Il marketing tradizionale

Il marketing tradizionale

Il marketing si fonda su una delle componenti basilari per lo sviluppo di ogni essere umano ed animale: la comunicazione. Essa si basa su codici astratti, configurandosi classicamente come produzione di comportamenti, tra emittente e ricevente, finalizzati ad ottenere degli effetti, una retroazione all’informazione. L’agente traduce il proprio pensiero in una forma comportamentale verbale e non verbale, che sia efficace per la comprensione dell’interlocutore (processo di codifica), mentre quest’ultimo lo interpreta, attribuendole senso e significato (processo di decodifica). Il messaggio viene recepito tramite i canali comunicativi vocale-uditivo e cinestesico-visivo, ma spesso anche attraverso quello tattile ed olfattivo; il contesto è importante per la comprensione dell’informazione, in quanto le regole ambientali influenzano i comportamenti.

Alcuni studiosi si sono interrogati sull’intenzionalità del processo comunicativo, diffondendo una concezione strumentale della comunicazione, secondo cui questa si configurerebbe come una interazione in cui almeno uno dei partecipanti ha l’intenzione di indurre una risposta nell’altro. Nel 1975 Miller e Steinberg  si spingono ad affermare che l’intenzione di comunicare e quella di influenzare possono essere considerate sinonimi.

Gary Cronkhite, esperto di comunicazione persuasiva, afferma:

“E’ difficile immaginare una comunicazione che nonprovochi un cambiamento, per quanto minimo, nel comportamento valutativo o di accettazione-rifiuto […] E’ piuttosto difficile trovare degli esempi di comunicazioni “puramente informative” (perfino la constatazione che <<oggi piove>> può venir fatta con l’intenzione di persuadere l’altro a non uscire di casa) […]”.

La comunicazione persuasiva, volta all’induzione di un cambiamento della volontà altrui attraverso un trasferimento di credenze ed opinioni, ha radici antiche: su di essa erano basate le dissertazioni dei sofisti, di Lisia, nell’Attica del V secolo A.C., e quelle di Cicerone, nella Roma antica dei Cesari. Lo stesso Aristotele affronta il tema della comunicazione retorica, prendendo in considerazione le caratteristiche di fonte, messaggio e ricevente con l’obiettivo di delineare le migliori condizioni di efficacia argomentativa. All’epoca si riteneva che l’eloquentia fosse un potentissimo strumento per costruire realtà possibili e convincere. Tale approccio è stato tramandato di epoca in epoca sino ai giorni nostri: si è mantenuto subendo cambiamenti, evoluzioni ed approfondimenti.

Nel 1969 Cronkhite sosteneva (ed il suo pensiero è ancora valido) che il persuasore avesse il compito di analizzare i bisogni psicologici dei suoi ascoltatori, di trovare il modo di essere creduto ed apprezzato, oltre che di scoprire in quale modo i riceventi percepiscano le singole unità linguistiche. Oggi la persuasione è studiata, approcciata e sviluppata a diversi livelli e con inclinazioni differenti, a seconda che si tratti di reparti marketing, agenzie di comunicazione o uffici stampa. La pubblicità non è altro che una delle applicazioni contemporanee di tecniche di retorica orientate alla persuasione. L’advertising, da “to advertise” (avvertire, rendere noto) è una tecnica di comunicazione istituzionale, persuasoria, di massa, finalizzata alla commercializzazione di prodotti e servizi attraverso una serie di strumenti e strategie; può anche essere veicolo di comunicazione di interesse sociale o di ideologie politiche.

Nonostante Philip Kotler (2004) sonstenga che “il marketing ha le sue origini nel fatto che gli uomini hanno bisogni e desideri” , riconducendo il suo sviluppo nella preistoria, esso, in qualità di pratica autonoma, si sviluppa all’inizio del Novecento negli USA come “strumento di regolazione dei rapporti tra imprese e mercato, quando il forte sviluppo cominciò a portare dei problemi alle imprese riguardo alla produzione e, soprattutto, alla distribuzione dei beni; e come disciplina pochi anni più tardi, quando iniziò cioè l’attenzione alla concettualizzazione del marketing” (Dall’Ara, 2002).

