Conflitto Lavoro Famiglia: Risultati

Conflitto Lavoro Famiglia: Risultati

I partecipanti dovevano dichiarare il numero di giornate di assenteismo per malattia e quello delle giornate di presentismo per malattia.

Nel primo caso i partecipanti (N=307) hanno risposto alla domanda dichiarando 6 giorni di assenza negli ultimi 12 mesi (d.s.= 10,42); il presentismo per malattia ha avuto più o meno la stessa incidenza (M= 6,21, d.s.= 9,99).

Per quanto riguarda il conflitto lavoro-famiglia, i partecipanti, in una scala da 1 a 5, hanno in media attribuito il valore 2,41 (d.s.= 0.95), non indicando quindi la presenza di questo disagio (N=307).

La qualità delle relazioni tra colleghi ha ricevuto una media di 3,9 (d.s.= 0.69), che nella scala di risposta da 1 a 5 indica un punteggio positivo per questa risorsa lavorativa (N=312).

Infine i partecipanti hanno attribuito un punteggio medio di 3,55 (d.s.= 0.83) al supporto percepito dai colleghi (N=313): anche in questo caso si può concludere che ci sia una presenza positiva di questa risorsa all’interno dell’azienda.

Correlazioni

Per testare i rapporti di causalità e le moderazioni, prima sono state effettuare le correlazioni tra le variabili.


Dalle statistiche emerge che il conflitto lavoro-famiglia è correlato:

    • Negativamente con la qualità delle relazioni tra colleghi (r =-.283, p<.00)
    • Negativamente con il supporto dei colleghi (r =-.264, p<.00)
    • Positivamente con il presentismo (r =.234, p<.00).

Sembra quindi che all’aumentare della qualità delle relazioni e del supporto dei colleghi il conflitto lavoro-famiglia diminuisca, mentre alti livelli di presentismo sono correlati ad alti livelli di conflitto lavoro-famiglia. Non è stata invece trovata alcuna correlazione tra il conflitto lavoro – famiglia e l’assenteismo per malattia (r = .078, p = .181).

La qualità delle relazioni tra colleghi risulta correlato solamente al supporto tra pari in modo positivo (r =-.508) e negativamente al conflitto lavoro-famiglia (r =.-283, p<.00).

Il supporto dei pari ha una correlazione negativa con il conflitto lavoro famiglia (r=-.264, p<.00) e con il presentismo (r=-.162, p<.05), mentre la relazione è positiva con la qualità delle relazioni (r =.508, p<.00).

L’assenteismo per malattia non è risultato correlato con nessuna variabile a parte positivamente con il presentismo (r =.149, p =.013), come dimostrato precedentemente nello studio di Johns (2010) e di Gosselin e colleghi (2013). L’ipotesi 1 non è stata confermata.

Il presentismo risulta invece correlato positivamente al conflitto lavoro-famiglia (r=.234, p<.00) e all’assenteismo (r =.149, p =.013), mentre ha una correlazione negativa con il supporto dei colleghi (r=-.162, p<.05). L’ipotesi 2 è stata dunque confermata: all’aumentare del conflitto lavoro – famiglia aumentano anche i giorni di presentismo. Quindi se un individuo non riesce a conciliare il proprio ruolo lavorativo con quello familiare tende a essere più presentista, probabilmente proprio per l’incapacità di gestire soprattutto il primo.

Associazioni tra le variabili e moderazioni

Analizzando il rapporto di causalità tra il conflitto lavoro-famiglia e l’assenteismo per malattia, i risultati mostrano che la variazione del delta non è significativa (? =.078, p =.181). Allo stesso modo, l’assenteismo non sembra legato al supporto dei colleghi (? =-.077, p =.183). Anche la regressione tra l’assenteismo e la qualità delle relazioni con i colleghi non è significativa (? =-.042, p =.468).

Non sussistono quindi i presupposti per ottenere una moderazione da parte del supporto dei colleghi e della qualità delle relazioni nella relazione tra l’assenteismo e il conflitto lavoro famiglia. Infatti la regressione con la moderazione del supporto dei colleghi non è significativa (? =-.024, p =.695) e nemmeno con la moderazione della qualità delle relazioni (? =.017, p =.780), non confermando quindi l’Ipotesi 3a e 3b. In Tavola 3 sono mostrati tutti i risultati.

Per quanto riguarda il versante del presentismo, i risultati sono diversi.

La regressione lineare tra il conflitto lavoro-famiglia e il presentismo risulta significativa (? = .234, p < .00) e anche la regressione tra il presentismo e il supporto dei colleghi (? = – .162, p < .05). I risultati non supportano invece la relazione tra il presentismo e la qualità della relazione tra colleghi (? = -.086, p = .151).

Figura 9. Effetto del supporto dei colleghi nella relazione tra conflitto lavoro – famiglia e presentismo.

La moderazione da parte del supporto dei colleghi nella relazione tra conflitto lavoro-famiglia e presentismo risulta invece significativa (? = -.156, p = .014), confermando l’Ipotesi 4b. Il supporto dei colleghi diminuisce quindi l’impatto del conflitto lavoro-famiglia sul presentismo dei lavoratori. In particolare dalla Figura 9 possiamo notare che in caso di alto supporto dei colleghi e alti livelli di conflitto lavoro-famiglia, il presentismo tende a diminuire rispetto a quando si verificano alti livelli di conflitto lavoro – famiglia e bassi livelli di supporto dei colleghi. Quindi se un lavoratore sa di poter contare sui propri colleghi tende ad essere meno presentista di quando questa condizione viene meno.

