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Psicologia della comunicazione persuasiva: Introduzione

Introduzione 

Racchiuse in queste parole di Packard, al tempo insegnante di giornalismo all’Università di New York, vi era il pensiero di tutta un’epoca, quella a cavallo degli anni cinquanta, nella quale soprattutto la pubblicità che si proponeva di influenzare il comportamento dei cittadini, veniva usata in molti campi e presentava una grande varietà di tecniche ingegnose.  

Con il passare degli anni e dei decenni, la pubblicità ha continuato, ovviamente, ad avere il medesimo scopo. Quello che e’ cambiato, ed e’ evoluto ad altissimi livelli, e’ il ruolo che essa possiede nella società di oggi. E’ l’evolversi del sua invisibile persuasione, delle tecniche e tattiche sempre meno osservabili e sempre più influenzabili, a renderla una delle leve più importanti, complesse ed usate del marketing odierno.

Qualunque azienda, grande o piccola che sia, deve necessariamente affrontare ed affidarsi a questa politica, nata in tempi lontani. Anche gli antichi fenici erano soliti lasciare grandi scritte sulle rocce che sovrastavano le strade commerciali.

Da qui sono state rinvenute altre forme primordiali di pubblicità, fino ad arrivare ad una data storica; il primo annuncio pubblicitario stampato in lingua inglese del 1473[1]. Questi cenni storici, danno un’idea delle lontane origini della pubblicità e dell’importanza che essa ha sempre rivestito a prescindere dai modelli economici oggi esistenti.

Chiunque infatti, consapevolmente o meno, sfodera questa politica per raggiungere i propri scopi; sotto questo profilo, la pubblicità potrebbe essere definita un’arma psicologica a vari livelli, utilizzata da ognuno di noi.

Nell’uso comune non si parlo’ di pubblicità fino all’inizio del Novecento, quando il termine propaganda venne utilizzato per descrivere le tattiche di persuasione impiegate durante la prima guerra mondiale e quelle utilizzate in seguito dai regimi totalitari.

Propaganda fu definita originariamente la disseminazione di idee e opinioni di parte, spesso attraverso il ricorso a menzogne e inganni, ma quando si inizio’ a studiare l’argomento in maggiore dettaglio, molti si accorsero che la propaganda non era prerogativa dei regimi “malvagi” e totalitari, e che spesso essa non si riduceva soltanto a ingegnosi inganni.

La parola si e’ dunque evoluta fino a significare “suggestione” o “influenza” sulle masse attraverso la manipolazione di simboli e della psicologia dell’individuo.

La propaganda comporta l’abile uso di immagini, slogan e simboli che sfruttano i nostri pregiudizi e le nostre emozioni; e’ la comunicazione di un particolare punto di vista, con l’obiettivo di indurre il destinatario del messaggio ad accettare “volontariamente” questa posizione come se fosse la propria[2].

L’evoluzione della propaganda ha avuto il suo culmine con la diffusione della pubblicità. La fondamentale importanza che essa riveste nel mondo d’oggi, ha contribuito alle accuse di alcuni studiosi, definendola la causa della perdita della “sovranità” del consumatore.

Con questo esordio, si vuole intraprendere una strada ben precisa che analizza l’agire della pubblicità sui consumatori, ma soprattutto si tenterà di capire la dinamica delle strategie persuasive sulla psicologia dell’individuo.

Quindi, accanto al ruolo, assegnato alla pubblicità, di “manipolatrice” dei consumatori, si affianca quello di “illuminatrice” degli stessi, dal momento che viene definita come “la grande autrice del mercato moderno”, mettendo a disposizione dei consumatori un mercato in cui vi è massima libertà di scelta tra i prodotti e servizi concorrenti[3].

Negli ultimi sessant’anni molti psicologi sociali hanno studiato usi ed abusi quotidiani della persuasione, e hanno condotto migliaia di esperimenti per verificare le innumerevoli ipotesi sugli effetti di tale tipo di comunicazione. In questo modo e’ stato possibile individuare le tecniche di persuasione più efficaci e comprendere cosa rende persuasivo un messaggio.

