La PNL nel processo educativo: l’educatore

 La PNL nel processo educativo: l’educatore

 

Quello che la PNL propone è un nuovo modo di fare scuola attraverso il ruolo dell’educatore.
Di fronte alle difficoltà di apprendimento, all’eccessiva lentezza o al cattivo rendimento, nessuno si è mai chiesto: “Il bambino sa come imparare? ”.
La mission della PNL e quindi dell’educatore che mette in atto le sue tecniche, è appunto, insegnare ai bambini come si impara. Fin da piccoli siamo stati messi di fronte a libri, a poesie, pagine e pagine di storia, espressioni e logaritmi senza avere gli strumenti necessari per poter apprendere con successo.
Molti insegnanti si limitano a pronunciare la frase Rendi poco perché non hai metodo, così si entra in un circolo vizioso in cui la sfiducia dell’alunno per gli scarsi risultati, influenza negativamente il ruolo dell’insegnante che non è in grado di catturare l’attenzione dei propri studenti, avendo come esito una diffusa frustrazione.
Esistono strategie per insegnare a memorizzare date, eventi, formule, espressioni matematiche, a leggere con attenzione interiorizzando il significato, a rendere interessante ciò che risulta essere noioso e poco entusiasmante agli occhi dei bambini; ci sono metodi per prendere appunti, per migliorare la memoria visiva, per superare l’ansia da test o da interrogazione, per affrontare positivamente qualsiasi tipo di fallimento.
La PNL offre tutto questo, cercando di formare prima di tutto delle figure professionali, dei comunicatori e mediatori per eccellenza che siano insegnanti, educatori e allenatori contemporaneamente.
L’elemento catalizzatore è questa figura, ossia un adulto nel cui atteggiamento, l’allievo deve poter cogliere il convincimento profondo che ogni essere umano può modificare strutturalmente il proprio modo di apprendere.
L’obiettivo che devono prefissarsi gli educatori è quello di formare degli esseri umani in grado, innanzitutto, di riconoscere e gestire le proprie emozioni e i propri stati d’animo che sono alla base di qualsiasi tipo di comportamento; di essere consapevoli dei propri talenti, abilità e limiti per modificarli con atteggiamento positivo, di affrontare qualsiasi insuccesso come occasione di crescita e miglioramento.
Inoltre, le tecniche della Programmazione Neuro Linguistica vogliono creare dei comunicatori in grado di usufruire delle potenzialità del linguaggio verbale e soprattutto analogico, per intessere delle relazioni positive e sane, per individuare e raggiungere non solo gli obiettivi personali ma anche quelli collettivi, elementi che risultano inscindibili.
In quest’ ottica, l’interesse dell’educatore non si rivolge tanto a ciò che l’allievo sa fare, alla valutazione quantitativa della sua intelligenza ma a tutte quelle condizioni che possono indurre un’evoluzione: in quali aree si realizza maggiormente, quali sono i fattori che lo stimolano o lo rallentano, come promuoverne l’estensione ad altri ambiti, a quali condizioni il progresso rilevato si consolida e si autoimplementa.
Linda Lloyd è l’autrice di Classroom Magic, un manuale per insegnanti ed educatori che vogliono applicare le tecniche della PNL. Il libro è strutturato come fosse un piano di lezioni settimanali ed analizza gli esercizi e le abilità che l’insegnante deve stimolare quotidianamente nell’alunno.
L’autrice delinea chiaramente la figura dell’educatore ideale che innanzitutto deve lavorare su stesso per raggiungere gli obiettivi prefissati, formarsi e credere fortemente al potere del cambiamento.
Nelle primissime pagine del suddetto libro emergono incisivi i valori e le credenze che sono alla base dell’ottenimento della mission:
    • Insegnare a tutti i bambini;
    • Insegnare attraverso tutti i sensi (vista, udito, gusto, olfatto, sentire interiore);
    • I bambini apprendono più rapidamente e imparano meglio quando si divertono;
    • I bambini apprendono ciò che viene inciso nel loro livello di consapevolezza;
    • Rendere consapevole il bambino su ciò che sta imparando, unendo pratica e teoria;
    • Successo chiama successo;
    • L’oggetto dell’insegnamento è il pensare;
    • Insegnare ai genitori a saper apprezzare i propri figli;
    • Dare ai bambini la speranza di diventare ciò che essi vogliono;
    • Usare un linguaggio positivo ( dire “stai attento”- non dire “non cadere”).
Il bambino deve essere guardato nella sua totalità ed aiutato a crescere intellettualmente, fisicamente e spiritualmente.
Si possono rilevare numerose similarità nel metodo pedagogico sia di Montessori che di Steiner per quanto riguarda la definizione del ruolo dell’insegnante.
Il presupposto del primo metodo è la massima fiducia nell’interesse spontaneo del bambino, nel suo impulso naturale ad agire e conoscere.
Ogni bambino, se posto in un ambiente adatto, e accompagnato da una figura adulta motivata, seguendo il proprio disegno interiore di sviluppo e i suoi istinti-guida, accende naturalmente il proprio interesse ad apprendere, a lavorare, a costruire, a portare a termini le attività iniziate, a sperimentare le proprie forze, a misurarle e controllarle.
