Emozione e persuasione

Emozione e persuasione

 

Sia nei contesti sociali, che in quelli individuali, l’emozione gioca un ruolo attivo e determinante. Il processo di comunicazione stesso è fortemente interrelato a questo fattore, tanto da far supporre che l’emozione stessa possa essere una delle basi fondamentali della comunicazione persuasiva.

Spesso il termine emotivo e il termine affettivo sono utilizzati come sinonimi, indicando con questi sia le componenti fisiche, sia quelle mentali dell’emozione. Altri due termini specificano infatti questa differenza; il termine sensazione si riferisce fondamentalmente all’aspetto fisico dell’emozione, o anche ad antecedenti che la scatenano, mentre il termine sentimento si riferisce all’aspetto mentale[1][2].

Definiamo invece stato emotivo la dinamica interna provata quando si vive un’emozione, includendo sia gli aspetti fisici che quelli mentali. Gli stati emotivi non possono essere osservati direttamente dagli altri, ma possono essere inferiti attraverso una serie di segni e di comportamenti che l’individuo mette in atto (l’inflessione della voce, le espressioni facciali, la postura e i movimenti del corpo)[3].

Possiamo quindi considerare l’emozione come un pattern complesso di modificazioni che includono un’eccitazione fisiologica, sentimenti, processi cognitivi e relazioni comportamentali in risposta a una situazione che è percepita dal soggetto come importante per il mantenimento del suo equilibrio e del suo benessere[4].

Analizzando la situazione sotto l’aspetto pubblicitario, è possibile distinguere vari modi di persuasione utilizzando le emozioni. Uno di questi è far leva sulla paura.

Talvolta i ricorsi alla paura sono basati su preoccupazioni legittime; il fumo causa il cancro; il sesso non sicuro aumenta la probabilità di contrarre l’Aids; non usare lo spazzolino e il filo interdentale può portare a dolorose malattie dentali.

Spesso però, l’uso dell’arma della paura si fonda su terrori oscuri ed irrazionali. Talvolta un regime incute paura terrorizzando i propri cittadini, come nella Germania di Hitler, nell’Unione Sovietica di Stalin, e in innumerevoli altri tempi e luoghi.

L’arma della paura è efficace in quanto allontana i nostri pensieri da una considerazione più attenta delle questioni all’ordine del giorno e li incanali verso i programmi che promettono di liberarci dalla paura.

Considerando l’uso della paura nel contesto di un messaggio persuasivo, è necessario citare il ricercatore che ha conseguito i maggiori risultati in quest’area, Howard Leventhal[5].

Gli esperimenti condotti da Leventhal dimostrarono che i messaggi che incutono paura, ma che nello stesso tempo contengono istruzioni specifiche su come, quando e dove agire sono molto più efficaci delle raccomandazioni che omettono istruzioni del genere. Dimostrarono anche che gli appelli ad alto contenuto di paura sono più efficaci di quelli a basso contenuto. Dai risultati venne dimostrato che il ricorso alla paura raggiunge il massimo dell’efficacia quando:

  • spaventa a morte la gente
  • offre una raccomandazione specifica utile a vincere la minaccia che suscita spavento
  • l’azione raccomandata è ritenuta utile per ridurre la minaccia
  • colui che riceve il messaggio crede di essere in grado di realizzare l’azione raccomandata.

Ecco come funziona: l’attenzione del ricevente viene dapprima concentrata su una paura che provoca dolore; in una simile condizione di terrore è difficile pensare a qualcosa che non sia il modo di liberarsi della paura stessa. L’ulteriore mossa del propagandista consiste nell’offrire un modo per sottrarsi alla paura: una risposta semplice e fattibile che è proprio quello che il propagandista voleva dal ricevente fin dall’inizio[6] 

Una secondo espediente molto usato è il ricorso alla tecnica del non è tutto, che viene comunemente usata negli spot in cui vengono venduti articoli per cucina o per la casa. Questa tecnica è stata studiata in una serie di brillanti esperimenti condotti da Jerry Burger[7].

Lo stratagemma consiste nel descrivere prima un prodotto e metterlo in vendita. Ma prima che possiate decidere se lo volete o meno, viene aggiunto un altro articolo, compreso nel prezzo. Ora bisogna contraccambiare, ovvero fare l’acquisto.

La tecnica si poggia su due processi psicologici di base. La richiesta iniziale più onerosa, instaura un effetto contrasto simile a quello che si produce con le esche, la concessione immediata da parte del richiedente richiama immediatamente la regola della reciprocità.

I venditori di automobili conoscono il valore della terza tecnica, chiamata porta in faccia. Spesso gonfiano il prezzo di partenza di un’auto appiccicandovi sopra una targhetta che fa salire il prezzo anche di svariate migliaia di dollari, per poi graziosamente scontare questo sovrapprezzo all’inizio delle trattative. Ora tocca al compratore rendere il favore e pagare quell’auto più di quanto avrebbe avuto intenzione di fare.

Queste tecniche, che sottostanno sotto il nome della regola della reciprocità, sono efficaci come strumento di persuasione in quanto pilotano i nostri pensieri e ci motivano ad agire sulla base di questi ultimi. La motivazione primaria è evitare il senso di disagio che nasce dal trasgredire la regola[8]. 


[1] Vannoni D, Manuale di psicologia della comunicazione persuasiva, UTET Libreria,

[2] , pp. 187-189

[3] Idem

[4] Idem

[5] Leventhal H, Findings and theory in the study of fear communications, NY, Accademic Press, 1970, pp. 119-186

[6] www.yetiarts.com

[7] Burger J, Increasing compliance by improving the deal, in Journal of Social Psycology, 1986, pp. 277-283

[8] Pratkanis A, Aronson E, L’età della propaganda, Il Mulino, 2003, pp. 330-338


© Psicologia della comunicazione persuasiva – Dott.ssa Romina Sinosich