In questo lavoro ho cercato di analizzare il modo in cui le dinamiche della comunicazione persuasiva si mettano in pratica nella realtà di tutti i giorni, attraverso una leva, apparentemente semplicissima – la pubblicità.

Sono partita dal processo della comunicazione, predisposizione fondamentale per la costruzione del messaggio, attraversando il campo della pubblicità, come contesto privilegiato in cui questa forma di comunicazione si realizza, per arrivare, infine, all’arte della persuasione vera e propria, analizzandone gli strumenti, le strategie e le dinamiche.

 


© Psicologia della comunicazione persuasiva – Dott.ssa Romina Sinosich


 

[1] L’enciclopedia, La biblioteca di Repubblica, L’Espresso S.p.A., Divisione La Repubblica, 2003, vol. 16, pp. 681-682

[2] Una discussione sulla natura della propaganda e della persuasione in una democrazia e’ in

A.R. Pratkins e M.E. Turner, Persuasion and Democracy, 1996, pp. 187-205

[3] Lazzeri G. Aspetti qualitativi e quantitativi della pubblicità; conseguenze sui

consumatori e loro autotutela, in La pubblicità e il sistema dell’informazione, ERI, Torino 1984


La Comunicazione persuasiva: Conclusioni

La Comunicazione persuasiva: Conclusioni

Il presente contributo nasce dall’interesse, teorico e applicativo, verso gli elementi che definiscono la relazione tra la comunicazione persuasiva, la scelta e l’utilizzo delle metafore.

Al fine di verificare il ruolo di questo strumento comunicativo e cognitivo nella comunicazione quotidiana, è parso infatti necessario introdurre nell’analisi del tema un argomento familiare a tutti, qualela noia.

In particolare ci si è focalizzati sugli sviluppi applicativi della stessa nei processi educativi infantili.

Se da un lato si evidenzia come la metafora viene utilizzata in modo coerente con le teorie di Lakoff e Johnson (1980), secondo cui è strumento d’eccellenza nel rendere comprensibile e concreto un concetto astratto, dall’altro si evidenzia come il suo utilizzo e la sua scelta, in alternativa al corrispondente letterario, sono congrui agli schemi cognitivi attivati nelle diverse situazioni comunicazionali in cui un individuo si può ritrovare nel momento in cui interagisce nel contesto sociale in cui vive.

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© Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva – Alice Spollon

La comunicazione persuasiva: Discussione

La comunicazione persuasiva: Discussione

I risultati della ricerca confermano in modo chiaro le ipotesi del presente studio: la scelta e l’utilizzo delle metafore è propedeutico al fine della comunicazione persuasiva. In altri termini, il messaggio inviato dalla fonte influenza l’atteggiamento specifico adottato dal ricevente. La scelta dei corrispondenti letterali invece, risulta essere propedeutica ad una comunicazione informativa la quale, non avendo lo scopo di persuadere il ricevente, orienta la scelta dei partecipanti verso un linguaggio più oggettivo e dunque privo di metafore.

Dai risultati ottenuti si può quindi rilevare come il campione, impegnato in una comunicazione persuasiva che chiede di rivolgersi ad un interlocutore immaginario influenzando in lui un atteggiamento specifico, prediliga l’utilizzo della metafora piuttosto al corrispondente letterario.

Tale risultato è evidente in entrambe le variabili dipendenti di scelta e di utilizzo del linguaggio. La metafora infatti implica un’economia linguistica e cognitiva utile nella comunicazione quotidiana,  rendendola diretta ed efficace. La stessa inoltre trascende la pura finalità di trasmissione delle informazioni descrittive contenute nel messaggio, entrando in una sfera più sociale che individuale.

