La necessità di un modello concettuale per lo studio della flessibilità

La necessità di un modello concettuale per lo studio della flessibilità

Attualmente la letteratura si occupa dello studio del lavoro flessibile a 360 gradi con la  consapevolezza di chi conosce la complessità e l’eterogeneità di un fenomeno che si sta ancora  sviluppando ed evolvendo; l’eterogeneità della situazione del lavoro flessibile infatti complica i risultati ottenuti dalla maggior parte dei lavori di ricerca dal punto di vista teorico-empirico poiché sono sempre numerosi gli accorgimenti e le precondizioni da calcolare quando si parla di lavoratori flessibili.

A tal proposito è emersa la necessità di adottare un modello esaustivo che analizzi il fenomeno del  lavoro flessibile attraverso tre dimensioni: periodo, spazio ed il numero/genere di datori di lavoro (Feldman 2006).

In più, l’analisi della ricerca recente sull’occupazione contingente dovrebbe essere ampliata per  comprendere l’attualità del lavoratore, la risposta, il peggioramento delle condizioni  di lavoro, i comportamenti di cittadinanza, la qualità del lavoro ed i costi sociali di integrazione (Feldman 2006).

Proposte ancor più recenti (De Cuyper e altri 2008) propongono l’introduzione di un modello concettuale univoco per le ricerche future, considerando che gli attuali studi di ricerca sono spesso contraddittori o inconsistenti poiché troppo spesso non tengono conto di variabili importanti del lavoro temporaneo come ad esempio possono essere quelle legate a caratteristiche individuali (età, genere, titolo di studio), fattori di contesto (settore lavorativo, dislocazione geografica) e quelli legati al lavoro (status dell’occupazione e ore di lavoro settimanali).

Questi sono solo alcuni esempi emersi dalla rassegna del 2008 di De Cuyper e collaboratori i quali sottolineano la necessità di prendere in considerazione tante variabili da tenere sotto controllo per confrontare i risultati dei lavoratori fissi con quelli dei lavoratori temporanei.

Secondo De Cuyper solo studi esaustivi capaci di prendere in esame più variabili potranno portare in futuro a studi completi sotto in punto di vista metodologico, i risultati attualmente sono spesso contraddittori e tra di loro contrastanti.

Note conclusive

Questi brevi contributi hanno cercato di chiarire le origini del lavoro flessibile, le differenze di contesto e di contenuto emerse attorno al fenomeno e hanno introdotto come tematica finale l’idea  di prendere come punto di riferimento un modello concettuale capace di prendere in considerazione nelle ricerche future un alto numero di variabili nello studio della flessibilità.

Il modello proposto da De Cuyper se da un lato avanza una proposta valida in termini di qualità e completezza dei contenuti, dall’altro potrebbe sollevare il problema della difficoltà di attuazione e della fattibilità concreta degli studi poiché aumenterebbe il livello di complessità delle ricerche.

Nonostante ciò ad oggi il modello concettuale di De Cuyper rimane un punto di riferimento prezioso e di spessore a livello teorico e strategico,  quando parliamo di flessibilità siamo tuttavia di fronte a un fenomeno ampio, complesso ed eterogeneo e la ricerca dovrà ancora muovere grossi passi in avanti per studiarlo al meglio e in maniera differente, a seconda della tipologia di contesto e a partire da tantissime variabili intervenienti da prendere in considerazione.

Per quanto riguarda il fenomeno della job insecurity, quest’ultimo registra un innalzamento notevole negli ultimi anni e merita attenzione anche alla luce del fatto che gli effetti negativi di un abbassamento diffuso di job security sono causa diretta di disimpegno, disaffezione e fuori uscita dall’organizzazione.

 

Lavoro flessibile e job insecurity: l’incertezza lavorativa avanza alla luce di un fenomeno eterogeneo – © Dr. Pierluigi Lido