A questo principio l’adulto deve inspirare la sua attenzione e in particolare due sono i suoi compiti fondamentali: saper costruire un ambiente suscitatore degli interessi che via via si manifestano e maturano nel bambino; evitare con interventi inopportuni, un ruolo di disturbo allo svolgimento del lavoro, pratico e psichico, a cui ciascun bambino va dedicandosi.
Ha scritto Maria Montessori che l’obiettivo a cui puntare “ …..é lo studio delle condizioni necessarie per lo sviluppo delle attività spontanee dell’individuo, è l’arte di suscitare gioia ed entusiasmo per il lavoro. Il fatto dell’interesse che spinge ad una spontanea attività è la vera chiave psicologica dell’educazione.(….) Colui il quale nell’educare cerca di suscitare un interesse che porti allo svolgere un’azione e seguirla con tutta l’energia, con entusiasmo costruttivo, ha svegliato l’uomo.”
Continua dicendo “(i bambini) hanno bisogno di ricevere risposte complete, che provocano l’entusiasmo e suscitano il bisogno di nuove ricerche e di attività intensa”. Gli insegnanti, perciò, dovranno essere all’altezza del bisogno di conoscere e di esplorare dei bambini, ampliando la loro vita psichica, aprendosi a più larghi orizzonti, impadronendosi di nuove conoscenze di cui forse non sospettano l’esistenza”.
L’insegnante montessoriano opera dunque, con la fondata speranza che ogni individuo è chiamato dalla natura a realizzare la propria evoluzione psichica, secondo un disegno da essa preordinato, purché egli viva in un ambiente adatto alle forme del suo lavoro. L’insegnante allora non giudica i risultati conseguiti dal bambino, ma le cause che ne impediscono o ritardano l’ascesa, provvedendo ad osservarle, capirle e a modificare la circostanze che ostacolano il naturale sviluppo. Per questo motivo, egli non ha un centro e una periferia nella classe ed è contemporaneamente assente e presente, figura di aiuto, di organizzatore e osservatore della vita psichica, fisica e culturale dell’alunno.
Quest’aspetto è centrale anche nella pedagogia steineriana, che si pone come arduo compito quello di aiutare e sostenere lo sviluppo nel bambino di tutte quelle forze spirituali, animiche e fisiche che si presentano solo in germe alla sua nascita.
Il bambino, infatti, avrà bisogno per la sua crescita, tanto di un nutrimento materiale, che ne sviluppi il corpo fisico, quanto di un nutrimento spirituale, che sviluppi l’anima e lo spirito; non solo, ma egli richiederà anche quella giusta educazione che metta in rapporto la parte spirituale con quella fisica, e viceversa.
Secondo Steiner, quando il bambino viene al mondo è dotato di un corpo fisico, mentre le sue altre parti costitutive sono presenti solo in germe, come sono presenti nel seme della pianta tutte le sue future trasformazioni: e come la pianta ha bisogno di nutrimento e tempo affinché si sviluppino le foglie, fiori e frutti, così anche il bambino dovrà ricevere il giusto nutrimento dall’ambiente affinché sviluppi forze autonome di crescita.
Queste considerazioni non hanno solo un carattere teorico ed un valore soggettivo, ma sono il prodotto di un’indagine scientifica, con la quale vengono poste delle solide basi per un insegnamento capace di intervenire nel delicato processo di crescita in modo esperto ed efficace, grazie ad una profonda conoscenza dell’essere umano.
L’educatore deve conoscere perfettamente “le leggi evolutive della natura umana” e senza questa conoscenza non può insegnare.
Il suo ruolo è immenso, soprattutto perché secondo la scuola steineriana, egli è libero di prendere qualsiasi iniziativa e non è soggetto a limitazioni o regolamenti. Egli dovrà attenersi al programma ideale così come è stato delineato da Steiner stesso, ma nello stesso tempo, facendo continuo riferimento alle sue conoscenze dello sviluppo del bambino, quelle che sono le esigenze della classe che ha di fronte, quelle del mondo esterno.
La sua abilità sta nel mantenere in equilibrio queste diverse richieste, avendo però sempre di mira il sano sviluppo e la formazione del soggetto.
La Programmazione Neuro Linguistica, anche riprendendo i metodi tradizionali, propone con forza, un educatore che viva personalmente le tecniche e le strategie che presenta alla classe, e sostiene che deve tenere un atteggiamento genuino, autentico, esprimendo i propri sentimenti positivi o negativi. È un essere umano che cresce insegnando, ma le cui convinzioni e modo di essere rappresentano continuamente un modello per i bambini che ha intorno.
Come dice Lo Presti lo stile educativo del tipo “Fate quello che dico, ma non fate quello che faccio” è del tutto improbabile.10 I bambini, per il principio di imitazione che li sostiene dai primissimi giorni di vita, fanno solo ed esclusivamente quello che vedono fare ripetutamente dai propri caregiver e in questo modo imparano ad esprimersi, a relazionarsi a vivere.
Il concetto, però, che troviamo in tutte le scuole di pensiero da Piaget a Gordon11 e nei libri di PNL è l’autoeducazione. L’adulto deve essere talmente abile da diventare “trasparente” come dice Steiner, capace, perciò, di fornire gli strumenti necessari affinché il bambino sia in grado di autogestirsi sotto tutti i punti di vista. L’educatore deve andare oltre la sua centralità, “perderla” per formare dei soggetti autonomi e autosufficienti.
Questa frase di Gibran mi sembra l’essenziale nelle tante parole e teorie che circondano il bambino:
Due cose può dare un adulto ad un bambino: le radici e le ali.

