Non chiamiamolo solo mobbing: Lo stress

Non chiamiamolo solo mobbing: Lo stress

Lo stress è ad oggi un termine comunemente utilizzato da tutti coloro che delineano uno stato di malessere psicofisico, descrizione che almeno in parte non è del tutto corretta.

 

Quando nel 1975 l’Organizzazione mondiale della Sanità chiese ad Hans Selye, quale esperto che cosa fosse lo stress, o sindrome generale di adattamento (SGA), egli disse che lo stress è definibile come una risposta generale aspecifica a qualsiasi richiesta proveniente dall’ambiente (Selye, 1974).

Non vi sono in queste parole alcun riferimento alla sua presunta e troppo spesso data per scontata nocività. La definizione si focalizza sul concetto di stress come risposta a stimoli. Una risposta adattiva è, quindi, in questo senso, necessaria alla sopravvivenza e all’adattamento all’ambiente di tutti gli esseri viventi.

Oltre al fatto che si tratta di un insieme di modificazioni generalizzate, attivabili in qualsiasi organismo biologico, in questa definizione di stress vanno sottolineati e decriptati in particolare i termini “aspecifico” e “qualsiasi”.

In questi due termini, infatti, sono contenuti i principi innovatori del modello della sindrome generale di adattamento di Selye.

Con il concetto di aspecificità l’autore mette in luce l’esistenza di un meccanismo complesso di risposta dell’organismo che elude la tradizionale visione deterministica che un effetto, una risposta biologica, sia sempre riconducibile ad una sola causa. Col termine qualsiasi Selye indica che stimoli pur diversi sono in grado di attivare una medesima risposta. Viene quindi enfatizzato il fatto che non sono solamente gli eventi straordinari a essere in grado di attivare una sindrome generale di adattamento, ma anche richieste ambientali ordinarie, se accentuate, sono potenzialmente in grado di attivare una risposta di stress (Favretto, 2005).

La conclusione è che lo stato di stress è uno stato fisiologico normale, che non può e non deve essere evitato.

A questo proposito Selye (1974) afferma che una persona esente da stress è priva di vita: lo stress è una condizione permanente dell’essere umano, pertanto non può essere evitato.

Secondo l’Accordo Europeo del 2004 , lo stress può essere così definito:

 

“…è una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di rispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro.

L’individuo è assolutamente in grado di sostenere un’esposizione di breve durata alla tensione, che può anche essere positiva, ma ha maggiori difficoltà a sostenere un’esposizione prolungata ad una pressione intensa.

 

Inoltre, individui diversi possono reagire differentemente a situazioni simili e lo stesso individuo può reagire diversamente di fronte a situazioni simili in momenti diversi della propria vita.

Lo stress non è una malattia ma una situazione di prolungata tensione può ridurre l’efficienza sul lavoro e può determinare un cattivo stato di salute.

 

Lo stress che ha origine fuori dall’ambito di lavoro può condurre a cambiamenti nel comportamento e ad una ridotta efficienza sul lavoro.  Non tutte le manifestazioni di stress sul lavoro possono essere considerate come stress lavoro-correlato. Lo stress lavoro-correlato può essere causato da fattori diversi come il contenuto del lavoro, l’eventuale inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione del lavoro e dell’ambiente di lavoro, carenze nella comunicazione, etc.”

 

Lo stress costituisce quindi in sintesi una sindrome generale di adattamento dell’organismo. Le forme di stress, come sottolineato da Selye (1974), possono assumere qualsiasi forma e non  avere specifiche cause, risalire quindi ai motivi per cui una persona dice di sentirsi stressata non è così semplice.

 

Può essere comunque utile ricordare che lo stress, sebbene associato troppo spesso a connotazioni negative, non è unicamente sintomo di uno stato psicofisico inadeguato. Un concetto ripreso da Falco (2012) in base a quanto determinato dagli studi di Selye (1970), è che se le strategie adottate consentono di rispondere efficacemente agli stressor, ristabilendo l’equilibrio con l’ambiente, si verifica una condizione di stress positivoeustress – caratterizzata da conseguenze positive di salute e benessere; se al contrario, le strategie di coping adottate falliscono nella loro azione si entra in una condizione di stress negativodistress – accompagnata da malessere, disagi fisici, psicologici e sociali.

È proprio a questa connotazione negativa dello stress che si riferiscono le preoccupazioni recepite a livello europeo, riferite all’Accordo Europeo del 2004, in riferimento allo stress lavoro-correlato.

Quest’ultima espressione, infatti, è rivolta soprattutto all’aspetto disfunzionale del fenomeno e alle conseguenze che esso può comportare per la persona e per le organizzazioni.

Oggi dunque è ampiamente riconosciuto che il fenomeno dello stress mette in relazione molteplici aspetti, quali gli eventi ambientali, la percezione soggettiva di tali eventi, le risorse e le caratteristiche individuali e l’attivazione di processi biochimici dell’organismo in grado di influenzare stati di salute diversi.

Analogamente, è condivisa nella comunità scientifica la definizione dello stress lavorativo come uno stato psicologico che fa parte e riflette un più ampio processo di interazione dinamica tra la persona e il proprio ambiente di lavoro.

 

 

 

 

 

“Il lavoro che (non) fa per te”. Il disagio nelle relazioni lavorative: un’indagine psicosociale sul territorio di Venezia –  © Maurizio Casanova