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I campi di applicazione della PNL

I campi di applicazione della PNL

 

Tratto dal sito Scuola di Formazione in Psicologia

La Programmazione Neuro Linguistica (PNL) nasce negli anni 70 in ambito clinico. In quel periodo Richard Bandler e John Grinder iniziarono a studiare le modalità comunicative e operative di psicoterapeuti eccellenti dell’epoca come Fritz Perls (terapeuta Gestalt), Virginia Satir (terapia della famiglia) e Milton H. Erickson, (medico noto come uno dei maggiori e più efficaci esperti in ipnosi clinica).

Da quegli studi uscirono alcune pubblicazioni “La struttura della Magia” e “I modelli della tecnica ipnotica di Milton H. Erickson” (editi in Italia da Astrolabio), che trattavano argomenti esclusivamente “clinici”.

Alla fine degli anni settanta iniziarono ad arrivare altri trainer, portando sviluppi alla PNL e contribuendo alla diffusione della stessa: Robert Dilts che ha contribuito allo sviluppo sia in campo clinico che aziendale (per esempio sulla leadership), Leslie Cameron Bandler (co-autrice del libro “La Programmazione Neuro Linguistica”), David Gordon (autore del libro “Metafore Terapeutiche”), Steve e Connirae Andreas (autori dei libri “Cambiare la mente” e “I nuclei profondi del sé”, ed italiana: Astrolabio), Anthony Robbins che portò la PNL al grande pubblico come strumento di crescita e cambiamento personale, Tad James autore del libro “Time Line” (Ed. Astrolabio), John La Valle, formatore e consulente, specializzato nelle applicazioni della PNL al business e alla persuasione, co-autore con Bandler del libro “Persuasion EngineeringTM” e tanti altri trainer che con il loro lavoro hanno contribuito ulteriormente allo sviluppo ed alla diffusione della PNL.

Grazie a questi contributi, oggi la PNL viene utilizzata in svariati contesti (l’elenco che segue non è esaustivo ma puramente indicativo), quali:

    • la psicoterapia – pur non essendo riconosciuta come tecnica psicoterapeutica, la PNL contiene molti strumenti che ritengo indispensabile conoscere per chi si occupa di psicoterapia, dai più semplici ai più complessi, come per esempio, come mettere a suo agio il paziente, come impostare un colloquio clinico, come affrontare e superare una fobia o un attacco di panico, come individuare e modificare una strategia cognitiva, ecc
    • il counseling – per aiutare la persona ad acquisire consapevolezza, individuare ed utilizzare le risorse personali per affrontare il percorso di cambiamento
    • il coaching – per aiutare il cliente a mettere a fuoco i propri obiettivi, ad apprendere ed elaborare le tecniche e le strategie di azione che permetteranno loro di migliorare sia le performance che la qualità della propria vita
    • la vendita – la PNL mette a disposizione tecniche per entrare in sintonia con il potenziale cliente, formulare domande per individuare i reali bisogni, creare argomentazioni motivanti, individuare la strategia decisionale
    • la leadership – per comunicare meglio, condividere la propria vision, motivare i collaboratori
    • lo sport – per allenarsi mentalmente, gestire lo stress e migliorare le performance
    • la selezione – per condurre un colloquio di selezione, conoscere la struttura cognitiva del candidato e valutarne l’adeguatezza al ruolo ricercato
    • l’insegnamento – per utilizzare modalità comunicative adeguate a migliorare l’apprendimento

Ma la PNL ha delle correlazioni con altre discipline ? …. nel prossimo articolo

© I campi di applicazione della PNL – Andrea Castello

Cos’è la PNL

La PNL   

 

Tratto dal sito Scuola di Formazione in Psicologia

Cos’è la PNL

Nei testi degli ideatori della Programmazione Neuro Linguistica, la PNL viene definita come “lo studio della struttura dell’esperienza soggettiva”, ovvero un modello che studia come le persone elaborano le informazioni (come pensano) influenzandone in tal modo il loro vissuto ed il comportamento.

Le caratteristiche principali e distintive della PNL si potevano riassumere in tre punti:

    1. Considerare la mente inconscia come una risorsa, una entità con capacità creative e organizzative, una struttura in grado di creare il problema psichico e, al tempo stesso, una struttura che contiene le risorse in grado di risolverlo
    1. Descrivere accuratamente i processi cognitivi che le persone utilizzano per elaborare le varie forme di pensiero
    1. Fornire una serie di strumenti precisi e puntuali tali da consentire al terapeuta di entrare in rapporto privilegiato con il paziente e di “portarlo” a modificare e “ristrutturare” le sue strategie cognitive raggiungendo in tal modo le mete terapeutiche oggetto del contratto tra paziente e terapeuta.

Ho iniziato ad utilizzare le tecniche della PNL in ambito clinico, con pazienti, con l’intento di aiutarli a superare i “problemi” personali che riportavano nella seduta psicoterapeutica, ho continuato nel tempo portando l’utilizzo fuori dal contesto clinico ….

In quel periodo consideravo la Programmazione Neuro Linguistica come un insieme di tecniche utilizzabili a prescindere dall’approccio utilizzato, tecniche che mi consentivano di “lavorare” su problemi specifici, come per esempio fobie di vario tipo, la claustrofobia o l’agorafobia, gli attacchi di panico o le sindromi depressive. Strumenti precisi che permettevano di individuare dove e come intervenire nella sequenza cognitiva.

Oggi dopo parecchi anni di utilizzo e di sperimentazione considero la PNL non solo come una cassetta di attrezzi, a dire il vero estremamente efficaci, ma come un “modo di pensare”, un modello che ci consente di agire nella realtà.

Nelle scienze sociali il termine modello assume il significato di “schema teorico di riferimento” non assimilabile totalmente con una teoria, ma che può essere orientato alla sua costruzione.

Si può affermare che i modelli svolgano 3 funzioni:

    1. una funzione euristica e orientativa della prassi (in questo caso prassi terapeutica), permettendo di guidare l’analisi della realtà e l’operatività del terapeuta;
    1. una funzione interpretativa, permettendo di costruire gli indicatori di verifica dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi posti a fondamento dell’azione (obiettivi terapeutici);
    1. una funzione esplicativa della realtà stessa, permettendo di costruire la teoria a partire dall’osservazione della realtà. Fanno riferimento, quindi, sia a tecniche induttive che, partendo dalla osservazione diretta della realtà, arrivano a formulare generalizzazioni, sia a tecniche deduttive che, a partire dalla costruzione teorica, cercano di illustrare e spiegare la realtà.

In sintesi quindi la PNL è un modello che da un lato cerca di spiegare come funzionano le nostre strategie cognitive (non il cosa pensiamo ma il come lo facciamo), dall’altro lato fornisce strumenti pratici ed efficaci per intervenire e operare dei cambiamenti, date queste caratteristiche è ovvio che la PNL sia applicabile sia in ambito della psicologia clinica, sia nella psicologia del lavoro.

Ma quali sono i campi di applicazione della PNL? Nel prossimo articolo vedremo …

© Cos’è la PNL – Andrea Castello

La comunicazione non violenta: un nuovo approccio per i coach

LA COMUNICAZIONE NON VIOLENTA UN NUOVO APPROCCIO PER I COACH

Nel mio percorso professionale di coach ho avuto modo di apprendere diversi approcci, metodologie e teorie, riguardanti la comunicazione e la relazione con gli altri: pnl, analisi transazionale, assertività, ma nessuno di questi mi ha cambiato la vita come l’aver conosciuto e applicato l’approccio della comunicazione non violenta di Marshall B. Rosenberg.

Quando si parla di comunicazione automaticamente ci vengono in mente le nostre relazioni personali e i rapporti che agiamo quotidianamente con gli altri; il punto è che per la maggior parte dei casi non siamo consapevoli di come arriva la nostra comunicazione e di quali siano i sentimenti e gli stati d’animo che possono stimolare le nostre dichiarazioni.

Il coaching aiuta le persone a sviluppare una nuova prospettiva orientata all’utilizzo di comportamenti specifici più adeguati al contesto e al risultato che vogliamo ottenere.

L’applicazione della comunicazione non violenta nel coaching aiuta il coachee a migliorare la qualità delle sue relazioni personali e professionali.

Uno dei più importanti presupposti nella comunicazione è: “impossibile non comunicare”, lo facciamo sempre, anche senza parlare, ci attiviamo con lo sguardo, con le nostre espressioni, con il nostro atteggiamento non verbale, ma anche con la voce, i toni,la velocità, il volume. Tutti i nostri comportamenti comunicano e la sensibilità di ognuno di noi è maggiormente colpita da questi elementi (gesti, toni, voce) rispetto alle stesse parole e al loro significato. (studi di Mehrabian)

I linguaggi che adottiamo spesso sono inconsapevolmente pieni di valutazioni, giudizi, critiche nei confronti degli altri e ciò provoca risposte distorte da parte dei nostri interlocutori, anche se la nostra intenzione non è quella di creare conflitto. Non riusciamo a guardare dentro noi stessi e a dichiarare apertamente e comunicare cosa gli altri dovrebbero fare di diverso per cambiare la situazione.

Spesso, attiviamo delle lamentele nei confronti degli altri, ci poniamo come  vittime degli eventi, attribuiamo agli altri la causa dei nostri mali interni e siamo pronti a dirci impotenti ed innocenti, come se ciò che ci avviene intorno fosse agito in maniera forzata ed involontaria. Ci riempiamo  in questo caso di frasi come “devo,” “non posso”, “non ho scelta”.  Iniziamo a cercare “capri espiatori”,  siamo pronti a dare la colpa agli altri di come ci sentiamo.