 

 

 

 

 

 

 

Il bambino

La PNL nel processo educativo: Il bambino

 

In passato, concezioni antiquate dello sviluppo infantile e del suo apprendimento si basavano su di un sistema teorico facente riferimento ad un modello intrapsichico; l’assunto dominante della letteratura psicopedagogica dell’età evolutiva considerava il bambino come un organismo relativamente passivo, le cui azioni e reazioni apparivano finalizzate primariamente alla riduzione degli stimoli.
Attualmente, nell’osservazione del bambino si indaga il tipo di esperienza che egli fa nel momento stesso dell’acquisizione di nuove competenze, cioè l’esperienza soggettiva del bambino durante le interazioni sociali, quando e come sperimenta affetti, apprende, comprende gli altri e se stesso.
Sameroff propone un’ottica seconda cui lo sviluppo di ogni persona è configurabile come un sistema regolato su due versanti principali, esterno ed interno, biologico e sociale. La componente biologica, genotipo che fornisce la base per l’organizzazione comportamentale, domina alcune fasi dello sviluppo e dell’apprendimento, quali lo stadio prenatale e postatale, la pubertà e la vecchiaia. Nei periodi intermedi sembra svolgere una regolazione silente.
Il sistema sociale interagisce con la medesima intensità in tutte le fasi della crescita, e per tutta la vita di un individuo, per la formazione di modelli adattativi di funzionamento. Le relazioni hanno, quindi, un ruolo di primaria importanza, essendo lo strumento con cui si attuano le regolazioni evolutive che modificano le esperienze infantili in sintonia con le trasformazioni corporee e comportamentali. Attraverso scambi con i sistemi di regolazione, i bambini acquisiscono via via competenze di autoregolazione biologica e comportamentale, rimanendo comunque per l’intero corso della vita ancorati a contesti interni ed esterni.
Stern si è dedicato a costruire una teoria che tenesse conto dell’esperienza soggettiva del bambino, ha tentato di descrivere l’emergenza e lo sviluppo normale del senso del sé quale principio organizzatore dell’esperienza. La premessa è che fin dai primi giorni, e forse anche prima della nascita, molto prima quindi dell’autoconsapevolezza e del linguaggio, esiste nel neonato una qualche forma di senso di sé e dell’altro. Un sé, diciamo, preverbale. Per “senso” Stern intende una semplice coscienza, da distinguere dalla consapevolezza autoriflessiva; non pensiero formulato ma esperienza vissuta.
Il bambino, nelle prime settimane di vita, è un essere molto attivo ed ha una ben delineata tendenza alla ricerca di stimolazioni sensoriali. Durante questi momenti egli sembra impegnato ad apprendere i rapporti tra le esperienze sensoriali: esplora l’ambiente e discrimina le stimolazioni che predilige tra tutte quelle che gli vengono offerte (visive, gustative, olfattive, di intimità corporea, ecc..).
Il neonato dimostra una tendenza innata a formulare ipotesi sul mondo che lo circonda ed a verificarle, da cui gli deriva la capacità di confrontare esperienze diverse ed individuarne le caratteristiche comuni.
La componente affettiva dell’esperienza è fondamentale ed inscindibile da quella percettiva. In altre parole, non è possibile separare i processi cognitivi da quelli affettivi con i loro caratteri costanti e variabili.
Ci si potrebbe domandare se, ed in che modo, il bambino sia capace di integrare ed associare esperienze sensoriali distinte.
La scoperta più rilevante ai fini di una comprensione della capacità del neonato di formare rappresentazioni, riguarda la sua abilità di ricevere informazioni in una modalità sensoriale specifica e di tradurle in modalità sensoriali diverse.
Questa capacità, chiamata percezione amodale, comincia con la vita mentale ed indica la necessità di formare rappresentazioni astratte delle qualità primarie della percezione.
I bambini sono in grado di percepire attraverso ogni modalità sensoriale, e in grado di rappresentarle astrattamente e trasferirle in altre modalità. Cogliere le caratteristiche più globali delle modalità sensoriali diverse e ridurle in forma di modelli è la capacità emergente del bambino, che attribuisce così un ordine alle cose e acquisisce una consapevolezza circa le caratteristiche, la forma, l’intensità e gli schemi temporali.
L’ipotesi di Stern è che, a livello preverbale e presimbolico, al di fuori quindi di ogni consapevolezza, l’esperienza di riscontrare coincidenze tra modalità percettive diverse produca una sensazione di familiarità.
L’esperienza presente e quella già vissuta sono messe in relazione: questo permette al bambino di costruirsi un’esperienza integrata di sé e degli altri.
