Clima organizzativo: analisi dei dati raccolti

Clima organizzativo

Clima organizzativo, lavorare insieme e farlo bene! Foto di rawpixel da Pixabay

ANALISI DEI DATI RACCOLTI DEL CLIMA ORGANIZZATIVO

  1. RACCOLTA DELLE INFORMAZIONI

Le informazioni relative alle caratteristiche personali e lavorative del campione preso in considerazione in relazione al clima organizzativo nella ricerca sono state raccolte in un file Excel; da ciò si desume che il campione è eterogeneo.

 

ETA’

35 – 45 ANNI = 4

46 – 55 ANNI = 4

56 – 65 ANNI = 2

SESSO

M = 4

F = 6

 

TITOLO DI STUDIO

LICENZA MEDIA = 2

DIPLOMA = 5

LAUREA = 3

ANZIANITA’ DI SERVIZIO

DA 1 A 5 ANNI = 2

DA 6 A 10 ANNI = 2

OLTRE 10 ANNI = 6

AMBITO DI LAVORO

COMMERCIALE = 5

BACK OFFICE = 2

FUNZIONARIO = 3

  1. CREAZIONE DI UNA TABELLA

È stata creata una tabella con tante righe quanti sono gli item, e tante colonne quanti sono i valori del MBI; in essa sono riportati i risultati di ogni questionario che è stato sottoposto al campione di riferimento. Questionario che valuta il clima organizzativo in generale.

 

 

0

1

2

3

4

5

6

ITEM 1

x

xxxx

X

xx

x

x

 

ITEM 2

 

X

xxx

xx

xx

xx

 

ITEM 3

 

xxx

X

xxx

x

xx

 

ITEM 4

     

x

 

xxxxx

xxxx

ITEM 5

xxx

Xx

X

xxx

x

   

ITEM 6

x

   

xxxxxx

xxx

   

ITEM 7

     

x

 

xxxxx

xxxx

ITEM 8

 

xxxxx

Xx

x

 

x

x

ITEM 9

 

X

X

xx

xx

xxxx

 

ITEM 10

xx

xxx

X

 

xxx

x

 

ITEM 11

xxx

X

xxx

x

x

x

 

ITEM 12

   

X

xxxx

xx

xxx

 

ITEM 13

 

xxx

Xx

xx

x

x

x

ITEM 14

xx

xxxx

X

 

x

x

x

ITEM 15

xxx

Xx

X

xxx

x

   

ITEM 16

 

xxxxx

Xx

x

x

x

 

ITEM 17

     

x

x

xxxxxxx

x

ITEM 18

     

xxxx

xx

xxx

x

ITEM 19

 

xxx

Xx

xx

xx

x

 

ITEM 20

xxx

xxxx

X

   

x

x

ITEM 21

x

 

X

xxxxx

xx

 

x

ITEM 22

x

xxx

Xx

xx

x

x

 

In questa valutazione non si vuole scendere nei dettagli dei risvolti tecnici; si consiglia comunque, in linea generale, di ripetere il questionario in tempi diversi e di procedere a fare la media dei valori delle righe, per ottenere il peso che, nell’insieme, viene attribuito all’argomento della domanda.

 

  1. CORRELAZIONI

L’aspetto principale e di maggior successo è stato quello di rendere i partecipanti protagonisti attivi, perché una cosa sentita e vissuta è sicuramente più efficace di qualcosa di imposto.

Dai dati ottenuti risulta principalmente una forte correlazione positiva fra item e punteggio assegnato. In particolare:

  • item: 5 = “Mi pare di trattare alcuni clienti come se fossero degli oggetti”, 11 = “Ho paura che questo lavoro mi possa indurire emotivamente”, 15 = “Non mi importa veramente di ciò che succede ad alcuni clienti”, 20 = “Sento di non farcela più” hanno una prevalenza di risposte “Mai”;
  • item: 1 = “Mi sento emotivamente sfinito dal mio lavoro”, 8 = “Mi sento esaurito dal mio lavoro, 14 = “Credo di lavorare troppo duramente”, 16 = “Lavorare direttamente a contatto con la gente mi crea troppa tensione” e 20 = “Ho l’impressione che i clienti diano la colpa a me per i loro problemi” hanno una risposta prevalente di “Qualche volta all’anno”;
  • item: 6 = “Mi pare che lavorare tutto il giorno con la gente mi pesi”, 12 = “Mi sento pieno di energie”, 18 = “Mi sento rallegrato dopo aver lavorato con i clienti”, 21 = “Nel mio lavoro affronto i problemi emotivi con calma” si verificano “Qualche volta al mese”;
  • item: 4 = “Posso capire facilmente come la pensano i miei clienti”, 7 = “Affronto efficacemente i problemi dei clienti”, 9 = “Credo di influenzare positivamente la vita di altre persone attraverso il mio lavoro”, 17 = “Riesco facilmente a rendere i clienti rilassati e a proprio agio” hanno come risposta principale “Qualche volta alla settimana”, e anche, relativamente agli item 4 e 7, la risposta “Ogni giorno”.