Al contrario la moderazione da parte della qualità delle relazioni tra colleghi nella relazione tra il conflitto lavoro-famiglia e il presentismo non viene supportata dai risultati (? = -.023, p = 717), non confermando così l’Ipotesi 4a.

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Conflitto lavoro famiglia: I Partecipanti

Conflitto lavoro famiglia: I Partecipanti

 

Dalla Tavola 1 si può osservare che il campione è formato da 321 partecipanti, con un’età che va da un minimo di 24 anni a un massimo di 62 (media = 47,4 anni). Composto principalmente da maschi, per un totale di 259 persone (81,4%), contro 59 femmine (18,6%) (come si può notare nella Figura 5), il campione non risulta rappresentativo per quanto riguarda il genere (125,786, p < .00). Ciò è attribuibile alle caratteristiche dell’organico dell’azienda, per la maggior parte composto da maschi.

Il campione è composto da persone con un’anzianità lavorativa che va dai 3 a 40 anni (media = 19,19, d. s. = 7.32), come si può dedurre dalla Tavola 1. Inoltre i partecipanti lavorano in media 37,5 ore a settimana (d.s. = 2.07).

Dal momento che la ricerca è focalizzata sul conflitto lavoro-famiglia, è opportuno prendere in considerazione anche lo stato civile dei partecipanti e il numero di figli.

La maggior parte delle persone (N=142) ha dichiarato di avere un figlio (45,7%), mentre il 23,5% ha due figli e il 2,6% ha tre figli. In totale 88 persone non hanno figli (28,3%) (medie e deviazioni standard visibili in Tavola 1).

Per quanto riguarda lo stato civile, la Figura 6 mostra che il 74% dei partecipanti è coniugato/a o convivente (N=236), il 15,7% è celibe, nubile o libero (N=50), l’8,5% è separato/a o divorziato/a (8,5%) e l’1,9% dei partecipanti è vedovo/a.


Quasi la metà del campione (N=151) appartiene al terzo gruppo omogeneo (47,3%); il 25,7% del totale è composto da persone del secondo gruppo (N=82), il 21% da persone del quarto gruppo (N=67) e il 6% da persone del primo gruppo (N=19). Anche per questa variabile il campione non risulta rappresentativo (?2 = 112,034, p < .00).

Come si può osservare dalla Figura 6, il 51,4% del campione (164 persone) ha conseguito il Diploma di Scuola Superiore, a seguire 115 persone (36,1%) hanno raggiunto la Licenza Media Inferiore, 36 (11,3%) la laurea, 3 partecipanti (0,9%) hanno un Titolo Post-Laurea e una persona (0,3%) la Licenza elementare.


La maggior parte dei partecipanti, ovvero il 93,1% del campione, lavora con un contratto full-time a tempo indeterminato (296 persone), il 2,8% ha un contratto part-time a tempo indeterminato (9 persone), il 2,2% ha un contratto full-time a tempo determinato (7 persone) e il restante 1,9% ha contratti di altra natura (6 persone).

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Conflitto Lavoro Famiglia: Procedura e strumento

Conflitto Lavoro Famiglia: Procedura e strumento

I dati soggettivi sono stati raccolti tramite un questionario, che ha indagato le dimensioni delle domande e delle risorse lavorative, ma anche degli esiti del lavoro. La raccolta dei dati è avvenuta durante 8 incontri con i lavoratori, ognuno preceduto da una fase formativa della durata di circa 45 minuti avente l’obiettivo di introdurre le finalità del progetto, nonché sensibilizzare i partecipanti nei confronti dell’attività avviata.

Le analisi dei dati sono state effettuate grazie all’uso del programma statistico IBM SPSS Statistics 19, attraverso il quale è stato creato un database contenente le dimensioni e i relativi item del questionario, le sintassi e le risposte dei partecipanti. 

L’assenteismo è stato misurato attraverso un item singolo a risposta aperta (Caverley e colleghi, 2007), ovvero “Durante gli ultimi 12 mesi, quanti giorni di assenza per malattia ha preso?”.

Il presentismo è stato indagato con tre item, solo due sono quelli centrali ai fini di questa ricerca.  Il primo a risposta dicotomica “si/no” di Aronsson, Gustafsson e Dallner (2000), “È successo nei precedenti 12 mesi che lei sia andato a lavoro sebbene si sentisse malato?”. Il secondo item era a risposta aperta (Lowe, 2002), “Durante gli ultimi 12 mesi, quanti giorni ha lavorato nonostante fosse malato o infortunato, perché si sentiva in dovere di farlo?”. 

Il conflitto lavoro-famiglia strain based è stato esplorato attraverso la scala a 5 punti di Carlson, Kacmar e Williams  (2000), dove 1 = totalmente in disaccordo e 5 = totalmente d’accordo. Gli item erano “Quando torna a casa da lavoro, spesso si sente troppo stressato per partecipare alle attività e alle responsabilità domestiche”, “Quando torna a casa da lavoro, spesso si sente talmente stanco emotivamente da non riuscire a contribuire a casa” e “A volte, a causa di tutte le pressioni lavorative, quando torna a casa si sente troppo stressato per fare le cose che le piacciono”. 