Questo tipo di linguaggio è “cieco”, poiché non abbiamo consapevolezza né dei nostri sentimenti, né di ciò che provocano verso gli altri i nostri comportamenti giudicanti e valutativi; puntiamo il dito verso chi non la pensa come noi  e pensiamo di essere nel giusto, poiché il nostro punto di vista è l’unico che consideriamo e non esistono altre opzioni. Questo approccio aumenta i conflitti e allontana le buone relazioni.

Il passaggio dal linguaggio “cieco” al linguaggio che io definisco “generoso”, avviene quando prendiamo atto del fatto che i nostri sentimenti dipendono esclusivamente da come noi reagiamo e interpretiamo i comportamenti altrui. Siamo artefici della costruzione del nostro mondo interiore ed esteriore e utilizziamo il nostro linguaggio come fonte per generare la nostra realtà.

Le nostre credenze, che sono l’insieme delle convinzioni che abbiamo maturato  con le esperienze nel corso della nostra vita, rappresentano il filtro attraverso il quale percepiamo la realtà. La nostra percezione della realtà è sempre soggettiva, così come le nostre reazioni. Queste sono il  risultato di un processo di rielaborazione della nostra mente ma  possono essere pienamente sotto il nostro controllo, se ci alleniamo ad utilizzarle meglio.

L’approccio della comunicazione non violenta  è un buon metodo per sviluppare l’empatia e allontanare i giudizi e può essere applicato tenendo presente 4 fasi.

1-    Sviluppare l’osservazione dell’altro senza valutare,

Il filosofo indiano J. Krishnamurti una volta affermò che osservare senza giudicare è la forma più elevata di intelligenza umana. Ma per la maggior parte di noi è difficile osservare le persone ed i loro comportamenti senza mescolarvi giudizi, critiche o altre forme di analisi. Separare le osservazioni dalle valutazioni, significa osservare e cercare quei  comportamenti specifici e contestualizzati che ci provocano reazioni piacevoli o spiacevoli.

Ogni volta che si attiva una comunicazione è utile chiedersi: che cosa ha fatto l’altra persona che mi ha colpito?

2-    Riconoscere i propri sentimenti, emozioni e dichiararle

Il secondo atto da compiere per applicare un linguaggio diverso e più generoso è riconoscerci vulnerabili, cioè oltre a capire cosa ci fa reagire emotivamente ancheindividuare il nostro sentimento tra dicotomie semplici come piacere o dolore.

Essere vulnerabili significa esprimere apertamente come ci sentiamo quando gli altri fanno qualcosa che ci piace o non ci piace. Impariamo a riconoscere e ad esprimere l’emozione e lo stato emotivo che ci rimane dai comportamenti altrui. Significa osservare e ascoltare prima noi stessi e non giudicare gli altri per quello che hanno fatto o non fatto, detto o non detto. Partiamo dal presupposto che ogni azione è agita da una buona intenzione, è la nostra interpretazione che ci provoca sentimenti particolari.

Il linguaggio diventa l’espressione dell’interpretazione che diamo agli eventi della realtà, significa rispondere alle domande:  cosa mi provoca il comportamento osservato o le parole dette dagli altri? Tristezza, gioia, divertimento, ira.

 

3-    Dichiariamo di che cosa abbiamo bisogno.

I nostri sentimenti sono strettamente legati ai nostri bisogni, per cui adottando questo  nuovo tipo di linguaggio, impariamo a focalizzarci su ciò di cui avremmo bisogno che gli altri facessero di diverso per migliorare la relazione o semplicemente per farci sentire meglio.

Ogni volta che comunichiamo con l’altro dobbiamo chiederci: qual è il bisogno che vorrei che l’altro soddisfacesse?

 

4-    Esprimere richieste chiare e specifiche che vadano a soddisfare i nostri bisogni e a modellare i nostri sentimenti.

E’ necessario focalizzarsi ed esprimere chiaramente ciò che si vuole ottenere dal nostro interlocutore, cosa ci si aspetta che faccia l’altro per soddisfare questo bisogno emerso ed evitare di esprimerlo in senso negativo.

Per fare richieste chiare occorre chiedersi ed esprimere: cosa vorrei che facesse l’altro di diverso? cosa vorremmo chiedere all’altro in relazione a questi  bisogni?

Tanto più abbiamo chiaro cosa vogliamo in cambio, tanto più facilmente potremmo ottenerlo, allontanando così i conflitti relazionali, generati dalla formulazione frettolosa di giudizi e critiche.

Esprimere richieste ci porta dei grandi vantaggi ci rende più assertivi e ci apre possibilità, in quel momento non considerate. Fare richieste è un atto di coraggio poiché esprimiamo linguisticamente che ci manca qualcosa.

Ma evitare di farle ci porta a nasconderci dietro speculazioni e supposizioni che ci portano a grandi fraintendimenti e frustrazioni; stati di risentimento nei confronti di chi non sa rispondere adeguatamente ai nostri bisogni inespressi.

Esprimere chiaramente il nostro bisogno ci sintonizza in maniera aperta ed empatica verso l’altro interlocutore.

Richiedere qualcosa ci fa ottenere ad ogni modo una risposta di cui abbiamo necessità.

Questo approccio ci permette di essere autentici e genuini e di evitare i conflitti, di metterci in relazione con noi stessi e con gli altri e permette alla nostra naturale empatia di sbocciare.

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© MASSIMO PERCIAVALLE

Psicologo e coach accreditato international coach federation presidente di www.makeitso.it formazione e consulenza.

News: Corso su La Programmazione Neuro Linguistica nella pratiche professionali di sostegno

STUDIO CASTELLO in collaborazione con FEDRO – TRAINING & COACHING

PRESENTANO

 

 

LA PROGRAMMAZIONE NEURO LINGUISTICA (PNL) NELLE PRATICHE PROFESSIONALI DI SOSTEGNO

(COACHING-COUNSELLING-PSICOTERAPIA)

 

 

La Neurolinguistica costituisce un vasto serbatoio di linguaggi, modelli e tecniche estremamente efficaci, a disposizione dei professionisti che supportano e favoriscono il cambiamento. Il corso si propone la condivisione e la sperimentazione di questi strumenti nel pieno rispetto delle differenze di approccio delle varie professionalità e scuole di appartenenza. In questo modo ogni partecipante potrà elaborare ed applicare quanto appreso in maniera coerente con il proprio modo di operare.

 

Il corso è aperto a tutti i professionisti delle professioni di aiuto (coach, counselor, medici, psicologi e psicoterapeuti) e agli studenti delle relative discipline.

 

PROGRAMMA: 4 MODULI DELLA DURATA DI 3 GIORNI CIASCUNO

 

MODULO 1. INTRODUZIONE E ALFABETIZZAZIONE

MODULO 2. I LINGUAGGI

MODULO 3. MOTIVAZIONE E CAMBIAMENTO

MODULO 4. TECNICHE DI CAMBIAMENTO IN AMBITO CLINICO *

 

*IL MODULO 4 è RISERVATO A PSICOLOGI E PROFESSIONISTI ABILITATI ALLA PSICOTERAPIA

 

SEDE DEL CORSO: ROMA – VIA DELLA BALDUINA 76 

 

DATE: 

 

MODULO 1. 28-29-30 giugno

MODULO 2. 12-13-14 luglio

MODULO 3. 13-14-15 settembre

MODULO 4. 01- 02-03 novembre

 

 

INVESTIMENTO: 

 

4 MODULI (INTERO PERCORSO) EURO 1.870,00 – PER ISCRIZIONI ENTRO IL 21 GIUGNO EURO 1.750,00

 

MODULO 1.+2. + 3. EURO 1.400,00 – PER ISCRIZIONI ENTRO IL 21 GIUGNO EURO 1.300,00

 

 

MODULO 1.+2. EURO 1.170 – PER ISCRIZIONI ENTRO IL 21 GIUGNO EURO 1.053,00

 

MODULO 3. EURO 585,00 – PER ISCRIZIONI ENTRO IL 31 LUGLIO EURO 526,00

 

MODULO 4. EURO 585,00 – PER ISCRIZIONI ENTRO IL 31 LUGLIO EURO 526,00

 

 

PER ISCRIZIONI E INFORMAZIONI: 

 

info@studiocastello.it 

 

 