Carmela Lo Presti, insegnante e practitioner di PNL, che applica le sue strategie negli asili nidi e nelle scuole elementari, afferma che l’educatore deve costruire nei bambini le abilità e le competenze per raggiungere i seguenti obiettivi:
I. Riconoscere se stessi
II. Riconoscere l’altro
III. Riconoscere l’ambiente
L’ottenimento di ciò avviene se il bambino, prima di tutto, viene messo in grado di riconoscere tutti i sensi, le sensazioni e le emozioni che gli appartengono, e solo così può instaurare un continuo feedback con chi sta accanto e la realtà che lo circonda.
La PNL, come già esposto in precedenza, pone la sua massima attenzione allo sviluppo di tutti i sensi, Sistemi Rappresentazionali, attraverso i quali si comunica e si interpreta il mondo.
Blackerby è un insegnante americano che nel 1981 ha fondato Success Skills, una scuola di apprendimento e formazione in Oklahoma City, che ha come obiettivo quello di applicare e diffondere le strategie della Programmazione Neurolinguistica nel processo di apprendimento.
Il bambino, secondo Blackerby, è fin dalla nascita in totale comunicazione con l’esterno attraverso tutti i sensi, proprio come affermava Stern, ma venendo a contatto con le figure adulte, tende a concentrarsi e a prediligere le loro mappe mentali e comportamentali, in cui non appare l’armonia tra vista, udito, olfatto, gusto e sentire emotivo.
Ogni soggetto, perciò, inizia a rafforzare uno specifico Sistema Rappresentazionale che lo caratterizzerà anche nello stile di apprendimento.
Recenti studi a riguardo hanno individuato tre fasi distinte attraverso le quali passano gli individui, caratterizzata ognuna da un diverso sistema di percezione sensoriale, analisi, elaborazione, archiviazione e uscita delle informazioni.
Fra i 5 e i 7 anni il bambino predilige mediamente una modalità di insegnamento/apprendimento basata sulle sensazioni tattili- cinestetiche.
Tra gli 8 e i 12 anni predilige una modalità basata sul canale uditivo; dai 13 anni in poi la modalità diventa di tipo visivo, basata sulle immagini e sulle rappresentazioni interne di concetti astratti.
Rudolf Steiner, pedagogo di fama internazionale, già un secolo fa analizzava le fasi d’apprendimento di un bambino in relazione ai sensi, dichiarando, come anche la PNL, che le attività didattiche devono evolversi e modellarsi in base alle varie abilità che si formano nelle diverse fasi di sviluppo.
Nel metodo steineriano, i primi tre anni di vita del bambino sono i più importanti e fruttuosi, caratterizzati dallo sviluppo dell’udito e del linguaggio, come pure da tutte le altre funzioni sensoriali. Il metodo propone in questa fase, giochi di rappresentazione, versi ritmati, un ascolto di fiabe e canto; inoltre si insegna a dare vita a materiali naturali, come ramoscelli di legno, pigne, oppure teli colorati, trasformandoli di volta in volta secondo le intuizioni degli alunni e adattandoli agli usi più diversi. Il principio dell’apprendimento, in questa fase, è l’imitazione, che prende avvio dall’osservazione e dalla riproduzione di semplici attività casalinghe o attività artigianali che gli adulti di riferimento compiono. Nelle fasi successive i bambini sviluppano una forte capacità visiva che viene rafforzata attraverso attività di disegno pittorico, canti e poesie.
La Montessori inaugura un metodo del tutto differente per la sua epoca. Invece dei metodi tradizionali, che includevano lettura e recita a memoria, istruisce i bambini attraverso l’uso degli strumenti concreti, il che da risultati assai migliori. Venne dunque rivoluzionata da questa straordinaria didattica il significato stesso della parola “memorizzazione”, parola che non venne più legata ad un processo di assimilazione razionale e/o puramente celebrale, ma veicolata attraverso l’empirico uso dei sensi, che comportano ovviamente il toccare e manipolare oggetti. L’educazione dei sensi, anche per Maria Montessori è un momento preparatorio per lo sviluppo dell’intelligenza e l’educazione del bambino deve far leva sulla sensibilità, parte centrale della psiche.
Anche la PNL modella le proprie strategie in base alle fasi di sviluppo dei sensi del bambino, ma cerca, con la stessa intensità, di sviluppare tutte le abilità necessarie e presenti nel bambino stesso, che fanno riferimento ai tre Sistemi Rappresentazionali. Per fare ciò, parte dall’assunto che solo quando le sfere visive, uditive e cinestetiche sono proporzionalmente presenti, il soggetto è in armonia con se stesso e in attenta propensione verso la realtà che lo circonda. Nel caso del processo d’apprendimento la presenza totale dei sensi garantisce al bambino un alto e rapido livello di apprendimento e un coinvolgimento attivo nel rapporto con l’educatore, che risulta essere maggiormente influente nel processo educativo.
