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Utilizzo di Internet: introduzione

Abstract

L’utilizzo di Internet è in grado di influenzare la vita degli utenti condizionandone abitudini e comportamenti. La seguente ricerca indaga quei fattori come supporto sociale, autostima, mindfulness ecc. in grado di indirizzare l’utente verso un suo uso funzionale o problematico della Rete.

All’indagine hanno partecipato 807 emerging adults, individui che si trovano in una fase della vita di grande instabilità dovuta all’uscita dal periodo adolescenziale per affacciarsi nella prima età adulta. Questo comporta la costruzione di nuovi legami e l’assunzione di nuove responsabilità. A riguardo è stata valutata l’influenza dei Social Network Sites (SNS) nel fornire un utile supporto per affrontare queste delicate transizioni di vita. La ricerca si focalizza anche sulla sfera negativa dell’utilizzo di Internet distinguendo tra uso problematico e dipendenza, facendo luce sui fattori di rischio. I partecipanti allo studio hanno risposto ad un questionario online in italiano, diffuso attraverso i Social Network Sites (SNS) con la collaborazione dell’Università di Bologna. I risultati dimostrano come gli individui che godono di un basso supporto sociale nella vita reale per colmare questa lacuna lo ricercano online. Questo aspetto a sua volta predice la possibilità di incorrere in un uso problematico di Internet (PIU). In questa situazioni l’individuo può arrivare a preferire le interazioni sociali online piuttosto che quelle faccia a faccia. Parallelamente è stato dimostrato come un basso livello di mindfulness sia correlato all’uso problematico di Internet (PIU). Tra gli strumenti della Rete, i Social network Sites (SNS) sono ampiamenti diffusi tra gli emerging adults ed è emerso come un uso frequente di Facebook sia correlato ad una bassa autostima. Allo stesso tempo, però, l’uso di Facebook predice lo sviluppo di capitale sociale, importante risorsa in grado di aiutare gli emerging adults durante le transizioni tipiche di questa età.

Introduzione

 Il lavoro prende spunto da alcuni studi sul rapporto tra vita reale (offline) e vita in rete (online) delle persone. Il tema è molto attuale e riveste una grande rilevanza sociale considerando l’uso diffuso di Internet ai giorni nostri, sia per motivi lavorativi o di studio, sia per semplice piacere personale. Per questa ragione risulta interessante comprendere l’influenza che può avere l’utilizzo della Rete sulla vita delle persone analizzando le connessioni che scaturiscono tra la vita offline e quella online. Il tema riveste anche una buona rilevanza scientifica, come dimostra il grande numero di studi effettuati negli ultimi dieci-quindici anni. Queste ricerche hanno potuto individuare, tra le altre cose, i fattori che conducono gli individui a fare un uso problematico di Internet (PIU) trascurando le sue risorse positive. Il seguente lavoro si focalizza principalmente sugli aspetti negativi legati all’utilizzo della Rete i quali possono scaturire, nei casi più estremi, nello sviluppo di una vera e propria dipendenza comportamentale di carattere patologico. Lo studio è rivolto ad una circoscritta fascia d’età, quella degli emerging adults, che si snoda tra i 18 e i 30 anni di vita. Questa delicata fase di sviluppo, come dimostrato dalla letteratura, è caratterizzata da varie transizioni di vita per le quali l’utilizzo di Internet e dei Social Network Sites in particolare, può fornire delle utili risorse in grado di aiutare gli individui ad affrontare delicate sfide di sviluppo. Lo studio si pone l’obbiettivo di dimostrare che determinati fattori personali generano specifiche situazioni che mediano l’utilizzo funzionale o disfunzionale di Internet da parte dell’utente. Nel primo capitolo si descrivono inizialmente le caratteristiche del periodo di sviluppo. In seguito si analizza il ruolo che svolge Internet ed in particolare i Social Network Sites (SNS) nel fornire possibilità di aiuto per superare le numerose sfide che costellano l’emerging adulthood. Nel secondo capitolo si analizzano quei fattori che hanno un effetto diretto sull’approccio degli utenti verso gli strumenti della Rete. In base a certe caratteristiche l’individuo è portato ad utilizzare Internet funzionalmente ai proprio scopi o in maniera disfunzionale. Nell’ultimo capitolo ci si focalizza sulle parte negativa dell’utilizzo della Rete distinguendo tra utilizzo problematico (PIU) e dipendenza da Internet.


