Strategie di coping ed effetti sul burnout negli insegnanti

Strategie di coping ed effetti sul burnout negli insegnanti

 

“In una recente rassegna, Guglielmi e Tatrow (1999) hanno sottolineato che la mancanza di un solido quadro teorico di riferimento costituisce la principale debolezza della maggior parte delle indagini empiriche sullo stress degli insegnanti. Uno dei modelli teorici più conosciuti nel campo dello stress lavorativo i1 e modello domanda-controllo (D-C) proposto da Karasek (1979). Il modello si basa su due concetti chiave: la domanda lavorativa (job demands: ovvero l’insieme degli stressor psicologici come il carico lavorativo e l’intensa pressione temporale) e il controllo lavorativo (la quantità di potere discrezionale che un soggetto può esercitare sul proprio lavoro). La diversa combinazione della domanda e del controllo dà luogo a due categorie lavorative che hanno suscitato l’interesse di molti psicologi del lavoro:

  1. lavori caratterizzati da una combinazione di alte richieste lavorative (high job demands) e basso controllo (low control), in grado di produrre stress psicologico e fisico (“high strain jobs”);
  2. lavori le cui caratteristiche sono una contemporanea alta domanda e un alto controllo (high demands and high control), cosiddetti attivi (“active jobs”) in grado di generare alti livelli di benessere e di crescita personale.

Un aspetto cruciale della teoria riguarda il tipo di relazione (additiva – Strain hypothesis – 0 interattiva – Buffer hypothesis -) che intercorre tra le variabili del modello.

Nell’articolo originario Karasek afferma che il benessere psicofisico può essere predetto dalla relazione sinergica della domanda con il controllo, in modo tale che una loro combinazione sia in grado di produrre un effetto più nocivo dei semplici effetti additivi. La considerevole mole di ricerche volta alla dimostrazione dell’effetto interattivo e giustificata anche dalla portata applicativa di tale effetto. Come e stato ampiamente sottolineato (Parkes, 1991; Van der Doef e Maes, 1998), se fosse provata l’ipotesi interattiva, si potrebbero progettare interventi finalizzati ad aumentare il solo controllo; simile strategia sarebbe però meno efficace se invece fosse dimostrata l’ipotesi additiva. In questi anni numerose indagini empiriche hanno avuto come cornice teorica il modello domanda/controllo di Karasek, evidenziando nell’insieme risultati inconclusivi e contrastanti. Sebbene vi siano state conferme empiriche in studi di carattere epidemiologico, che consideravano principalmente come variabili dipendenti i disturbi cardio e cerebro-vascolari (Karasek et al., 1988; Pollard e col1., 1996), altre indagini hanno riportato uno scarso supporto per l’ipotesi interattiva, mettendo in luce solo effetti additivi (Daniel e Guppy, 1994; Furda, 1995). Per quanto riguarda le cosiddette professioni d’aiuto, non sono molti gli studi che hanno considerato le dimensioni del modello D-C come variabili antecedenti e il burnout come variabile dipendente. Inoltre i risultati evidenziati sono abbastanza ambigui e contrastanti. Se da un lato Landsbergis (1988) e De Jonge et al. (1996) hanno trovato supporto per l’ipotesi interattiva, dall’altro Melamed et al. (1991) e de Rijk et al. (1998) hanno evidenziato soltanto effetti additivi. Tali discordanze vanno ricercate nei diversi punti critici di carattere teorico e metodologico mostrati in più occasioni. Innanzitutto, alcuni autori (Narayanan et al., 1999; van der Doef e Maes, 1999) hanno detto che le tradizionali scale di misura, utilizzate negli studi sullo stress lavorativo, non descrivono adeguatamente le situazioni e gli agenti stressanti specifici di ciascun lavoro, sottolineando la necessita di sviluppare misure specifiche per le diverse professioni. In secondo luogo, il fatto che inizialmente il modello trovi conferma in studi di carattere epidemiologico con vasti ed eterogenei campioni sembra dovuto all’ effetto spurio della variabile status socioeconomico, poiché in indagini basate su campioni più piccoli ed omogenei non ha mostrato analoghe conferme (Ganster, 1989). lnfine il modello è stato criticato da più parti per lo scarso rilievo dato alle differenze interindividuali circa la vulnerabilità agli stressors psicosociali (Kristensen, 1995). De Rijk et al. (1998), per esempio, in uno studio condotto su un gruppo di infermieri di terapia intensiva, hanno mostrato l’effetto interattivo delle strategie di coping orientate al compito con le variabili del modello D-C. Le assunzioni di Karasek sono state confermate solo dai soggetti caratterizzati da strategie di coping orientate al compito, poiché questi hanno rilevato punteggi più alti di esaurimento emotivo nella condizione di alto strain (alta domanda e basso controllo) rispetto alla condizione di alto apprendimento (alta domanda e alto potere discrezionale). Gli infermieri caratterizzati da basso coping orientato all’azione hanno mostrato in entrambi i casi alti valori di esaurimento emotivo. Il termine coping si riferisce all’ insieme degli sforzi volti a gestire, ridurre o tollerare le richieste poste dall’interazione con l’ambiente circostante (Cohen e Lazarus, 1973). Sebbene in letteratura sia stato identificato ed esplorato un ampio ventaglio di strategie di coping, possiamo comunque osservare una distinzione di base fra strategie e stili di coping focalizzati sul problema e stili di coping focalizzati sulla persona (Parker e Bndler, 1992). Le strategie di coping focalizzate sul problema (o compito) riguardano l’insieme dei tentativi, cognitivi e comportamentali, finalizzati alla risoluzione dello stressor, a minimizzarne gli effetti negativi o a riorganizzarlo cognitivamente. Il coping focalizzato sulla persona (o sulla gestione delle emozioni) concerne, invece, tutte quelle strategie orientate verso il se, come il rimuginare e il “sognare ad occhi aperti ” per tentare di dominare le reazioni emotive negative derivanti dagli stressor ambientali. Numerosi studi (Billing e Moos, 1981, Suls e Fletcher, 1985) hanno identificato una terza dimensione, definita evitamento, che indica il sottrarsi alla situazione stressante. Diverse ricerche hanno messo in luce gli effetti positivi delle strategie di coping focalizzate sul problema, e quelli negativi del coping orientato all’emozione, sul benessere psico-fisico (Higgins e Endler, 1995). Per quanto riguarda le strategie di coping orientate all’evitamento, ci troviamo di fronte a risultati decisamente contrastanti (Billing, Moos, 1981; Suls, Fletcher 1985).  […]” (Pisanti, Lucidi, Bertini, 2001)

