Elementi naturali ed illuminazione

Elementi naturali ed illuminazione

 

Elementi naturali ed illuminazione

 

Una nota ricerca di Ulrich (1984), condotta su pazienti operati di colecistectomia, ha messo chiaramente in luce quanto sia importante avere una finestra che si affacci su un paesaggio naturale per il recupero del benessere psicologico e fisico.

Nello studio metà dei pazienti  fu collocata in camere con vista su di un parco, mentre l’altra metà fu collocata in stanze con vista su un muro di mattoni: i pazienti con vista sul parco tendevano ad avere significativamente meno complicazioni postoperatorie, chiedevano meno antidolorifici e, alla fine, ebbero bisogno di meno giorni di degenza. Questi risultati, poi confermati da ricerche successive, testimoniano le proprietà rigeneranti dell’ambiente naturale nel recupero dallo stress psicofisiologico (in Baroni, 2012). Nella ricerca di Beil e Hanes (2013) ad esempio, venivano confrontati i livelli di stress degli individui dopo aver trascorso alcuni minuti all’interno di 4 diversi tipi di setting: “Very Natural”, “Mostly Natural”, “Mostly Built”, “Very Built”. Dai risultati è emerso che vi era una differenza significativa nello stress percepito dagli individui dopo aver trascorso del tempo (20 minuti) nel setting naturale (“Very natural” setting), rispetto ad averlo trascorso all’interno del setting prevalentemente urbano (“Mostly built” setting). In un’altra ricerca,  Ulrich e colleghi (1991) avevano sottoposto i partecipanti ad uno stimolo stressante – consistente in un film dai contenuti molto violenti – dopodiché li avevano divisi in 6 gruppi ed a ciascuno dei gruppi avevano mostrato un altro filmato: due filmati mostravano immagini di ambienti naturali, mentre gli altri quattro filmati scene di ambienti urbani. In questa fase vennero registrati alcuni parametri fisiologici e, successivamente, venne loro somministrato un questionario relativo alle emozioni che avevano provato. Dai risultati si era visto che la visione di ambienti naturali, oltre ad aver suscitato emozioni positive,  aveva provocato anche un più rapido e completo recupero dalle alterazioni fisiologiche indotte dallo stressor. In questa stessa ricerca gli autori notarono che ad aver beneficiato dell’esposizione ad ambienti “restorative” vi era anche l’attenzione dei partecipanti. Studi successivi si sono così concentrati proprio sul recupero dalla fatica attenzionale, notando una differenza tra quando il processo cognitivo avviene in modo volontario e quando invece ci si trova ad osservare un ambiente naturale (Baroni, 2012). A tale proposito Kaplan e Kaplan (1989) hanno formulato una teoria (“teoria della restorativeness) basata proprio sulla differenza tra l’attenzione diretta e volontaria, usata tipicamente nei compiti attentivi della vita quotidiana, e l’attenzione involontaria, che appunto si orienta in maniera quasi automatica, definita “fascination” proprio per suggerire l’azione attrattiva che l’ambiente naturale avrebbe sulla nostra attenzione. Secondo questa teoria dunque, la natura sarebbe in grado di offrire ristoro dall’affaticamento provocato dall’uso prolungato dell’attenzione volontaria.

Concentriamoci allora sui luoghi di lavoro: se è vero infatti che spesso le persone lavorano in condizioni di stress e affaticamento cognitivo, allora potrebbe essere utile investire in strutture che favoriscano il contatto con elementi naturali. Potremmo infatti pensare che  faccia la differenza passare la giornata dentro un ufficio affacciato su un parco piuttosto che trascorrerla in una stanza rivolta verso una zona industriale. Lo studio condotto da Largo-Wight, Chen, Dodd e Weiler (2011) in ambiente di lavoro ha effettivamente confermato che all’aumentare del contatto con la natura si riducono lo stress e le lamentele relative allo stato di salute generale. Gli autori hanno anche proposto varie strategie per incrementare il contatto con la natura, ad esempio arredare l’ufficio con piante, preferire stanze con finestre che si affaccino su spazi verdi anziché palazzi e favorire le pause all’aperto.

In linea con queste osservazioni, diversi studi hanno rivelato che non solo il contatto con la natura, ma anche la presenza di elementi di design che imitano le forme naturali (biophilic design) hanno un impatto positivo sulla performance lavorativa, la concentrazione, il benessere e la salute, ed inoltre sarebbero anche in grado di ridurre ansia e stress (An, Colarelli, Brien, e Boyajian, 2016; Cooper, 2014).

Anche per quanto riguarda la luce, si è scoperto che più “naturale” è la luce più aumenta il benessere dei lavoratori, ecco perché quella proveniente dalle finestre risulta essere la più gradita (Baroni, 2012). An, Colarelli, Brien e Boyajian (2016) hanno per l’appunto riscontrato che sia il contatto con elementi naturali (inteso prevalentemente come “vista” di ambiente naturale dalla finestra e attraverso foto e dipinti) sia la presenza di luce naturale sono associati a soddisfazione lavorativa e ad organizational commitment. Un risultato inaspettato per gli autori è stato quello relativo alla relazione positiva tra la luce solare e l’ansia. Una possibile spiegazione di questa relazione può risalire al fatto che la luce diretta del sole ha un effetto stimolante e quindi potrebbe suscitare uno stato di allerta e vitalità, dall’altro lato, potrebbe essere che le persone che soffrono maggiormente di uno stato d’ansia cerchino di passare più tempo all’aperto per trovare ristoro.

Un’altra ricerca ha invece dimostrato che coloro che lavorano in uffici con finestre tendono a dormire di più e meglio rispetto a coloro che lavorano in uffici senza finestre; i primi sono risultati anche più esposti alla luce durante l’orario di lavoro rispetto ai secondi. Queste differenze si riflettevano poi anche sulla salute fisica e sulla vitalità degli individui (Boubekri, Cheung, Reid, Wang, e Zee, 2014).


©  La personalizzazione del proprio spazio: una ricerca in ambito lavorativo – Dott.ssa Martina Mancinelli