© Emerging adults ed utilizzo di Internet: organo funzionale o strumentalità inversa? – Andrea Pivetti


Roadmap per una social media strategy

Roadmap per una social media strategy

Foto di Free-Photos da Pixabay

Come scrive Massarotto, gli elementi costitutivi di una scocial media strategy sono[1]:

  • ricordare che la community del proprio brand vivrà al 90% distribuita su property non vostre;
  • pianificare sui social media;
  • avviare un monitoraggio preliminare ampio e strutturato prima di delineare la strategia;
  • inserire l’ascolto strutturato e in real time come primo elemento continuativo della propria strategia;
  • scegliere un tipo di strategia: presidio, promozione, progetto o solo ascolto;
  • scegliere in base alla strategia quali spazi presidiare:
  • programmare la crescita della propria presenza (promozionale, organica, media);
  • definire uno stile di relazione;
  • definire una policy per i social media e le regole;
  • verificare la propria strategia in rapporto alla brand identity.

Riassumendo quindi, gli elementi di primaria importanza, se vogliamo usare i social media in modo efficace attirando potenziali clienti, da non dimenticare di aggiornare nei nostri account personali sono:

  • le foto: l’immagine di un profilo è molto importante, è meglio non utilizzare foto non vere, ma scegliere una nostra foto che ci faccia ricordare di noi e cercare di non utilizzare foto diverse, ma un massimo di 3 foto simili, per non confondere il potenziale cliente;
  • Link SitoWeb o Blog: quasi ogni social media permette nel proprio account di inserire un URL, che indentifichi il sito web o blog principale. Questa è una informazione molto utile per avere una nuova finestra nella quale intercettare potenziali clienti;
  • biografia: trovare la possibilità di inserire una breve descrizione, per informare la nostra attività. Se non cè la possibilità di scrivere troppo testo basta il titolo professionale, altrimenti bisogna cercare di spendere qualche paragrafo per la nostra presentazione;
  • contatti: oltre ad inserire informazioni su di noi, accertiamoci di lasciare la possibilità di contattarci tramite altri social media o email. Diversi progetti permettono nel proprio account di aggregare altri social, è opportuno fare tale collegamento solo con quelli che si utilizzano davvero.

 

 

© Il personal Branding – Marika Fantato

 

 

[1] Massarotto M., Social Network. Costruire e comunicare identità in Rete.,Apogeo, 2011 pag.39

Social media strategy per la promozione del Personal Brand

Social media strategy per la promozione del Personal Brand

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

 

Il mondo dei social media in continua evoluzione e mutazione può essere visto da più punti di vista, in base alle risorse e agli obiettivi che le persone vogliono raggiungere. Si possono intraprendere diverse strategie, per rendere i social media il miglior strumento di marketing utile alla comunicazione del proprio brand.[1]

Strategia di presidio: identifica i social media come lo spazio di massima importanza per la comunicazione del brand, la strategia è molto impegnativa sia economicamente che come utilizzo di risorse. Gli elementi chiave di una strategia di presidio sono:

  • piano dei contenuti
  • community management
  • reportistica strutturata
  • coinvolgimento aziendale elevato

Facebook è il social network più adatto per questa strategia, grazie alle pagine riservate ai brand opera proprio in termini di presidio; YouTube invece è quello meno adatto per il troppo impegno che richiede per costruire una produzione video di lungo periodo e per i limiti strutturali della piattaforma.

Le strategie di presidio richiedono una grande pianificazione ed un sistema di metriche innovative per calcolare il ROI[2]. E’ bene programmare anche un’analisi di banchmark della concorrenza[3]. Il vantaggio di queste strategie è che lavorano sulla ottimizzazione della reputazione dell’azienda, che è un concetto fondamentale per la buona percezione del brand.

