserva in tabella, il valore di correlazione più alto riguarda i fattori commitment organizzativo (LC) e prospettiva futura (LF), in effetti i due fattori sono concettualmente molto vicini, tanto che l’aspetto relativo al desiderio di continuare a far parte dell’organizzazione è considerato una delle dimensioni del commitment (Meyer e Allen, 1988; 1991), perciò si potrebbe pensare di costruire un punteggio composito così da riassumere i dati in un numero minore di dimensioni. Tuttavia, nonostante il valore di correlazione sia alto, non è così elevato da considerare le due dimensioni sovrapponibili. A seguire si evidenzia anche un’elevata correlazione positiva tra il commitment organizzativo (LC) ed il fattore 2 – soddisfazione per l’ambiente fisico e le condizioni di lavoro (LB) -, tra il commitment organizzativo (LC) e la soddisfazione (LS), e tra la prospettiva futura (LF) e la soddisfazione (LS).

Per quanto riguarda gli item con differenziale semantico, abbiamo riscontrato che, in generale, sia gli item relativi all’ambiente di lavoro che quelli relativi all’organizzazione sono positivamente correlati con i seguenti fattori: il commitment organizzativo (LC), la prospettiva futura (LF), le relazioni con colleghi e superiori (LR), la soddisfazione (LS).

Per quanto riguarda le correlazioni tra la presenza di oggetti nello spazio di lavoro ed i fattori, riportiamo in tabella (18) i risultati concettualmente più interessanti per la nostra ricerca, riguardanti prevalentemente la presenza di foto, souvenir e piante naturali. Sembra che la presenza di questi oggetti sia positivamente correlata con la personalizzazione dello spazio (LP), il commitment (LC) e la soddisfazione (LS).

 

Tabella 18. Correlazioni tra oggetti e fattori

r(103) LP LC LS
Foto a\f .257** .256** .284**
Foto colleghi .225* .222*
Souvenir  .324** .302**
Piante naturali .325* .290**

*la correlazione è significativa a livello 0.05 (a due code)

** la correlazione è significativa a livello 0.01 (a due code)

 

Rispetto al differenziale semantico, riportiamo di seguito le tabelle relative alle correlazioni – solo quelle significative –  tra la presenza degli oggetti e gli item del differenziale semantico riferito all’ambiente di lavoro (tabella 19) ed all’organizzazione di appartenenza (tabella 20).

 

Tabella 19. Correlazioni tra oggetti e differenziale semantico sull’ambiente di lavoro

r(103) Freddo\caldo Cattivo\buono Stress\rilass Inosp\acc Scomodo\comodo Disag\conf
Foto a\f .234* .234* .229*
Piante naturali .200* .218*

*la correlazione è significativa a livello 0.05 (a due code)

** la correlazione è significativa a livello 0.01 (a due code)

 

            Tabella 20. Correlazioni tra oggetti e differenziale semantico sull’organizzazione

r(103) Fredda\calda Cattiva\buona Stress\rilass Inosp\acc
Souvenir .282**
Cartoline .204*
Cioccolatini  .258** .240* .233* .201*
Quadri .266** .280**

*la correlazione è significativa a livello 0.05 (a due code)

** la correlazione è significativa a livello 0.01 (a due code)

 

In generale, dall’osservazione dei dati, possiamo notare come le correlazioni significative riguardino principalmente gli oggetti che potremmo considerare più personali, la cui presenza è principalmente indicativa di un tentativo di personalizzare lo spazio (foto, souvenir, cartoline, cioccolatini, quadri, piante naturali) rispetto agli oggetti che sono più strettamente legati allo svolgimento del proprio lavoro (scaffali, libreria, pc, stampante, fotocopiatrice) per i quali non abbiamo riscontrato correlazioni significative.

Per quanto riguarda il grado di controllo sull’ambiente di lavoro, riportiamo di seguito i dati relativi alle correlazioni – solo quelle significative – con i fattori (tabella 21). Come potevamo aspettarci le correlazioni significative riguardano proprio la qualità dell’ambiente di lavoro (LA) e l’autonomia (LAu).

