L’assistenza del consulente psicologo: modalità operative

L’assistenza del consulente psicologo: modalità operative

Su autorizzazione dell’autrice Dott.ssa Chiara Vercellini, tratto da http://www.psicologiagiuridica.com/

Per quel che riguarda, invece, le modalità operative di tale mandato, sempre nel primo comma si può leggere che il difensore può avvalersi “delle forme e per le finalità stabilite nel titolo VI bis”.

Dalla lettura degli art. 391bis, 391ter, 391quater, 391 sexies e 391nonies, si desume che le attività investigative di indagine previste dal codice si concretizzino nell’assunzione di informazioni, nella richiesta di documentazione alla pubblica amministrazione, nella possibilità di accedere a luoghi anche se privati o non aperti al pubblico e di documentare l’attività di sopralluogo svolta, nella possibilità di formare la documentazione di atti ed accertamenti tecnici non ripetibili destinati a confluire nel fascicolo del dibattimento.

Le “forme” cui il legislatore si riferisce sono quelle previste per ogni attività, intese come le modalità di svolgimento definite per ciascuna delle attività tipizzate.

Ad esempio, se si vorrà procedere all’assunzione di informazioni, lo si dovrà fare nel rispetto delle prescrizi contenute nell’art. 391bis, per accedere in luoghi privati occorrerà procurarsi il consenso della persona che ne ha la disponibilità, ovvero un’autorizzazione del giudice, ecc.

È, comunque, ipotizzabile, che sia possibile che il difensore scelga modalità di esplicazione della propria attività investigativa anche al di fuori dei moduli stabiliti dal suddetto libro (e dunque, potrà svolgere pedinamenti, appostamenti, individuazioni di persone e cose ecc.) fermo il divieto alla coercizione della volontà privata e alla limitazione dei diritti inviolabili della persona (Bosco, 2005).

Gli elementi di prova a contenuto dichiarativo

È facilmente deducibile che l’atto investigativo tipico del difensore sia costituito dall’assunzione di informazioni.

L’avvocato, attraverso il conferimento con persone in grado di riferire sui fatti di causa, acquisisce notizie attraverso un colloquio non documentato (facoltà che sussiste anche per gli investigatori privati autorizzati e per i consulenti tecnici nominati dall’avvocato o dal sostituto).

Sono previste tre modalità per raccogliere le informazioni: il colloquio, la richiesta di dichiarazione scritta e la richiesta di informazioni da verbalizzare (art. 391bis).

Il colloquio costituisce un primo contatto informale con la persona da ascoltare. È un atto preliminare, i cui risultati non possono venire utilizzati in sede processuale.

Ha lo scopo di verificare quali circostanze la persona conosca, se essa sia credibile e se, eventualmente, sia necessario formalizzare il contenuto del colloquio con una richiesta di dichiarazione scritta o con un ascolto verbalizzato.

Il colloquio non viene vincolato ad un preciso contesto spaziale, tanto è che il Giudice per le indagini preliminari può autorizzare il difensore a comunicare anche con un soggetto detenuto, altresì se coimputato, previo avviso al suo difensore, e che il colloquio può essere svolto oralmente o essere documentato.

Sono, poi, stati previsti alcuni adempimenti essenziali per il difensore, sanzionati dall’inutilizzabilità del materiale raccolto in violazione di legge.

Si tratta di oneri informativi: sulla qualità di difensore e sullo scopo del colloquio, sulla possibilità di tacere o riferire per iscritto o di conferire oralmente (con o senza documentazione ), sul divieto di rivelare quanto eventualmente già chiesto dalla Polizia Giudiziaria. o dal PM e sulle responsabilità in caso di mendacio.

Inoltre, la persona informata dei fatti ha l’obbligo di dichiarare l’eventuale qualità di coindagato o coimputato, ma potrà avvalersi della garanzia ex art. 63 c.p.p., che dispone sugli interrogatori resi dinnanzi all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria.

Per fare in modo che il colloquio risulti credibile e affidabile e che l’atto sia compiuto scevro di inquinamenti probatori, vige il divieto all’indagato, all’offeso ed alle altre parti private di assistervi.

Infine, l’avvocato, o il sostituto, hanno l’obbligo di interrompere l’assunzione di informazioni nel momento in cui la persona, di cui all’assunzione, sia persona imputata o sottoposta ad indagini, ovvero emergano indizi di reità a suo carico.

In questo caso, le dichiarazioni eventualmente assunte non possono essere utilizzate contro colui che le ha rese, in quanto verrebbe violato il diritto di assistenza obbligatoria al difensore.

Se il colloquio informale ha permesso di venire a conoscenza di informazioni utili al proprio assistito, è possibile richiedere una dichiarazione scritta, che deve essere firmata dal dichiarante, deve essere autenticata dal difensore o da un suo sostituto e ad essa va allegata larelazione del legale.

Il difensore, per la redazione del verbale, può farsi assistere da persone di sua fiducia.

La seconda opzione è richiedere che la persona informata dei fatti sia formalmente ascoltata per rendere informazioni da inserire in un apposito documento (art. 391bis, comma 2).

Va però specificato che queste ultime due alternative sono possibili anche in assenza di colloquio informale, ma che possono essere compiute solamente dal difensore e dal suo sostituto, non dall’investigatore o dal consulente.

Questi, però, hanno la possibilità di assistere, in veste di ausiliari, alla redazione dei verbali.

L’utilizzazione della documentazione delle investigazioni difensive

Merita sicuramente anche un accenno il regime di utilizzo delle indagini difensive, sia come previsto dall’art. 391decies (Utilizzazione della documentazione delle investigazioni difensive), sia in riferimento ai principi generali del codice di procedura penale.

È evidente che il risultato delle indagini difensive arriverà a dibattimento solo a determinate condizioni e con specifiche modalità.

Nell’attuale processo penale la prova si forma in aula, nel contraddittorio fra le parti. I risultati delle indagini, quindi, entreranno nel processo solo in questo modo. E lo stesso vale anche per il materiale delle indagini difensive e delle indagini preventive.

Il fascicolo del difensore (art. 391octies), infatti, verrà integrato a quello del PM (art. 433 c.p.p.), salvo alcune ipotesi.

Di fatto, solo nel caso degli atti irripetibili le indagini del difensore potranno entrare nel fascicolo per il dibattimento (art. 431 c.p.p.), cioè il solo fascicolo di cui il giudice avrà cognizione nel processo.

Negli altri casi, gli atti di indagine sono utilizzabili ai sensi e nei limiti indicati dagli art. 500 c.p.p. (contestazioni nell’esame testimoniale) e 513 c.p.p. (lettura delle dichiarazioni rese all’imputato nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare).

 

 

 

 

 

© L’assistenza del consulente psicologo alle indagini difensive dell’avvocato: l’esame testimoniale – Dott.ssa Chiara Vercellini