Ricerca Utilizzo di Internet: Discussione

Ricerca Utilizzo di Internet: Discussione

Con il presente lavoro di ricerca analizziamo il ruolo che può avere Internet, artefatto culturale della nostra generazione, durante l’emerging adulthood. Internet è davvero in grado di aiutare le persone ad affrontare le delicate e numerose sfide caratteristiche di questo importante periodo di sviluppo? Quali sono i fattori che mediano un utilizzo funzionale o disfunzionale degli strumenti della Rete? Nell’ultimo periodo sulla carta stampata, nei dibattiti televisivi, ma anche nelle opinioni del senso comune, le critiche al Web sono sempre più marcate. I bersagli più colpiti sono i Social Network Sites e i giochi online reputati dalle masse come causa di alienazione personale e impoverimento dei rapporti interpersonali. Attraverso la ricerca cerchiamo di fare chiarezza sulla situazione esplicitando che Internet nasce come uno strumento con lo scopo di facilitare la vita delle persone e in grado di fornire supporto durante un periodo critico come l’emerging adulthood. L’utente consapevole delle proprie azioni avrebbe il dovere di farne un uso funzionale in ragione dei propri scopi anche se questo non sempre si verifica. Lo studio di ricerca analizza quali sono quei fattori che portano l’individuo a fare un utilizzo funzionale o disfunzionale degli strumenti digitali per portare a termine i propri obbiettivi personali. Le ipotesi di ricerca si focalizzano maggiormente sulla sfera negativa dell’utilizzo di Internet coerentemente con l’impronta del lavoro maggiormente spostata sulla parte disfunzionale, per culminare con l’analisi del lato patologico del problema. Le ipotesi sono disposte in sequenza secondo una logica precisa con il fine di trattare l’intero processo dalle origini, analizzando i fattori che regolano l’interazione con la Rete, fino alle manifestazioni comportamentali. Si parte dalle variabili personali che conducono all’uso problematico passando per le potenzialità positive di Internet espresse nel nostro caso attraverso i Social Network Sites, aspetto che conduce l’individuo ad un approccio più o meno frequente con gli strumenti della Rete. Riguardo alla prima ipotesi di ricerca i risultati hanno dimostrato un’influenza diretta della variabile indipendente “basso supporto sociale online” sulla variabile dipendente “supporto sociale online”. Questo sta a significare che le persone che nella vita di tutti i giorni sperimentano un basso supporto sociale da parte di amici o conoscenti ricercheranno online questo aspetto, fondamentale per il loro benessere. È stato, infatti, dimostrato che il supporto sociale rappresenta un utile risorsa psicologica in grado di tamponare il peso degli eventi stressanti (Cohen & Wills, 1985). Tutto questo è reso possibile perché la percezione di supporto sociale può essere “veicolata” attraverso Internet colmando le mancanze della vita offline.

Lo studio a questo proposito rileva una predittività tra l’utilizzo di Facebook e lo sviluppo di capitale sociale. La scelta di Facebook è dovuta in primis al fatto che è il SNS più usato e secondariamente alle sue funzionalità. Attraverso Facebook è possibile entrare in contatto con contenuti o chattare con persone che possono offrire soluzioni o suppporto sociale difronte a situazioni critiche. L’utente attraverso Facebook riesce a confidarsi quando sente l’esigenza di parlare, sia per risolvere problemi personali che solamente per raccogliere informazioni utili. In questo caso si parla di capitale sociale bridging, che attraverso lo sviluppo di legami “deboli” permette di raccogliere informazioni o aprire nuove prospettive (Granovetter, 1982) in un periodo come l’emerging adulthood in cui ci si trova continuamente davanti a cambiamenti e transizioni da superare. Nell’altro caso ci riferiamo al capitale sociale bonding, grazie a cui l’utente riesce a ricevere supporto emotivo da conoscenti con cui si sta consolidando un rapporto o da affetti più cari presenti da sempre nella vita della persona. L’individuo instaura, quindi, conversazioni online con diversi utenti, i quali non sono necessariamente amici. Se gli effetti di queste conversazioni migliorano il benessere percepito la persona aumenterà la frequenza di questi contatti che da sporadici diventeranno abituali. Si nota quindi il potenziale “terapeutico” del supporto sociale online come risorsa psicologica, come proposto da Oh, Ozkaya, & LaRose (2014). L’incremento delle conversazioni online con conoscenti e/o amici porta però con sé dei rischi. L’utente deve essere in grado di regolare gli scambi virtuali non recando alterazioni alle proprie attività ed evitando che esse interferiscano con impegni lavorativi, didattici o sentimentali. Come sottolineato da Caplan (2003) l’utente potrebbe passare ad un utilizzo disfunzionale della Rete sviluppando un uso problematico di Internet (PIU).