Il supporto dei colleghi e la qualità delle relazioni sono state indagate grazie all’uso dell’HSE Indicator Tool (Toderi, Balducci, Edwards, Sarchielli, Broccoli e Mancini, 2013), con scala di risposta a 5 punti, dove 1 = Mai e 5 = Sempre. 

Gli esempi di item del supporto dei colleghi sono “Se il lavoro diventa difficile, posso contare sull’aiuto dei miei colleghi”, “I colleghi mi danno l’aiuto e il supporto di cui ho bisogno” e “Al lavoro i miei colleghi mi dimostrano il rispetto che merito”.

Gli esempi di item della qualità delle relazioni sono “Sono soggetto a offese personali con parole o comportamenti scortesi”, “Ci sono attriti o ire tra colleghi” e “I rapporti nel lavoro sono tesi”.

 

 

 

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Conflitto lavoro famiglia: il contesto della raccolta dati

Conflitto lavoro famiglia: il contesto della raccolta dati 

I dati sono stati raccolti all’interno di un più ampio studio sul benessere lavorativo condotto dal gruppo di ricerca di Psicologia del Lavoro della Facoltà di Psicologia dell’Università di Bologna, in un’azienda multi-utilities leader nei servizi ambientali, idrici ed energetici. L’obiettivo generale della rilevazione è stato quello di analizzare i fattori di rischio psicosociale alla luce della normativa vigente in materia di stress lavoro-correlato.

A tal proposito, sono stati formati quattro gruppi omogenei secondo il criterio della condivisione del rischio: le persone sono state collocate nei gruppi a seconda del contesto organizzativo d’azione, dei ruoli, delle responsabilità e dell’impegno cognitivo.

Il primo gruppo è formato da dirigenti, che hanno un ruolo di grande responsabilità, autonomia e potere decisionale. I dirigenti mirano alla promozione, coordinazione e gestione della realizzazione degli obiettivi aziendali.

Oltre ai dirigenti, questo gruppo è formato anche dai quadri, ovvero il personale che dirige, coordina, controlla e integra l’attività delle diverse unità organizzative. Anche il quadro ha autonomia e responsabilità specifiche e contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di impresa attraverso l’ottimizzazione e l’integrazione delle risorse tecniche, economiche e organizzative sulla gestione e lo sviluppo delle risorse umane e/o sui risultati professionali.

Il secondo gruppo omogeneo è formato dal personale che svolge attività tecniche, amministrative e commerciali finalizzate alla guida, al coordinamento e al controllo di gruppi di lavoratori in attività complesse o molto specialistiche, che richiedono conoscenze tecniche e tecnologiche avanzate e innovative.

All’interno di questo gruppo si trova anche il personale che opera in modo autonomo nelle attività assegnate, interpretando le regole e adattandosi alle procedure date: hanno responsabilità sui risultati qualitativi e quantitativi delle attività svolte o coordinate e della discrezionalità esercitata nel portarle a termine.

Il terzo gruppo omogeneo comprende il personale che svolge compiti esecutivi d’ordine e/o di natura manuale relativi al mestiere, oppure attività ausiliarie, lavori esecutivi di contenuto o attività di concetto tecniche, amministrative e commerciali, o ancora attività operative esecutive/ausiliarie legate a un particolare mestiere. Il personale di questo gruppo può anche coordinare e controllare altri lavoratori. Il personale di questo gruppo esegue operazioni/compiti ripetitivi sulla base di istruzioni ricevute o seguendo specifiche prassi, con un discreto grado di autonomia e discrezionalità.

All’interno di questo gruppo c’è anche il personale che ha responsabilità riguardo il rispetto delle istruzioni da svolgere per portare a termine l’attività, applicando conoscenze generiche e teoriche di base e conoscenze pratiche di mestiere derivanti da procedure predefinite acquisibili tramite addestramento o tirocinio.

Il quarto e ultimo gruppo omogeneo è composto dal personale che si occupa delle attività di spazzamento e raccolta rifiuti, tutelando e curando il territorio. Le mansioni di questo gruppo sono principalmente esecutive, portate a termine grazie a strumenti, macchinali e veicoli specifici. I lavoratori di questo gruppo sono anche responsabili del mantenimento della sicurezza del mezzo utilizzato. Un’altra parte di personale appartenente a questo gruppo si occupa del trasporto dei rifiuti tramite veicoli che necessitano della patente di tipo C o superiore. Il personale è autonomo all’interno delle procedure prestabilite e deve mantenere gli standard sicurezza del mezzo in collaborazione di altri lavoratori, che possono essere così coordinati.

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Conflitto lavoro famiglia: Risorse lavorative

Conflitto lavoro famiglia: Risorse lavorative che agiscono da moderatori nel modello rivisitato

Le risorse lavorative spesso agiscono da protezioneper lo stress e possono quindi attenuare l’impatto delle job demands sull’individuo.

Kahn e Byosiere (1992) sostengono che l’effetto buffer delle risorse lavorative può verificarsi tra qualsiasi coppia di variabili inserite nel processo stress-strain. Le caratteristiche della situazione lavorativa, così come quelle individuali sono in grado di moderare gli effetto dello stressor sul lavoratore.

Si potrebbe quindi ipotizzare che le risorse lavorative possano moderare l’effetto del conflitto lavoro-famiglia sull’assenteismo e sul presentismo.