I valori del MBI meno utilizzati sono lo 0 e il 6, cioè i valori estremi, a spiegazione del fatto che i campioni rappresentativi dell’organizzazione hanno scelto poche volte risposte totalmente positive o totalmente negative.

 

  1. CONCLUSIONI

Il campione manifesta una positività nei confronti degli argomenti che riguardano il rapporto con la clientela, ed una moderata energia ed emotività. L’empatia viene vissuta come una caratteristica del quotidiano, mentre i sintomi di stress lavoro correlato, tensione ed esaurimento sono pressoché irrilevanti (prevalenza di risposte “mai” o “qualche volta all’anno”).

Complessivamente, da un punto di vista della soddisfazione lavorativa, emerge un forte senso di appartenenza all’azienda, che senza dubbio deriva dal lavorare per un’azienda importante che trasmette un’immagine positiva di sé sul territorio. Le punte di insoddisfazione, invece, emergono per la presenza di un ambiente di lavoro interno percepito come positivo ma stressante, in particolare per il fatto che il tipo di occupazione è prevalentemente a contatto con clienti esterni ed interni.

Concludendo, si può dire che il livello di burnout di questa organizzazione non è rilevante ai fini del condizionamento del clima organizzativo, in quanto gli item con connotazione negativa hanno una valenza minore rispetto a quelli con criteri positivi.

 

© Chiedimi se sono felice:Analisi del Clima Organizzativo e del suo effetto sulle risorse umane – Dott.ssa Sonia Barbieri

 

Clima aziendale: il questionario

Clima aziendale: Il questionario

Questionario del Clima aziendale

Domande e risposte chiuse per analizzare il clima aziendale Foto di eslfuntaiwan da Pixabay

Il questionario è lo strumento maggiormente utilizzato per analizzare in maniera strutturata il clima aziendale.

Esso consente di coinvolgere un numero elevato di campioni in tempi ridotti. Questo è un aspetto molto importante per garantire la rappresentatività dei risultati.

Ad ogni soggetto coinvolto vengono somministrate le stesse domande nella medesima formulazione, e a tutti vengono date le stesse opzioni di risposta. Quello che Corbetta (1999) chiamava “standardizzazione dello stimolo”.

La costruzione del questionario rappresenta una fase molto delicata. Si inseriscono scale di misurazione, ovvero insiemi di item che si utilizzano per misurare una particolare dimensione.

Si prediligono le domande a risposta chiusa, perchè più facilmente traducibili in statistiche e non si prestano ad interpretazioni soggettive.

Nella scelta degli item i ricercatori devono considerare l’effettiva utilizzabilità del questionario. Si rivelano importanti a questo proposito aspetti quali:

  • la validità, ovvero le domande devono misurare esattamente l’oggetto che si vuole misurare.
  • l’affidabilità, cioè il questionario deve essere in grado di misurare sempre allo stesso modo lo stesso oggetto.
  • la semplicità lessicale e sintattica, dal momento che è importante estendere l’applicazione dello strumento a tutti i livelli aziendali;
  • il numero di item, che non può essere eccessivo.

Infatti, “l’efficacia della ricerca può essere seriamente compromessa dalla sua durata. Un numero eccessivo di item scoraggia anche il più motivato dei dipendenti, rischiando di aumentare la percentuale di questionari non compilati e, conseguentemente, di compromettere la solidità dei risultati. Si deve quindi sempre cercare di raggiungere un buon compromesso tra il desiderio di utilizzare scale complete articolate in molte domande e la soglia di attenzione e di motivazione di chi è chiamato a compilare il questionario”[1].

La compilazione del questionario di analisi del clima organizzativo è facoltativa e deve garantire anonimità e riservatezza.

Solo in questo modo gli individui possono esprimersi davvero con sincerità. Inoltre, bisogna evitare item di difficile comprensione: frasi lunghe ed elaborate non sono di aiuto alla corretta interpretazione e alla risposta spontanea.

Viene rilevato come i soggetti che lavorano in un’organizzazione percepiscono le condizioni generali e specifiche di lavoro ed il funzionamento, su vari aspetti, dell’azienda. Solitamente vengono rilevate dimensioni come Comunicazione, Gestione, Relazioni con i colleghi e con la direzione, Soddisfazione generale e di specifica mansione, Coerenza dell’azienda, Rispetto delle regole e delle promesse, Luogo di lavoro.