Strategia di promozione: riguarda l’insieme delle strategie utilizzate per supportare il lancio di una campagna o di una singola iniziativa. Il vantaggio è che sono programmate e gestite con uno sforzo organizzativo contenuto, ma non sfruttano totalmente la potenzialità dei social media. Di solito sono caratterizzate da: temporaneità, promozionalità/offerte e contenuti limitati in quanto le persone tendono a rifiutare le conversazioni che non sono strettamente legate al servizio/prodotto che si vuole promuovere. Di conseguenza possono anche creare delle insoddisfazioni negli utenti le cui domande non trovano risposte.

Strategia a progetto: prevede di coinvolgere i social media in un periodo temporale definito per promuovere o lanciare un progetto che può essere di:

  • co-creazione di contenuti;
  • feedback ovvero raccolta di opinioni;
  • creativo come un progetto collaborativo;
  • sociale come un’operazione di beneficenza.

Gli elementi chiave di una strategia progetto sono:

  • l’obiettivo;
  • la community di riferimento;
  • la community management;
  • la sinergia con il resto della comunicazione.

Perchè il progetto abbia successo deve essere di interesse, coinvolgente, innovativo e rivolto alla community adatta.

Strategia di solo ascolto: é la scelta di alcuni brand di mettersi solo in ascolto e di confrontarsi solo così con i social media. Ovviamente risulta essere una strategia poco dispendiosa, ma comunque se fatta in maniera professionale può essere molto utile.

Vede alcuni vantaggi:

  • basso impegno;
  • pochi rischi;
  • prepara la persona che vuole comunicare successivamente, conoscendo prima la cultura del web attraverso la fase di ascolto.

Questa strategia, quindi non utilizza per nulla i social media per comunicare, ma non si preclude la possibilità di intervenire, in casi di necessità, senza attivare i social media. Queste sono le quattro principali strategie di utilizzo dei social media per rendersi visibili agli occhi della Rete.

Ma ci sono anche altre strategie, sotto forma di accorgimenti, che possono essere utilizzati dalle persone per avere una buona presenza sul web e conservarla, quali:

  • creare e aggiornare i propri spazi sui social networking;
  • gestire un blog tecnico puntuale e aggiornato:
  • partecipare alle discussioni online per dare testimonianza della propria professionalità, della propria competenza e del proprio track record (precedenti esperienze, curriculum professionale);
  • le conversazioni degli utenti del web: possono avere un grande impatto sulla reputazione di persone e brand quindi trascurarle o ignorarle può essere fatale

(effetto passaparola);

  • le foto: un modo di trasmettere umanità, calore, vicinanza, facilmente da mettere online, ma potenzialmente utilizzabili da altri. Le foto postate possono essere riprese e pubblicate in spazi dove non figura il nome dell’utente che le ha pubblicate. Le foto su Internet sono uno strumento molto potente e usarle come strategia per il personal branding è utile, ricordandosi però che non si ha il controllo sulle foto in sé, ma sulle parole associate nel titolo, tag o post connessi;
  • i domini: registrare il proprio nome e cognome per marcare il territorio, nei motori di ricerca. Riservare i domini è un modo per evitare che si verifichi un furto d’identità, un omonimia scomoda o cybersquatting;
  • username o URL personalizzato: è importante perchè più è semplice e uguale al nome della persona più è facile da comunicare e far circolare;
  • il curriculum nel web: la gestione del proprio personal brand e della propria digital reputation riguarda anche la vita professionale, quindi mantenere le relazioni professionali attive attraverso i social, ottenere gli endorsement e gli accrediti accademici e professionali, come in Linkedin le raccomandazioni/referenze, sono la strategia utile a mantenere un profilo professionale per la ricerca di un lavoro;
  • SERP stategy: deve prevedere il monitoraggio dei risultati, un piano di contenuti per ottenere SERP (Search Engine Result Page ovvero pagina dei risultati dei motori di ricerca) sempre più ottimali e delle linee guida condivise sui risultati indesiderati;
  • un network attivo e con post recenti a cadenza regolare è una strategia per aiutare a capire se una persona è veramente quella che dice di essere;
  • il lifestream: una strategia per aggregare automaticamente in un’unica pagina ogni cosa che ognuno di noi crea online: possono essere messaggi, video o foto che si inviano, libri, articoli, blog che si leggono, programmi che si usano o musica che si ascolta. Può essere qualsiasi cosa che è fatta di bit e che è online, basta che il servizio da cui parte il messaggio la possa esportare e che quello a cui arriva la possa aggregare. I flussi vengono raccolti attraverso diverse tecnologie e la più utilizzata è il feed RSS: ogni servizio che abbia un feed pubblico raggiungibile dal web può virtualmente essere aggregato al proprio lifestream;
  • il monitoraggio di sé stessi, del proprio nome.