In questo studio le risorse lavorative prese in esame sono la relazione e il supporto con i colleghi. Van der Doef e Maes (1999) infatti sostengono che il supporto che i lavoratori ricevono dai colleghi sia la variabile situazionale più conosciuta per il suo effetto buffer contro lo stress lavorativo. Demerouti e colleghi (2011) concentrano la loro ricerca sulla moderazione della relazione con i colleghi nella relazione tra conflitto lavoro-famiglia e assenteismo, confermando questa ipotesi.

Altri risultati giungono da studi precedenti; a tal proposito, Roskies e Lazarus (1980) sostengono che il supporto da parte del superiore aiuta l’individuo a percepire l’ambiente di lavoro meno stressante e lo aiuta a sentirsi curato dalla sua organizzazione anche dal punto di vista emotivo. Altre ricerche hanno poi approfondito il ruolo della qualità della relazione con i colleghi: in modo similare al rapporto con i superiori, questa relazione fornisce al lavoratore un supporto emotivo e strumentale che può avere effetti positivi nel clima di gruppo (Demerouti et al., 2011). Se le relazioni con i colleghi sono vissute in modo positivo, l’individuo sarà più stimolato ad andare al lavoro per passare il tempo con loro, anche se questo può avere un effetto diretto sulle dinamiche di presenza: è stato dimostrato che una buona relazione con colleghi e supervisori può rappresentare un motivo aggiuntivo per andare a lavoro anche in condizioni di malattia (Vaananen, Kumpulainen, Kevin, Ala-Mursula, Kouvonen, Kivimaki, Vahtera, et al., 2008).

Sanz-Vergel, Demerouti, Moreno-Jimenez, e Mayo, (2010) hanno inoltre condotto uno studio i cui risultati indicavano che esprimere emozioni positive con i colleghi a lavoro aiutava le persone ad aumentare la facilitazione del rapporto tra il dominio lavorativo e quello familiare e migliorava il vigore la sera. In generale quindi, relazioni positive con i colleghi possono aiutare il lavoratore a creare una spirale positiva di benessere, essendo catalogabile come fattore protettivo dello stress (Demerouti et al., 2011).

Non ci sono ricerche nella letteratura scientifica che indagano l’effetto moderatore del supporto dei colleghi nella relazione tra conflitto lavoro-famiglia e il presentismo. Sarebbe però un interessante aspetto da valutare, considerando che la ricerca di Xie e Shi (2007) sostiene che si può diminuire il conflitto lavoro-famiglia migliorando il supporto dei colleghi, mentre lo studio di Leineweber e colleghi (2011) ha evidenziato una correlazione negativa tra il presentismo per malattia e la mancanza del supporto da parte dei colleghi.

In conclusione le ipotesi di moderazione sono quattro:

HP 3a: La qualità delle relazioni tra colleghi modera la relazione positiva tra il conflitto lavoro – famiglia e l’assenteismo;

HP 3b: Il supporto da parte dei colleghi modera la relazione positiva tra il conflitto lavoro – famiglia e l’assenteismo;

HP 4a: La qualità delle relazioni tra colleghi modera la relazione positiva tra il conflitto lavoro – famiglia e il presentismo;

HP 4b: Il supporto da parte dei colleghi modera la relazione positiva tra il conflitto lavoro – famiglia e il presentismo.

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Conflitto Lavoro Famiglia: Ricerca, Obiettivi e Ipotesi

Conflitto Lavoro Famiglia: Ricerca, Obiettivi e Ipotesi

Al fine di inoltrare gli scopi di questa ricerca, si tenterà di adattare al modello Job Demand – Resource (JDR) i costrutti spiegati precedentemente.

La relazione su cui si concentrerà questa ricerca coinvolge il processo richieste lavorative – strain – esiti organizzativi, che, come verrà illustrato nel paragrafo successivo, sarà mediata dalle risorse lavorative.

La ricerca mirerà a capire quale relazione ci sia tra il conflitto lavoro-famiglia e l’assenteismo/presentismo e se tale relazione può essere moderata da alcune risorse lavorative.

Quindi in primo luogo, la job demand sarà rappresentata dal conflitto lavoro- famiglia.

Questo costrutto infatti descrive il conflitto tra ruoli aventi responsabilità nella sfera lavorativa e in quella familiare, che determinano la comparsa di demand fisiche ed emotive aggiuntive che competono tra loro per le risorse personali limitate (Lu, Kao, Chang, Wu & Cooper, 2011).

La presenza del conflitto quindi comporta un maggior carico sia fisico sia mentale all’individuo, rappresentato dalle richieste di ognuna delle due sfere di vita: la gestione del conflitto presume un’ulteriore richiesta del mondo lavorativo su quello familiare, rendendolo idoneo a rappresentare la job demand nel modello JDR rivisitato.

Gli esiti organizzativi saranno invece rappresentati dall’assenteismo e dal presentismo.

Entrambi i costrutti sono lo specchio della reazione dell’individuo alle richieste della sfera lavorativa e di quella familiare: come precedentemente illustrato, l’assenteismo può rappresentare una risorsa di coping per l’individuo che non riesce più a gestire le richieste lavorative (Kristensen, 1991), così come il presentismo è l’unica soluzione per un lavoratore con scarsa sicurezza circa la propria occupazione o con assente supporto da parte di superiori e colleghi (Johns, 2010). Assenteismo e presentismo sono indici di stress e rappresentano una conseguenza (un esito) per l’individuo che deve far fronte alle richieste lavorative.