 

© Chiedimi se sono felice:Analisi del Clima Organizzativo e del suo effetto sulle risorse umane – Dott.ssa Sonia Barbieri

 

 

[1] INNOCENTI L., Clima organizzativo e gestione delle risorse umane – Unire persone e performance, Franco Angeli, 2013, pag. 67

Clima organizzativo: identificare il campione

Clima organizzativo: identificare il campione

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La popolazione rappresenta l’insieme di tutti i casi statistici possibili con le caratteristiche che si intende valutare; il campione è una piccola parte della popolazione, un numero finito di casi da considerare.

La fase del campionamento, cioè l’individuazione degli individui da coinvolgere nella ricerca, è di fondamentale importanza, dal momento che non è realizzabile una rilevazione estesa alla totalità dei soggetti interessati, sia per limiti di budget che di tempo.

Secondo Corbetta (1999) “la bontà di un campione dipende dalla sua rappresentatività. Un campione può definirsi rappresentativo quando fornisce un’immagine ridotta dell’universo senza introdurvi distorsioni, requisito assicurato dalla casualità del processo di estrazione che si ottiene quando tutte le persone che appartengono all’organizzazione hanno la stessa probabilità di essere incluse nel campione. Un campione estratto in modo casuale può essere ritenuto statisticamente significativo e consentire, quindi, analisi affidabili”[1].

Talvolta gli obiettivi della ricerca potranno condurre alla necessità di fare riferimento solo ad alcuni gruppi individuati in base al livello di inquadramento o al settore operativo. In altre situazioni sarà necessario coinvolgere tutta la popolazione presente nell’organizzazione; nel caso di organizzazioni di grandi dimensioni, si potrà ritenere opportuno analizzare l’intera popolazione per fasce o si potrà ricorrere ad un campione rappresentativo della popolazione di riferimento.

Campionamento casuale

In statistica il campionamento casuale corrisponde ad un’estrazione di un determinato numero di individui/oggetti da una popolazione, distribuita secondo la densità. La scelta del campione nel campionamento casuale è affidata al caso e non deve essere influenzata da chi compie l’indagine. Le caratteristiche essenziali di un campionamento casuale semplice sono che tutte le unità della popolazione hanno uguale probabilità di far parte del campione, e che ogni campione ha la stessa probabilità di essere formato.

Il campionamento casuale può essere:

  1. a) Estrazione in blocco e campionamento senza riposizione: nell’estrazione in blocco le unità che compongono il campione vengono estratte contemporaneamente, e di conseguenza non si può distinguere l’ordine con cui gli elementi si presentano. Essa consiste nell’estrazione di un elemento alla volta senza il reinserimento nella popolazione dello stesso.
  2. b) Estrazione bernoulliana o con ripetizione: In questo tipo di estrazione ogni unità statistica estratta viene rimessa nella popolazione e quindi la stessa unità può essere nuovamente estratta. Si potrebbe formare il campione anche estraendo successivamente le unità senza reimmissione, ma tenendo conto dell’ordine in cui le singole unità sono estratte. Questo metodo è poco utilizzato.

Un campione non è mai perfettamente rappresentativo della popolazione: ne consegue che, quando si procede con lo studio di un campione, i dati ottenuti non rispecchiano esattamente la realtà. È quindi necessario tenere conto dell’errore casuale di campionamento, cioè il rischio d’errore a cui ci si espone nella stima delle caratteristiche interessate dalla ricerca.

 

 

© Chiedimi se sono felice:Analisi del Clima Organizzativo e del suo effetto sulle risorse umane – Dott.ssa Sonia Barbieri

 

 

[1] INNOCENTI L.,Clima organizzativo e gestione delle risorse umane – Unire persone e performance, FrancoAngeli, 2013, pagg. 70 e 71.

Le dimensioni della percezione della mente

Le dimensioni della percezione della mente

 