A differenza della comunicazione informativa quella persuasiva consente di creare un legame empatico tra gli interlocutori, determinando una maggiore efficacia nell’influenzare atteggiamenti specifici nel ricevente. Attraverso la metafora infatti vengono create immagini aventi un universo semantico condiviso. Esse si adattano meglio alle esperienze individuali influenzando così gli atteggiamenti del ricevente.

Nella comunicazione persuasiva dunque l’utilizzo delle metafore consente di far leva sul piano emozionale in modo del tutto personale, in quanto ognuno attribuirà un significato preciso e parzialmente diverso al concetto espresso. Nell’esercizio di scelta multipla l’elevato indice di affidabilità dimostra appunto la coerenza della scelta del completamento in funzione dello scopo della comunicazione. I partecipanti intenzionati a informare l’interlocutore mantenendo un atteggiamento il più possibile oggettivo, scelgono per la maggior parte i corrispondenti letterali che, a differenza delle metafore capaci di orientare l’opinione del lettore, implicano elementi meramente descrittivi.

Nella produzione scritta l’utilizzo coerente della metafora è particolarmente evidente in associazione al tema astratto della noia. Quest’ultimo infatti suggerisce maggiormente la creazione di immagini semantiche rispetto a concetti più concreti e oggettivati come la stimolazione. Nel definire la noia i partecipanti hanno utilizzato metafore come quella del “circolo vizioso”, che richiama un senso incessante di monotonia senza soluzione di continuità.

La noia, nella sua accezione negativa, è associata ad un “appiattimento del cervello” che tende ad “andare in stand-by” inibendo la creatività, una volta calato il livello di attenzione. In alcuni casi i partecipanti hanno distinto tra gli effetti della noia infantile e quella adulta. Nel primo caso essa può portare il bambino alla creatività, spinto dal desiderio di vincerla. Nel secondo caso invece la noia è esclusivamente intesa in termini negativi di assopimento o addirittura di morte cerebrale. Nella sua accezione positiva invece viene valutata come antecedente causale della creatività. L’implicita capacità di “portare alla luce” elementi inconsci proponendoli in una nuova forma, garantisce l’unicità del pensiero prodotto. Viene quindi fatto maggiore riferimento, in questo caso, all’attivazione di schemi di pensiero nuovi che mettono in risalto ragionamenti creativi conseguenti l’aumento dell’attenzione. Sono riportate di seguito le risposte più significative, tenendo in considerazione che 6 partecipanti, su 140 intervistati, non hanno riportato risposte coerenti con la consegna proposta:

“…nei momenti di noia il nostro cervello si “addormenta” entrando in un circolo vizioso…”

“…la noia porta con sé altra noia…”

“…la noia è qualcosa che paralizza la nostra mente inibendo qualsiasi spunto creativo. È una sensazione di “calma piatta”, di “bonaccia” in cui viene a mancare il vento della creatività.”

“…la noia assopisce le persone, quando siamo annoiati entriamo in un tunnel sempre più buio, ma ad un certo punto la noia può diventare illuminante. Cerchiamo di vincerla in modo involontario riflettendo e così, spesso, nascono idee geniali.”

“…la noia è come una tela bianca per un pittore in cui vi può essere un “blocco creativo” o un punto di partenza per un’opera incredibile.”

“la noia è paragonabile all’assenza di luce. L’occhio non riesce ad identificare gli oggetti che lo circondano, se presenti, e nemmeno a farci realizzare che non ci sono. L’attenzione e la curiosità sono paragonabili alla luminosità: se anche la luce è fioca, sarà possibile identificare delle forme e, soprattutto, scoprire dov’è la sorgente di luce per vedere in modo chiaro.”

Viene così ad evidenziarsi il motivo della scelta del tema della noia.