PNL: CONCLUSIONI

PNL: CONCLUSIONI

La Programmazione Neurolinguistica è un campo estremamente minato, in cui convergono diverse tesi, sia a favore che contro, soprattutto nel campo della psicologia, della linguistica, della socio-linguistica.
Ho cercato di compiere un’analisi il più possibile oggettiva per garantire ai lettori una conoscenza della materia priva di interpretazioni ed opinioni.
Inizialmente, ero estremamente scettica dell’efficacia delle strategie della PNL e del loro fondamento scientifico; questo primo atteggiamento però, mi ha stimolato una grande curiosità che mi ha permesso di entrare in contatto con un mondo a me sconosciuto e con un numero sostanzioso di persone che in diversi modi vi lavorano.
Quello che la PNL ha fatto, è stato creare una nuova figura professionale: il practitioner di PNL, ovvero un comunicatore, un mediatore, un terapeuta.
Come ben sappiamo, molte tra le facoltà universitarie che continuano a nascere in questi ultimi anni, sono quelle legate all’ambito della comunicazione (Scienze della Comunicazione, Comunicazione Internazionale, Mediatore Culturale) che, pur fornendo una cultura estremamente variegata e conforme ai cambiamenti della società, non delineano con precisione una figura professionale. L’intervento della PNL, in termini riduttivi e prettamente economici, ha significato una risposta ad un bisogno e ad una richiesta di mercato, proponendo Master, corsi di formazione, d’aggiornamento, ecc.. Esiste un numero elevatissimo di società o associazioni che organizza e gestisce qualsiasi cosa attinente alla PNL: in Italia, oltre alla NLPItaly, associazione ufficiale, c’è Max Formisano Training, Aleph, Bless you, Engineering and colsulting e tante altre. Ogni associazione poi, oltre a proporre i corsi di “Come migliorare se stessi e le proprie relazioni”, si specializza in un settore in particolare, dal management aziendale, allo yoga indiano, dal public speaking alla musicoterapica, dalla gestione delle risorse alla medicina alternativa.
Sono sorte inoltre, delle forme più moderne come la PNL applicata Umanistica e la PNL3, che pur ispirandosi alla forma originaria di Bandler e Grinder, sviluppano una propria linea ed interpretazione.
Insomma, la Programmazione Neurolinguistica è uno strumento e come ogni strumento può essere utilizzato in tantissimi modi, in forme negative o estremamente positive.
Uno degli aspetti positivi, a mio avviso, è porre al centro dello studio l’essere umano, con i suoi comportamenti, i suoi atteggiamenti che si esprimono non solo attraverso il linguaggio verbale, ma soprattutto analogico. Focalizzandosi sulle relazioni tra esseri umani, ridà spessore e rilevanza alla comunicazione faccia a faccia, conio di Thompson, che nella nostra epoca è stata completamente sostituita dall’interazione quasi immediata o mediatica. Come dice Meyrowits nel suo libro No sense of place, le interazioni che maggiormente caratterizzano la nostra società non hanno né un luogo né uno spazio preciso, non c’è più un reale incontro: guardando la televisione, attraverso internet, le chat lines, avvengono incontri in spazi fittizi in cui le relazioni sono falsate e non paritarie.
Abbiamo perso a tal punto la naturalezza di gestire i rapporti con le persone, la spontaneità della comprensione reciproca, da avere bisogno di un metodo o di frequentare un corso che ci insegni a capire gli altri, a comunicare in modo efficace, a leggere le loro emozioni, ad entrare in empatia con loro?
Se la risposta è positiva, la PNL e il suo lavoro risulteranno utili.
Se, al contrario, non riteniamo di aver perso le caratteristiche “umane”, la PNL può essere sostituita dal buon senso, da una buona educazione, da valori e credenze, da un vivere non solo per se stessi ma per gli altri.
Avendo come base questi principi, pur non utilizzando il ricalco o il rispecchiamento, saremmo in grado di capire quando parlare o quando praticare il silenzio, quando assumere un comportamento o un altro, per comprendere l’altro, per capire e fare nostre le sue idee, le sue sensazioni, i suoi problemi.
Esistono, però, molti settori lavorativi in cui la formazione è essenziale e prioritaria, come quello della scuola, in cui la PNL può fare tanto e bene.
L’incontro con Carmela Lo Presti è stato un’occasione di crescita non solo per la mia tesi, ma soprattutto a livello personale, in quanto mi sono imbattuta in una donna le cui idee sono impregnate di positività volta al cambiamento.
La sua opinione riguardo la scuola è rivoluzionaria, ma allo stesso tempo radicata a valori e credenze di una grande semplicità; è consapevole che il lavoro che compie quotidianamente crea le fondamenta per un nuovo modo di vivere la scuola e di fare formazione, privilegiando la crescita del bambino, che viene accompagnato, con cura e rispetto, nella prima tappa della sua vita.
Il cambiamento del sistema educativo però non può iniziare dal bambino, ma deve nascere nelle Università, nelle scuole di specializzazione, dai tirocini, che devono essere in grado di formare delle figure professionali complete, con cognizioni psico-pedagogiche, linguistiche, ma soprattutto continuamente aggiornate sui mutamenti esterni che modellano profondamente lo sviluppo di ogni bambino. In Italia, le tecniche di PNL, pur essendo applicate, sono poco manifeste e riconosciute, e riguardano una nicchia di persone più incline all’aggiornamento e alla formazione, le quali si devono comunque scontrare con un sistema tradizionale e poco organizzato.
L’utilità della PNL, nel sistema scolastico, non è ancora apprezzata sufficientemente, essendo ancora una disciplina sperimentale. Gli stessi professionisti del settore, in Italia e in Europa, sono tuttora ignari di molte organizzazioni e progetti che invece concretizzano in maniera efficace le sue strategie.
L’aspetto, però, che più mi preme sottolineare è l’importanza della comunicazione. Quello che ho voluto dimostrare attraverso questa tesi, è che è possibile educare i bambini al dialogo, alla mediazione; è possibile formare individui alla relazione interpersonale, educarli all’altro, per capire, ascoltare, comprendere, amare l’altro.
La scuola non può occuparsi solo della storia e dellamatematica ma, accanto alla famiglia, deve essere in prima linea per formare dei bambini integri, dal punto di vista umano, psicologico e spirituale. Soggetti che siano pronti non solo ad affrontare il mondo, ma a cambiarlo, essendo protagonisti di questo cambiamento.
I bambini possono diventare uomini di pace se fin da piccolissimi vengono loro offerti gli strumenti per comprendere se stessi e gli altri, se vengono circondati da adulti in grado di comunicare, se vivono in ambienti in cui il dialogo viene prima di tutto.
La società che rappresentiamo vive nella comunicazione, eppure, come dice Sfez : “Nella nostra società che non sa più comunicare con se stessa e in cui gli uomini stentano a comunicare, essi comunicano sempre di più, è vero, ma si comprendono sempre di meno. Si è come smarrita la traccia dei principi e delle norme che assicuravano la coesione dell’insieme sociale: da qui la dispersione e la sovrapposizione dei linguaggi, la Babele quotidiana.”
I principi e le norme che mancano devono essere insegnate nuovamente a scuola per creare uomini nuovi.
Chiara Lubich, che fin da quando ero piccola, ha inciso fortemente sulla mia formazione, la cui spiritualità mi ha insegnato ad amare e mi ha educato all’ascolto, nel suo libro Il Movimento dei Focolari e i mezzi di comunicazione sociale, afferma: “Per comunicare, sentiamo di dover “farci uno” con chi ascolta. Anche quando si parla o si svolge un tema, non ci si limita ad esporre il contenuto del nostro pensiero. Prima sentiamo l’esigenza di sapere chi abbiamo dinnanzi, conoscere l’ascoltatore o il pubblico, le sue esigenze, i desideri, i problemi. Così pure farci conoscere, spiegare perché si desidera fare quel discorso, che cosa ci ha spinti, quali gli effetti di esso su noi stessi e creare con ciò una certa reciprocità. In tal modo il messaggio viene non solo intellettualmente recepito, ma anche partecipato e condiviso. Farsi uno, cioè entrare il più profondamente possibile nell’animo dell’altro, capire veramente i suoi problemi, le sue esigenze. Condividere le sue sofferenze, chinarsi sul fratello. Farsi in certo modo l’altro. In tale maniera il prossimo si sente compreso, sollevato, perché c’è chi porta con lui i suoi pesi, le sue pene e anche le sue gioie.”
GLOSSARIO
Calibrare: individuare lo stato d’animo dell’interlocutore attraverso i segnali che egli manifesta e che in precedenza avevamo avuto modo di associare allo specifico stato d’animo.
Condizioni di Ben Formato: le caratteristiche che deve avere un Obiettivo perché diventi un catalizzatore dei nostri comportamenti per la nostra mente “cibernetica”. Alcune caratteristiche sono: Specificità, tempificazione, positività, evidenza del raggiungimento, controllabilità, ecc…
Congruenza: lo stato nel quale si è quando si agisce in modo coerente con ciò che si dice e si pensa. Quando si è congruenti la nostra comunicazione non verbale è allineata a quella verbale. opposto: Incongruenza.
Credenze: ciò che riteniamo vero in un certo momento, le nostre generalizzazioni circa la realtà in cui viviamo. Sono strettamente connessi ai nostri Valori e ci guidano nel percepire ed interpretare la realtà.
Installazione: installare una strategia in un soggetto. Vi sono due modi per compiere ciò: 1) con l’ancoraggio e l’inserimento degli stadi della strategia; 2) facendo provare al soggetto (una forma di auto-ancoraggio) la sequenza della strategia.
Mappa della realtà: è la rappresentazione della realtà che la persona ha dentro di sé. Costruita sulla base delle esperienze di ciascuno è unica ed è costituita dalle proprie rappresentazioni interne in termini sensoriali (Immagini, Suoni, Sensazioni) e dal linguaggio che usiamo per comunicarle. In PNL non esiste “la” mappa della realtà, le mappe di tutte persone hanno pari dignità.
Modellare: il processo di osservazione e replica dei comportamenti di successo di altre persone. Include sia i comportamenti esteriori, evidenti e conosciuti dalla stessa persona che gli accessi interni di cui egli può non avere coscienza.
PNL3: di tutte le tecniche esistenti, la PNL3 è quella che più prende in conto la comunicazione subliminale. A differenza della PNL come viene attualmente insegnata nella maggior parte dei casi, la PNL3 introduce, libera da condizionamenti (3 in inglese si può leggere come three che ha lo stesso suono di free che significa libero) una ricontestualizzazione di molte nuove tecniche e si apre sul nuovo riabilitando al contempo l’antico. All’interno della PNL3 trovano così sviluppo e spazio antiche discipline così come l’EMDR II, (nuove tecniche EMDR) e l’interpretazione scientifica dell’ennegramma, utile per comprendere i tipi psicologici.
Ricalcare: adottare le modalità di comunicazione di un’altra persona (parole, postura, respirazione, etc…) in modo da creare o aumentare il Ra pporto.
Rapporto: il senso di “connessione” che proviamo naturalmente con le persone con cui “stiamo bene” implica fiducia, disponibilità ed empatia.
Segnali di accesso: manifestazioni esteriori dell’accesso da parte della persona alle Rappresentazioni Interne basate sui diversi canali sensoriali (Immagini, Suoni, Sensazioni). I segnali includono la postura, i gesti, i movimenti degli occhi, la respirazione, etc…
Sistemi Rappresentazionali: il nostro modo di codificare la realtà nella nostra mente attraverso ciò che possiamo percepire attraverso le nostre uniche finestre sul mondo: Visione, Udito, Tatto, Olfatto, Gusto.
Stato: l’insieme delle rappresentazioni interne, le emozioni, la fisiologia di una persona in un certo momento. La somma dello “stato d’animo” e degli aspetti esteriori e interiori che lo codificano.
Submodalità: all’interno dei Sistemi Rappresentazionali esistono delle specificazioni denominate submodalità. Sono potenti strumenti di cambiamento e servono per modificare le rappresentazioni interiori e i nostri stati emozionali.
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PNL: I giochi di For Mother Earth