Secondo questa analisi e la letteratura illustrata in precedenza, le prime due ipotesi quindi saranno:

    • HP 1: esiste una relazione positiva tra il conflitto lavoro – famiglia e l’assenteismo;
    • HP 2: esiste una relazione positiva tra il conflitto lavoro – famiglia e il presentismo.

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Conflitto Lavoro Famiglia: le relazioni sociali

Conflitto Lavoro Famiglia. Un esempio di risorse lavorative: le relazioni sociali

L’ambiente di lavoro è un contesto sociale formato da persone che interagiscono tra loro e che quindi instaurano vere e proprie relazioni. Le relazioni sociali fanno parte delle risorse lavorative che garantiscono al lavoratore una protezione dallo stress lavoro – correlato.

È risaputo che relazioni lavorative positive e un buon supporto sociale dei colleghi giovino allo sviluppo professionale, alla performance e alla soddisfazione lavorativa degli individui e dei team work.

In numerosi studi si è potuto notare come il supporto sociale da parte dei colleghi sia una risorsa lavorativa funzionale al raggiungimento degli obiettivi organizzativi: attraverso il sostegno reciproco, gli individui possono dividersi il lavoro terminando così le proprie task nei tempi prestabiliti, aspetto che poi agisce positivamente anche sullo strain poiché diminuisce il carico di lavoro (Van der Doef & Maes, 1999).

Negli ultimi anni l’interesse per gli effetti benefici delle risorse lavorative sulla sfera personale e lavorativa degli individui si è evoluto: i ricercatori hanno sviluppato spunti per ricerche sempre nuove che mettessero in relazione queste variabili con costrutti legati al malessere delle persone sul proprio luogo di lavoro, per capirne l’effetto. Così si sono succedute ricerche il cui scopo era la relazione tra le job resources e fenomeni organizzativi come l’assenteismo per malattia e il presentismo.

Dagli anni ’90 si è sentita l’esigenza di studiare l’assenteismo per malattia focalizzando l’attenzione sulle relazioni sociali che inevitabilmente caratterizzano sia i gruppi di lavoro sia le organizzazioni (Anderson, 1991). Sono stati quindi condotte numerose ricerche sulla relazione tra l’assenteismo per malattia e il supporto sociale: nello studio Whitehall II (North, Syme, Feeney, Head, Shipley, & Marmot,, 1993; North, Syme, Feeney, Head, Shipley, & Marmot,1996), nello studio svedese di Unden (1996) e in uno studio finlandese (Vahtera Pentti, & Uutela, 1996;  Vahtera, Kivimaki, Pentti, & Theorell, 2000), è stato dimostrato che il supporto sociale è un predittore dell’assenteismo.

La letteratura su questa relazione non è ancora molto unita, in quanto sono stati trovati studi come quello di Rael, Stansfeld, Shipley e Head (1995) in cui il supporto sociale è risultato associato a un aumento dei giorni di assenteismo per malattia. Si può affermare però che la maggior parte degli studi sul supporto sociale hanno mostrato una relazione negativa con le assenze per malattia e che quindi sia una risorsa lavorativa in grado di diminuire l’incidenza di questo fenomeno così dannoso per le organizzazioni e i lavoratori stessi.

Alcune ricerche recenti con focus sul presentismo hanno dimostrato l’effetto positivo delle risorse sociali come il supporto e la qualità delle relazioni con colleghi e superiori sulla presenza di questo fenomeno (Caverly, Cunningham, & MacGregor, 2007; Leineweber, Westerlund, Hagberg, Svedberg, Luokkala, & Alexanderson, 2011).

Caverley e colleghi (2007) hanno condotto uno studio canadese che ha coinvolto un campione di 237 dipendenti pubblici con lo scopo di capire il legame tra assenteismo per malattia, presentismo per malattia e problemi di salute e conseguenze organizzative. I risultati hanno mostrato che alti livelli di presentismo per malattia erano associati a bassi livelli di supporto percepito dai superiori e dai colleghi.

Quattro anni dopo Leineweber e colleghi hanno coinvolto in uno studio 11793 agenti di polizia svedesi, per indagare la relazione tra il presentismo per malattia e caratteristiche lavorative come il supporto sociale sia da parte dei colleghi sia da parte dei superiori. Anche in questo caso, al diminuire del supporto percepito aumentava l’incidenza di episodi di presentismo per malattia, con una certa influenza dell’età del lavoratore (dai 54 anni in poi l’incidenza del fenomeno infatti aumentava).

Dalle ricerche qui esposte si deduce quindi che tali risorse lavorative rappresentano un sostegno per i lavoratori in crisi, che quindi decidono di non rimanere a lavoro anche quando sono malati e nello stesso tempo hanno un effetto positivo sulla riduzione delle assenze, indici di un malessere spesso anche psicologico.

È anche vero però che le assenze per malattia possono diminuire nel contesto di buone relazioni tra colleghi a causa del senso di responsabilità e di rispetto che viene a crearsi in modo reciproco.  Una buona qualità delle relazioni tra colleghi va al di là del mero rapporto lavorativo, in quanto coinvolge anche la sfera emotiva: il pensiero di aggravare il carico di lavoro di un collega al quale si è legati anche emotivamente potrebbe far desistere il lavoratore dal concedersi una pausa dallo stress quotidiano o dal rimanere a casa nel caso di un attacco di influenza stagionale. Nello studio canadese di Biron, Brun, Ivers, e Cooper (2006) si dimostra proprio questo aspetto, sottolineando come all’aumentare della qualità del rapporto con i colleghi e superiori diminuisse l’assenteismo per malattia, con conseguente aumento dei livelli di presentismo per malattia.

