Il modello generale dell’impegno organizzativo

Il modello generale dell’impegno organizzativo

L’impegno in ambito lavorativo è un costrutto che influenza fortemente l’efficacia organizzativa e il benessere dell’individuo. Sono diversi i modi in cui questo costrutto è stato descritto ed operazionalizzato. Sebbene alcuni autori considerino l’impegno un costrutto unidimensionale e altri multidimensionale, secondo Meyer e Herscovitch (2001) esiste una core essence che caratterizza e distingue l’impegno da altri costrutti.

Esistono due punti comuni a tutte le definizioni di impegno:

a.    è una forza che stabilisce, impone, vincola;
b.    dà direzione al comportamento;

Inoltre, per distinguere l’impegno da costrutti come motivazione e atteggiamenti, è importante notare che l’impegno, in un corso di azioni, porta alla persistenza dell’azione, nonostante ci possano essere motivi o atteggiamenti conflittuali.

Se tutte le definizioni concordano nel considerare l’impegno come un forza che stabilisce, impone, vincola, c’è meno accordo invece sul descrivere la natura di questa forza, specialmente nei modelli multidimensionali. Secondo Meyer ed Herscovitch (2001), ciò che distingue un tipo di impegno da un altro è il mind-set (ad esempio, attaccamento emotivo, sentirsi legati a, la credenza di accettazione di un certo obiettivo) che si presume caratterizzi l’impegno. Gli autori, inoltre, notano che c’è una notevole somiglianza tra i mind-set previsti dai vari modelli. La maggior parte dei modelli, ad esempio, prevede che l’impegno leghi le persone ad un corso di azione perché:

  1.  si desidera seguire quel corso di azione (desire): questo mind-set si sviluppa quando una persona si coinvolge, riconosce il valore, e/o costruisce la sua identità da un’ associazione con un’entità o dalla ricerca di un corso di azione;
  2. si percepisce un costo nel non seguirlo (cost): questo mind-set si sviluppa quando una persona riconosce che sta per perdere investimento, e/o percepisce che non ci sono altre alternative piuttosto che quella di intraprendere un corso di azione rilevanti per un particolare obiettivo;
  3. ci si sente obbligati a seguirlo (obligation): questo mind-set si  sviluppa come il risultato di un internalizzazione delle norme tramite la socializzazione; ricevere dei benefit induce un bisogno di reciprocare (Mauss, 1925; Gouldner, 1960; Cialdini, 1986), e/o all’accettazione dei termini per un contratto psicologico.

Meyer e Herscovitch (2001) definiscono l’impegno come “una forza che lega un individuo a un corso di azione relativo ad uno o più bersagli (target)” (p. 308). Secondo gli autori, il legame può determinarsi con un’entità (ad esempio, con l’organizzazione) e/o con un comportamento. Tuttavia quando l’impegno è riferito ad un’entità, spesso le conseguenze comportamentali sono sottointese. Similmente, quando l’impegno è riferito a un corso di azione, l’entità a cui si lega il comportamento può essere spesso inferita. Ad esempio, nel caso dell’impegno per continuità di Meyer e Allen (1997), il legame è con un’entità, ma questo implica anche un comportamento (mantenere la membership). Secondo Meyer ed Herscovitch al fine di consentire la previsione degli outcomes organizzativi, è utile nelle misure dell’impegno sia il comportamento sia l’entità.

Gli autori del modello generale dell’impegno distinguono il comportamento focale dal comportamento discrezionale. Il comportamento focale è il comportamento cui si lega la persona tramite l’impegno, il comportamento discrezionale è ogni comportamento che, sebbene non sia chiaramente specificato nei termini dell’impegno, può essere incluso all’interno di questi termini a discrezione della persona impegnata.

La ricerca mostra che l’impegno è associato ad una grande quantità di esiti organizzativi. Tuttavia, un risultato costante è che l’impegno affettivo correla in misura maggiore con tali esiti. Meyer ed Herscovitch (2001) spiegano questo risultato affermando che l’impegno affettivo è spesso operazionalizzato in maniera più ampia rispetto agli altri tipi di impegno. Tuttavia, rimane difficile da spiegare come mai le correlazioni tra impegno affettivo e turnover siano più forti rispetto a quelle tra impegno per continuità e turnover. Altra possibilità interpretativa deriva dalla diversa natura del mind-set nei tre tipi di impegno: secondo gli autori quando vi è un mind-set di desiderio, tipico dell’impegno affettivo, le persone vogliono seguire un certo corso di azioni e percepiscono l’impegno come più ampio rispetto al caso in cui c’è, invece, un mind-set di costi percepiti o di obbligo: la forza del legame, infatti, non è uguale per tutti i tipi di mind-set.