PNL: I giochi di For Mother Earth

Tutti i giochi presentati, oltre che avere come fine il divertimento, sono un allenamento e hanno la funzione di alfabetizzare i bambini in campo emotivo. Vanno dai più semplici ai più complessi. Non si è soliti indicare l’età per la quale sono adatti, perché i bambini ci insegnano che possono fare e fanno molto più di quanto un adulto possa pensare: è tutta una questione di fiducia in loro e di rispetto, non di aspettative.
Al nido, a scuola o in casa, se è l’adulto a proporre il gioco, questo va terminato prima che cali l’interesse del bambino, cioè va interrotto mentre il suo interesse è ancora alto. Successivamente, quando il bambino ha già familiarizzato con lo strumento nuovo, bisogna lasciarlo libero di continuare e di esprimersi anche modificando il gioco stesso.
Nel dare indicazioni, Lo Presti si rivolge all’adulto in genere – intendendo sia l’educatore del nido, sia l’insegnante, sia il genitore – e al bambino in genere, maschietto o femminuccia che sia. Tutte le attività possono essere fatte con più bambini insieme: dipende dai bambini e dagli insegnanti. E’ consigliato comunque dedicare del tempo anche ad un bambino individualmente.
I giochi di For Mother Earth sono adatti ai bambini a partire dai 18 mesi di età fino ai 10/11 anni. I giochi qui proposti utilizzano quanto più è possibile tutti i canali sensoriali: Visivo (V), Uditivo (A), Cinestesico (K), Uditivo Digitale (Ad) poiché la PNL dimostra che quando tutti i nostri sensi sono coinvolti in un’attività, l’apprendimento avviene ad un livello più profondo. Inoltre, questo permette di coinvolgere entrambe i lobi cerebrali: il sinistro, quello predisposto all’analisi, alla logica ed al linguaggio e il destro, sede della creatività, della visione globale, del senso dello spazio e della musica.
Tutti i giochi, indipendentemente dal loro livello, hanno il medesimo obiettivo di carattere generale e cioè quello di sviluppare:
    • l’intelligenza emotiva
    • l’intelligenza interpersonale attraverso giochi che richiedono il contatto con gli altri e stimolano la comprensione degli altri e la collaborazione;
    • l’intelligenza intra-personale, che ha a che vedere con la conoscenza di sé;
    • la capacità creativa
Il gioco è lo strumento attraverso il quale il bambino si allena:
    • nel riconoscimento delle emozioni – sia in se stesso che nell’espressione altrui – nelle loro diverse gradazioni;
    • nell’espressione delle proprie emozioni – soprattutto attraverso il viso – nelle loro diverse gradazioni;
    • nella contestualizzazione delle emozioni nelle loro diverse gradazioni, cioè nel mettere in relazione una specifica emozione con la situazione in cui si manifesta.
Seguono alcuni esempi di giochi intorno ai quali ruotano le attività proposte da For Mother Earth:
A) I giochi con le carte delle emozioni
Queste carte rappresentano delle facce che esprimono diversi stati d’animo, dalla tristezza alla rabbia, dalla gioia alla paura. Diventano degli strumenti efficaci attraverso i quali il bambino fa conoscenza visivamente delle varietà delle emozioni che ogni individuo vive. Le carte aiutano a:
    • notare somiglianze e differenze;
    • cogliere le caratteristiche comuni a ciascuna famiglia di emozione, nelle sue diverse gradazioni emotive;
    • formare degli insiemi;
    • imparare i nomi delle diverse gradazioni emotive, arricchendo il vocabolario affettivo;
    • associare l’espressione emotiva al nome specifico dell’emozione, e non più solo al nome della famiglia emotiva;
    • a diventare ancora più consapevole della ricchezza del mondo emotivo.
B) Le carte/foto da costruire
Dopo un po’ di allenamento con le carte delle emozioni, si può fare il gioco di cercare, su riviste, quotidiani, ecc., volti espressivi ritagliandoli e incollandoli su cartoncino. Si possono utilizzare le carte/foto così ottenute per inventarne delle altre (gli obiettivi sono quelli già indicati).
C) Giochi con le carte degli eventi
Le carte degli eventi sono in tutto 54. Per ogni famiglia d’emozioni sono stati strutturati gli eventi, considerando tutte le gradazioni di intensità. Il gioco parte dalla consapevolezza che ogni essere umano, bambino o adulto che sia, vive ogni evento in modo personale:
    • ciò che viene vissuto con una certa intensità da uno, è vissuto con una diversa intensità, maggiore o minore, da un altro;
    • uno stesso evento può suscitare emozioni diverse a bambini diversi o ad uno stesso bambino, a seconda della focalizzazione del momento. Ad esempio: se ad un bambino viene tolto un giocattolo, si sentirà triste, se si è focalizzato sulla perdita; arrabbiato, se invece si è focalizzato sull’offesa; spaventato, se gli è stato tolto con violenza e urli (lo stesso vale per un adulto, anche se non parliamo più di giocattoli).
Utilizzando le carte degli eventi ciò che conta è individuare la/le famiglie delle emozioni possibili in quella situazione, e non la gradazione/nome dell’emozione. Tutte non in senso assoluto, ma riferite alle gradazioni prese in considerazione da Carmela Lo Presti per ciascuna categoria. Le abilità che grazie a questo gioco si sviluppano sono:
    • il rispetto di procedure e regole ben definite all’interno del gioco;
    • a collaborare con gli altri, per ottenere un risultato positivo;
    • a ottimizzare il tempo a disposizione;
    • a utilizzare i diversi linguaggi: grafico, verbale, corporeo;
    • a riconoscere le emozioni – sia in se stesso che nell’espressione corporea degli altri;
    • a esprimere, attraverso il linguaggio corporeo le proprie emozioni;
    • a contestualizzarle, cioè a metterle in relazione con le situazioni;
    • a creare sequenze temporali di eventi in associazione logica con le emozioni;
    • a diventare consapevole che uno stesso evento può essere vissuto diversamente, sia emotivamente che come intensità emotiva.
D) Disegnare le emozioni: il gioco dell’autoritratto e del ritratto
Dopo l’allenamento di alfabetizzazione emotiva, a questo punto del percorso educativo, il bambino è in grado di sviluppare molte sue abilità innate ed è capace di cogliere molte più sfumature e particolari di prima: questa sua crescita si manifesterà nei ritratti e negli autoritratti in modo evidente.
Ciò che occorre per giocare è:
    • fogli di carta bianca o fotocopie in formato A4 della Scheda che riproduce la sagoma di un viso;
    • pennarelli o pastelli colorati;
    • uno specchio di almeno cm 20 x cm 20 (rivestire tutti i bordi con dello scotch telato, largo e colorato, in modo che non ci siano pericoli di tagliarsi e sia anche gradevole alla vista. Incollare lo specchio su un cartone molto robusto, più largo dello specchio, in modo che possa essere preso e spostato con facilità).
L’obiettivo specifico del gioco è allenare il bambino:
    • ad ascoltare cosa sta provando, o entrare di nuovo in contatto con ciò che ha provato;
    • a riconoscere l’espressione emotiva nel proprio viso;
    • a porre attenzione ai particolari significativi di ogni emozione;
    • a riprodurre ciò che osserva di sé allo specchio;
    • a riprodurre ciò che osserva nelle espressioni di altri, dal vivo o in foto.
Dai 5/6 anni il bambino è inoltre in grado di:
    • raccontare un momento in cui ha provato una data emozione (allenandolo negli autoritratti e nei ritratti di tutte le emozioni), in modo che possa riattivare dentro di sé l’emozione vissuta.
    • guardare il suo viso allo specchio, mentre fa “una faccia”, o guardare l’espressione di un compagno e riprodurla.
    • I lavori si possono incorniciare ed appenderli, creando a casa, al Nido o a Scuola uno spazio per gli autoritratti e i ritratti di famiglia, della classe, ecc.
E) Le storie emozionanti
La narrazione di storie, come “Il Semino Chiccolino”, “La Farfallina Triste”, “La Storia di Camilla”, appositamente inventate per l’alfabetizzazione emotiva, oppure le più tradizionali come “Il mago di Oz” o “Pinocchio”, diventano delle occasioni per i bambini di calarsi nella vita dei personaggi e comprendere profondamente un altro punto di vista che gli permette di trasporsi nella propria esperienza personale.
Le storie possono essere usate in due modi diversi:
1) Come storie che, raccontando di emozioni e nominandole, permettono al bambino:
    • di familiarizzare con termini della sfera emotiva e dunque di ampliare il proprio vocabolario, per una migliore comunicazione che riguarda le sue esperienze interiori;
    • di acquisire la padronanza dei termini emotivi, che va considerato uno strumento di allenamento emotivo importante, con l’effetto di rasserenarlo e di aiutarlo a recuperare più in fretta dalle situazioni di turbamento.
    • di allenarlo a focalizzarsi non solo sugli eventi, ma sull’effetto degli eventi sul piano emotivo e quindi comportamentale.
2) Come traccia o filo conduttore per un percorso didattico, all’interno del quale collocare gli altri giochi proposti.
F) La musica per l’alfabetizzazione emotiva
Questo che segue è solo uno dei tanti esempi di percorso musicale per l’Alfabetizzazione Emotiva che For Mother Earth può proporre.
La classica fiaba di Rosaspina se raccontata, o meglio supportata da brani musicali di autori classici e contemporanei diventa un meraviglioso mezzo di crescita per i bambini. Questo, in particolare, è un percorso musicale strutturato personalmente da Lo Presti per un corso di formazione tenuto per le alunne della classe quinta del Liceo Pedagogico di Assisi.
Il percorso formativo aveva, tra gli altri obiettivi, quello di dare loro competenze nella narrazione “emozionante” attraverso la globalità dei linguaggi. E’ stata poi utilizzata, in una versione più ridotta, con i piccolissimi nel nido ed ha riscosso molto successo. Ai bambini è stata raccontata la storia di Rosaspina seguendo il percorso musicale e con la musica come sottofondo, i bambini hanno successivamente riconosciuto le emozioni abbinate alle musiche. Successivamente i bambini, ascoltando soltanto la musica, raccontavano loro stessi cosa succedeva a quel preciso punto della storia, descrivendo dettagliatamente le emozioni presenti.
L’obiettivo specifico è allenare il bambino:
    • a sviluppare il canale sensoriale uditivo;
    • a sviluppare la capacità sinestesica del pensiero, cioè la capacità di associare due o più sfere sensoriali. In questo caso quella uditiva e quella visiva;
    • ad utilizzare tutti i canali sensoriali;
    • all’ascolto;
    • al riconoscimento del “tono emotivo” della musica;
    • ad utilizzare contemporaneamente l’emisfero destro e quello sinistro;
    • a passare da un linguaggio, sonoro-musicale, ad un altro, grafico-pittorico o cinestetico, allenando così il bambino a sviluppare tutti i canali sensoriali e i sistemi di rappresentazione della realtà.
G) II GIOCO-TEST®
Un gioco-test è un gioco strutturato in modo tale da permettere di fare un confronto tra le competenze emotive dei bambini prima dell’ intervento educativo e dopo.
Se si sceglie di fare il gioco-test all’inizio e alla fine dell’ intervento, si ha la possibilità di:
    • valutare in termini più oggettivi gli effetti del tuo intervento sui bambini, andando al di là dei cosiddetti “occhi di mamma” (o di maestra);
    • ricavare suggerimenti su che cosa si può fare meglio o che cosa può essere considerato un punto di forza per l’allenamento emotivo.
In sintesi: i gioco-test servono per avere un feed-back il più possibile oggettivo sull’effetto che il percorso proposto ai bambini ha avuto sulle loro competenze emotive, dando la possibilità di verificare che cosa ha funzionato e che cosa può migliorare.