 

Tabella 21. Correlazioni tra azioni possibili e fattori

r(103) LA LAu
Aprire\chiudere la finestra .209* .279**
Regolare la seduta .213*
Regolare la luce .210*
Distribuire il materiale a piacimento .398** .254**

*la correlazione è significativa a livello 0.05 (a due code)

** la correlazione è significativa a livello 0.01 (a due code)

 

Relativamente  alle correlazioni tra il grado di controllo sull’ambiente e gli item del differenziale semantico abbiamo osservato le seguenti correlazioni significative (tabella 22; tabella 23):

 

Tabella 22. Correlazioni tra azioni possibili e differenziale semantico sull’ambiente di lavoro

r(103) Catt\buono Stress\rilass Inosp\acc Scom\comodo
Aprire\chiudere la finestra .245* .310**
Regolare la temperatura .255**
Regolare la seduta .220* .255**

*la correlazione è significativa a livello 0.05 (a due code)

** la correlazione è significativa a livello 0.01 (a due code)

 

Tabella 23. Correlazioni tra azioni possibili e differenziale semantico sull’organizzazione 

r(103) Fred\cal Catt\buono Stress\rilass Inosp\acc Inaff\affidabile
Aprire\chiudere la finestra .209* .283**
Cambiare sedia .328** .278** .260** .274**

*la correlazione è significativa a livello 0.05 (a due code)

** la correlazione è significativa a livello 0.01 (a due code)

 

Anche relativamente ai fastidi provati durante l’orario di lavoro sono emersi dei risultati interessanti, abbastanza in linea con le nostre aspettative.

Riportiamo in tabella (24) solamente i risultati significativi.

 

Tabella 24. Correlazioni tra fastidi e fattori

r(103) LA LC LF     LR LE ID LS
Schiena        -.239*  -.208*  -.226* .400** -.268**
Collo        -.227* .364**
Postura -.284**
Testa        -.323**  -.236* .297** -.238*
Rumore        -.355**  -.202* .216*
Caldo/freddo        -.224* .266**

*la correlazione è significativa a livello 0.05 (a due code)

** la correlazione è significativa a livello 0.01 (a due code)

 

Come ci aspettavamo, la presenza di questi fastidi è associata negativamente con la qualità dell’ambiente fisico di lavoro (LA) e con la soddisfazione (LS), mentre presentano una correlazione positiva con la percezione di un carico di lavoro eccessivo (LE).

 

Nella seguente tabella (25) riportiamo infine i risultati (solo quelli significativi) relativi alle correlazioni osservate per gli item riguardanti l’area urbana e i fattori. Come potevamo aspettarci i fattori presentano correlazioni negative con gli item riguardanti un’area urbana rumorosa e degradata, mentre sono positivamente correlati con l’area urbana tranquilla.

 

Tabella 25. Correlazioni tra area urbana e fattori

  r (103) LA LC LF LR LB LS
Area urbana rumorosa   -.246*   -.294**   -.224*   -.204*
Area urbana degradata   -.385**   -.315**   -.213*   -.388**   -.383**   -.318**
Area urbana tranquilla   .252**   .195*    .247*    .386**

*la correlazione è significativa a livello 0.05 (a due code)

** la correlazione è significativa a livello 0.01 (a due code)

 

 


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Frequenze e statistiche descrittive

Frequenze e statistiche descrittive

 

Per quanto riguarda i primi item del questionario, relativi sia alla posizione del luogo di lavoro sia a caratteristiche interne dell’ufficio, abbiamo osservato le frequenze di risposta; nella tabella 13 riportiamo le risposte che hanno ottenuto la percentuale di risposta più alta.

Tabella 13. Frequenze luogo di lavoro

Item Risposta %
Tempo casa\lavoro tra i 10 e i 15 minuti 54
Mezzo di trasposto Auto 70
Posizione luogo di lavoro piena città 46
Vista dalla finestra strade ed edifici 70
Office design spazio condiviso 53
Luce sia naturale che artificiale 94
Macchinetta cibo/bevande 74
Spazio verde No 63

 

Nel grafico 2 riportiamo le percentuali con cui è stato selezionato ciascuno degli oggetti elencati nell’item in cui si chiedeva di indicare quali oggetti fossero presenti nel proprio spazio di lavoro.

