Articoli

Word Order e influenza semantica nei binomi

Word Order e influenza semantica nei binomi

L’ordine delle parole all’interno della frase ha quindi un ruolo determinante nei processi di categorizzazione e di attribuzione di un significato particolare ai concetti esposti. Questo è dimostrato anche da numerose ricerche sui binomi linguistici (Hegarty, Watson, Flechter, & McQueen, 2011; McGuire & McGuire, 1982; Mollin, 2012). Mollin (2012), lungo il suo percorso di ricerca, ha evidenziato come la maggior parte dei binomi siano costruiti secondo un ordine preciso (fratelli- sorelle, uomo- donna, cane- gatto). Questi, presentano un forte ordine canonico e riflettono uno specifico contenuto semantico secondo cui il primo termine è quello caratterizzato da più agentività e da maggior potere.

Con l’obiettivo di approfondire tale argomento risulta efficace, a questo punto, aprire un’altra parentesi teorica e ritornare alla riflessione sulla direzione da sinistra a destra, propria della lettura e della scrittura nella maggioranza delle lingue mondiali.
“La scrittura è fondamentale nella società e noi siamo continuamente soggetti a stimoli linguistici. Per noi occidentali le parole scorrono verso destra e questo riferimento spaziale diviene un punto fondamentale, come il fatto che il cielo sta sopra le nostre teste “.

A sostegno di quanto detto, vi sono numerose ricerche, anche di recente pubblicazione, che affrontano temi come la teoria dell’embodiment (Barsalou, 1999) e dello spatial agency bias (Anjan Chatterjee, 2002; Maass, Suitner & co., 2011,2014 ). Si tratta di ricerche sistematiche che analizzano l’influenza del contesto sull’elaborazione cognitiva (la dimensione spaziale spesso resta fuori dalla nostra consapevolezza, ma questo non significa che i riferimenti spaziali non siano elaborati dal nostro cervello). In queste ricerche viene dimostrato come l’influenza della scrittura va oltre il contesto linguistico, condizionando addirittura l’interpretazione di un’azione.

Con il termine “agency”, in particolare, ci si riferisce alla capacità di agire attivamente sul mondo fisico e sociale. Durante una relazione, le persone coinvolte assumono spesso ruoli complementari rispetto a questa caratteristica: l’agente è colui il quale mette in atto un comportamento verso il ricevente, il quale, a sua volta, assume un ruolo più passivo.

Il neuropsicologo Anjan Chatterjee (2002), attraverso un esperimento condotto con una persona afasica (difficoltà nella produzione e nella comprensione linguistica), in cui viene utilizzata una strategia spaziale per comprendere le frasi, ha scoperto che queste due figure sono legate a specifiche posizioni nello spazio in base al ruolo rivestito. “Se gli veniva chiesto di descrivere una scena in cui un soggetto agiva su un oggetto, egli indicava quello posto a sinistra come l’agente e quello posto a destra come il ricevente, anche se l’azione si svolgeva chiaramente nella direzione opposta”.

La direzione spaziale è usata, quindi, non solo per rappresentare l’azione (Chatterjee, 2002), ma anche il suo potenziale: cioè la condizione sociale di agire (agency). Dall’analisi di questo fenomeno si giunse alla conclusione che si trattasse di lateralizzazione emisferica.
Oggi sappiamo che il fattore di maggior impatto sui processi cognitivi risulta essere la direzione di lettura e scrittura, ossia un fattore culturale. È per questo motivo che il SAB (spacial agency bias) si inserisce nella più grande teoria dell’embodiment.
Susanna Timeo, Anne Maass, e Caterina Suitner (2012), oltre alla direzione di scrittura, richiamano in causa l’ordine delle componenti sintattiche del periodo, ribadendo l’influenza del Word Order. Lingue come l’arabo, invece, procedono verso sinistra, ma comunque mantengono la precedenza del soggetto sull’oggetto; in questo caso, pertanto, l’agente sarà alla destra del ricevente. Pochissime altre lingue come, ad esempio, quella parlata in Madagascar hanno invece una disposizione sintattica tale per cui l’oggetto è posto prima del soggetto.

L’importanza del Word Order e dell’effetto primacy, quindi, viene messa in luce da un excursus teorico di considerevole rilevanza. Ritornando, infatti, agli studi sui binomi linguistici, il quadro concettuale può essere ampliato ulteriormente. Vi sono altre evidenze sperimentali che mostrano come il primo termine sia percepito dal lettore come più attivo e potente (Johnson, 1967), più mascolino (Hegarty et al., 2011) e con uno status più elevato, rispetto al secondo termine menzionato (McGuire & McGuire, 1982).

In questi studi viene dimostrato che l’ordine delle parole, anche nei binomi, non è mai casuale ma, piuttosto, segue ragionamenti o regole cognitive ben precise che conferiscono al concetto espresso un ruolo semantico identificabile e motivabile all’interno della cultura di riferimento.
Mollin (2012) nelle sue ricerche evidenzia, in aggiunta, il fatto che, nei binomi, il primo termine menzionato precede cronologicamente il secondo (“primavera e estate”, “prima e dopo”), oppure ne è la causa (“prova ed errore”). In assenza di marcatori linguistici espliciti (ad esempio: prima, perché ecc.) i lettori / ascoltatori tendono a dedurre sia l’ordine cronologico, che quello di relazioni causa-effetto, dall’ordine in cui gli eventi sono narrati (iconicity assumption), assegnando agli elementi menzionati all’inizio della frase il primato temporale e causale rispetto a quelli citati in seguito.

Clark (1971) ha condotto delle ricerche sulla capacità di acquisizione del significato degli avverbi “prima” e “dopo”, in bambini dei 3 ai 5 anni. Dai risultati, si evince che le maggiori difficoltà di comprensione emergono per le situazioni presentate con un ordine cronologico rovesciato in cui la strategia “order of mention”, utilizzata dai bambini, non trova corrispondenza immediata di significato. Si ipotizza quindi, attraverso sviluppi cognitivi e neuro-cognitivi, che lo stesso problema persista negli adulti, tranne quando c’è una forte relazione causale tra gli eventi: le espressioni in cui l’ordine degli eventi non è canonico, risultano più difficili (non impossibili) da comprendere, in quanto richiedono un maggiore sforzo cognitivo (Mandler, 1986; Münte et al., 1998). Pertanto, la comprensione del testo è generalmente compromessa quando l’ordine narrativo non corrisponde all’ordine cronologico o causale degli eventi (Ohtsuka & Brewer , 1992) .

Così, la ricerca sui binomi e sui modelli situazionali concorda sul fatto che l’ordine in cui le parole vengono disposte, fornisce informazioni sui collegamenti temporali e causali tra gli eventi. Tuttavia l’ordinamento temporale non implica necessariamente relazioni causali, è solamente una condizione preliminare per il ragionamento causale, che può spiegare perché alcune inferenze temporali e causali, spesso, vanno di pari passo.

 

 

 

 

 

© Ordine di presentazione di variabili causa e effetto e la percezione dei rischi in ambito della salute – Dr.ssa Alice Spollon