Modelli teorici di assenteismo e presentismo

Modelli teorici di assenteismo e presentismo

 

1. Il modello di Gary Johns (2010)

Johns (2010) elabora  un modello dinamico che tenta di mettere in luce gli aspetti che interagiscono sull’assenteismo e sul presentismo. La Figura 1 rappresenta il modello di Gary Johns (2010).

Figura 1. Fonte: Johns (2010)

Presupponendo una presenza lavorativa regolare, il modello fa entrare in campo un problema di salute, distinto in “acuto” (influenza), “episodico” (emicrania) o “cronico” (attacco di diabete) (Johns, 2010). La caratteristica del problema di salute determina il presentismo o l’assenteismo: per esempio, una forte influenza può determinare l’assenza dal lavoro, mentre i primi sintomi del diabete possono portare alla presenza del lavoratore.

Quando il problema di salute non è grave entra in gioco il fattore “contesto”: Nicholson (1977), a questo proposito, suggerisce un esempio molto esplicativo. Il mal di gola porterebbe un cantante all’assenteismo e un pianista al presentismo. In questo caso, quindi, il contesto è rappresentato dal tipo di lavoro svolto e influenza la decisione finale della persona.

Anche le caratteristiche personali influiscono sulla decisione tra assenteismo e presentismo. Se l’individuo sa di poter essere facilmente sostituito, saranno più probabili comportamenti assenteisti, mentre un’insicurezza lavorativa unita a politiche restrittive di presenza, lavoro in team e clienti dipendenti, fanno prevalere la scelta presentista (Johns, 2010). Il ruolo delle caratteristiche personali nella scelta è ancora poco esplorato dai ricercatori. Ci si potrebbe aspettare che un atteggiamento positivo verso il lavoro e una buona giustizia percepita favoriscano comportamenti presentisti, e che, al contrario, persone stressate, con un locus of control esterno e un’inclinazione alle assenze abbiano più facilmente comportamenti assenteisti (Johns, 2010). Il modello di Johns (2010) non prevede una vera e propria sequenza temporale dell’assenteismo e del presentismo ma si limita a mostrare quale sarebbero le possibili conseguenze nella scelta tra i due comportamenti: l’assenteismo può portare a un recupero (in termini di salute) dell’individuo, con conseguente ripresa della partecipazione impegnata e produttiva al lavoro; il presentismo può invece aggravare il problema di salute, portando l’individuo all’assenteismo. Ovviamente servono ulteriori ricerche che possano dimostrare questo collegamento.

Sia assenteismo sia presentismo hanno un forte impatto sulla produttività individuale, anche se al momento ci sono molte più ricerche sul primo fenomeno. Un individuo che opera in un’organizzazione con politiche restrittive sull’assenteismo sarà portato a recarsi al lavoro anche se malato, sentendosi obbligato e guidato da un sentimento di iniquità: la produttività individuale sarà minore rispetto a una persona con lo stesso problema di salute, ma con un’alta percezione di equità (Johns, 2010).

Un altro aspetto molto importante è l’interpretazione che danno i colleghi di lavoro e l’individuo stesso all’assenteismo e al presentismo (Johns, 2010). In uno studio, Johns (1994) osserva che l’assenteismo è considerato un comportamento leggermente deviante, anche se è visione comune che la malattia è una ragione legittima per le assenze (Johns & Xie, 1998). Per il presentismo le concezioni sono diverse: stare al lavoro nonostante la malattia indica un comportamento in linea con la cittadinanza organizzativa (Harvey & Nicholson, 1999), anche se le persone fanno fatica ad ammettere la diminuzione della produttività in questo caso (Johns, 1999).

Infine, avere comportamenti presentisti o assenteisti influisce anche sulla salute e sull’atteggiamento dell’individuo. Nel primo caso, avere comportamenti sempre presentisti può danneggiare la salute della persona, creando un circolo vizioso in cui si abbassa la produttività, aumenta l’assenteismo e la possibilità di disabilità (Johns, 2010). Nel secondo caso, dipendenti insicuri o insoddisfatti, sentendosi obbligati ad essere presenti anche quando non sono in salute, avranno una diminuzione della produttività e cederanno alle assenze (Johns, 2010).