Una volta riportato il preambolo teorico espresso da Pisanti e colleghi nel loro articolo (Pisanti, Lucidi e Bertini, 2001), si include di seguito lo studio condotti dagli Stessi. Nel loro lavoro (Pisanti, Lucidi e Bertini, 2001), il modello D-M è stato testato in un gruppo di docenti di scuola secondaria superiore, considerando il burnout come variabile dipendente. In aggiunta, lo studio si è proposto di esplorare gli stili individuali di coping (azione, emozione e evitamento), al fine di verificare se una loro inclusione fosse in grado di apportare miglioramenti al potere esplicativo del modello.

“Lo studio è stato condotto a Roma, alla fine dell’anno scolastico 1997-98, con l’adesione di sei istituti, diversi per il tipo di materie insegnate e per il livello socioeconomico degli studenti. Ai docenti (N = 480) è stata chiesta la partecipazione ad un’indagine, che si sarebbe svolta attraverso la compilazione di un questionario anonimo, da riporsi, una volta terminato, in un box post nella sala professori. Il gruppo finale era composto da 167 insegnanti (35% dei questionari distribuiti), la principale causa della ridotta adesione all’indagine e da attribuirsi alIa concomitanza con gli scrutini finali. I1 campione era composto da docenti per lo più di sesso femminile (N = 106) con un’eta media di 47,6 anni e con una anzianità media di servizio di 21 anni. È stato usato un questionario suddiviso in quattra sezioni: […]