 

 

Grafico 2. Oggetti

 

E’ evidente che le percentuali più alte riguardano la presenza di oggetti generalmente indispensabili allo svolgimento del proprio lavoro, come pc, materiale di cancelleria e telefono.

Nella tabella seguente (14) illustriamo invece le percentuali di risposta dei partecipanti all’item in cui si chiedeva di indicare le azioni che è possibile svolgere durante l’attività lavorativa (poteva essere scelta una o più risposte).

 

                          Tabella 14. Azioni

Item %
Aprire/chiudere la finestra 85
Regolare la temperatura 63
Regolare la seduta 77
Distribuire il materiale di 76
Regolare l’illuminazione 53
Cambiare sedia 44

 

Rispetto all’item riguardante i fastidi associati all’attività lavorativa, possiamo riassumere i dati dicendo che i fastidi associati al collo ed alla schiena sono quelli che presentano una percentuale di risposta più alta.

Infine riportiamo i dati relativi agli item strutturati nella forma del differenziale semantico (tabella 15 e tabella 16):

 

Tabella 15. Statistiche descrittive per differenziale semantico su ambiente di lavoro

Ambiente di lavoro M SD
Freddo/caldo 3.11 .97
Cattivo/buono 3.71 .89
Stressante/rilassante 2.72 1.04
Inospitale/accogliente 3.58 1.03
Scomodo/comodo 3.50 1.00
Disagevole/confortevole 3.49 .97

 

Tabella 16. Statistiche descrittive per differenziale semantico sull’organizzazione

Organizzazione M SD
Fredda/calda 3.21 1.08
Cattiva/buona 3.61 .99
Stressante/rilassante 2.75 1.06
Inospitale/accogliente 3.55 .98
Inaffidabile/affidabile 3.85 .98
Disorganizzata/organizzata 3.45 1.10
Pericolosa/sicura 3.83 1.15

 

Possiamo osservare che i valori della media di ciascun item tendono ad essere piuttosto simili per gli stessi item relativi all’ambiente di lavoro ed all’organizzazione, come se – possiamo ipotizzare – il giudizio relativo all’ambiente  di lavoro si estendesse anche all’organizzazione, o viceversa. In generale comunque, le medie presentano un valore medio-alto, ad indicare una tendenza di risposta più orientata verso il polo positivo. L’unica eccezione è rappresentata dalla coppia “stressante\rilassante”, ciò suggerisce che l’ambiente lavorativo tenda comunque ad essere associato ad esperienze stressanti piuttosto che rilassanti.

 

Infine, rispetto alla scala di Mael e Ashforth (1992) sull’identificazione con l’organizzazione – Identificazione con l’organizzazione (ID) – abbiamo ottenuto i seguenti valori: M = 2.52, SD = 1.0. In questo caso il valore della media risulta medio-basso, ma ricordiamo che qui 1 corrispondeva a “molto d’accordo” e 5 a “molto in disaccordo”, perciò la tendenza risulta comunque abbastanza positiva.

L’alfa di Cronbach per questa dimensione è risultata molto buona (? = .887).

 

 


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I risultati: Analisi Fattoriale

I risultati: Analisi Fattoriale

Le analisi fattoriale dei dati di seguito riportate sono state tutte condotte tramite l’utilizzo del programma SPSS.

Analisi fattoriale

Per quanto riguarda gli item con scala Likert, quindi la maggioranza del nostro questionario, abbiamo condotto un’analisi fattoriale con metodo delle componenti principali per ciascuna delle 8 dimensioni illustrate nel questionario. I risultati hanno quasi sempre confermato la presenza di un unico fattore come ipotizzato, tranne nel caso della dimensione relativa, in generale, alla qualità dell’esperienza lavorativa degli individui, in questo caso dall’analisi sono infatti emersi 3 fattori.