Impegno verso il cliente

Secondo Vanderberghe e collaboratori (2007), seguendo il modello generale di Meyer ed Herscovitch (2001), è possibile declinare l’impegno verso il cliente in diverse forme. E’ possibile distinguere:

  1. l’impegno affettivo verso il cliente: riflette un mindset di desiderio a seguire un corso di azione rilevante per il cliente, come esercitare uno sforzo supplementare per soddisfare le loro aspettative.
  2. l’impegno normativo verso il cliente: riguarda l’obbligo percepito di soddisfare le aspettative del cliente.
  3. l’impegno per continuità verso il cliente: i costi percepiti del fallimento nel seguire un corso di azione rilevante per i clienti, come soddisfare le loro aspettative.

Nella ricerca di Vanderberghe et al. (2007), condotta in 12 fast food del Belgio con un campione appaiato dipendente-consumatore (N = 133), l’impegno affettivo al cliente predice la qualità del servizio nella dimensione di presentazione di sé, mentre le altre dimensioni dell’impegno non sono predittori statisticamente significativi della qualità del servizio.

E’ interessante notare come, nei contesti ospedalieri, l’impegno al cliente possa essere declinato nei confronti del paziente. Nello studio che verrà presentato nel presente lavoro (Capitolo 3) si sono esaminati medici e infermieri, dipendenti dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali Riuniti” di Foggia, e considerato l’impegno verso il paziente come una della variabili outcomes, nel modello di mediazione dell’impegno organizzativo che verrà proposto.

Impegno verso il cambiamento

Secondo Herscovitch e Meyer (2002), recentemente il mondo del lavoro è cambiato molto velocemente, ma a questa continua evoluzione non è corrisposta una sufficiente attenzione al tema del cambiamento. L’impegno verso il cambiamento è definito da Herscovitch e Meyer (2002, p.475) come “una forza che lega una persona ad un corso d’azione considerato necessario per l’implementazione di successo di un’iniziativa di cambiamento.” È presumibile che l’impegno verso il cambiamento sia uno dei fattori determinanti del successo delle innovazioni nelle organizzazioni.

Nello studio del 2002, Herscovitch e Meyer hanno mostrato che è possibile generalizzare il modello di impegno a tre componenti (Meyer, Allen, 1991, 1997) all’impegno verso il cambiamento organizzativo.

In particolare, hanno dimostrato che:

  1. le tre componenti dell’impegno verso il cambiamento, sebbene correlate, sono distinguibili tra loro e rispetto alle dimensioni dell’impegno organizzativo;
  2. l’impegno verso il cambiamento è previsore del sostegno comportamentale verso il cambiamento;
  3. le tre componenti dell’impegno verso il cambiamento correlano positivamente con la percezione di esigenza di un cambiamento, ma solamente l’impegno le componenti affettiva e normativa correlano con la cooperazione e il championing, definito come un potente mezzo per superare gli ostacoli (Burgelman, 1983; Howell Higgins, 1991; Schon, 1963; Van de Ven, 1986);
  4. la previsione di un comportamento può essere migliorata considerando gli effetti additivi ed interattivi con le componenti dell’impegno verso il cambiamento, in particolare quelle affettiva e per continuità.

 

Emergono, comunque, due risultati inaspettati. Il primo riguarda l’alta correlazione tra impegno organizzativo per continuità ed impegno verso il cambiamento per continuità: probabilmente i due costrutti non sono realmente distinguibili. Il secondo riguarda il fatto che anche i dipendenti che non hanno impegno verso il cambiamento dichiarano una certa volontà ad accettare il cambiamento.

La scala di impegno verso il cambiamento di Herscovitch e Meyer (2002) è stata validata in Italia, in uno studio di Mari, Falvo, Hichy, Capozza (2005). La validità della struttura fattoriale è stata confermata: la soluzione trifattoriale spiega bene i dati; gli indici di saturazione sono tutti elevati; le variabili latenti sono correlate similmente ai risultati ottenuti da Herscovitch e Meyer (la componente affettiva è correlata negativamente con quella per continuità, positivamente con quella normativa, mentre la correlazione tra componente normativa e quella per continuità è positiva ma non significativa). È stata verificata, inoltre, tramite analisi fattoriale, la distinzione tra impegno organizzativo ed impegno verso il cambiamento organizzativo. Per la verifica della validità predittiva, le varabili criterio erano la soddisfazione, il cinismo e l’esaurimento (due componenti del job burnout). Per quanto riguarda la soddisfazione, l’impegno normativo verso il cambiamento tende ad aumentarla, mentre l’impegno per continuità tende a diminuirla. L’impegno normativo tende a diminuire il cinismo e l’esaurimento, mentre l’impegno per continuità tende ad aumentare l’esaurimento.

 

 

Fonte:  Dott. Igor Vitale

 

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