Grazie a tutte queste strategie si allarga la rete di relazioni e si crea una digital reputation solida ed efficace, perchè il personal branding oggi si costruisce partecipando alla conversazione online e dal momento che su Internet non ci siamo noi, ma la nostra immagine, è bene indirizzarla nella prospettiva giusta. Se ognuno di noi non cura la propria reputazione online, ci penserà qualcun’altro con conseguenze negative per il proprio personal brand.

Il personal branding è nato come effetto collaterale del fatto che grazie al web le nostre vite sono diventate pubbliche e consultabili e impaginate dentro a griglie simili a quelle di una marca.

Creando accout e profili nei vari social network creiamo un’immagine di noi caratterizzata da: nome=brand, avatar=logo e status=payoff (slogan/una frase breve che accompagna il nome di un prodotto).

Di conseguenza le nostre vite impaginate dentro a queste griglie simili a quelle di una marca, sono diventate pubbliche e i contenuti dei profili creati per noi stessi possono avere delle conseguenze positive, nuovi amici, complimenti, contatti di lavoro, ma anche negative perchè dobbiamo rispondere di cose che non vorremmo o ci viene chiesto di rendere conto delle nostre azioni.

Tutto quello che pubblichiamo su Internet è permanente e consultabile così come quello che gli altri dicono di noi o del nostro brand. Quindi importante è la gestione della propria immagine, ma anche quella della propria reputazione.

 

 

© Il personal Branding – Marika Fantato

 

 

[1] Massarotto M., Social Network. Costruire e comunicare identità in Rete, Apogeo, 2011

[2]  ROI= Return on investment è il rapposrto tra costi e profitti netti, viene utilizzato per calcolare il ritorno sull’investimento di un sito web ad esempio. Si calcola attraverso la formula: ROI= Utile derivato/ Capitale investito, dove per utile derivato si intende il reddito totale dell’operazione meno il capitale investito. Si utilizza il ROI per decidere come impiegare il budget e scoprire poi quanto si guadagna.

[3]   L’analisi di banchmark consente di: confrontare risultati, trend e caratteristiche di aziende e brand tra loro concorrenti, individuare i fattori chiave per operare con successo nel settore di appartenenza e comprendere le dinamiche competitive operanti nel settore. Questa analisi permette di capire immediatamente il posizionamento dei brand, in funzione dei diversi aspetti economico-finanziari indagati.

Social Media e Personal Branding

Social Media e Personal Branding

L’arrivo del web 2.0 e l’affermazione dei social media ha cambiato la relazione tra emittente e destinatario: i mercati sono diventati conversazioni.

Le caratteristiche di Internet, ovvero l’interattività, la partecipazione, la conversazione, la formazione di community, la fruizione di informazioni in tempo reale e la loro persistenza per molto tempo, hanno reso possibile una nuova forma di comunicazione non più unidirezionale come con i media tradizionali.

Alla base di ogni media sociale ci sono i contenuti, il materiale che gli utenti generano e condividono. La rete non connette computer, ma persone e per essere accettati all’interno delle conversazioni è necessario essere trasparenti e autentici.

Come afferma il blogger Mike Arauz:

Il valore di un brand online è il prodotto dell’investimento per il tempo speso per l’attività sociale svolta.

I social media quindi, essendo dinamici e aperti, rappresentano un canale ideale per affermare e comunicare il proprio brand personale.

Nel web 2.0 la reputazione e l’immagine di una persona dipendono da quello che gli altri dicono sul suo conto in rete, quindi il nostro personal brand non è ciò che diciamo, ma piuttosto quello che condividiamo, le conversazioni e la capacità di mantenere la promessa di valore che sosteniamo.

