PNL e Thinking strategies: rafforzare il potere della mente

PNL e Thinking strategies: rafforzare il potere della mente

 

L’oggetto dell’insegnamento è il pensiero: istruire il bambino alla pratica del pensare significa offrirgli la possibilità di migliorare la sua vita futura.
Ci sono molti soggetti che risultano essere vincenti in determinati ambiti e attività, e proprio questi soggetti possono essere degli utili strumenti per facilitare l’insegnamento ad atri elementi con maggiori difficoltà: come Bandler negli anni ’70 aveva osservato e modellato le strategie di Milton Erickson, così i bambini, attraverso la maestra, possono imparare a modellare le strategie di un bambino con alta capacità di apprendimento.
Si possono far emergere o scoprire le tecniche usate, chiedendo al bambino come fa una determinata cosa, come si accosta ad una materia nuova: la sua spiegazione risulta utile sia per i compagni, che comprendono maggiormente un linguaggio a loro vicino, ma soprattutto per l’educatore, che può analizzare l’uso dei predicati e i segnali d’accesso come il suo linguaggio non verbale.
Una semplice strategia (V-A-K) da sfruttare per risolvere un problema di aritmetica potrebbe essere: Osservo il problema (V), decido il da farsi (analizzo il processo) e lo metto in pratica.
Per individuare quale canale sensoriale un bambino predilige o quale sequenza d’azioni mette in atto per conoscere la realtà, il formatore deve focalizzare la sua attenzione sulle dinamiche mentali che il soggetto mostra e di conseguenza quale comportamento esprime. Ad esempio, quando gli viene illustrato un nuovo compito o test, analizzare quali sono le sue reazioni, i movimenti del viso, il ritmo della respirazione, il tono che usa. Tutti questi sono elementi che determinano il sistema di pensiero che, se troppo laborioso e complesso, deve essere modificato.
Per raggiungere quest’ultimo obiettivo, ovvero lavorare sul cambiamento della strategia di pensiero, si possono scegliere diverse vie:
    1. Se un bambino ha un sistema lento e inefficace, l’insegnante deve determinare quella parte che rallenta il processo, per renderla più leggera, o attraverso la ripetizione e l’interpretazione del ruolo, oppure attraverso l’ancoraggio.
    1. Facendo lavorare insieme due bambini con strategie diverse allo stesso problema, ci sono alte opportunità che ognuno insegni all’altro le strategie vincenti e modifichi quelle inadatte.
    1. Si può insegnare al bambino un’altra strategia per gestire la stessa cosa, invitandolo ad osservare i comportamenti dei suoi compagni e perciò le loro strategie.
Mutare l’approccio mentale che un soggetto ha nell’affrontare la risoluzione di un problema, non vuol dire snaturarlo, ma insegnargli a lavorare su se stesso e su quei processi che apparentemente sembrano automatici e immutabili, ma che al contrario, soprattutto nei bambini, sono malleabili e flessibili. Il cambiamento, certamente, deve essere lento e a piccole dosi, che non dissesta il sistema mentale, ma lo addolcisce e lo modella; solo in questo modo si avranno risultati positivi.
Nella thinking strategy è compresa anche la capacità organizzativa di pensiero, che molto spesso non è sviluppata nei bambini, semplicemente perché non è stata insegnata loro. Gli esempi per migliorare quest’ abilità che ci mostra Linda Lloyd sono molteplici:
    1. Mostrare l’organizzazione del libro di testo – contenuti, indice, prefazione, introduzione ecc..- come sono strutturati i capitoliindividuare o meno la presenza dei sommari- come si presenta fisicamente il libro ecc..
    1. Leggere gli appunti di un compagno e annotarli sulla lavagna, per capire l’organizzazione del pensiero, per migliorare l’attenzione ai dettagli.
    1. Insegnare a focalizzare, sottolineare e sintetizzare delle letture.
    1. Mostrare un’intera struttura in immagini, foto, schemi e altro materiale visivo e spiegare un pezzo alla volta ricollegandolo al processo completo (ottima tecnica per insegnare la matematica).
Per insegnare ai propri alunni a pensare, a snellire il proprio processo mentale o ad ancorare una strategia più efficiente ed opportuna, bisogna lavorare costantemente con loro ed osservarli, comprenderli, ascoltarli, dargli spazio e centralità. È il rapporto empatico, anche questa volta, la base minima per fare un buon lavoro.
Allenare uno studente ad un corretto pensare significa renderlo più curioso, attento e vigile alla realtà che lo circonda e quindi anche agli altri.
Blackerby a riguardo attesta che, porre delle domande ai bambini e fare notare loro la varietà esistente nel rispondere, alimenta il funzionamento corretto del pensiero. Ad esempio, si possono proporre le seguenti domande su un brano o un’immagine:
Ricordo effettivo: Come si chiamava quel signore?
Memoria dettagliata: Di che colore era il cappello?
Interferenze, presupposizioni: Cosa stava pensando in quel momento?
Esempi: Dai un esempio di come cercava di trovare il tesoro.
Indovinare: Cosa succederà ora?
Teorizzare: Cosa voleva dimostrare facendo ciò?
Ipotizzare: Come avrebbe potuto fare per risolvere il suo problema?
Valutare e giudicare: Quale è stato il pensiero più giusto che ha fatto?
Il bambino deve imparare ad utilizzare il suo pensiero, sapendo che per alcune domande esistono delle risposte esatte, mentre per altre esistono solo opinioni o giudizi.
Quando il soggetto non conosce la risposta ad una domanda, è ottimo esercizio, dice Lloyd, invitarlo ad indovinare. Il Guess Game è uno strumento per incrementare l’immaginazione e la creatività del bambino, per rafforzare la sua autostima in quanto è in grado di rispondere correttamente con le abilità che possiede, per renderlo aperto agli altri punti di vista. L’insegnante non correggerà né giudicherà nessun pensiero, ma apprezzerà e incoraggerà ogni bambino a fidarsi dei propri pensieri e idee e valorizzare quelli degli altri.

 

© Un criterio di analisi dell’efficacia della Programmazione Neurolinguistica applicata al processo educativo infantile – Leila Schrott