Si tratta di una preferenza guidata dalla caratteristica principale di astrattezza che ha permesso di analizzare l’associazione di metafore al tema. Il confronto con la soluzione opposta di stimolazione costante della mente, la quale essendo più concreta e più facilmente associabile ad oggetti o esperienze facilmente rappresentabili e riconoscibili nella quotidianità, ha portato all’evidente distinzione nell’utilizzo dei riferimenti metaforici.

Un secondo criterio guida è stato la caratteristica di ambiguità intrinseca nelle sue applicazioni nei processi educativi infantili. Il presente tema, infatti, è argomento molto discusso in riferimento allo sviluppo della creatività dei bambini.

Per alcuni la creatività si origina in momenti di noia e solitudine, in cui il bambino ha la possibilità di rielaborare i pensieri inconsci portandoli all’attenzione con contributi personali unici. Per altri invece la noia corrisponde solo alla bassa attivazione dei processi cognitivi che conduce ad un sentimento di monotonia e inibisce la creatività. Per chi si affianca a quest’ultima interpretazione è necessario mantenere alta l’attenzione nei bambini, sottoponendoli a continui giochi ed esercizi, al fine di favorire uno sviluppo creativo produttivo.

Il tema tuttavia non poteva essere proposto ad un campione con figli, in quanto la loro vicinanza al tema e la necessità di prendere decisioni a riguardo in riferimento alle esperienze passate con i propri bambini avrebbe condizionato le loro risposte in modo consistente.

 

© Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva – Alice Spollon

La comunicazione persuasiva

LA COMUNICAZIONE PERSUASIVA

 

Come anticipato nel precedente paragrafo, per la tradizione classica ogni metafora si basa su somiglianze obiettive preesistenti tra due domini semantici differenti. Ne consegue che l’esito della metafora è sempre prevedibile. Diversamente, la linguistica cognitiva giustifica la metafora alla luce di correlazioni di matrice esperienziale, biologiche o culturali. Ne consegue che la metafora è motivabile solo a posteriori e se esistono infiniti pattern esperienziali, allora qualsiasi metafora è possibile. Implicazioni pratiche sono visibili laddove la consistenza semantica di una metafora perde il suo valore in riferimento a culture e lingue diverse.

In considerazione del fatto che le metafore dunque non rappresentano entità stabili, ma dotate di alta variabilità, allora mediante la “strategia di trasferimento metaforica” è possibile manipolare percezioni e motivazioni intorno ad un concetto, influenzare le relative informazioni, in conclusione modificare la metafora risultante.

Con una serie di cinque esperimenti, Thibodeau e Boroditsky (2011) analizzano le modalità più diffuse tra le persone per risolvere i problemi sociali relativi al crimine ed elaborare decisioni consapevoli, previo raggruppamento delle informazioni a disposizione.  Nel primo esperimento è stato dato ai partecipanti un rapporto sulle percentuali  in aumento dei crimini  avvenuti nella città di Addison, ed è stato chiesto loro di proporre una soluzione. Per la metà dei partecipanti, il crimine fu descritto metaforicamente come una bestia che preda su Addison, e per l’altra metà come un virus che infetta Addison. Il resto del rapporto conteneva statistiche sui delitti che erano identiche per entrambe le condizioni sperimentali. Secondo i risultati le metafore influenzarono sistematicamente il modo in cui le persone proposero di risolvere il problema dei crimini ad Addison.

Quando il crimine fu metaforicamente etichettato come un virus, i partecipanti proposero di investigare la radice del problema e di trattare il problema attraverso una riforma sociale per invitare la comunità ad affrontare la povertà e a migliorare l’istruzione. Quando il crimine fu metaforicamente etichettato come una bestia, i partecipanti proposero di catturare i criminali, di incarcerarli e di decretare leggi di più aspre.Gli autori si focalizzano in particolare sul mancato riconoscimento da parte delle persone, dell’influenza esercitata delle metafore utilizzate.