I social media sono molto importanti per sviluppare e rafforzare il posizionamento SEO. Per questo motivo come affermano Centenaro e Sorchiotti[1] per un buon personal brand si devono rispettare alcuni elementi chiave:

  • creare contenuti interessanti e coinvolgenti: la chiave di tutto, utili a farsi trovare; più link si riceveranno e migliore sarà il posizionamento sui motori di ricerca;
  • creare contenuti attuali: occorre essere costantemente aggiornati per capire quali siano gli argomenti di interesse dei lettori e dei propri utenti. La rete evolve velocemente e in alcune comunità gli argomenti possono diventare “in” o “out” anche nel giro di poche ore;
  • incoraggiare l’interazione: perchè il primo obiettivo deve essere quello di invitare gli utenti a contattarti, a comunicarti le proprie considerazioni e a confrontarsi con te, in modo tale che ogni discussione permetta uno scambio di opinioni,oltre che una nuova modalità di incontro;
  • promuovere la condivisione: ovvero la possibilità di condividere un contenuto che si apprezza anche con i tuoi contatti nella modalità preferita;
  • aggiornare con costanza e frequenza: in quanto qualsiasi attività sui social media richiede aggiornamenti costanti e in linea con le attività del brand, attraverso la coerenza con lo stile e il linguaggio utilizzati per diventare attendibili agli occhi delle persone;
  • ascoltare il proprio pubblico: leggendo quanto si dice a proposito del brand e della categoria di riferimento, per entrare in contatto con le persone che scrivono e rispondono e avviare così discussioni. Se i commenti sono positivi, si può pensare di rendere disponibili queste opinioni ai potenziali clienti e quindi promuoversi, al contrario, con giudizi negativi, sarà opportuno analizzarli e capire se rappresentano spunti per migliorare il servizio e quello che offriamo;
  • promuovere l’attività: sia con attività di marketing e comunicazione tradizionali, sia attraverso i social media, per promuovere ogni iniziativa offrendo un nuovo spazio di incontro e confronto.

Per mettere in pratica questi suggerimenti e dar vita ad un buon personal brand, si deve comunicare e restare in contatto con amici e conoscenti, ma soprattutto definire quali saranno i nostri punti di partenza.

Se fino a qualche anno fa, lo strumento più idoneo a costruire una forte presenza online era quello di crearsi il proprio sito personale, oggi i social network ci forniscono piattaforme sociali semplici, immediate e facili da gestire per definire e comunicare la propria identità online. Facebook, Twitter, Google+, LinkedIn, YouTube, Instagram e tutti gli altri social network, infatti, sono servizi che permettono di rappresentare al meglio il proprio brand e se stessi. Come i blog, che rimangono il miglior spazio per condividere testo, audio, video e immagini, approfondendo in maniera efficace e non breve e concisa, come nei social, ogni tema.

 

 

© Il personal Branding – Marika Fantato

 

 

[1]  Centenaro L., Sorchiotti T., Personal Branding. Promuovere se stessi online per creare nuove opportunità, Hoepli, 2013 pp. 107-108

Social media e social network: dalle origini ad oggi

Social media e social network: dalle origini ad oggi

Che differenza c’è tra social media e social network?

Spesso questi due termini sono usati in modo interscambiabile, ma in realtà sono due concetti con significati diversi.

Viene definito social media, da medium che in latino significa mezzo/strumento, un gruppo di applicazioni basate sul web che permettono la creazione e lo scambio di contenuti generato dagli utenti.

Social network, rete sociale in italiano, invece, nasce all’interno delle scienze sociali come concetto usato per descrivere le relazioni tra individui, gruppi e organizzazioni; è un servizio che per funzione primaria consente o agevola l’organizzazione e la gestione via Internet di una mappa di una parte delle proprie relazioni sociali attraverso la possibilità di creare e condividere contenuti, conversazioni o attraverso altri strumenti di socialità. I social network rappresentano un reticolo di persone unite tra loro da interessi di varia natura, che decidono di costruire una community, intorno agli interessi che hanno da condividere.

La differenza sostanziale è che i social media sono i veicoli necessari per condividere le informazioni con la nostra community e ciò rende possibile l’interazione con gli altri; mentre il social network, in quanto rete, la si può esprimere attraverso un grafo, in cui i nodi rappresentano gli individui e gli archi i legami che gli uniscono, si basa sulle conversazioni, secondo un modo di comunicare bidirezionale.

