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Saper parlare non vuol dire comunicare bene

Parlare non vuol dire comunicare bene.

Il potere delle parole, quello che siamo abituati a sottovalutare.

Nasciamo con le corde vocali e la capacità, come specie, di poter parlare che ci discosta enormemente dalle altre. Per quanto un animale possa imparare ad articolare una serie di suoni e attribuirli un senso, non sarà mai in grado di articolare le lingue come possiamo fare noi. Non possedendo il nostro sistema fonatorio gli animali sono impossibilitati a farlo.

Nascere con questa capacità è una forza e, al tempo stesso, una debolezza.

Una forza perchè, saper parlare, ci ha permesso di riunirci in comunità e di poterci scambiare le reciproche informazioni. Ha permesso di esprimere i concetti, di raccontare situazioni, di narrare storie.

Una debolezza perchè saper parlare naturalmente ci fa dimenticare quanto sia un’operazione delicata parlare. Perchè saper parlare non vuol dire comunicare bene.

Come sappiamo bene (ormai) la comunicazione si divide in: verbale, non verbale e paraverbale.

E’ assodato che la parte comunicativa verbale, quindi solamente quello che viene detto, compone una piccola parte della comunicazione finale.

Lo abbiamo anche provato sulla nostra pelle. Con le chiusure del lockdown i contatti sono mutati esclusivamente in digitale e telefonico. Abbiamo incontrato collaboratori e aziende confrontandoci con delle voci senza corpo, al di là della cornetta. Abbiamo erogato corsi di formazione dove il focus principale era solo la nostra voce.

Quindi sappiamo bene cosa vuol dire sentire una voce che non ci piace e che non sa parlare bene. Ma che cos’è nella voce che non ci piace? Che cosa ci permette di dire che una persona è un buon divulgatore e un’altra no?

Ovviamente il contenuto verbale ha la sua importanza: ascoltare un discorso con poco contenuto è spiacevole tanto quanto sentire un discorso con tanto contenuto ma detto molto male.

Ciò che ci rende simpatici o antipatici è il paraverbale, tutto ciò che accompagna la comunicazione ma non è il contenuto verbale delle parole e delle frasi. Perciò: il tono, il ritmo, la prosodia, il modo di gestire le pause, il timbro.

Una persona che parla in modo estremamente veloce, inserendo poche pause annaspate e con un tono estremamente squillante ci porterebbe, inevitabilmente, a chiudere il telefono in faccia.

Eppure, nonostante queste informazioni siano quasi di luogo comune, lo sottovalutiamo. Non diamo peso a quanto sia importante una voce ben gestita come biglietto da visita.

Fermo restando che non ci sono due occasioni per una prima impressione. La prima impressione è fondamentale. Studi neuroscientifici ci dicono che per crearci una prima impressione di una persona ci bastano pochi millesimi di secondo.

Ci sono situazioni, soprattutto quelle lavorative, in cui non hai l’occasione di recuperare quel momento. E’ estremamente importate avere nozioni di comunicazione e di non verbale per riuscire, da subito, a dare l’impressione migliore all’altra persona.

Questo non deve essere fatto in un’ottica di ‘fregare’ l’altr*.

Una buona comunicazione è una comunicazione che è in grado di creare sintonia e sinergia immediata, permettendo ai parlanti di sentirsi a proprio agio. Comunicare bene significa, al contrario dei luoghi comuni,

Quante volte possiamo dire di esserci sentiti a nostro agio a parlare con le altre persone? Ci siamo mai soffermati a capire perchè questo sia accaduto?

Questo accade per varie ragioni. Innanzi tutto la comunicazione contempla sempre almeno due persone, qualcuno che comunica e qualcun altr* che riceve la comunicazione. Questo significa che quando si comunica lo si fa verso un’altra persona e ci si aspetta un ritorno da questa persona, in modo bidirezionale.

Per tarare una comunicazione efficace bisogna innanzi tutto abituarsi a guardare e ascoltare l’altra persona. Sembra paradossale: perchè per comunicare bene dovrei ascoltare bene?

Diventare un buon ascoltatore vuol dire saper capire cosa gli altri ci stanno dicendo e come ce lo stanno dicendo. Questo ci permette di entrare, almeno un pochino, nella mente dell’altr*. Potremmo adeguare la nostra comunicazione di conseguenza.

Osservare l’altra persona, inoltre, ci da il feedback immediato se la nostra comunicazione sia o meno efficace. Se chi ci ascolta si sta annoiando è qualcosa che riusciamo a recepire immediatamente da come si dispone nello spazio.

Non ci si può allenare nella comunicazione da soli, comunicare è un duro lavoro che va fatto insieme!

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