Oggi, il marketing (dall’inglese “to market”-vendere) si configura come l’insieme dei metodi volti a collocare con il massimo profitto i prodotti di un dato mercato attraverso la scelta e la pianificazione di opportune politiche di prodotto, prezzo, distribuzione, comunicazione, dopo aver individuato i bisogni dei consumatori attraverso analisi di mercato.

Risale agli anni Cinquanta la segmentazione del mercato in gruppi e fanno la loro comparsa prodotti più specifici volti a soddisfare la domanda dei diversi targets. Si sviluppa un’ottica di orientamento al cliente. In questo periodo comincia a trasmettere il media televisivo che diventa un importantissimo canale di azione pubblicitaria: basti pensare che in Italia la Rai compare per la prima volta nel 1954 e già il 3 Febbraio  1957 appare il primo Carosello, un ibrido tra intrattenimento e comunicazione commerciale, composto da quattro spettacolini, separati da siparietti di un minuto e quaranta secondi (durante i quali non si può parlare di prodotti), più trentacinque secondi di codino pubblicitario. L’invenzione riscuote un enorme successo di pubblico, coinvolge i cantanti ed i registi più noti, dà origine a moltissimi successi commerciali e riesce a durare per vent’anni.

L’ultima evoluzione del marketing è il market-driven-management il quale comporta che tutte le funzioni dell’impresa tengano conto di tutti gli attori di mercato che, direttamente o indirettamente, influenzano la decisione d’acquisto del cliente, partecipando al mercato.

Lo sviluppo della pubblicità è stato sempre accompagnato, come già precedentemente accennato, dallo studio delle motivazioni e dei bisogni dei consumatori, in accordo con la loro percezione della realtà. La motivazione rappresenta il modo in cui si concretizza un bisogno, un’esigenza, dacchè i due concetti sono visti come complementari tra loro; incontrando eventi che si pongono in una determinata configurazione rispetto ai nostri scopi, proviamo emozioni, altrettanto importanti nella definizione delle scelte di consumo.

Secondo la teorizzazione freudiana , la motivazione sarebbe riconducibile alla tensione verso la meta causata da un bisogno; nelle prime opere si afferma che tutto sia riconducibile allo scopo del perseguimento del piacere (Principio del Piacere): quando quest’ultimo è soddisfatto, si assiste ad uno scarico della tensione concomitante alla soddisfazione del bisogno.

Gli anni tra il 1960 ed il 1970 rappresentano l’epoca dorata dello studio della motivazione umana, ma già nel 1954 lo psicologo statunitense Abraham Maslow  propose una gerarchia di bisogni, conosciuta al grande pubblico come “Piramide di Maslow”.

Tale scala è suddivisa in tre differenti livelli: bisogni primari (fisiologici e di sicurezza), bisogni sociali (amore/appartenenza, riconoscimento) e bisogni del sè (autorealizzazione). L’individuo soddisfa i propri bisogni in modo progressivo, in una concezione stadiale, a partire dei bisogni fisiologici: non è possibile passare ad un livello successivo se non si è ancora attraversato il precedente. Proprio per questo motivo, l’approccio maslowiano è stato criticato, in quanto le persone soddisfano bisogni superiori anche in assenza di quelli inferiori.

Henry Murray  aveva già individuato venti bisogni fondamentali a partire, contrariamente all’approccio di Maslow, dalla concettualizzazione degli obiettivi; oltre ai cinque bisogni della piramide, ne sono presenti molti altri, tra cui quelli di aggressione, autonomia, comprensione, contrapposizione…

I filoni di studio e di ricerca sovra citati hanno portato gli esperti di marketing tradizionale ad operare una segmentazione del mercato, individuando targets (gruppi-obiettivo) di consumatori che possono essere interessati ad una certa offerta sulla base delle proprie motivazioni e bisogni. Come illustrato nel paradigma delle 4P (Product, Price, Place, Promotion), la variabile “cliente” è presa in considerazione solo marginalmente, in quanto il consumatore è visto come obiettivo delle azioni di marketing, volte a soddisfare desideri e bisogni. Gli strumenti di marketing tradizionale per la definizione di targets sono analitici, quantitativi e verbali; le ricerche socio demografiche descrivono i consumatori per età, sesso, centro di residenza, reddito, livello di istruzione: vengono così individuati degli “stili di vita”.