Ambiente di lavoro. Per quanto riguarda la dimensione relativa alla qualità dell’ambiente di lavoro, dall’analisi fattoriale è emersa la presenza di un unico fattore – Ambiente di Lavoro (LA). Tale fattore spiega il 42% della varianza totale e risulta composto dagli 11 item illustrati nella descrizione dello strumento (paragrafo 3.1.1.1). L’Alfa di Cronbach è risultata molto buona (? = .854). Il punteggio medio si può considerare medio-alto (M = 3.46, SD = .07).

                                    Tabella 1. Matrice dei pesi fattoriali (LA)

13LA confortevole 0,79
16LA materiale 0,79
15LA strumenti 0,69
21LA caos -0,68
14 LA pulizia 0,67
19LA illuminazione 0,65
18LA spazio colleghi 0,62
17LA sedia 0,59
22LA aria viziata -0,59
23LA silenzioso 0,52
20LA caldo\freddo -0,49

 

Personalizzazione dello spazio. L’analisi fattoriale per questa dimensione ha rivelato la presenza di un unico fattore – Personalizzazione dello Spazio (LP). Esso spiega il 48% della varianza totale. Il fattore è composto dai 6 item precedentemente illustrati (nel paragrafo 3.1.1.2). Il valore dell’Alfa di Cronbach si può considerare rispettabile (? = .769). La media dei punteggi si colloca in posizione medio-alta (M = 3.50, SD = .08).

 

                                   Tabella 2. Matrice dei pesi fattoriali (LP)

34LP adatta a me 0,87
32LP mi rappresenta 0,86
36LP oggetti personali 0,64
31LP mia 0,61
33LP anonimo -0,61
35LP azioni 0,46

 

Motivazioni. Rispetto alla dimensione relativa alle motivazioni della personalizzazione, dall’analisi fattoriale è emersa la presenza di un unico fattore  – Motivazioni (LM). Tale fattore spiega il 48% della varianza totale, risulta composto dai 7 item precedentemente illustrati (paragrafo 3.1.1.2). Il valore dell’Alfa di Cronbach si può considerare buono (? = .814). In questo caso la media dei punteggi si colloca in posizione centrale (M = 3.25, SD = .08).

 

                                    Tabella 3. Matrice dei pesi fattoriali (LM)

39LM mostrare lo status 0,81
41LM regolare le interazioni 0,76
38LM appartiene a me 0,72
37LM identità e individualità 0,72
42LM atmosfera familiare 0,64
40LM motivi estetici 0,60
43LM motivi pratici 0,55

 

Commitment organizzativo. Per questa dimensione l’analisi fattoriale ha evidenziato la presenza di un unico fattore – Commitment organizzativo (LC) –, in grado di spiegare il 63% della varianza totale. Tale fattore risulta composto dai 7 item illustrati nel paragrafo 3.1.1.3. Il valore dell’Alfa di Cronbach è molto buono (? = .897). La media dei punteggi risulta medio-alta (M = 3.65, SD = .09).

 

                                   Tabella 4. Matrice dei pesi fattoriali (LC)

49LC fiero\a 0,90
45LC immagine positiva 0,87
48LC affezionato\a 0,86
47LC sacrificare tempo 0,78
46LC scelta non necessità 0,72
50LC valore 0,71
44LC raccomanderei 0,69

 

Prospettiva futura. Riguardo la dimensione relativa alla volontà di rimanere all’ interno dell’organizzazione nel tempo, abbiamo ottenuto un unico fattore – Prospettiva Futura (LF). Tale fattore spiega il 53% della varianza totale e risulta composto dai 4 item illustrati nel paragrafo 3.1.1.3. Il valore dell’Alfa di Cronbach è un po’ basso ma possiamo ancora ritenerlo accettabile (? = .686).

Anche in questo caso la media dei punteggi si colloca in posizione centrale (M = 3.20, SD = .94).