Prima di procedere all’analisi dei vari sistemi di apprendimento che caratterizzano ogni bambino, percorriamo rapidamente il ciclo della competenza che secondo la PNL rappresenta le fasi dell’apprendimento che avvengono in ogni soggetto:
    1. Incompetenza inconscia: non so fare una cosa e al momento non ho le idee chiare su cosa mi occorre ( come quando i bambini vogliono fare il capostazione o guidare l’auto).
    1. Incompetenza conscia: ancora non so fare quella cosa, ma comincio a scoprire cosa occorre ( in termini di distinzioni sottili, micro, non semplicemente macro).
    1. Competenza conscia: area della goffaggine; ci metto tutta la mia attenzione consapevole per fare la cosa che sto imparando, come imparare a leggere e a scrivere ( in prima elementare, allenarsi a scrivere una “a”, ricordarsi come si fa una “q”: da dove deve uscire il ricciolo? Come farla bella tonda?) o a guidare l’auto ed usare il computer le prime volte che l’abbiamo fatto.
    1. Competenza inconscia: dopo un certo numero di volte o tempo di allenamento, lo facciamo senza pensarci più, in automatico, e lì scatta l’abilità di performance.
Ogni bambino, come abbiamo detto, impara attraverso i tre principali canali, uditivo, visivo e cinestetico. Molto spesso i bambini scelgono e privilegiano un canale di memorizzazione che diventa esclusivo finché l’insegnante-formatore non insegna loro a sfruttare tutti i canali.
Se l’insegnante sfrutta come supporto alla lezione, per esempio solo delle letture, raggiungerà solo ed esclusivamente quei soggetti che preferiscono e si identificano nel canale uditivo.
È perciò opportuno selezionare vari materiali di supporto come grafici, diagrammi, disegni utili per rappresentare ciò che si sta leggendo; una canzone per la memoria uditiva, una sigla scritta sulla lavagna per la memoria visiva e per la memoria cinestetica, proporre un esercizio come quello di scrivere il proprio nome con la mano non- dominante e cercare di fissare la sensazione o l’emozione che quest’ atto provoca.
Le lezioni svolte devono coinvolgere tutti i sensi dei bambini, e ciò non solo aumenta l’attenzione, ma anche il livello di apprendimento.
Anche Piaget nel suo celebre libro Où va l’education parla di apprendimento attivo, affermando che, capire vuol dire inventare, ovvero che l’insegnante deve essere in grado di stimolare continuamente l’attenzione e la curiosità degli alunni, che non devono essere contenitori di nozioni e informazioni, ma reinventare le verità per riscoprirle autonomamente.
Il bambino che dispone di un visual thinking ha la possibilità di pensare a molte cose contemporaneamente perché crea delle continue immagini mentali che si possono disporre in sequenza o accostare; le risoluzioni sono infinite.
I bambini che prediligono questo canale hanno spesso ottimi risultati in matematica, logica, spelling e problem solving; sono soliti usare un linguaggio non verbale.
Per facilitare l’apprendimento di questi soggetti l’insegnante usa soprattutto materiale visivo, prediligendo le immagini alle parole.
Vengono affascinati anche dalle espressioni del volto dell’insegnante che può sfruttarle per una più efficace comunicazione.
I soggetti che tendono ad un auditory thinking hanno come caratteristica quello di pensare in modo lineare, ovvero un’idea segue l’altra, e difettano di un’eccessiva lentezza.
Rendono maggiormente nella comprensione, nella corretta applicazione delle indicazioni date loro, nell’espressività della forma scritta; preferiscono la comunicazione verbale a quella analogica.
L’insegnamento rivolto a questi studenti deve rispettare i loro tempi prolungati per imparare una nuova nozione e concentrarsi su un’informazione alla volta.
Il formatore potrà sfruttare la propria voce per modulare e assecondare i cambiamenti di espressione e stati d’animo; il tono della voce è lo strumento necessario per catturare l’attenzione.
L’ultima categoria è quella relativa al kinestetic thinking, attitudine propria di soggetti che prescelgono i settori in cui possono esprimere i loro sentimenti, sensazioni, emozioni, come l’arte e la letteratura.
Coinvolgere questo tipo di pubblico vuol dire creare continuamente storie, giochi avvincenti ed entusiasmanti, che permettono ai bambini di interpretare dei ruoli capaci di suscitare loro nuove emozioni e sconosciute sensazioni.

