Guerrilla Marketing

 GUERRILLA MARKETING

 

Il guerrilla marketing esce dal recinto dei media tradizionali (costosi e dispersivi) per penetrare nel cuore delle città ed incontrare la gente in modo diretto, provocatorio, spiazzante. La guerrilla si trova nelle strade, sui muri, sulle panchine, in finte conversazioni, sui soldi, perfino sul corpo umano. Il consumatore viene raggiunto nei momenti e nei luoghi in cui non è attiva la sua advertising consciousness, quando cioè le difese nei confronti dei messaggi pubblicitari sono abbassate.
Il termine “guerrilla marketing” nasce per la prima volta nel 1982, ideato da Jay Conrad Levinson  e descritto nell’omonimo manifesto. Tuttavia, l’approccio originario si è rivelato troppo limitato e le campagne più recenti hanno attinto agli strumenti caratteristici del “cultural jamming”, ovvero le pratiche di sovversione attuate dai movimenti controculturali.
Natella (2008)  sottolinea il fatto che l’obiettivo delle strategie guerrilla sia l’efficacia sul piano militare e politico: l’azione di sabotaggio deve essere fortemente strutturata per ottenere un buon evento street o web, ma è fondamentale anche il riscontro in termini di folklore, in quanto ogni azione sul territorio deve trasformarsi in un incidente memorabile che può essere facilmente raccontato e diventare notiziabile per i media.
Gli attacchi, quindi, sono brevi ed improvvisi, ma in grado di generare un passaparola tra i destinatari. Nella tabella (adattata da mymarketing.it) presente in pagina 13, sono evidenziate le principali differenze tra marketing tradizionale e di tipo guerrilla.

 

 

 Un esempio significativo di un caso di guerrilla advertising può essere quello esposto nelle foto sotto:  si tratta di un’azione di guerrilla a Copenaghen, realizzata dalla Bates Y&R nel mese di Aprile 2007. La campagna mirava a  rendere il brand Jeep parte del corredo urbano.

 

 

 Si ribalta la strategia di approccio e la fenomenologia dell’azione aziendale, per cui non è piùil consumatore che va all’azienda, ma l’azienda che va al consumatore. Il brand incontra il consumatore non solo dove egli compra, ma anche dove abita, dove si diverte, dove vive. La nuova istanza competitiva di ogni organizzazione è quella del “market driving”: si tratta dell’imperativo di creare nuovi bisogni e nuovi mercati per rispondere alle sempre più pressanti richieste di maggior servizio, migliore qualità ed accresciuto valore. Tuttavia, i responsabili marketing delle aziende devono essere consapevoli di dover imparare a pilotare un aeroplano in cui tutti i passeggeri sono dei potenziali dirottatori, come suggerisce Alex Wipperfurth in “Brand Hijack. Marketing without marketing” (Portfolio, 2005).