  1. Caratteristiche socio-demografiche: il questionario conteneva domande relative al sesso, all’ eta, allo stato civile, all’anzianità di servizio, il tipo di materia insegnata e la quantità media di ore lavorative settimanali.
  2. Le dimensioni lavorative: i costrutti della Domanda e del ControlIo sono stati misurati con una traduzione italiana del Leiden Quality of Work Questionnaire for Teachers (Maes, van Der Doef, 1997), un questionario messo a punto per misurare le specifiche caratteristiche della situazione lavorativa dei docenti. I soggetti dovevano esprimere il proprio grado di accordo ai singoli items su una scala in formato Likert a 4 punti […]. Domanda lavorativa: viene valutata attraverso 16 affermazioni formulati sulla base delle seguenti sub-dimensioni: la pressione temporale (Es. “Mi manca il tempo per seguire individualmente gli alunni”); l’ambiguità di ruolo (“Nella mia scuola non e chiaro casa ci si aspetta da un’insegnante”); la qualità dell’interazione con gli studenti (“In questa scuola mantenere l’ordine e dura”). Controllo: viene valutata attraverso 12 items sottendenti le seguenti subdimensioni: la varietà del compito (Es. “Il mio lavoro comporta una varietà di compiti”); l’autorità decisionale (“All’intemo delle mie classi sono in grado di esercitare una certa influenza”); e la necessita di seguire corsi d ‘aggiornamento (“Il mio lavoro richiede che mi sottoponga a ulteriori corsi d’ aggiornamento”).
  3. Coping: per la misura del Coping è stata utilizzata la versione ridotta del Coping Inventory for Stressful Situations (CISS2; Endler, 1997). La scala è composta da 21 items rilevati su una scala Likert a 5 punti (1 = per niente; 5 = molto spesso). Tali affermazioni indicano la misura in cui i soggetti si impegnano in varie attivita quando devono far fronte a situazioni lavorative difficili e/o stressanti. Lo strumento considera tre dimensioni:
  • coping orientato al compito (7 items, “Mi concentro sul problema e cerco di risolverlo”);
  • coping orientato all’emozione (8 items, “Mi rimprovero di essermi messo in questa situazione”)
  • coping orientato all’orientamento (6 items), quest’ ultima dimensione è a sua volta composta da due sottoscale di 3 items ciascuna: distrazione (“Mi compro qualcosa”) e diversivo sociale (“Telefono a un amico”).

Burnout: la sindrome del burnout è stata valutata attraverso il Maslach Burnout Inventory (Maslach e coIl., 1996; Sirigatti e Stefanile, 1991). […]