Molti studi sono stati condotti anche per approfondire la relazione che intercorre tra il conflitto lavoro – famiglia e il supporto sociale.

Il supporto sociale, in qualità di risorsa lavorativa che agisce in modo positivo sui processi stress – strain, influenza il conflitto lavoro – famiglia, tendendo a ridurlo (Erdwins, Buffardi, Casper, & O’Brien, 2001). Dalle ricerche è emerso che il supporto sociale è dominio – specifico nel miglioramento del confitto lavoro – famiglia: il supporto da parte del proprio partner agisce diminuendo il conflitto del ruolo familiare su quello lavorativo, mentre il supporto da parte di colleghi o supervisori riduce il conflitto del ruolo lavorativo su quello familiare (Bellavia & Frone, 2005).

Uno studio del 2009 di Seiger e Wiese ha focalizzato la sua attenzione sul ruolo del supporto sociale come antecedente del conflitto lavoro – famiglia. La ricerca è stata condotta in Svizzera su un campione di 107 donne lavoratici e madri e ha dimostrato che il supporto da parte dei superiori e in parte quello dei colleghi riduce il conflitto del ruolo lavorativo su quello familiare.

I suddetti studi sono stati fonte di ispirazione in questa ricerca e ne hanno costituito le fondamenta. Come si vedrà nel capitolo successivo, il focus di questa ricerca è la comprensione del rapporto tra il conflitto lavoro-famiglia e l’assenteismo per malattia e il presentismo, per poi approfondire il ruolo delle risorse lavorative appena illustrate in questa relazione.

© Conflitto Lavoro Famiglia, Assenteismo e presentismo: il ruolo delle risorse lavorative – Mariarosaria Campitelli

Conflitto Lavoro Famiglia: I due processi fondamentali del modello

Conflitto Lavoro Famiglia: I due processi fondamentali del modello

 

Nel modello Domande-Risorse esistono due possibili processi psicologici che possono condurre l’individuo allo stress o alla motivazione nel proprio lavoro (Figura 3).


Figura 3. Fonte: Bakker e Demerouti (2006)

Il primo processo è quello che conduce l’individuo allo strain e, se la situazione non viene risolta, al deterioramento della salute: si verifica quando il lavoro è molto monotono o quando è mal progettato, con conseguente esaurimento delle risorse personali e problemi di salute (Bakker & Demerouti, 2006). Il mantenimento della prestazione si ottiene attraverso la mobilitazione del sistema simpatico (autonomo ed endocrino) e/o un maggiore sforzo soggettivo (per esempio l’uso del controllo attivo nel processamento delle informazioni) (Bakker & Demerouti, 2006). Maggiore è l’attivazione o lo sforzo, maggiori saranno i costi fisiologici per l’individuo. Si possono identificare diversi modelli di degradazione indiretta della prestazione nel compito primario: i costi di compensazione (in cui aumenta l’attivazione e/o lo sforzo soggettivo), l’adattamento della strategia (attraverso il restringimento dell’attenzione, una maggiore selettività e la ridefinizione delle richieste del compito), e gli effetti post-fatica (scelte rischiose, alti livelli di stanchezza soggettiva). Più l’individuo usa queste strategie di compensazione, più si verifica l’esaurimento delle energie con un conseguente crollo (Bakker & Demerouti, 2006).

Il secondo processo è quello motivazionale, grazie alle risorse lavorative che possono facilitare l’impegno, abbassare il cinismo e aumentare la performance (Bakker & Demerouti, 2006).

Le job resources possono avere sia un ruolo motivazionale intrinseco, favorendo la crescita dei lavoratori, l’apprendimento e lo sviluppo, oppure un ruolo motivazionale estrinseco, in quanto aiutano l’individuo a raggiungere i suoi obiettivi di lavoro quotidiani (Bakker & Demerouti, 2006).

Il ruolo motivazionale intrinseco è importante per l’individuo, poiché le risorse lavorative mirano a soddisfare i suoi bisogni fondamentali (Deci e Ryan, 1985), come il bisogno di autonomia (DeCharms, 1968), di competenza (White, 1959) e di relazionalità (Baumeister e Leary, 1995). Per esempio, se il lavoratore riceve un feedback adeguato da un superiore sul lavoro svolto, esso stimola l’apprendimento, migliorando sia la percezione sia la competenza stessa dell’individuo; il livello di libertà di decisione del singolo) e il supporto sociale sono invece utili a soddisfare il bisogno di autonomia e di appartenenza.

Il ruolo motivazionale estrinseco è altresì importante per l’individuo poiché un ambiente di lavoro che sostiene l’operato individuale attraverso le risorse aumenta la volontà dei singoli di dedicarsi completamente alla propria attività, in termini sia di sforzo sia di competenza da mettere in campo (Meijman e Mulder, 1998). I lavoratori, sentendosi motivati, saranno più propensi a completare il lavoro, raggiungendo l’obiettivo in modo corretto (Bakker & Demerouti, 2006).

Sia attraverso la soddisfazione dei bisogni di base, sia attraverso il raggiungimento degli obiettivi lavorativi, le risorse organizzative, quando sono presenti ed efficienti, aumentano l’engagement individuale, mentre la loro assenza sviluppa nel singolo un atteggiamento cinico nei confronti della propria attività (Bakker & Demerouti, 2006).

