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Triade negoziale ostaggio e vittima

Triade Negoziale: Ostaggio/Vittima.

La vittimologia, cioè la disciplina che si interessa del rapporto criminale-ostaggio/vittima, pone l’attenzione sulle modalità con cui si determina la situazione vittimizzante e propone alcune tipologie di vittime. Le due grandi classificazioni sono tra vittime fungibili, che non hanno alcuna relazione con il reo, e vittime infungibili, che hanno un ruolo nella genesi del reato, anche loro malgrado.

Le vittime, considerate in questo articolo, cioè le vittime/ostaggio, si collocano in un ambito più ristretto.

Sono vittime fungibili o passive che accidentalmente si sono trovate sul percorso dell’autore del reato e ne sono diventate ostaggi, come nel barricamento dopo una rapina.

Sono vittime preferenziali, se sono state scelte per il loro ruolo o status, come nel sequestro a scopo di estorsione.

Sono vittime simboliche, se sono state scelte per colpire in esse un’ideologia o uno Stato che si considera oppressore, come nelle azioni terroristiche.

Essere vittima di un sequestro costituisce indubbiamente un trauma. L’individuo, in reazione, attraversa diverse fasi, shock, incredulità, negazione, ansia, poi dipendenza fisica e psicologica dal sequestratore oppure depressione e apatia. In questa situazione estrema può verificarsi una regressione comportamentale, poiché la vittima deve necessariamente dipendere da altri per la sopravvivenza e per il soddisfacimento di qualsiasi bisogno. L’ostaggio quindi può sviluppare una sorta di transfert patologico nei confronti del sequestratore basato sul terrore, la gratitudine, la dipendenza infantile. Nel contempo egli può provare sentimenti negativi nei confronti delle autorità che non hanno saputo garantire la sua protezione.

Una particolare dinamica del rapporto fra criminale e vittima è la Sindrome di Stoccolma, il cui nome risale al famoso episodio accaduto nella  Sveriges KreditBank nel 1973, in cui una donna in ostaggio stabilì un forte legame affettivo con uno dei rapinatori. Simile fu il caso dell’americana  Patricia Hearst che, dopo essere stata rapita e tenuta in ostaggio, condivise le ideologie dei suoi rapitori e partecipò addirittura a successive attività criminose.

Questa sindrome è dovuta al meccanismo difensivo di “identificazione con l’aggressore”.

In realtà una conclamata Sindrome di Stoccolma si verifica solo in pochissime vittime; questa situazione non appare dunque così pervasiva, per cui il negoziatore di crisi deve considerarla nella giusta prospettiva.

Il negoziatore dovrebbe invece favorire il transfert positivo, invitando il sequestratore a chiedere agli ostaggi notizie sulla loro situazione sanitaria, o messaggi per le loro famiglie, a meno che egli non sia un soggetto psicopatico. Nel caso di emergenza il negoziatore dovrebbe evitare di menzionare gli ostaggi, consentendo di più la spersonalizzazione dell’azione. Nel caso di crisi, invece, si ricorda sempre al sequestratore che gli ostaggi sono persone, senza consentire che si perda il contatto con l’elemento umano in ostaggio

 

 

© Lo strumento della negoziazione nelle situazioni di crisi. – Dott. Gabriele Candotti