Bowdle e Gentner (1994) trovano una possibile spiegazione nel fatto che le metafore vengano percepite come analogie o allineamenti strutturali e sul momento in cui avviene tale riconoscimento. Le persone infatti tendono a raggruppare singole rappresentazioni di problemi complessi come il crimine, invece di creare un’unica rappresentazione integrata. Le singole rappresentazioni forniscono al ragionamento una maggiore dinamicità e flessibilità che facilita la presa di decisione.

 

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La Metafora Aspetti teorici

ASPETTI TEORICI

LA METAFORA

A partire da Aristotele la metafora viene considerata dalla tradizione classica uno strumento linguistico, a scopo decorativo (Davidson, 1978; Rorty, 1989; Searle, 1979), utilizzato per comunicare. Il filosofo greco, infatti, sottolinea la capacità di questo artefatto di mettere a confronto elementi distinti che, nella retorica parlata, vengono percepiti dall’ascoltatore come simili.

I termini paragonati condividono, secondo la teoria tradizionale, somiglianze obiettive preesistenti per cui è possibile prevedere l’esito della metafora.

“..Le metafore mettono la cosa sotto gli occhi (tõ poieîn tò prãgma pròommátôn). Questo mettere sotto gli occhi torna varie altre volte nel testo e Aristotele sembra insistervi con convinzione: la metafora non è solo un trasferimento, ma è un trasferimento che è una evidenza immediata – ma evidentemente non consueta, inattesa – grazie alla quale si vedono le cose mentre agiscono (1410b 34), le cose in atto, energoûnta.”
Umberto Eco(2004), Aspetti conoscitivi della metafora in Aristotele.

Riconosciuto quindi, in quest’ultima, uno strumento di comunicazione che oggettivizza concetti astratti, che rende elementi dissimili più simili tra loro e che toglie oggettività all’informazione contenuta (Hobbes, 1651 & 1962; Locke, 1689 & 1997), se ne evidenzia l’implicita possibilità di influenzare atteggiamenti e comportamenti e un conseguente ruolo nella comunicazione persuasiva.

I filosofi del simbolismo umano sono tra i primi a individuare nella metafora un valido strumento per rendere concetti astratti agevoli e fruibili (Arendt, 1977; Cassirer, 1946; Jaynes, 1976; Langer 1979), fornendoli di un fondamento concreto. Ribattezzata dai cognitivisti “metafora concettuale” (Gobbs, 2006; Kövecses, 2002; Lakoff e Johnson, 1980), essa designa una corrispondenza tra elementi semanticamente coerenti all’interno delle strutture dei domini di fonte e di obiettivo. In linea con il principio di invarianza (Lakoff e Turner, 1989; Lakoff, 1993), tale corrispondenza include solo gli elementi del dominio di fonte semanticamente inerenti al dominio di obiettivo. In altri termini, si tratta di una proiezione di parte del contenuto semantico di un concetto astratto (source domain) in uno più concreto (target), ossia un mapping ontologico unidirezionale.

Il valore epistemologico di tale operazione modera l’incertezza interpretativa (Williams e Bargh, 2008), favorendo la comprensione ed organizzazione del mondo circostante (Keefer, Landau, Sullivan & Rothschild, 2011). A seguito di un meccanismo conoscitivo che plasma il pensiero sociale e gli atteggiamenti delle persone, risulta quindi che la metafora facilita l’attribuzione di senso a idee, eventi e comportamenti. A questo proposito, i risultati di alcuni studi di Lakoff e Johnson (1980) rappresentano un valido esempio, per quanto riguarda le metafore di percorso. Le persone tendono a disporre gli eventi della propria vita passata lungo una linea immaginaria, al cui capo finale si colloca il concetto di sé attuale. Questa operazione di organizzazione mnestica è tanto più probabile quando la coerenza tra passato e presente è scarsa. Infatti, la struttura metaforica del passato riduce l’incertezza circa l’identità personale.