La figura 3 mostra anche il tipo di relazione che intercorre tra una variabile e l’altra del modello. Per esempio, si può notare che tra le job demands e lo strain c’è una correlazione positiva, così come tra le risorse lavorative e la motivazione. È da sottolineare che la correlazione negativa tra le job demands e lo strain può essere moderata dalle risorse lavorative, che agiscono da tampone tra i due fenomeni. Inoltre alla fine della Figura 3 si può notare che più è alto lo strain, peggiori saranno gli esiti organizzativi, mentre all’aumentare della motivazione gli esiti migliorano.

In sostanza il modello Job Demand – Resource può essere riassunto nella Figura 4.

© Conflitto Lavoro Famiglia, Assenteismo e presentismo: il ruolo delle risorse lavorative – Mariarosaria Campitelli

 

 

Il Conflitto Lavoro Famiglia: Il modello Job-Demand Resource

Conflitto avoro Famiglia. Il modello Job-Demand Resource: definizione e aspetti chiave del modello

Lo stress si verifica quando avviene un disequilibrio nel sistema cognitivo – emotivo – ambientale a causa di fattori esterni (Lazarus & Folkman, 1984). I fattori esterni sono generalmente chiamati stressors ed esercitano un’influenza negativa sulla maggior parte delle persone (Demerouti, Bakker, Nachreiner, & Schaufeli, 2001).

Sulla base di questo presupposto è nato il modello Job Demand-Resource, che ha lo scopo di migliorare il benessere e la performance lavorativa degli individui.

Tutte le occupazioni hanno specifici fattori di rischio, ma in generale essi possono essere classificati in due categorie: job demands e job resources (Bakker & Demerouti, 2006). Per questa sua caratteristica il Job Demand-Resource è un modello generale applicabile a diversi contesti organizzativi, indipendentemente dalle richieste lavorative e dalle risorse coinvolte.

Le job demands sono aspetti fisici, sociali od organizzativi del lavoro che comportano uno sforzo fisico e mentale sostenuto per l’individuo, il quale deve poi affrontarne i costi fisiologici e psicologici (Demerouti et al., 2001). Tra le richieste di lavoro più comuni si possono elencare la pressione lavorativa, un ambiente di lavoro sfavorevole e così via (Bakker & Demerouti, 2006). Le job demands non sono necessariamente negative ma possono comunque richiedere un grande sforzo da parte dell’individuo, il quale sperimenta uno stato di stress nel momento in cui non riesce a recuperare adeguatamente le proprie energie (Meijman & Mulder, 1998).

Le job resources sono invece tutti gli aspetti fisici, sociali od organizzativi del lavoro che facilitano l’individuo nel raggiungimento dei suoi obiettivi, riducono le job demands e permettono all’individuo di crescere e apprendere (Bakker & Demerouti, 2006). Le risorse lavorative sono importanti ai fini di un buon rapporto tra l’individuo e il lavoro, ma non solo. Alcune risorse si possono trovare a livello organizzativo, come ad esempio la sicurezza lavorativa, l’ammontare dello stipendio o le opportunità di carriera; altre risorse possono derivare dalle relazioni sociali e interpersonali, come il supporto dei superiori e del colleghi o un buon clima di  gruppo; oppure possono derivare dall’organizzazione del lavoro (chiarezza del proprio ruolo e partecipazione alla presa di decisione) o dalle caratteristiche del compito da portare a termine (il significato del compito, l’autonomia percepita, il feedback da parte dei colleghi o di un superiore, ecc …) (Bakker & Demerouti, 2006).

Le risorse lavorative non interagiscono necessariamente e solamente con le job demands ma sono importanti di per sé (Bakker & Demerouti, 2006). Infatti la teoria delle caratteristiche del lavoro di Hackman e Oldham (1980) sostiene che le risorse lavorative hanno un potenziale motivazionale a livello della task, soprattutto l’autonomia, il feedback e il significato del compito per l’individuo. La teoria della conservazione delle risorse (COR) (Hobfoll, 2001) prosegue l’idea dell’importanza generale delle risorse per la persona affermando che la motivazione più importante è quella diretta verso il mantenimento e l’accumulo delle risorse.

Le risorse sono perciò fondamentali a ogni livello della vita individuale, poiché sono mezzi per raggiungere o proteggere le altre risorse (Bakker & Demerouti, 2006)

© Conflitto Lavoro Famiglia, Assenteismo e presentismo: il ruolo delle risorse lavorative – Mariarosaria Campitelli

Il conflitto lavoro – famiglia

Il conflitto lavoro – famiglia

 

Prendendo spunto dai risultati emersi dallo studio di Gosselin e colleghi (2013), potrebbe essere interessante valutare il conflitto lavoro-famiglia come antecedente sia dell’assenteismo sia del presentismo. Prima di indicare le motivazioni che hanno sostenuto questa ricerca, è utile fornire un quadro generale di interpretazione del conflitto lavoro-famiglia.