 

                                   Tabella 5. Matrice dei pesi fattoriali (LF)

53LF desidero rimanere 0,89
 54LF non esiterei a lasciare l’organizzazione -0,79
52LF futuro nell’organizzazione 0,74
51LF resto perché non ho altra scelta -0,45

 

Qualità dell’esperienza lavorativa. Per quanto riguarda i 19 item di cui si è parlato nel paragrafo 3.1.1.4, l’analisi fattoriale ha evidenziato la presenza di 3 fattori. Le componenti con autovalore maggiore di uno sono risultate 6, tuttavia, osservando il grafico scree plot, si può notare che si distinguono 3 fattori più rilevanti.

 

                            Grafico 1. Screen plot qualità dell’esperienza lavorativa

Osservando la matrice dei pesi fattoriali ruotati (Tabella 6) possiamo notare come gli item 77 (“Riesco a gestire piuttosto bene l’equilibrio fra vita lavorativa e vita privata”) e 78 (“Quando si presentano delle difficoltà nel lavoro non mi faccio prendere dal panico ma so che con l’impegno riuscirò a venirne fuori” ) non abbiano un saturazione rilevante (<.40) in nessuno dei 3 fattori, per questo sono stati eliminati. L’item 60 (“l’edificio dentro è quale lavoro è ben strutturato ed organizzato”) mostra una doppia saturazione, tuttavia poiché satura maggiormente il fattore 2 è stato considerato parte di quest’ultimo. Lo stesso discorso vale per l’item 76 (“mi sento parte attiva all’interno dell’organizzazione”), anche in questo caso è stato considerato parte del fattore 2. Infine, per quanto riguarda l’item 61 (“il luogo in cui lavoro è sempre ben pulito”), poiché ha saturazione identica sia per il fattore 2 che per il fattore 3, è stato eliminato.

 

             Tabella 6. Matrice dei pesi fattoriali dopo rotazione con metodo Varimax

Componente
1 2 3
68LB ritmo 0,83
72LB pianificare 0,76
67LB autonomo 0,70
74LB compiti 0,65
75LBresponsabilità 0,57
78LB panico
77LB equilibrio
66LB carriera 0,74
62LB arredamento 0,67
63LB contenuti 0,63
60LB strutturato 0,61 -0,43
71LB ripetitivo -0,60
65LB retribuzione 0,54
76LB parte attiva 0,41 0,54
69LB tempi irreali 0,78
73LB di corsa 0,74
64LB caotico 0,73
70LB impegnativo 0,69
61LB pulito 0,47 -0,47

 

                                     Tabella 7. Varianza spiegata dai 3 fattori

% varianza

Fattore 1                                     25

Fattore 2                                     15

Fattore 3                                     10

Tot: 50%       

 

  • fattore 1. Considerando il contenuto degli item, potremmo definire questo fattore come “gestione autonoma del proprio lavoro” –

Autonomia (LAu) –  (tabella 8).

Tabella 8. Fattore 1 (LAu)

Fattore 1 M = 3.41, SD = .08
Item “sono io a decidere con quale ritmo lavorare”, “generalmente posso pianificare ed organizzare il mio lavoro”, “nel mio lavoro sono completamente autonomo”, “posso scegliere io i compiti di cui occuparmi”, “mi sono ben chiari quali sono i miei doveri e le mie responsabilità”
? di Cronbach .762

 

  • Fattore 2. Potremmo definire questo fattore come il grado di soddisfazione dei partecipanti sia a livello di ambiente fisico che, soprattutto, rispetto alle condizioni di lavoro – Soddisfazione Ambiente e Condizioni di Lavoro (LB) – (tabella 9).

Tabella 9. Fattore 2 (LB)

Fattore 2 M = 3.24, SD = .08
Item “l’organizzazione per cui lavoro offre buone opportunità di carriera”, “l’edificio dentro al quale lavoro è ben strutturato ed organizzato”, “all’interno dell’azienda gli arredamenti sono nuovi ed in ottime condizioni”, “trovo i contenuti del mio lavoro sempre interessanti e piacevoli”, “la retribuzione è adeguata al carico di lavoro assegnatomi”, “il lavoro che svolgo è spesso ripetitivo e monotono”, “mi sento parte attiva all’interno dell’organizzazione”
? di Cronbach .772

 

  • Fattore 3. Considerando il contenuto degli item, possiamo definire questo fattore come “eccessivo carico di lavoro” – Carico Eccessivo

(LE) – (tabella 10).