 

 

 

 

 

 

La PNL nel processo educativo

 La PNL nel processo educativo

 

Come detto finora, la Programmazione Neuro Linguistica è il metodo che può essere applicato con successo a tutti quei settori in cui la comunicazione risulta essere centrale.
La mia analisi, in questa seconda parte, si concentra sul mondo della scuola e sull’ interazione che avviene tra bambini e tra bambino e insegnante.
E’ un campo, quello dell’educazione, in cui la comunicazione è sempre presente, come processo dinamico che cambia, cresce e si evolve.
Molto spesso però, invece di aiutare questo naturale e fruttuoso dinamismo, si tende a cristallizzare e a stabilizzare il processo educativo.
Il ruolo che la PNL può assumere è di straordinaria efficacia ed innovazione, e l’educatore, che mette in atto le sue strategie, risulta essere il protagonista di un profondo e radicale cambiamento, il cui beneficio è collettivo.
Prima di addentrarmi in questo immenso ambito, mi preme sottolineare la differenza tra due termini che comunemente vengono utilizzati senza distinzione: insegnare ed educare.
L’insegnante è colui che in-mette informazioni nei soggetti: l’immagine di quest’ azione è un trasferimento da un pieno (insegnante) ad un vuoto (bambino) al fine di riempire quest’ultimo.
Il verbo educare rimanda all’allevare, ovvero tirar fuori qualcosa da qualcun’altro. Il bambino, in questo caso, non è un “vuoto”, ma un luogo dal quale si estraggono competenze e abilità.
Da questa seconda immagine parte la PNL, e la sua concezione di feedback tra educatore e bambino si distacca dal tradizionale e stantio modo di insegnare, che si riduce ad un semplice trasferimento di dati, nozioni e informazioni.
Al centro c’è il bambino come essere umano.
Come ci insegna la PNL, prima di una qualsiasi azione bisogna focalizzare l’obiettivo, la mission; perciò prima di applicare un metodo o una strategia di insegnamento bisogna aver chiaro ciò che desideriamo.
La domanda alla quale qualsiasi tipo di operatore, educatore, insegnante, allenatore è obbligato a rispondere prima di operare è: che tipo di essere umano voglio formare?
È alquanto evidente la responsabilità implicita in tale quesito.