Ultimamente si parla molto di social network, ma il concetto stesso di rete sociale esiste da moltissimo tempo: esistono come reti fisiche, basti pensare ai sindacati o alle comunità religiose, persone unite da molteplici interessi che condividono e creano contenuti. Oggi quando si parla di social network si pensa immediatamente al web 2.0, in realtà è un concetto molto più antico e concreto.

I Social Media vengono definiti i figli del web 2.0, ma in realtà nascono nel 1971, con l’invio della prima e-mail tra due Pc. All’inizio degli anni ’90 Internet cominciò la sua divulgazione di massa. Tim Berners-Lee caricò sui server del CERN di Ginevra la prima pagina del progetto World Wide Web e gli Internet provider cominciarono ad offrire ai privati la possibilità di collegarsi al web, di avere un account e-mail e i primi servizi online: news, shopping, community.

Verso la fine degli anni ’90 nasce quello che oggi chiamiamo Web 1.0: nascono le prime web company che cercano di offrire esperienze online sempre più ricche e complete. Sono gli anni in cui nascono i portali e le community, dove gli utenti possono aprirsi un profilo, consultare forum e mandarsi messaggi. È in questo momento che nasce il primo sito riconducibile forse alle prime forme dei social network on line: era il 1997, quando uno statunitense di nome Ellison creò e lanciò in rete SixDegrees.com, un sito che aveva come obiettivo la creazione di relazioni digitali tra persone. Questo fu l’inizio di una nuova era. Il sito è stato attivo dal 1997 al 2001 ed è stato il primo sito che inglobava le caratteristiche distintive di un social network: profilo personale, lista di amici, messaggistica e instant messaging/chat, pubblicazione di status, visita dei profili degli amici e non e consultazione dei network.

Con l’inizio degli anni 2000 Internet subisce una battuta d’arresto a causa del disastro finanziario, ma è proprio nei primi anni 2000 che nascono i servizi collaborativi come Wikipedia, Youtube, Google e Facebook. Nasce così il Web 2.0.

Nel 2003 assistiamo alla nascita di LinkedIn dedicato ai professional dei social networking, nello stesso anno nasce anche MySpace, come spazio di espressione artistica online con riferimento soprattutto al mondo della musica.

Nel 2004 va in Rete Facebook, inizialmente come versione online dell’annuario di Harvard, ma oggi come social network dominante del pianeta.

Nel 2005 nasce YouTube, oggi come primo sito di entertainment al mondo.

Nel 2006 nasce Twitter, un servizio di microblogging.

Per la diffusione dei principali social network, Vincenzo Cosenza[1] ha elaborato una mappatura, che evidenzia il servizio più usato da desktop in ogni nazione, costruita usando i dati di Alexa e di altri servizi similari.

Anche se parziali, perché non evidenziano la componente mobile del traffico, che però ancora non è predominante, certificano lo stato dei social network nel mondo e la crescita inarrestabile di Facebook.

Il fenomeno si espande in tempo reale, a livello globale, con grandi differenze a seconda delle aree geografiche.

Grafico 1. Mappa dei social network nel mondo aggiornata a Giugno 2014, disponibile all’indirizzo: http://vincos.it/2014/09/04/la-mappa-dei-social-network-nel-mondo-luglio-2014/

Per comprendere ancora meglio questo fenomeno, Cosenza ha rappresentato i social media come delle scatole, nelle quali ogni area è proporzionale al numero mensile degli utenti attivi.

Grafico 2. I social media nel mondo: numero di utenti attivi al mese. Gennaio 2014, disponibile all’indirizzo: http://vincos.it/social-media-statistics/

Come si può vedere dal grafico, Facebook è la più grande piattaforma e conta 1,19 miliardi utenti attivi ogni mese, seguito da Qzone, il più importante social network cinese con 623,3 milioni di utenti. Google+ è al terzo posto con 300 milioni di utenti attivi. Tencent Weibo lanciato dallo stesso proprietario di Qzone e WeChat, conta 220 milioni di utenti attivi al mese, seguito da Twitter, suo modello d’ispirazione, con 218 milioni. Poi abbiamo Instagram, la piattaforma sociale che sta crescendo velocemente, che ha raggiunto i 150 milioni di utenti attivi. Infine, Forsquare con appena 8 milioni di appassionati.