La finalità del presente studio è stata quella di testare congiuntamente gli effetti di alcune dimensioni sociali e individuali suI burnout. Per raggiungere tale obiettivo è stato scelto un campione omogeneo di docenti di scuola secondaria superiore utilizzando uno strumento di misura appositamente costruito per misurare le caratteristiche lavorative degli insegnanti. Dai risultati sembra emergere una tendenza già ampiamente riscontrata in letteratura (Schreurs e Taris, 1998; Warr, 1990) le variabili indipendenti non mostrano un tipo di azione univoca ma si influenzano differentemente al variare dell’indicatore di burnout utilizzato come variabi1e dipendente. Per quanto riguarda I’ esaurimento emotivo i dati mostrano un’interazione significativa del1a domanda e del controllo, in linea con l’ipotesi “buffer” di Karasek, ulteriormente modu1ata dall’azione delle due strategie di coping non strumentali: emozione ed evitamento. […] I docenti che abitualmente affrontano i loro problemi lavorativi, preoccupandosi prioritariamente di gestire le proprie emozioni negative (coping orientato all’ emozione), evitando temporaneamente di fronteggiarli (coping orientato all’ evitamento), mostrano alti punteggi di esaurimento emotivo sia in condizione di alto strain (percezione di alta domanda e basso control1o) e sia in condizione di alto apprendimento (alta domanda e alto controllo). Sembra che al crescere dello stress, un’alta percezione di controllabilità non sempre è accompagnata da alti livelli di benessere e di crescita personale. A simili conclusioni erano giunti anche Vitaliano e colleghi (1990), i quali avevano rilevato che in condizioni di alto stress e alta percezione di controllabilità i soggetti caratterizzati da uno stile di coping tendente all’ emozione mostravano alti punteggi di depressione, uno stato psicologico molto simile all ‘esaurimento emotivo. Contrariamente allo studio di De Rijk, il coping orientato a1 compito non presenta alcun tipo di contributo significativo (né additivo nè interattivo) nella predizione dell’esaurimento emotivo. I motivi di tale divergenza possono essere ricercati nel diverso tipo di lavoro dei docenti di scuola secondaria rispetto a quello degli infermieri dei reparti di terapia intensiva considerati da De Rijk e colleghi: le restrizioni in termini di tempo, di potere decisionale e la frequenza di situazioni emotivamente stressogene sono sicuramente maggiori nella professione infermieristica. Per questo motivo gli infermieri caratterizzati da strategie di coping orientate all’ azione; hanno maggiori probabilità di sviluppare sintomatologie tipiche dell’impotenza appresa (Abramson, Seligman e Teasdale,1978). Per quanto riguarda la depersonalizzazione, le prime due equazioni di regressione mostrano significativi effetti principali sia delle variabili del modello D-C e sia delle strategie di coping orientate al compito e all’emozione, tutti nelle direzioni aspettate. Per quanto riguarda il coping orientato all’ evitamento i risultati dell’analisi della regressione mostrano un’interazione significativa tra le variabili domanda, control1o e coping orientato all’evitamento. Gli insegnanti caratterizzati da alto evitamento, a1 crescere della domanda e del controllo, tendono a percepirsi come più cinici e impersonali verso gli studenti rispetto ai colleghi con basso evitamento. Bisogna notare che la depersonalizzazione può essere considerata come una strategia di coping attuata dal docente per fare fronte all’esaurimento emotivo provocato dall’insegnamento (Maslaeh, 1993). Tale strategia è caratterizzata da una sorta di “ritiro psicologico” (Maslach, 1993) che potrebbe essere modulata dagli stili di coping orientati all’ evitamento. I risultati delle analisi della regressione multipla effettuate sulla variabile criterio realizzazione personale evidenziano considerevoli associazioni con i predittori controllo, strategie di coping orientate all’azione e all’emozione, e una debole relazione con la variabile domanda. I risultati, in linea con i precedenti studi (Cordes e Dougherty, 1993), evidenziano che i sentimenti di competenza, di produttività nel lavoro e di crescita personale si associano soprattutto con la percezione di un maggiore controllo lavorativo e con l’utilizzo di strategie di coping strumentali. La percezione di alti livelli di autonomia decisionale e di varietà del compito, unita alla sensazione di fronteggiare attivamente i problemi legati all’insegnamento, favoriscono la formazione e lo sviluppo di nuove competenze, la consapevolezza di essere efficaci nel proprio lavoro, nonché la sensazione di arricchimento personale e professionale. Nel complesso i risultati indicano che l’introduzione delle strategie individuali di coping migliora la valenza esplicativa del modello D-C. Infine bisogna notare che i differenti modelli di analisi della regressione, utilizzati nel presente studio per predire le differenti dimensioni del burnout, spiegano percentuali di varianza che oscillano tra il 12 e il 35. Tali valori, in linea con quelli ottenuti in altri studi (de Rijk et al., 1998; Parkes, 1991) appaiono abbastanza bassi. Bisogna sottolineare che l’origine dello stress è un fenomeno multicausale e diversi aspetti non sono stati presi in considerazione nel presente studio quali:

  1. stressors evidenziati in altri studi (Warr, 1994; van der Doef e Maes, 1999) come la percezione di prestigio sociale e il riconoscimento economico;
  2. comportamenti a rischio come fumare (Steptoe e Wardle, 1995);
  3. 1’interazione con gli stressor familiari (Travers e Cooper,1996);
  4. l’interazione con gli stressor ambientali (Seeber e Tregen, 1992);
  5. il ruolo del sostegno sociale (Cohen e Wills, 1985).

Quest’ultima variabile è stata riconosciuta dallo stesso Karasek (Karasek e Theorell, 1990) come ulteriore variabile moderatrice nella relazione stress-benessere.


© Il Burnout negli insegnanti – Federica Sapienza