2. Lo studio di Gosselin, Lemyre e Corneil (2013)

Le ricerche che hanno indagato il presentismo si sono concentrate sulla definizione del fenomeno e sui suoi determinanti: questo ha reso sempre più evidente la necessità di studiare il presentismo non in modo isolato ma correlato all’assenteismo. Si sono perciò susseguiti modelli comuni a presentismo e assenteismo, come quello di Johns (2010), che ne riflette le variabili intervenienti raggruppandole in antecedenti, conseguenze e moderatori che possono entrare in gioco.

Dal momento che non sono ancora chiare le cause che portino l’individuo malato a scegliere di rimanere a casa o di presentarsi al lavoro, Gosselin, Lemyre e Corneil (2013) conducono uno studio il cui scopo è quello di capire il legame dei problemi di salute, dei fattori individuali e organizzativi e degli indicatori demografici con il ricorso a comportamenti assenteisti o presentisti (nella Figura 2 il modello teorico).

Figura 2. Fonte: Gosselin, Lemyre e Corneil (2013)

La ricerca di Gosselin e colleghi (2013) ha coinvolto 3670 dirigenti nel servizio pubblico canadese. I risultati confermano la validità del modello di Johns (2010). È stato avvalorato il diverso impatto dei problemi di salute specifici sulla decisione assenteista o presentista. Come indicato anche da Johns (2010), alcune condizioni fisiche predispongono l’individuo verso il presentismo, altre verso l’assenteismo. Chi soffriva di allergie o di gastrite tendeva a recarsi ugualmente al lavoro, effetto diverso avevano invece problemi emozionali o legati a variazioni nella pressione sanguigna. Questo risultato può essere interpretato tenendo conto dell’impatto del processo decisionale e della valutazione che l’individuo può fare dell’eventuale presenza (evitabile o preferibile) (Gosselin et al., 2013), dal momento che il presentismo peggiora la salute (Demerouti et al, 2009) e spesso conduce all’assenteismo (Bergstrom et al., 2009).

Altro risultato riguarda l’effetto delle caratteristiche demografiche nella relazione con l’assenteismo e il presentismo: considerando che il campione include solo una categoria professionale, sono stati confermati i risultati ottenuti da Aronsson e colleghi (2000). Fatta eccezione per l’età, che correla positivamente con il comportamento presentista (Johns, 2011), le altre caratteristiche demografiche non incidono in nessuno dei due esiti.

Per quanto riguarda i fattori organizzativi, lo studio ha rivelato che alcuni elementi possono agire sia sui comportamenti presentisti sia su quelli assenteisti (Gosselin et al., 2013). In particolare dai risultati è emerso che avere molte responsabilità e uno scarso supporto da parte dei colleghi può contribuire al presentismo; le ore lavorate e l’importanza delle responsabilità individuali per l’organizzazione sembrano diminuire l’assenteismo (Gosselin et al., 2013).

I fattori individuali, invece, tendono a influenzare prevalentemente il presentismo. I risultati hanno mostrato che i partecipanti che soffrivano maggiormente di stress mostravano anche più comportamenti presentisti quando erano malati (Gosselin et al., 2013). L’interpretazione di Gosselin e colleghi (2013) risiede nell’effetto pressante dello stress sul presentismo, che però porta l’individuo ad essere più soggetto ad ammalarsi (poiché trascura il suo stato di salute).

Gosselin e colleghi (2013) dimostrano inoltre la correlazione significativa tra assenteismo e presentismo, come indicato anche dallo studio di Johns (2010). Considerando che questo studio ha rimarcato anche la similarità degli antecedenti di assenteismo e presentismo, gli autori suggeriscono di studiarli in parallelo per capire meglio anche la diversità degli esiti.

© Conflitto Lavoro Famiglia, Assenteismo e presentismo: il ruolo delle risorse lavorative – Mariarosaria Campitelli