Grafico 3. Social mondo: età utenti attivi. Report Gen2014 –GlobalWebIndex. Tratto da Social Brand Day 2014, l’evento sui Social Media per le aziende 8-9 Maggio a Bologna.

Numeri e statistiche in Italia: Facebook, Twitter, YouTube, Google

Plus e LinkedIn

Grafico 4-5-6-7. Panoramica dei Social Media in Italia: numeri e statistiche. Tratto dalla presentazione dell’evento: Social Brand Day 8-9 Maggio 2014, di Giuliano Ambrosio e Cristina Simone.

Da questi dati possiamo confermare anche in Italia, quello che è un fenomeno sociale nel mondo: la piattaforma Facebook si aggiudica il primato degli utenti attivi italiani, ben 26 milioni. Seguito da Youtube (24 milioni), Twitter (4,5 milioni), Instagram e Linkedin (con 4,5 milioni), e ultimo Google+ (3,8 milioni).

Con una popolazione di 61,5 milioni di abitanti, l’Italia ha 35,5 milioni utenti Internet e ben 97 milioni di abbonamenti mobile attivi, il 58% in più rispetto al totale della popolazione, ossia una persona su due ha due SIM.

We Are Social ha pubblicato il report Social, Digital & Mobile in Europa 2014, una fotografia della popolazione europea sull’utilizzo di Internet, social e mobile che sottolinea quando il mondo online sia penetrato nella nostra vita di tutti i giorni. Molto interessante il confronto tra l’Italia e gli altri paesi europei. In breve:

  • penetrazione di Internet: in Italia è del 58%, la media europea è del 68%;
  • penetrazione dei social network, utenti attivi: in Italia è del 42%, la media europea è del 40%;
  • abbonamenti mobile attivi: in Italia è del 158%, la media europea è del 139%.

Se da una parte l’Italia è sotto la media per quanto riguarda la possibilità di accedere alla Rete, dall’altra è senza dubbio davanti rispetto al continente europeo in termini di ore trascorse online e di utilizzo dei social media soprattutto via mobile.

In Italia il tempo medio speso su Internet ogni giorno è di 4,7 ore tramite laptop/desktop, e di 2,2 ore accedendo tramite mobile. Un tempo molto alto, se pensiamo che in Germania non si raggiungono le 4 ore e in UK le 4,1 via desktop, e che i francesi, per esempio, ne spendono 1,4 e gli inglesi 1,6 via mobile.

Per quanto riguarda il tempo speso sui social media, l’Italia è uno dei paesi in Europa dove si spende più tempo sui social media, ben 2 ore, circa mezz’ora in più al giorno rispetto la media europea.

 

© Il personal Branding – Marika Fantato

 

[1]   Vincenzo Cosenza è social media strategist e responsabile della sede romana di BlogMeter. Dopo tre anni di esperienza nelle relazioni pubbliche di Microsoft, ha deciso di occuparsi delle nuove forme di comunicazione aziendale e di monitoraggio delle conversazioni in rete prima in Digital PR e ora in BlogMeter. Dell’impatto della rete su società, individui e imprese riflette su vincos.it. Ha scritto Social media ROIi (Apogeo, 2014) e l’ebook La società dei dati (40k, 2012).

I social network progresso o regressione

I “SOCIAL NETWORK”: PROGRESSO DELLA SOCIETA’ O REGRESSIONE DELL’UMANITA’

Si può certo dire che l’era delle tecnologie Smart e Social rappresenta per noi un enorme passo in avanti verso il futuro. Tuttavia, come ogni rivoluzione nella storia, il cambiamento culturale può portare sì pregi, ma anche altrettanti deficit.