 

 

 

 

 

 

 

 

PNL e I Progetti di For Mother Earth

PNL e I Progetti di For Mother Earth

I Progetti proposti per la Scuola dell’Infanzia e la Scuola Primaria sono suddivisi in due gruppi:
1) ALFABETIZZAZIONE EMOTIVA
Il gruppo è articolato in 4 Sezioni: “giocare con le emozioni”, “le emozioni attraverso le parole d’autore”,“educazione sessuale e intelligenza emotiva”, “educazione ambientale e intelligenza emotiva”.
2) SVILUPPO DELL’ INTELLIGENZA EMOTIVA
Il secondo gruppo è articolato in 2 Sezioni: “giocare con le emozioni” e “le emozioni attraverso le parole d’autore”.
I progetti destinati agli alunni, pur nella diversità di programmi e contenuti, hanno come obiettivo finale di un percorso pluriennale lo sviluppo:
    • della personalità, attraverso la presa di coscienza di sé, dei propri bisogni e dei mezzi espressivi;
    • dell’intelligenza emotiva, come consapevolezza delle proprie emozioni, capacità di riconoscimento in se stessi e negli altri delle emozioni di base e delle loro sfumature, che consente di dare alle emozioni il nome appropriato. Considerata ancora come comprensione delle situazioni o delle reazioni che producono i diversi stati emotivi ed uso delle abilità acquisite per costruire rapporti empatici;
    • della capacità creativa, attraverso il coinvolgimento in attività che prevedono l’uso di tutti i linguaggi e di più linguaggi contestualmente, la ricerca e la sperimentazione personale;
    • dell’intelligenza corporea, cinestetica, attraverso il coinvolgimento in attività che prevedono l’uso di tutto il corpo o di parti di esso;
    • dell’intelligenza interpersonale attraverso giochi che stimolano la comprensione degli altri e la collaborazione;
    • dell’autostima e della fiducia in se stessi;
    • delle competenze individuali nell’uso dei diversi linguaggi – corporeo, grafico/cromatico, sonoro/musicale, plastico, verbale.
In altre parole, lo sviluppo di quelle risorse umane fondamentali perché ogni bambino possa crescere in modo sano ed equilibrato e possa esprimere il meglio di sé, ponendo le premesse di un essere umano radicato nella realtà, collegato con la sua dimensione interiore, socialmente inserito e realizzato, consapevole e responsabile della propria vita. I singoli progetti possono essere considerati, sia come moduli in sé conclusi, sia come parte di un intervento pluriennale.
In entrambe i casi ogni progetto:
    • ha obiettivi specifici e prodotti finali diversi;
    • viene personalizzato, in modo da integrarsi, lì dove è possibile e per quanto è possibile, con il programma didattico annuale e in modo da adeguarsi ai bisogni della classe: le proposte indicano le tematiche di massima. Sono parimenti solo indicativi i prodotti finali, che potranno subire modificazioni, se ritenute necessarie, per la realizzazione del progetto personalizzato.
    • sviluppa la capacità creativa degli insegnanti e degli educatori, attivandone spesso risorse nascoste o poco utilizzate, valorizzandone le competenze specifiche, nel pieno rispetto delle diversità e della libertà didattica;
    • può essere adattato a specifiche esigenze didattiche.
Qualora richiesto, i nuovi percorsi didattici possono essere costruiti secondo le necessità didattiche, di programmazione o di altra natura.
Seguono nel testo diversi esempi di progetti realizzati da Carmela Lo Presti e Barbara Quadernucci, in collaborazione con gli insegnanti di ruolo.
A) Progetto: Io sono… l’Albero
Le finalità di questo progetto sono quelle generali indicate precedentemente e nello specifico dell‘alfabetizzazione emotiva come: il riconoscimento/decoding delle emozioni di base; la produzione/encoding delle espressioni facciali e della postura delle emozioni di base; la contestualizzazione delle emozioni di base; l’acquisizione di competenze nell’uso di tutti i linguaggi.Inoltre, lo sviluppo della capacità di passare da un linguaggio ad un altro; lo sviluppo della capacità di usare il corpo, la parola e l’immagine per comunicare le proprie emozioni.
Il percorso didattico – interdisciplinare – procede attraverso un parallelo continuo tra il “seme” umano e quello dell’Albero. L’Educazione ambientale si intreccia, così, inizialmente, con l’Educazione sessuale su base affettiva ed emotiva, per proseguire poi con il rapporto albero-essere umano, mondo naturale-ambiente umano e sociale.
Partendo sempre dall’informazione scientifica, strutturata in modo differente a seconda delle diverse fasce di età, si procede attraverso giochi simbolici di gruppo, in coppia ed individuali, che coinvolgono il corpo e ne sviluppano il linguaggio, alternandosi ad attività grafico-cromatiche, plastico-manipolative, sonoro-musicali, verbali – sia individuali che di gruppo – per l’acquisizione di competenze in tutti i linguaggi e un approccio multidisciplinare. Le tappe di questo percorso molto entusiasmante sono:
a) Nella “pancia” della mamma come il seme nella Terra;
b) Dalla “pancia” della mamma verso la luce;
c) Il seme nella Terra come il bimbo nella “pancia” della mamma;
d) Io sono….. l’Albero;
e) L’Albero visto con gli occhi di dentro;
f) Vedo con le orecchie;
g) Il simbolo dell’Albero nel viso e nel corpo;
h) I colori della Natura sono sfumati;
i) La bellezza della diversità di forme e colori;
l) Le maschere degli alberi;
m) Lo sai che gli alberi parlano?
n) Un Albero come amico.
B) Progetto: La bellissima Storia della mia nascita e delle mie emozioni
Le finalità di questo progetto sono: l’acquisizione della consapevolezza della bellezza, della sacralità e della positività del corpo; l’educazione ad un rapporto sano e positivo con il proprio corpo; l’educazione alla naturalezza della sessualità; il riconoscimento/decoding delle emozioni di base; la produzione/encoding delle espressioni facciali e della postura delle emozioni di base; la contestualizzazione delle emozioni di base; l’acquisizione di competenze nell’uso di tutti i linguaggi; lo sviluppo della capacità di passare da un linguaggio ad un altro; lo sviluppo della capacità di usare il corpo, la parola e l’immagine per comunicare le proprie emozioni.
La storia della nostra nascita è la storia delle nostre prime sensazioni/emozioni. Per imparare a comunicare agli altri le nostre sensazioni e le nostre emozioni è importante ricordare e capire quando e come abbiamo cominciato a sperimentare emozioni e sensazioni e quindi come siamo arrivati qui, come siamo nati. L’educazione sessuale è, infatti, innanzitutto educazione alla conoscenza di sé (Chi sono? Come sono fatto? Cosa provo, sento?), alla conoscenza delle proprie radici (Da dove vengo? Come sono arrivato qua?).
Questa consapevolezza facilita un incontro positivo, sereno e costruttivo con l’altro (in senso lato e ampio: con tutto ciò che io non sono; e in senso più ristretto: con l’altro, di sesso diverso dal mio) che è sempre un incontro emotivo/affettivo.
Partendo dall’informazione scientifica, strutturata in modo differente a seconda delle diverse fasce d’età, vengono proposti giochi simbolici corporei, che raccontano in modo divertente, coinvolgente e stimolante il percorso umano fino alla nascita, la comunicazione corporea  mammabambino, il vissuto emozionale del feto, alternati ad attività graficocromatiche, sonoro-musicali, plastico-manipolative, verbali, sia di gruppo che individuali.
Dalle “nascite” – i giochi di nascita sono più di uno – si procede poi all’incontro con gli altri e a quello che ci suscitano; all’ esplorazione di spazi grandi e piccoli ed ai nostri vissuti negli uni e negli altri; all’attenzione e al riconoscimento delle emozioni, in noi stessi e negli altri, che accompagnano costantemente la nostra vita; all’espressione delle emozioni, che continuamente proviamo proprio perché viviamo, attraverso tutti i linguaggi, verbali e non.
Tutto il percorso si avvale di giochi psicomotori che vedono impegnati i bambini individualmente e/o in gruppo.
C) Progetto: Il Corpo come strumento di comunicazione, conoscenza, socializzazione
Quando abbiamo imparato a comunicare con il corpo? Che cosa comunichiamo continuamente?
Per avere risposta a queste domande, attraverso giochi simbolici molto divertenti e coinvolgenti, il bambino ritorna alla sua prima esperienza di comunicazione corporea: quella nella pancia della sua mamma, e da lì arriva, sempre attraverso un percorso ludico, fino alla sua nascita, grazie alla quale adesso è in grado di manifestare il suo ricco mondo emozionale e di interagire con la realtà che lo circonda.