Kövecses (2002) classifica la metafora secondo quattro criteri: la convenzionalità si riferisce all’uso quotidiano mentre la funzionalità allo scopo concettuale, la natura definisce il fondamento empirico o esperienziale, la generalità si contrappone alla specificità. Nello specifico, il livello di convenzionalità è determinato dal grado di saturazione della metafora nel linguaggio corrente.  Quanto più l’uso di una determinata metafora è reiterato nel tempo, tanto più diviene patrimonio dell’idioma di riferimento, tanto meno è riconoscibile nel linguaggio corrente.

In relazione alla maggiore o minore complessità del mapping, la funzionalità definisce tre tipi di metafora: strutturale, ontologica, di orientamento. La prima implica una corrispondenza la cui complessità strutturale è maggiore rispetto al dominio di obiettivo. Sono metafore ricche di contenuto informativo, che forniscono indicazioni circa qualità, dimensioni, rapporti (e altro ancora) del target. La metafora ontologica viene usata per dare una base più concreta ad un concetto astratto, senza comunque specificarlo. Infine la metafora di orientamento, detta anche “di coerenza”, assegna appunto coerenza spaziale alla corrispondenza. In riferimento a ciò, le associazioni metaforiche tra valenza e verticalità di Meier e Robinson (2004) supportano le analisi linguistiche di Lakoff & Johnson (1980). Le metafore di verticalità si combinino con la valenza positiva-negativa attribuita dalle persone ai concetti, localizzando ciò che è positivo in alto e il negativo in basso.  Vedi figura1.

Le metafore possono avere una natura logica (o proposizionale) oppure visiva. Nel primo caso la complessità strutturale della corrispondenza, ricca di informazione, si basa su una conoscenza specifica ed è conoscitiva. La metafora di natura visiva invece è determinata da una struttura ricorrente nei processi cognitivi, detta “schema immagine” (Johnson, 1987). Si tratta di strutture semplici da cui non derivano corrispondenze ricche di informazione, a differenza delle one-shot image metaphors, il cui uso in situazioni specifiche contrasta con quello quotidiano delle prime.

Infine la generalità è funzionale a operazioni particolari: interiorizzare un proverbio e applicarlo nella vita concreta o creare personificazioni (Vito, 2008).

In ultima analisi, le metafore sono ulteriormente promosse da quelli che la psicologia cognitiva chiama schemi, mentre restano distinte dalle metonimie. Gli schemi cui le persone si affidano per interpretare e valutare l’ambiente circostante, gli eventi e il proprio pensiero, sono accessibili alla coscienza (Banaji, Hardin & Rothman, 1993; Devine, 1989; Dunning & Sherman, 1997; Fazio, Jackson, Dunton & Williams, 1995; Dio, Ross & Lepper 1979). Tuttavia quando i concetti sono troppo astratti e difficili da organizzare, l’uso congiunto di metafore facilita ulteriormente l’organizzazione del pensiero (Vitto, 2008).

La differenza principale tra metafora e metonimia sta nella relazione tra gli elementi della struttura concettuale creata: mentre per la prima si tratta di corrispondenza, per la seconda è una questione di contiguità(Radden & Kövecses, 1999). La metonimia, infatti, consiste in un processo cognitivo in cui un concetto detto “veicolo” favorisce l’accesso mentale ad un altro concetto, il target. Ne consegue, la metonimia agisce all’interno di uno stesso dominio, detto Modello Cognitivo Idealizzato, ICM (Kövecses, 2002), mentre la metafora realizza una corrispondenza tra due domini semantici distinti.

Nelle metafore quotidiane più utilizzate sono presenti termini dell’astronautica, dell’aeronautica e della navigazione marittima come abbordare, imbarcarsi, sbarcare.  Tra le metafore quotidiane più ricorrenti troviamo associazioni tra contesti come l’amore, il viaggio e la guerra (Lakoff, Johnson, 1980):  “L’amore è un viaggio”.