I primi studi in scienze cognitive analizzavano la percezione della mente tramite una serie di indicatori, che si riconducevano ad una variabile monodimensionale che indicava in quale misura si attribuiscono capacità mentali a persone, animali, oggetti o entità sovrannaturali. Questo concetto è stato superato grazie agli esperimenti di Gray, Gray e Wegner (2007), che dimostrano come la percezione della mente altrui riguarda due dimensioni diverse (Waytz et al., 2010; Gray et al., 2007) chiamate experience, ovvero la capacità di percepire e provare emozioni, e agency, ovvero la capacità di pianificare ed agire. Nel loro studio viene analizzata la struttura della percezione della mente tramite 2399 questionari compilati su una piattaforma web, il Mind Survey Web Site. Il questionario prevedeva l’esistenza di 13 entità diverse, di cui 7 di tipo umano vivente (un feto, un neonato, una bambina, una donna adulta, un uomo adulto, un uomo in stato vegetativo permanente ed il partecipante), tre di tipo animale (una rana, un cane domestico ed uno scimpanzé selvaggio), una donna morta, Dio e un robot socievole chiamato Kismet. Il test consisteva in 78 confronti tra due entità differenti alla volta, in cui si richiedeva di valutare in una scala di risposta a cinque gradi una delle 18 capacità mentali ipotizzate, ad esempio la capacità di provare paura, oppure uno di sei giudizi personali, chiedendo ad esempio quale delle due entità piacesse maggiormente al partecipante. Due di questi giudizi personali erano finalizzati alla valutazione della propensione al perdono e all’aggressione da parte del partecipante verso le diverse entità. Ogni entità figurava in 12 comparazioni diverse. Il campione, composto da 2040 partecipanti, era costituito da rispondenti di diverso genere, età, religiosità, livello di educazione, credo politico, stato civile, situazione familiare; inoltre, vi erano differenze per quanto riguarda il possesso di animali domestici e la convinzione dell’esistenza di una vita ultraterrena dopo la morte. L’analisi delle dimensioni della percezione della mente consisteva nel calcolare, per ogni entità individuata e per ogni test somministrato, i valori medi relativi alle diverse capacità mentali, nella successiva aggregazione dei dati ottenuti e nell’analisi delle componenti principali con la rotazione varimax. L’analisi ha individuato due fattori con autovalori maggiori di uno, che vengono chiamati rispettivamente experience ed agency e riescono a spiegare il 97% della varianza complessiva. L’experience, responsabile dell’ 88% della varianza complessiva, include 11 capacità mentali: avidità, paura, panico, piacere, rabbia, desiderio, personalità, consapevolezza, orgoglio, imbarazzo e gioia. L’agency invece, responsabile dell’8% della varianza, include 7 capacità mentali: autocontrollo, moralità, memoria, riconoscimento delle emozioni, pianificazione, comunicazione e pensiero. E’ da sottolineare come non siano stati rilevati bias di gruppo consistenti, e come sia stato inoltre analizzato il ruolo delle differenze personali dei partecipanti suddividendoli dicotomicamente secondo le nove variabili demografiche (genere, età, ecc.). I risultati dell’analisi sono stati riportati graficamente da Gray et al. (2007) in Figura 3, e gli autori sono giunti a diverse conclusioni di rilievo:

  • Un’entità sovrannaturale come Dio presenta un’agency molto alta, ma un’experience notevolmente bassa.
  • Dall’analisi dei giudizi personali, il meritare una punizione per dei comportamenti sbagliati dipende fondamentalmente dall’agency, mentre il desiderio di evitare un’aggressione verso una delle entità considerate è maggiormente correlato all’experience di quest’ultima.
  • Chi ha una maggior convinzione nella vita dopo la morte attribuisce minor agency alla bambina, allo scimpanzè, al cane, alla donna, all’uomo, al neonato e a se stessi; inoltre attribuisce maggiore experience alla bambina e al neonato.
  • Chi ha un credo religioso più forte percepisce un’agency minore nelle entità terrene (scimpanzè, cane, bambina e donna) e maggiore in Dio.
  • I partecipanti repubblicani, rispetto ai democratici, attribuiscono agency maggiore al feto ed a Dio, e agency minore al robot, alla bambina, allo scimpanzé e alla donna.
  • Nella Figura 3 la diagonale rappresenta la percezione della mente nella concezione tradizionale (monodimensionale), per cui essa aumenta spostandosi dall’angolo in basso a sinistra a quello in alto a destra.
  • Maggiore è la percezione della mente di un’entità e maggiormente si crede che essa abbia un’anima, tendendo di conseguenza a salvarla dalla distruzione e renderla felice.

Figura 3 – Percezione della mente delle diverse entità nelle due dimensioni di agency ed experience (da Gray et al.,2007)

Gli autori infine propongono un parallelismo tra le dimensioni della percezione della mente individuate e la distinzione Aristotelica tra agenti morali (moral agents), ovvero le azioni moralmente giuste o sbagliate, e i pazienti morali (moral patients), ovvero chi può essere oggetto di queste azioni: l’agency viene paragonata agli agenti morali e quindi al senso di responsabilità, mentre l’experience viene paragonata ai pazienti morali e quindi a diritti e privilegi delle diverse entità.

 

 

© La relazione tra amicizie dirette ed estese e attribuzioni di mente: Uno studio sul rapporto tra Meridionali e Settentrionali in Italia – Elisa Ragusa

 

 

Sicurezza

In questa sezione si possono trovare contenuti, articoli, ricerche su temi quali la valutazione dello stress lavorativo, il burnout, il mobbing e la salute organizzativa.
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Nella sezione “Burnout” potete trovare contenuti sul burnout e sugli strumenti per valutarlo.

Nella sezione “Mobbing potete trovare contenuti sul mobbing e sugli strumenti per valutarlo.

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  1. Guida Operativa Valutazione stress lavoro correlato
  2. Valutazione Stress lavoro correlato
  3. Burnout
  4. Mobbing
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