Nelle sue analisi di consumo, Pierre Bourdieu (1983)  introduce il concetto di habitus per identificare un insieme di disposizioni personali e preferenze che si riflettono nel gusto e nelle pratiche quotidiane di un determinato gruppo sociale. Conseguentemente, lo stile di vita manifesterebbe una visione del mondo che si configurerebbe in un orientamento verso pratiche e beni che si addicono a coloro che occupano una certa posizione nella società.

Nella concezione di Kotler:

“Lo stile di vita di una persona può essere definito come modello secondo cui l’individuo “si muove nel mondo” e si manifesta nell’insieme di attività, interessi, opinioni da questi scelti. Fornisce quindi un ritratto completo dell’individuo e del suo stile di interazione con l’ambiente”.

Il presupposto della segmentazione per stili di vita è che la personalità degli individui mantenga una certa coerenza interna, un nucleo di preferenze e gusti cui corrisponderebbero scelte di consumo.

Nel mondo del marketing tradizionale si sfruttano i canali media classici, associati a particolari targets. Nella pubblicità a mezzo stampa si deve distinguere, per le diverse caratteristiche, quella fatta su giornali, da quella sui periodici (settimanali di attualità, sportivi, mensili) e su stampa specializzata (riviste di categoria, annuari…). I quotidiani hanno un pubblico prevalentemente maschile, fedele e si discreta cultura. Il target viene segmentato, oltre che per livello culturale, anche per orientamento politico e, soprattutto, zone di residenza: specie se a diffusione soltanto regionale o provinciale hanno un alto grado di manovrabilità. I periodici non segmentano il target per territorio, ma per tipologie; la qualità di stampa è ottima, a colori, e la maggior parte di essi ha diffusione nazionale. Tuttavia, si tratta di un mezzo poco flessibile, poiché la tiratura è variabile, lunghi i tempi di consegna e di permanenza della copia nelle case. E’ necessario pianificare diverse uscite per ottenere buoni risultati.

La pubblicità con i mezzi di spettacolo si divide in radiofonica e televisiva. La prima ha un appeal nei confronti dei giovani che nessun altro medium può vantare; è veloce, calda ed amichevole, poco costosa. Si può sfruttare per prodotti con distribuzione nazionale e regionale, ma deve essere ripetuta frequentemente per ottenere risultati apprezzabili. La televisione raggiunge tutte le fasce della popolazione, ad eccezione parziale degli adolescenti. Le reti nazionali segmentano per orario, mentre quelle locali anche su base territoriale. La pubblicità televisiva è costosa e difficile da ottenersi, data la limitatezza del tempo a disposizione in confronto alle richieste, cui va aggiunta la necessità di prenotarsi precedentemente; in più, la comodità del telecomando e la scarsa diversificazione dell’offerta fanno sì che lo zapping sia sport diffuso, specie nel momento delle promozioni.

L’affissione si distingue tra statica (manifesti) e dinamica (pubblicità su mezzi di trasporto); segmenta il pubblico su base territoriale, è dosabile nello spazio e nel tempo, e molto flessibile: coglie spesso il potenziale acquirente in momenti di ozio forzato e conta su questo rilassamento, sulla curiosità; è una pubblicità di ricordo, i cui messaggi sono brevissimi e adatti per un pubblico indifferenziato, ed ha un costo abbastanza elevato, oltre che lunghi tempi di produzione, consegna e distribuzione.

Oggi i media tradizionali hanno perso di rilevanza rispetto ad un tempo; negli anni ’50-’60, ai loro esordi, venivano investiti di maggiore autorevolezza, nonostante avessero una minore diffusione (in riferimento, soprattutto, a televisione e radio). Ad ogni angolo, in qualunque luogo, si è sommersi di pubblicità e la sovraesposizione aumenta la chiusura cognitiva individuale, facendo sì che i meccanismi attentivi e di percezione eliminino la maggior parte di tali informazioni, ritenendole irrilevanti. Il marketing che sfrutta i media classici per questi motivi è divenuto obsoleto ed ha un successo molto inferiore a quello di un tempo.

Tecniche di marketing non convenzionale e stili di consumo giovanili – © Martina Lamonaca