Nella metonimia invece si utilizza spesso un nome al posto di un altro come, per esempio, quando si fa riferimento all’abito per definire la persona: “Le camicie rosse”; o al contenente per esprimere il contenuto: “Beviamo un bicchiere”

 

© Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva – Alice Spollon

Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva. Introduzione

Metaforicamente parlando.

Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva.

Introduzione

Le metafore, la loro natura, le loro caratteristiche e il loro ruolo nella comunicazione sono stati per secoli oggetto di riflessione, e lo sono ancora oggi. A partire dall’antica Grecia, discipline quali retorica e filosofia, seguite da studi di linguistica, psicologia, sociologia, antropologia e altro hanno analizzato ed elaborato distinti modelli teorici. Alla metafora come evento linguistico descritta dalla tradizione classica, la prospettiva cognitiva e strumentalista oppone la metafora concettuale, capace di rendere i concetti più astratti agevoli e fruibili.

Di seguito è presentata l’evoluzione storica delle diverse concezioni elaborate intorno alle metafore e al loro ruolo nella comunicazione persuasiva. Il presente studio si concentra prevalentemente sull’ipotetico potere persuasivo della metafora nella comunicazione quotidiana e sul conseguente atteggiamento mostrato dal destinatario. In concreto, si analizzano le scelte e le modalità attuate dai partecipanti a seconda dello scopo della comunicazione. Alcun riferimento viene sviluppato in merito alla sfera applicativa di propaganda, pubblicitaria o quant’altro.  Si procederà invece ad introdurre uno studio di ricerca mirato per lo più alla comunicazione quotidiana e all’atteggiamento mosso dalla dimensione persuasiva che la metafora sottende. Si andrà poi ad analizzare i comportamenti di scelta e di utilizzo che i partecipanti dello studio mettono in atto per soddisfare lo scopo della comunicazione attivato sperimentalmente.

L’intenzione è quindi quella di trasferire l’interesse sull’argomento da un piano pubblico e volto all’esplicita intenzione di influenzare il pubblico in vista di un’azione utilitaristica, ad un piano più privato, se così si può dire, legato maggiormente agli scambi di informazione propria del dialogo interpersonale tra interlocutori potenzialmente paritetici.

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Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva: Sommario

Metaforicamente parlando.

Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva.

Sommario

L’argomento attorno al quale si sviluppa questo studio di ricerca è il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva quotidiana. Lo scopo principale è quello di analizzare il potere persuasivo di tale strumento linguistico e l’influenza da esso  esercitata sul ricevente.

Facendo riferimento ad argomenti e a situazioni che riguardano la sfera quotidiana della comunicazione tra interlocutori paritetici, si vuole andare ad indagare quale sia la scelta e l’utilizzo della metafora, da parte dell’attore, in relazione all’obiettivo  della comunicazione.

Sulla base di un excursus storico e teorico che evidenzia le diverse concezioni sull’argomento, è stata posta maggiore attenzione al pensiero di   Lakoff e Johnson (1980) sulle quali è stato costruito il materiale utilizzato per lo sviluppo della ricerca.

Lo strumento utilizzato è stato un questionario, costruito ad hoc, da utilizzare in un disegno di tipo between subject.

Attraverso tale metodo è stato proposto lo stesso contenuto ad un campione di 140 partecipanti, selezionato in aree geografiche di convenienza, facendo però  variare il contesto comunicativo di riferimento.

Dalle analisi dei dati raccolti è emerso ciò che viene presentato nelle ipotesi.

È stata  infatti dimostrata con evidenza la coerenza tra la scelta del linguaggio e il tipo di comunicazione a cui si fa riferimento.

Le caratteristiche della comunicazione persuasiva, contrapposte a quelle della comunicazione informativa, rendono salienti schemi cognitivi che sono finalizzati all’attivazione di atteggiamenti specifici nell’interlocutore.

La scelta della metafora risulta così  necessaria in vista del suddetto obiettivo relazionale.

© Metaforicamente parlando. Il ruolo della metafora nella comunicazione persuasiva – Alice Spollon