D) Progetto: Un Mondo di Emozioni
I pre-requisiti necessari per questo progetto sono l’aver partecipato ad uno dei percorsi di alfabetizzazione: “Il Gioco delle Emozioni” o “Il Corpo come strumento di comunicazione, conoscenza, socializzazione”.
Gli obiettivi che si pone sono simili a quelli dei progetti precedenti, ma si richiede una maturità nell’allenamento emotivo che viene rafforzato attraverso questo percorso.
Alla base ci sono le emozioni, che devono essere catalogate sotto forma di gioco, come ad esempio:
– Se le Emozioni avessero una casa….
– Le Famiglie delle emozioni.
– Vita in ….“famiglia” : come vivono le Emozioni.
– Colori, suoni, forme, gesti, comportamenti, parole delle emozioni.
– I giochi delle emozioni.
– Il Libro-Casa delle emozioni
E) Progetto: I Giochi delle Emozioni 2 – Riconoscere ed Esprimere le Emozioni per Raccontare
Anche in questo progetto le finalità e i prerequisiti sono gli stessi del progetto precedente. Si cerca di proporre l’abc delle Emozioni attraverso un percorso tutto da giocare per inventare storie da raccontare con il corpo, i colori, i suoni, individualmente e in gruppo.
F) Progetto: Se l’Emozione fosse…
Il Percorso segue questa struttura:
    1. partendo dalle “Carte dell’Emozioni” di base, si avvia un “Circle Time” sulle esperienze fatte dai bambini collegate all’ emozione che di volta in volta viene “pescata”;
    1. si gioca poi, individualmente e in gruppo, il gioco “Se l’emozione fosse…”, prendendo in considerazione ogni volta un’emozione e traducendola nel linguaggio non verbale, che verrà richiesto dall’educatore;
    1. al linguaggio corporeo vengono collegati numerosi giochi psicomotori, individuali e di squadra, che completano il percorso, per sviluppare le competenze nell’uso dei linguaggi non verbali.
G) Progetto: Il Diario delle mie Emozioni
Il percorso (analoghe finalità ai precedenti) aiuta i bambini a focalizzare l’attenzione sulle esperienze quotidiane, piccole o grandi che siano, e sulle emozioni che vengono generate. Partendo da quanto già appreso sulle emozioni di base, si svilupperà la conoscenza di sé attraverso la tenuta di un diario emotivo che consentirà di:
    1. familiarizzare con le emozioni nelle loro diverse sfumature;
    1. osservare quali emozioni proviamo più frequentemente;
    1. prendere coscienza delle situazioni in cui, e/o in presenza di chi, proviamo determinante emozioni;
    1. affinare la capacità di contestualizzazione delle proprie emozioni;
    1. prendere coscienza delle reazioni degli altri alle nostre emozioni;
    1. utilizzare metafore e similitudini desunte dalla propria esperienza diretta e indiretta per raccontare e rappresentare le proprie emozioni.
H) Progetto: Dalle parole d’Autore o dalla Fiaba allo Spettacolo Sperimentale
I risultati che si vogliono raggiungere attraverso questa attività sono: sviluppare e affinare delle competenze in campo emotivo; sviluppare la capacità di immedesimarsi in una situazione/emozione, di entrare nei panni di un altro; scoprire il rapporto Pensiero-Emozione-Comportamento; fare acquisire la consapevolezza dell’universalità delle emozioni; sviluppare le competenze linguistiche in relazione alle emozioni; fare acquisire le competenze per tradurre le parole/emozioni d’Autore in Spettacolo, attraverso i linguaggi non verbali; attivare la motivazione e far nascere l’amore e il gusto per la lettura e per l’apprendimento interdisciplinare e multidisciplinare; sviluppare la disponibilità a “farsi vedere” attraverso il “Gioco dell’Attore”; promuovere il senso del gruppo e la collaborazione di gruppo; fare acquisire le competenze specifiche per la costruzione di un libro.
Il percorso si rivolge a bambini che hanno già imparato a riconoscere e ad esprimere attraverso il viso e il corpo, in modo consapevole, le emozioni di base e alcuni componenti delle rispettive famiglie. Il percorso didattico è così strutturato:
    1. ascolto della lettura recitata, del brano o sezione del libro d’autore o dell’ intera fiaba scelta, possibilmente in un luogo diverso dall’aula, magari la palestra, dove i bambini possano stare anche comodamente sdraiati per terra, senza scarpe, in relax, in modo da poter godere della lettura fine a se stessa, ad occhi chiusi prima, ad occhi aperti poi;
    1. socializzazione e verifica in gruppo della divisione in macrosequenze e dell’ individuazione e connotazione dei luoghi e dei personaggi;
    1. in gruppo si attua la divisione del testo in sequenze-emozioni, la ricerca nel testo delle parole o frasi chiave riguardanti il mondo emozionale dei personaggi;
    1. lingua ed emozioni: i sinonimi delle emozioni evidenziate;
    1. abbinamento emozione-colore;
    1. formazione dei gruppi attraverso la comunicazione inconscia, in perfetto silenzio: gruppo colonna sonora ed effetti sonori, gruppo scenografia, gruppo strutture plastiche ;
    1. trasformazione delle parole-emozioni in emozioni/suono, emozioni/colore, emozioni/plastico, con l’uso di ogni tipo di materiale, sia strutturato che di recupero;
    1. costruzione di diapositive con frammenti di gelatine colorate: emozione/luce-colore;
    1. le emozioni dei personaggi diventano “spettacolo sperimentale”, senza parole e senza prove;
    1. costruzione di un grande libro individuale, in cui ogni bambino ricostruisce il percorso realizzato nei gruppi, per esprimere in assoluta libertà di invenzione e di tecniche, il percorso emozionale del protagonista – con cui si è identificato – in modo autobiografico.
I) Progetto: Le paure dei bambini
Il percorso si rivolge a bambini che hanno già imparato a riconoscere e ad esprimere attraverso il viso e il corpo, in modo consapevole, le emozioni di base e alcuni componenti delle rispettive famiglie.
La paura di cose reali e definite, così come quella indefinita e vaga è, tra le emozioni negative, quella che maggiormente impedisce al bambino di avere curiosità, di sperimentarsi in attività nuove, di mettersi in gioco, di rischiare, di sbagliare o, con una sola parola, di crescere con serenità e in modo equilibrato in ogni ambito della sua vita. Il Percorso procede attraverso:
    1. l’ascolto attento e rispettoso di quanto i bambini definiscono paura, mai svalorizzata o banalizzata o peggio ancora ridicolizzata, e delle risorse/qualità ritenute necessarie per superare la paura, utilizzando la tecnica del “Circle Time”;
    1. l’informazione sulle emozioni in generale (cosa sono – come possono manifestarsi – sono provate da ogni essere umano indipendentemente dal sesso e dall’età …) e in particolare sulla paura (la paura è un’emozione naturale, che può rendere attenti e prudenti…. – quando è eccessiva o fuori di luogo può impedire di conoscere il mondo e di arricchirsi di esperienze utili e importanti… – i tipi di paura che si possono provare, attraverso quanto i bambini hanno raccontato – ecc.) tutte le volte che la situazione lo consente, in modo naturale;
    1. il racconto individuale di storie autobiografiche incentrate sulle proprie paure e il loro superamento, attraverso l’utilizzo di tutti i linguaggi;
    1. esercizi e giochi per superare le paure;
    1. giochi e prove per superare la paura del buio;
    1. la comunicazione e l’espressione della paura e delle emozioni che l’accompagnano, attraverso l’utilizzo di tutti i linguaggi;
    1. il gioco della metamorfosi della paura.
L) Progetto: Se mi arrabbio…
Quest’ attività vuole sviluppare le competenze linguistiche in relazione alla rabbia, nelle sue sfumature e gradi, acquisendo consapevolezza:
    1. sulla propria e sull’ altrui rabbia;
    1. sulle risorse necessarie per superare la rabbia;
    1. sulle alternative esistenti al comportamento socialmente inaccettabile connesso all’espressione della rabbia;
    1. che la rabbia e ogni altro tipo di emozione che crea disagio sono vissute anche dagli adulti e il provarle non comporta alcun giudizio negativo, in quanto nessuna emozione è giudicabile;
    1. che le emozioni e i comportamenti che da esse derivano sono due cose distinte e separate;
    1. che i comportamenti socialmente inaccettabili possono essere modificati e sostituiti con comportamenti efficaci ed accettati.
La rabbia è un’emozione che lascia, assai spesso, grandi sensi di colpa e comporta una diminuzione del senso di autostima, in quanto è condannata in maniera vistosa e spesso violenta – in tanti modi – dagli adulti, che non distinguono il più delle volte l’emozione dal comportamento, giudicando il bambino stesso.