Definizione, tipologie, antecedenti e conseguenze del conflitto lavoro-famiglia

Il conflitto lavoro-famiglia è definito come una forma di conflitto inter-ruolo: richieste di un ruolo interferiscono con le richieste dell’altro (Greenhaus & Beutell, 1985). Esistono due tipologie di conflitto (Carlson, Kacmar, & Williams, 2000):

1. Il conflitto del ruolo lavorativo sul ruolo familiare (work to family conflict  —> WFC);

2. Il conflitto del ruolo familiare sul ruolo lavorativo (family to work conflict  —> FWC).

Il conflitto tra ruolo familiare e ruolo lavorativo nasce spesso dalla mancanza di tempo da dedicare a entrambi i domini (Greenhaus & Beutell, 1985). Alcuni studi hanno evidenziato una relazione (anche se debole) tra il conflitto lavoro-famiglia e le ore lavorate (Yang, Chen, Choi, & Zhou, 2000) o il carico di lavoro e il lavoro a turni (Byron, 2005). Sulla base dei risultati di queste ricerche Lu, Kao, Chang, Wu e Cooper (2011) hanno ipotizzato e dimostrato che le demand  lavorative (il carico di lavoro) predicono sia il WFC sia il FWC.

Oltre alle richieste del lavoro, anche le richieste familiari possono sottrarre tempo all’individuo: tra queste troviamo il mantenimento e la cura dei figli (Rothausen, 1999) ma anche della casa (Fong, 1992). Lu e colleghi (2011) hannostudiato se avere figli che ancora richiedono cure parentali e mogli che lavorano potesse avere effetti sul WFC e FWC: i risultati hanno confermato che solo avere figli ancora bisognosi di cure parentali dai genitori è considerabile antecedente dei due conflitti inter-ruolo.

Ovviamente è importante identificare le fonti stressanti che possono accentuare il conflitto tra il ruolo lavorativo e quello familiare, ma altrettanto importante è la valorizzazione delle risorse. Le organizzazioni spesso mettono in atto delle politiche per facilitare la coesistenza di queste due importanti sfere di vita, creando asili aziendali, la flessibilizzazione degli orari di lavoro o altri benefit, anche se queste pratiche sono ancora troppo poco sfruttate. Karasek (1979) suggerì che la flessibilizzazione dell’orario garantiva all’individuo una grande autonomia e controllo nella gestione del proprio ritmo di lavoro, comportando un beneficio per la sua salute. Lu, Gilmour, e Kao (2001) affermano che il lavoratore che ha la possibilità di avere un orario di lavoro flessibile percepisce supporto dai suoi superiori e Allen (2001) ha dimostrato che il lavoro flessibile è utile per la maggior parte dei lavori che devono affrontare richieste sia lavorative sia familiari.

Alcune delle più importanti conseguenze del conflitto lavoro-famiglia è il benessere psicologico dell’individuo, in termini di depressione, soddisfazione coniugale e di vita (Greenhaus & Beutell, 1985), ma anche la soddisfazione lavorativa, il committment organizzativo, il burnout e il turnover (Frone, Russell, & Cooper, 1992; Greenhaus, 1988; Pleck, Staines, & Lang, 1980). Lu, Kao, Chang, Wu e Cooper (2011) hanno dimostrato che esiste una relazione negativa tra WFC e soddisfazione lavorativa e tra FWC e committment organizzativo.

Conflitto lavoro-famiglia come antecedente dell’assenteismo

Come accennato in precedenza, l’assenteismo può essere interpretato come una strategia di coping di cui il lavoratore si avvale per far fronte alle demand lavorative (Kristensen, 1991). Potrebbe rappresentare sia una risorsa emotiva, in quanto il lavoratore evita la situazione stressante non recandosi al lavoro, sia una risorsa orientata al problema, in quanto l’individuo potrebbe essere assente per risolvere un problema familiare (Lazarus & Folkman, 1984).

Si potrebbe perciò affermare che il conflitto lavoro-famiglia influenzi l’assenteismo dei lavoratori, poiché i lavoratori potrebbero usare l’assenza per far fronte allo stress generato dal ruolo lavorativo e familiare (Feeney, North, Head, Canner, & Marmot, 1998). Demerouti e colleghi (2011) dimostrano questa relazione, rilevando una correlazione positiva tra il conflitto lavoro-famiglia e l’assenteismo.

Johns (2011) sostiene che il conflitto tra il ruolo lavorativo e quello familiare influenzi molto le dinamiche di presenza dell’individuo sul posto di lavoro. Nel suo studio l’autore illustra che il FWC era positivamente associato all’assenteismo, al contrario del WFC (Johns, 2011).

Lo studio di Camerino, Sandri, Sartori, Conway, Campanini e Costa (2010) ha indagato la relazione tra assenteismo per malattia e conflitto lavoro – famiglia con misure self – report, non trovando una correlazione significativa tra i due costrutti.

Conflitto lavoro-famiglia come antecedente del presentismo

La ricerca di Gary Johns (2011) aveva lo scopo di illustrare gli antecedenti del presentismo, dell’assenteismo e della perdita di produttività. Dalla ricerca è emerso che il FWC non era significativamente correlato al presentismo, mentre all’aumentare del WFC aumentavano i giorni di presenza al lavoro nonostante la malattia. I risultati indicavano che il conflitto lavoro-famiglia non solo influenzava le assenze e il presentismo, ma i presentisti dichiaravano (attraverso dati self-report) una consapevole perdita di produttività dovuta al conflitto stesso.

Una relazione positiva e significativa tra presentismo e conflitto lavoro-famiglia è stata trovata nello studio di Camerino e colleghi (2010), il cui campione era di infermiere italiane.

© Conflitto Lavoro Famiglia, Assenteismo e presentismo: il ruolo delle risorse lavorative – Mariarosaria Campitelli