Tabella 10. Fattore 3 (LE)

Fattore 3 M = 2.74, SD = .09
Item “spesso mi vengono assegnati compiti da svolgere in tempi irrealistici”, “il luogo in cui lavoro è sempre molto caotico”, “il carico di lavoro assegnatomi risulta assolutamente troppo impegnativo per me”, “spesso mi capita di dover fare le cose di corsa e con indicazioni poco chiare”
? di Cronbach .791

 

 

Relazioni colleghi e superiori. Per quanto riguarda le relazioni con colleghi e superiori, dall’analisi fattoriale è emerso un unico fattore – Relazioni (LR). Tale fattore spiega il 63% della varianza totale e risulta composto dai 5 item illustrati nel paragrafo 3.1.1.4. L’Alfa di Cronbach, è risultata buona (? = .850). Anche in questo caso il punteggio medio risulta medio-alto (M = 3.78, SD = .08)

 

                                   Tabella 11. Matrice dei pesi fattoriali (LR)

56LR fiducia 0,84
57LR aiuto reciproco 0,84
55LR relazioni positive 0,81
59LR interazioni positive con superiori 0,77
58LR stima per i superiori 0,71

 

Soddisfazione. Per la dimensione riguardante la soddisfazione, l’analisi fattoriale ha evidenziato un unico fattore – Soddisfazione (LS) –, che spiega il 56% della varianza totale. Tale fattore risulta composto dai 10 item precedentemente illustrati (paragrafo 3.1.1.5). Il valore dell’Alfa di Cronbach è risultato molto buono (? = .899). La media dei punteggi è risultata abbastanza alta in questo caso (M = 4.83, SD = 1.2).

                                   Tabella 12. Matrice dei pesi fattoriali (LS)

101LS lavoro 0,87
97L S realizzato\a 0,85
93L S giornata lavorativa 0,84
94L S spazio di lavoro 0,81
96L S organizzazione 0,81
95L S ambiente fisico 0,77
100L S vita 0,76
102L S lavoro è ciò che volevo fare nella vita 0,61
98L S area urbana 0,57
99L S distanza casa\lavoro 0,45

 


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Anagrafiche e Campione

Anagrafiche e Campione

 

Anagrafiche

 

Al termine del questionario abbiamo chiesto ai partecipanti alcune informazioni personali che abbiamo pensato potessero essere in qualche modo associate alla tendenza a personalizzare il proprio spazio. Visti i risultati ottenuti da Noorian (2009) e da Wells (2000) rispetto alle differenze di genere, abbiamo innanzitutto chiesto di indicare il genere, poi l’età, il paese di origine (come già detto ci sarebbe piaciuto osservare le differenze rispetto alla cultura ma il numero di partecipanti non italiani è risultato troppo limitato), il titolo di laurea, la professione, il tipo di contratto di lavoro (dipendenti o liberi professionisti) – immaginiamo che un libero professionista abbia  maggiore libertà nel gestire il proprio spazio rispetto ad un dipendente – ed infine gli anni di lavoro all’interno dell’organizzazione di riferimento.

 

Il campione

 

Il nostro campione è composto da 103 partecipanti raccolti tramite rete sociale. E’ risultato piuttosto equilibrato sia rispetto al genere che alla laurea (Figura 9), con età media di 41 anni.

 

 

Figura 9. Genere e laurea (si\no)

 

La maggioranza dei partecipanti è di origine italiana (89) mentre la restante parte (14) ha origini diverse: Corea del Sud, UK, USA, Nuova Zelanda e Svizzera.

Infine, una netta maggioranza dei partecipanti lavora come dipendente (81,3%), mentre una minoranza lavora come libero professionista (18,8%).