 

 

 

 

 

 

 

PNL: For Mother Earth

PNL: For Mother Earth

In questo capitolo descriverò il progetto portato avanti da Carmela Lo Presti e Barbara Quadernucci, professioniste impegnate nell’ambito della formazione infantile e della PNL / Programmazione Neurolinguistica da molti anni, che realizzano: corsi di formazione e aggiornamento professionale per insegnanti, educatori, genitori; percorsi didattici per le scuole, corsi per famiglie, adulti, adolescenti e bambini.
Ho avuto l’immenso piacere di intervistare Carmela Lo Presti e ho trovato in lei una donna che ha dedicato tutta la sua vita alla scuola, per vent’anni come professoressa di lettere nelle scuole medie e superiori ed ora come allenatrice e consulente esterna. Avendo conseguito il Diploma di practioner e di Master Practitioner in PNL e formandosi con Stefania Guerra Lisi, ideatrice della Metodologia della globalità dei linguaggi, ha deciso di integrare questi due metodi, mettendo a punto delle Tecniche per lo sviluppo dell’ intelligenza emotiva.
Nelle scuole di ogni ordine e grado, ha portato e porta una nuova metodologia educativa e progetti innovativi, come risultato della sua personale ricerca nel settore dello sviluppo dell’ intelligenza emotiva, dell’educazione alle emozioni e dell’educazione ambientale, riscuotendo consensi dagli utenti e dagli addetti ai lavori (dirigenti scolatici, insegnanti, genitori).
Lo Presti ha ideato e strutturato il Progetto FOR MOTHER EARTH®, che sta portando avanti insieme alla sua collaboratrice, educatori e Istituzioni, con l’obiettivo primario di sviluppare le risorse umane di adulti e bambini.
Sviluppare cioè quel grande patrimonio di capacità e di intelligenze racchiuso in ogni essere umano, che ha bisogno di terreno (ambiente umano socio-culturale) e di concime (stimoli appropriati) per venire alla luce e diventare ricchezza disponibile per la collettività anche in funzione della salvaguardia del Pianeta.
Quando un bambino (e poi un adulto) non riesce ad esprimere e a sviluppare pienamente le sue potenzialità, la collettività tutta si impoverisce dell’unicità che egli rappresenta: ha perduto quelle risorse che non sono riuscite a fiorire, a diventare idee, azioni, relazioni, emozioni, espressioni creative e costruttive.
Lo sviluppo di queste capacità e di queste intelligenze avviene attraverso un processo lungo, che non si esaurisce nell’arco di un anno. E’ indispensabile, quindi, che esso proceda negli anni della scolarizzazione e fino alle scuole superiori, se consideriamo l’ambito scolastico; se invece consideriamo la vita dell’essere umano, lo sviluppo di queste capacità continua negli anni della maturità e della vecchiaia e contribuisce alla formazione di quella che siamo soliti chiamare saggezza, in quanto si tratta di un processo che riguarda l’essere umano in tutte le diverse fasi del suo sviluppo psichico.
E’ questo il motivo per cui FOR MOTHER EARTH si configura come Progetto pluriennale, sia a livello formativo scolastico e professionale, sia a livello della crescita personale. Come non è pensabile e non si pretende che un bambino impari a leggere correttamente e speditamente e a comprendere pienamente il senso di tutto ciò che legge in un solo anno, così non e’ pensabile, e non si può pretendere, che un bambino diventi emotivamente competente attraverso una sola esperienza educativa in tale direzione. Come l’apprendimento della lettura è un processo, analogamente è un processo acquisire la capacità di leggere e comprendere le proprie emozioni e quelle degli altri, che richiede allenamento continuo finché non diventa un’abilità automatica.
E’ un processo che ha inizio con la nascita e dovrebbe entrare a far parte dei programmi scolastici, come percorso educativo trasversale, come base comune ad ogni disciplina, a partire dal nido e almeno fino al completamento della scuola dell’obbligo, dalla nascita alla prima adolescenza. Oggi questo è solo un augurio e un sogno, ma sarà certamente la realtà della scuola del nostro futuro. Attendere che questo desiderio diventi realtà, però, non basta. E’ necessario operare da subito, dentro e fuori della scuola, affinché maestri, insegnanti e genitori avviino consapevolmente un cambiamento nel sistema educativo italiano, partendo dalla realtà locale nella quale sono presenti, in modo che col tempo ciò che oggi avviene sporadicamente e in qualche isola felice, sia diffuso ad ogni livello della scuola e in modo sistematico e professionale.
L’analfabetismo emotivo è diffuso, infatti, nei bambini, nei ragazzi e nei giovani che studiano, a prescindere dal loro quoziente di intelligenza, nei giovani che lavorano e negli adulti, a prescindere dalla professione esercitata e dal livello culturale. D’altro canto, l’alfabetizzazione emotiva non è ancora un obiettivo della nostra società, come prova il fatto che nessuna campagna è stata ancora promossa con questa intenzione, diversamente da quanto invece viene realizzato per vincere l’analfabetismo tout court. Ma se non sono ancora maturi i tempi per una campagna sociale di massa che possa alfabetizzare emotivamente, sono ormai maturi i tempi :
    • perché questo processo si avvii, da subito e in maniera diffusa, nella realtà delle nostre scuole di ogni ordine e grado;
    • perché educatori, maestri, insegnanti e genitori comincino ad acquisire le competenze necessarie per insegnare ai bambini, fin dalla più tenera età, e agli adolescenti, a “leggere” e a “scrivere” le proprie emozioni, e a sviluppare quella abilità che predispone alla pace che è l’empatia, gettando così le basi per una umanità più sana.
Non sono necessarie, infatti, riforme o sperimentazioni fantascientifiche. Con l’avvio dell’autonomia nelle scuole, non solo tutto ciò è possibile, ma è addirittura sollecitato dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Le Proposte Educative presentate sono il risultato di quindici anni di ricerca, sia teorica che esperienziale, con bambini dai due anni in su, con ragazzi e con giovani, con i loro insegnanti ed educatori, con genitori, con operatori sociali, con anziani. Tali proposte non hanno assolutamente la pretesa di risolvere tutti i problemi che i bambini, i ragazzi e i giovani vivono all’interno della Scuola o della famiglia. Ma ciò che propone For Mother Earth è, però, un contributo e uno strumento efficace per prevenire i disagi e i problemi che nascono:
    • dall’ ignoranza emotiva
    • dalla sfiducia in se stessi,
    • dalla mancanza di autostima,
    • dalla rigidità mentale,
    • dal mancato sviluppo della capacità creativa che costituisce “ una marcia in più nel trovare strade alternative ed efficaci per risolvere i problemi”.
Un contributo importante capace di facilitare il ristabilimento dell’equilibrio, laddove esistano già problemi che affondano le loro radici nella scarsa conoscenza di sé e degli altri.

 

 

 

 