Il principale vantaggio di questi nuovi mezzi è sicuramente una comunicazione diretta e veloce. E’ formidabile come essi consentano di interagire in tempo reale, a qualsiasi distanza, con chiunque e in ogni parte del mondo. Le informazioni vengono trasmesse all’istante e si può rimanere aggiornati con l’attualità più facilmente.
I nuovi mezzi di comunicazione coinvolgono tutti noi e tutto il mondo, mantenendo sia i contatti sociali della nostra vita che le notizie di cronaca da ogni parte della terra. Basta iscriversi alla pagina di Facebook di un quotidiano per sapere le ultime news, oppure vedere la Home di un nostro amico per sapere cosa ha fatto di recente, oppure chiedere l’amicizia ad una persona persa da tempo di cui non si sapeva più nulla. Sono media comodi, veloci e che danno emozioni.

Tuttavia, da quando Social Network e Smartphone dominano il mondo, la società non è più la stessa. I pregi sembrano non bastare per avere un’idea positiva sui cosiddetti new media.

L’altro giorno ero in treno. Vicino a me c’era un bambino e i suoi genitori. Il piccolo sembrava agitato, non riusciva a stare tranquillo, si muoveva, si lamentava, esprimeva disagio. I genitori allora gli facevano vedere orsetti, palline, giocattoli vari, sperando che si calmasse. Niente sembrava fermare quel pianto disperato. Ad un tratto, dai meandri della borsa, la madre sfodera uno splendente I-PAD, lo accende, apre un’ APP e lo cede al figlio. Circa venti secondi dopo (vi giuro, li ho contati) le lacrime cessarono e il bambino rimase tranquillo per tutto il viaggio.

L’episodio da me vissuto un curioso esempio di quanto queste tecnologie possano essere coinvolgenti, tanto da sostituirsi al ruolo genitoriale. Si pensa che l’educazione delle nuove generazioni cambierà in un prossimo futuro. Alcuni governi hanno già l’idea di digitalizzare le scuole introducendo le tecnologie smart nelle attività didattiche. Al momento non possiamo dire nulla, dipende dall’uso che se ne farà.

Vi invito solo a riflettere su un pensiero di Paolo Crepet, il quale afferma che queste nuove tendenze “uccidono l’inconscio del bambino”. Ogni psicologo infatti vi direbbe che un bambino esprime il proprio mondo affettivo semplicemente con carta, colori e un tocco di creatività.

Non solo l’era social ha cambiato il lato umano delle persone, ma perfino i comportamenti delle grandi istituzioni. Nella politica i social hanno determinato fortemente i vincitori delle elezioni degli ultimi anni. Basti pensare al fatto che Evan Williams, co-fondatore di Twitter, ha sentito il bisogno di chiedere scusa al mondo sostenendo che la vittoria di Trump sia avvenuta grazie al suo sito, Twitter.
Un altro caso interessante è stato il referendum italiano di fine 2016. Molti scienziati sociali ammisero di aver potuto prevedere il risultato mesi prima il giorno del voto, valutando i comportamenti degli utenti italiani su Facebook, fra commenti, likes e post.
Di fronte a queste storie, sembra che i politici non abbiano più autorità, né autonomia. Sembra che le decisioni non vengano più prese dalle istituzioni, ma da un semplice sito web. La domanda perciò risulta spontanea. I social hanno avvicinato o allontanato i politici dai cittadini?

Le nuove forme di comunicazione pertanto riescono a plasmare un nuovo mondo e il modo in cui lo viviamo, soprattutto rifornendo il mondo lavorativo di profili di dubbia utilità. A cosa servono i giornalisti se oggi ci sono i blogger? A cosa servono attori e registi formati nelle più prestigiose accademie se oggi abbiamo gli youtuber? Cosa ce ne facciamo di filosofi e umanisti se oggi abbiamo gli influencer? Il prestigioso “pezzo di carta” universitario sta perdendo il suo valore originario.

Infine, l’era dei nuovi media ha cambiato non solo l’educazione, la politica e il lavoro, ma anche la nostra identità umana. Nel 2014 Facebook ha effettuato un esperimento sulle emozioni di 700 mila utenti, a loro completa insaputa. E’ stata eseguita la valutazione della possibilità di un vero e proprio “contagio emotivo” a distanza. I risultati dimostrano che gli iscritti pubblicano messaggi dal contenuto negativo o positivo a seconda dei post che ricevono.

 

©  Porfiri Gian Luca