Il messaggio persuasivo e la sua formulazione

Il messaggio persuasivo e la sua formulazione

 

 

Per essere persuasivo, un messaggio deve essere capito, e quindi, deve essere chiaro, ma non solo questo. Deve essere accattivante e attraente soprattutto per l’impatto visivo.

I responsabili del marketing, da circa un secolo, usano le confezioni per pilotare le decisioni dei consumatori, da quando, alla fine dell’Ottocento, la Quaker Oats cominciò ad inscatolare l’orzo macinato in un contenitore decorato dalla figura di un quacchero che avrebbe dovuto suggerire la purezza e la consistenza dei suoi cereali. Nel 1898, si rafforzò l’immagine di sano alimento per la colazione dei cereali, aggiungendo ad ogni scatola una copia dell’opuscolo The Road to Wellville, – “la strada per la città del benessere” – le vendite decollarono.  

Il disegno delle confezioni è uno stimolo cosi’ efficace che le marche generiche cercano di approfittarne facendo in modo che le loro confezioni – il colore delle etichette, la forma del contenitore – assomiglino alle marche nazionali più vendute.

Altre tecniche di stimolo usate per incoraggiare i consumatori sono il prezzo, l’immagine del negozio e la marca. Ciascuna di esse suggerisce la qualità del prodotto secondo regole proprie. Quanto più il prezzo è alto, tanto maggiore è la qualità. Può essere vero se si parla di Rolls Royce, ma non necessariamente nel caso dei vini, delle medicine o delle scarpe da ginnastica.

Lo stesso paio di jeans ha un aspetto migliore in un grande magazzino rinomato che nel mercato. Le marche conosciute a livello nazionale sono automaticamente ritenute superiori alle marche dei grandi magazzini e a quelle generiche.

Come il prodotto, anche le persone possono essere confezionate. Le prime informazioni che raccogliamo a proposito di una persona (sesso, età, attrattive fisiche, status sociale) sono, di solito associate a stereotipi che guidano il pensiero.

Le persone di elevata posizione sociale, individuate dall’abbigliamento o dalle maniere, sono a priori rispettate e stimate. Ugualmente, le persone di bell’aspetto sono ritenute di maggior successo, più sensibili, rispetto alle persone fisicamente meno attraenti.

Ritornando alla pubblicità, i pubblicitari John Caples e David Ogilvy sostengono che le pubblicità sono più efficaci quando contengono materiale abbondante e irresistibile, un messaggio lungo con molti argomenti[1].

È ovvio che un messaggio del genere è più efficace di un messaggio breve con argomenti deboli, quando però il messaggio viene letto. Secondo le ricerche della psicologia sociale, quando le persone non riflettono su una questione, i messaggi lunghi, indipendentemente dal fatto che contengano argomenti deboli o forti, sono i più persuasivi[2].

Un’altra tecnica di persuasione spesso impiegata consiste nel caricare un messaggio di simboli e clichè tecnici corretti, che informano il ricevente che il messaggio è accettabile e attendibile. Alcuni politici, ad esempio, appaiono spesso con la bandiera o invocano dio, come per dire: “la mia posizione è patriottica e religiosa, dunque merita di essere accettata”.

I segnali di stimolo, possono essere falsi. Ci sono poche ragioni per presumere che le immagini di marca e gli stereotipi abbiano qualche fondamento nei fatti. Un altro problema è che le tecniche di stimolo possono essere facilmente falsificate e manipolate.

Le scatole dei cereali possono essere ridisegnate in modo da avere un aspetto sempre più salutare, risate e applausi possono essere doppiati in una trasmissione, i politici possono essere allenati a trasudare manierismi accattivanti, le attrattive fisiche possono essere migliorate attraverso il trucco o la chirurgia. L’essenza della pubblicità è una confezione ben disegnata.

Nel mondo pubblicitario, i professionisti usano molti sistemi di persuasione. Un vecchio trucco è “Se non avete nulla da dire, cantatelo!” in altre parole, una moderata distrazione, (fornita da una canzone, da un’immagine), può ostacolare la formulazione di obiezioni e accentuare l’efficacia di un messaggio persuasivo.

La canzone fa sentire felice la gente, e spesso questa felicità in qualche modo potenzia l’efficacia del messaggio, attraverso pensieri positivi che vengono associati al prodotto. Altre volte, il motivo rimane in mente a ricordarci il nome del marchio. In altri casi, un motivo orecchiabile o l’invadenza dello spot può attirare la nostra attenzione su di esso in misura sufficiente a impedirci di cambiare canale, con il risultato minimo di ascoltare il messaggio pubblicitario.

Tuttavia, quando i pubblicitari dicono “Se non avete nulla da dire, cantatelo!”, di solito intendono dire che una canzone o una scena d’amore piccante o qualsiasi altro elemento irrilevante, può distrarci al punto da interrompere la naturale formazione di contro argomentazioni a un messaggio debole e incongruente[3].

Non tutti i pubblicitari però, sono d’accordo col detto “cantatelo!”. Nei consigli che indirizza ai colleghi pubblicitari, David Ogilvy88 chiama “artdirectorite” questo tipo di licenza creativa e invita i colleghi ad astenersene.

Recentemente i pubblicitari televisivi hanno introdotto una tecnica nuova e più sottile che può distrarre e disturbare l’elaborazione dei messaggi; la compressione dei tempi. Per risparmiare sui costi dei media, i pubblicitari possono comprimere uno spot televisivo di trenta secondi facendolo girare al 120% della sua velocità normale. Da un punto di vista psicologico, gli spot compressi sono più difficili da confutare.

Una serie di studi compiuti da Denny Moore, studioso di psicologia del consumatore, conferma la relazione tra compressione dei tempi, distrazione e persuasione. Scopri’ che i soggetti non erano altrettanto in grado di produrre obiezioni se messi di fronte ad un messaggio accelerato e che la compressione di un messaggio fatto di argomenti forti riduce la persuasione, mentre potenzia l’impatto persuasivo di un messaggio contenente argomenti deboli.

Sono in uso una varietà di tattiche per distrarre dall’elaborazione di un messaggio. Questa distrazione, se moderata, può condurre ad una maggiore persuasione[4].


[1] Pratkanis A, Aronson E, L’età della propaganda, Il Mulino 2003, pp.214

[2] Caples J, Tested advertising methods, Prentice Hall, 1974

[3] Pratkanis A, Aronson E, L’età della propaganda, Il Mulino 2003, pp. 247 88 Ogilvy, La pubblicità, pp. 88

[4] Fabi C, Marbach G, L’efficacia della pubblicità, ISEDI, Torino 2000, pp. 170

 

 


© Psicologia della comunicazione persuasiva – Dott.ssa Romina Sinosich