PNL e Problem Solving

 PNL e Problem Solving

Un’altra strategia, che deve saper applicare l’educatore all’interno della classe, è quella della PNL e il problem solving, ovvero la metodologia per affrontare un problema. Risulta essere una delle tecniche più delicate perché se ancorate e installate con successo nei bambini, può dare risultati straordinari, creando degli esseri umani in grado di riconoscere una difficoltà e affrontarla con abilità e destrezza.
Il problem solving permette di affrontare i motivi del proprio disagio, o di quello altrui, con un approccio metodico ed adeguato che aiuta a:
    1. definire con la massima precisione il problema, le sue conseguenze, analizzare cosa è stato già fatto per cercare di fargli fronte;
    1. valutare la situazione, le condizioni che influiscono su di essa, i vincoli e le potenzialità che esprime, quali sarebbero gli sviluppi più auspicabili;
    1. sviluppare ipotesi di comportamento per affrontare le difficoltà in oggetto;
    1. potenziare le capacità di prendere una decisione e di perseguire le scelte effettuate;
    1. verificare se i comportamenti che si mettono in atto sono effettivamente efficaci.
Thomas Gordon propone delle metodologie utili, sia per impostare una efficace relazione tra insegnante e allievo e tra allievi stessi, sia per gestire con sicurezza un problema o un conflitto che si viene a creare tra le parti.
I concetti chiave per il metodo Gordon, che viene fortemente sostenuto dalla PNL, sono due: l’ascolto attivo e il messaggio-io.
Per capire quando usare l’uno o l’altro metodo, l’insegnante dovrebbe immaginare di costruire un rettangolo, chiamato fenêtre, e porre i comportamenti accettabili in alto e quelli inaccettabili in basso. Tale soglia non è rigida, ma varia a seconda del tempo, del luogo e delle condizioni psicofisiche dell’insegnante.
Un comportamento accettabile, per esempio, in certe situazioni (chiacchiericcio dei ragazzi all’inizio mattinata) non lo è in altre (fine della giornata in cui tutti sono stanchi). Ci sono quindi comportamenti che l’insegnante accetta perché adeguati (collaborare, studiare, discutere..); altri che accetta perché non disturbano (isolarsi, distrarsi..); altri che non accetta perché impediscono un lavoro sereno (alzarsi in continuazione, picchiare i compagni, parlare durante le spiegazioni).
L’insegnante si dovrà chiedere: Di chi è il problema?
Se il problema è dell’alunno, si interverrà usando l’ascolto attivo; se invece è un problema dell’insegnante, interverrà con il messaggio-io.
Quando gli alunni hanno un problema, di frequente gli insegnanti si intromettono cercando di aiutarli con dei buoni consigli, con dei suggerimenti tratti dalla loro stessa esperienza o invitandoli a riconoscere la realtà dei fatti e attenersi ad essa. Nonostante le buoni intenzioni, spesso questi tentativi creano più problemi di quanti ne risolvano o finiscono per bloccare la voglia di comunicare nel bambino.
Per non incorrere nel pericolo di reagire malamente, usando delle barriere che comunicano la non accettazione del problema dell’alunno (comandare, ammonire, criticare indagare, consolare, minimizzare…), Gordon consiglia la tecnica dell’ascolto attivo. Ascoltare una persona, infatti, aiuta a liberarla da ciò che la opprime facendole inoltre capire che è accettata con tutti i suoi problemi.
L’ascolto attivo prevede quattro momenti:
    1. l’ascolto passivo: permette all’alunno di esporre, senza essere interrotto, i propri problemi (prestare attenzione concreta e totale al bambino);
    1. messaggi d’accoglienza: informano il bambino che l’insegnante lo segue e lo ascolta, possono essere non verbali (costante contatto con gli occhi, un cenno con la testa, un sorriso..) o verbale (“ti ascolto”, “sto cercando di capirti”)
    1. inviti calorosi: incoraggiano il soggetto a continuare il discorso, ad approfondire quanto sta dicendo (“vuoi dirmi qualcosa di più?”, “ continua pure!”);
    1. ascolto attivo: l’insegnate riflette il messaggio del bambino, recependo solamente senza emettere messaggi personali o giudizi.
Questo metodo, oltre a lasciare all’alunno la piena gestione dei suoi problemi, evita fraintendimenti ed incomprensioni.
Quando, invece, l’insegnante ha di fronte un alunno che con il suo comportamento impedisce un lavoro tranquillo in classe, dovrà applicare, secondo Gordon, il metodo messaggio-io. Con questo metodo, l’insegnante mette a confronto i propri sentimenti e bisogni con il comportamento inaccettato dell’alunno, esprime cioè cosa prova quando il bambino compie un’azione che può provocare determinati effetti. I messaggi-io, a differenza dei messaggi-tu (“perché continui a disturbare”, “sei sempre disordinato”) esprimono un sentimento di chi parla, senza comunicare valutazioni sull’alunno che compie l’azione, ponendolo di fronte agli effetti del suo atto e ai sentimenti che provoca negli altri.
Il metodo messaggio-io consta di tre momenti:
    • descrizione senza giudizio;
    • effetto tangibile e concreto;
    • reazione agli effetti.
L’insegnante non userà più, quindi, “tu sei…” ma “io sento…”.
Il bambino sentirà che gli comunica il suo vissuto personale con autenticità ed onestà, senza assumere atteggiamenti di difesa.
Se Gordon indirizza il suo lavoro all’insegnante e al cambiamento del suo metodo rispetto ai bambini, Linda Lloyd propone delle strategie rivolte a migliorare l’atteggiamento con il quale il bambino si accosta al problema.
Alla base di qualsiasi tecnica c’è il desiderio di insegnare loro che il problema può essere un’occasione per migliorarsi e confrontarsi con altri punti di vista.
Attraverso semplici giochi ed esercizi, il bambino lentamente si abitua ad un nuovo comportamento basato su un atteggiamento essenzialmente positivo: se il soggetto costantemente ripete il comportamento, a lungo andare diventa un programma mentale che viene messo in atto automaticamente.
Tra i giochi, ad esempio, uno che risulta particolarmente idoneo per sviluppare l’autocontrollo e l’autogestione è quello di costruire una scatola all’interno della quale i bambini, idealmente, vi inseriscono le loro problematiche giornaliere, invitandoli a scindere tra il problema e lo stato d’animo che esso genera. L’insegnante, attraverso il riconoscimento delle emozioni negative e l’accettazione di esse, aiuta i bambini a modificare la situazione emotiva, e perciò a vedere il problema da un altro punto di vista.
Un ulteriore esercizio consiste nella realizzazione di due disegni, uno rappresentante un panorama malinconico, l’altro festoso e sereno.
L’utilizzo dei colori sarà, sicuramente, il tratto caratterizzante dei disegni; l’insegnante, per stimolare anche nei bambini più piccoli, la predisposizione al cambiamento, li invita ad intervenire sui colori, modificandone i toni: il panorama malinconico, se inizia a tingersi di colori vivaci, può assumere un aspetto diverso.
Creare nel bambino delle immagini visive efficaci per dimostrare la possibilità di incidere sul problema semplicemente modificandone le tonalità, risulta essere la via vincente.
La PNL lavora sull’atteggiamento, cercando però di individuare le emozioni che lo provocano; solo così facendo si può essere consapevoli di se stessi e in grado di gestire le grandi e piccole difficoltà.

 

 

 

 

 

 

 

 

PNL: Motivare e convincere

 PNL: Motivare e convincere

 

La motivazione è l’elemento guida per l’apprendimento di un bambino o di un qualsiasi altro soggetto.
Insegnando, si osserva come si riesce facilmente a motivare alcuni, e con estrema difficoltà si raggiungono altri.
Anche la motivazione, è ricollegabile ai Sistemi Rappresantazionali che si scelgono e in base ai quali si costruiscono delle strategie: quando si cerca di stimolare un bambino bisogna modellarsi sul suo sistema d’apprendimento.
Carmela Lo Presti, alla mia domanda: “Come fai a motivare i bambini più svogliati e distratti?” mi ha risposto : “ Se un bambino viene coinvolto con l’utilizzo di tutti i sensi, non può non rispondere.”
Egli si pone nell’atteggiamento giusto quando capisce che ciò che sta imparando è importante e benefico non solo per lui, ma anche per gli altri; che tutte le abilità e competenze apprese a scuola sono sfruttabili nella vita di tutti i giorni, in famiglia, nello sport.
L’educatore può aiutarlo in questo percorso, cercando di mostrargli la relazione logica che c’è tra un argomento e l’altro, tra una materia e l’altra e tra ciò che è stato fatto lo scorso anno con quello che si farà il prossimo.
Ogni bambino vuole apprendere, rendere e essere soddisfatto di ciò che impara, perché come abbiamo visto precedentemente, dietro al comportamento più distaccato e distratto c’è un’intenzione positiva che deve essere identificata e canalizzata nella giusta direzione
I bambini, a differenza degli adulti, sono motivati naturalmente a raggiungere il livello e lo stato desiderato. Ma un bambino che si sente d’appartenere ad un livello mediocre, lavorerà mediocremente senza pensare di poter migliorare o raggiungere obiettivi superiori.
Ma se l’educatore focalizza la sua attenzione sui suoi talenti, valorizzandoli e potenziandoli, distinguendo gli errori che egli può compiere dalla persona che è, il bambino acquisirà tale consapevolezza di sé e di ciò che può, da sentirsi continuamente motivato e apprezzato.
Il gruppo, in questo cammino di scoperta, è fondamentale e può essere il motore propulsore per il cambiamento di atteggiamenti o comportamenti negativi o asociali.
Linda Lloyd dispensa consigli a riguardo per aiutare i formatori nello sfruttare appieno le occasioni di crescita e di maturazione date dal gruppo.
Si rivolge agli insegnati affermando: “Create situazioni in cui i bambini si possano dire a vicenda – Puoi farcela! – oppure – Ce l’hai fatta! -”
    1. Insegnare a lavorare in coppia o in un piccolo gruppo.
    1. Sono leciti solo complimenti e incoraggiamenti.
    1. Incoraggiare gli studenti a complimentarsi l’uno con l’altro.
    1. Coppie di studenti affini per le stesse abilità, insegneranno ad altri micro gruppi, in quanto sono aiuto e incoraggiamento per gli altri.
    1. Tutti i bambini devono ricevere complimenti, non solo quelli che rendono di più.
    1. Creare un gioco in cui i soggetti possono scrivere un complimento o un talento di un’altra persona (La consapevolezza delle potenzialità degli altri, aiuta ad essere consapevoli delle proprie abilità)
In ogni tecnica che propone l’esperta di PNL, si nota l’importanza che si dà al feedback, strumento grazie al quale riusciamo a capire se la strategia che stiamo mettendo in atto è efficace o meno. In qualsiasi tipo di comunicazione, guardiamo alla reazione dell’altro; in matematica facciamo la prova per verificare la correttezza; in scienze ricorriamo all’esperimento e alla verifica per valutare la scientificità dell’evento.
L’educatore deve insegnare la strategia del feedback, ad esempio concentrandosi per l’intera lezione su un unico canale sensoriale, per verificare la presenza degli altri sistemi rappresentazionali non messi in uso.
Ricorrere ad un test, per esempio, è esaminare il feedback della classe.
L’insegnante, però, dovrebbe ricorrere al test, compito o interrogazione, solo dopo aver insegnato qualcosa di nuovo per controllare l’efficacia della lezione. Il miglior test è verificare se le abilità sulle quali si sta lavorando vengono applicate con naturalezza in altri ambiti o settori: solo mettendo i bambini di fronte ad una nuova situazione, l’insegnante può controllare la messa in atto delle competenze appena apprese; se la risposta è affermativa, i soggetti avranno realmente interiorizzato e appreso la lezione.
I risultati del feedback, sono inoltre degli strumenti per modificare, alleggerire o stravolgere le strategie future.
All’inizio di qualsiasi lezione, l’educatore dovrebbe non solo monitorare costantemente i feedback passati per migliorare l’apprendimento, ma crearsi un piano per organizzare meglio il proprio lavoro e gli obiettivi che vuole raggiungere, per poi rispondere ai seguenti punti:
    • Risultati dell’insegnamento o dell’apprendimento;
    • Abilità necessarie;
    • Atteggiamento positivo monitorando: motivazione- risultati-strategia d’apprendimento-convincimento-feedback;
    • Analizzare le risposte dei soggetti. Modifica la strategia e ricomincia se i risultati non sono stati raggiunti,altrimenti congratulati con te stesso e con i tuoi alunni.