Qua nasce la seconda ipotesi di ricerca (H1.1), che attraverso le analisi statistiche effettuate dimostra un’influenza positiva da parte della variabile indipendente “supporto sociale online” sulla variabile indipendente “uso problematico di Internet”. Sono emerse differenze significative riguardo al genere e alla professione e ciò sta a significare che l’effetto è differente per maschi e femmine e per ruoli lavorativi. La ricerca di supporto sociale online, in mancanza di un adeguato supporto sociale offline, può sviluppare nell’utente un uso problematico degli strumenti della Rete con tutte le conseguenze negative ad esso correlate. Numerosi, infatti, come espresso nella revisione della letteratura, sono i risvolti negativi per la vita dell’utente creando problemi nei rapporti di lavoro fino a quelli sentimentali/familiari.

L’individuo nel ricevere supporto sociale online, di fronte ad effetti positivi sperimentati per la propria stabilità interiore può addirittura arrivare a preferire le interazioni online piuttosto che quelle faccia a faccia (Caplan, 2003). H3 indaga proprio questo aspetto e le analisi statistiche dimostrano una correlazione positiva tra la variabile indipendente “preferire interazioni online piuttosto che quelle faccia a faccia” e la variabile dipendente “uso problematico di Internet”. In queste condizioni l’individuo si aliena sempre di più dagli scambi sociali impoverendo le proprie skills interazionali nella vita offline e invertendo quella che dovrebbe essere la normalità dei rapporti interpersonali.

Una correlazione negativa, invece, è emersa tra le variabili di H4 “mindfulness” e “problematic Internet use”. Questo sta a significare che al crescere del valore dell’uso problematico di Internet diminuisce quello della mindfulness. È bene ricordare che al fine di regolare il comportamento non è solo importante averne il controllo, ma è anche necessario essere consapevoli della differenza tra l’azione eseguita e l’azione desiderata o giusta (MacKillop & Anderson 2007). Se l’utente non è pienamente consapevole delle propri azioni online tra quello che è funzionale ai suoi obbiettivi e quello che invece è superfluo non sarà in grado di regolare il proprio comportamento sviluppando contemporaneamente un uso problematico della Rete.

Un altro fattore determinante per l’utilizzo di Internet è l’autostima, motore di ogni attività e di ogni sua realizzazione. H3 indaga il rapporto tra utilizzo dei social network (Facebook, Instagram, LinkedIn) e l’autostima con l’obbiettivo di dimostrare che un frequente utilizzo delle piattaforme Social è accompagnato ad una bassa autostima da parte degli utenti. La scelta di focalizzarsi su questi tre SNS piuttosto che altri è perché nella fascia d’età degli emerging adults, la bassa autostima, in considerazione delle sfide che gli individui si trovano ad affrontare, può essere legata a problemi personali come ad insoddisfazione lavorativa. Gli utenti, quindi, ricercano conforto attraverso i SNS con la speranza o l’illusione che il loro utilizzo possa aiutarli a riequilibrare la considerazione del proprio sé. Come sostenuto da Kuss e Griffith (2011), le persone utilizzano Facebook per cercare di compensare online una povera immagine sociale offline. I Social Network Sites sopra riportati potrebbero ipoteticamente fornire feedback positivi per un miglioramento della valutazione di sé sia sulla sfera personale (Facebook e Instagram) che su quella lavorativa (LinkedIn). Come hanno dimostrato Valkenburg, Peter e Schouten (2006) nel loro studio su un campione di adolescenti, i feedback ricevuti attraverso il Web sotto forma di like, commenti e contatti possono migliorare o impoverire la loro autostima in un delicato periodo come l’emerging adulthood tra continui “alti e bassi”. I risultati non hanno confermato l’esistenza di una correlazione tra uso di Instagram e LinkedIn e bassa autostima cosa che invece si verifica con l’utilizzo di Facebook. Come dimostrato da Vogel et at. (2014) in un interessante lavoro di ricerca un frequente uso di Facebook si accompagna ad una bassa autostima e questo si verifica per un fattore di moderazione. Essi hanno dimostrato che le persone che fanno un uso frequente di Facebook tendono durante la loro attività online ad effettuare confronti “verso l’alto”, ovvero con persone considerate “influenti” che si pensa abbiano determinate caratteristiche positive. Attraverso la consultazione dei loro profili, l’utente crede erroneamente, a maggior ragione se non ha un rapporto diretto con la persona nella vita oflline, che essi abbiano un’esistenza più felice della loro. Come conseguenza diretta, avviene una svalutazione del proprio io o, in altre parole, un impoverimento dell’autostima.


© Emerging adults ed utilizzo di Internet: organo funzionale o strumentalità inversa? – Andrea Pivetti