 

 

 

 

 

 

La PNL e le professioni sanitarie

 La PNL e le professioni sanitarie

 

Negli ultimi anni molti studi hanno dimostrato che, una parte sorprendentemente elevata di malattie, oggi, è dovuta a cause che hanno a che fare con lo stress. Si è visto che una percentuale significativa di disturbi cardiocircolatori, ulcere, artriti, emicranie, infermità degli occhi e di altri sintomi fisici ha un rapporto diretto con lo stress, che è un risultato naturale delle strategie esistenti in molti individui. Lo stress di per sé può essere estremamente funzionale e non del tutto negativo e risultare come motivatore e meccanismo positivo.
La mente (i processi neurologici) e il corpo (meccanismo governato da questi processi) sono parti interconnesse dello stesso sistema biologico.
I nostri Sistemi Rappresentazionali sono un’ interfaccia con gli altri sistemi neurali, per cui i risultati neurologici sono delle strategie che influenzano le risposte motorie, la respirazione, il controllo autonomo delle secrezioni ghiandolari, la chimica corporea, il cuore e la pressione sanguigna, il metabolismo e persino il sistema immunitario.
L’attività neurale di una parte del nostro sistema biologico non può non avere effetto sul resto del sistema.
La Programmazione Neuro linguistica è una valida risorsa per la medicina preventiva e nel trattamento delle malattie psicosomatiche.
Cambiando il modo di dirigere e organizzare neurologicamente il proprio comportamento, attraverso le proprie strategie (ciò che comporta delle modificazioni di segnali d’accesso e risultati, ci si riorganizza fisiologicamente.
Da molto tempo ormai, nelle professioni medico-sanitare si riconosce che l’atteggiamento psicologico è un contributo alla facilità e alla rapidità con cui il paziente riesce a guarire. Con la PNL si gestiscono processi di portata assai più ampia e profonda del semplice atteggiamento. Servendosi di questo metodo, molte persone hanno interrotto delle strategie che favorivano l’indisposizione, progettandone e mettendone in funzione altre destinate al controllo e alla regolazione dei principali aspetti dei loro disturbi fisiologici.
Gli esperti di PNL hanno osservato che i soggetti con strategie simili sono predisposte a disturbi simili e che si possono prevedere i tipi di infermità più probabili per una persona con un certo insieme di strategie.
Una valida tattica è quella di trovare una persona che sia riuscita a guarire in modo facile e rapido da una data malattia e prenderne a modello le strategie, seguita dall’insegnamento di queste strategie o dalla loro installazione in altri che abbiano la stessa malattia.
Questo non vuol dire che la PNL svaluti la medicina tradizionale o dissuada la gente dal servirsene, ma afferma con decisione, che le cause di molti sintomi fisici possono essere fatte risalire agli schemi di comportamento e possono essere alleviate con modificazioni del comportamento.
L’avvento del bio-feedback ha dimostrato abbondantemente, che i processi fisiologici autonomi possono essere controllati in misura assai maggiore di quanto non si ritenesse possibile qualche anno fa. Così come l’effetto placebo che sembra indicare l’esistenza di classi di sintomi e processi patologici che è possibile guarire da soli, senza il ricorso a farmaci attivi.
È certamente molto, quello che si può fare con il comportamento per evitare le infermità. Lo sviluppo e l’installazione di strategie può favorire l’accesso più diretto a forme di autoesame e autoregolazione.
Il procedimento di ricalcare strategie di motivazione e di apprendimento, può essere molto efficace per stimolare e promuovere abitudini salutari e piani di cura e programmi preventivi.

 

 

 

 

 

PNL e Human resources : il reclutamento e la selezione

PNL e Human resources : il reclutamento e la selezione

 

La Programmazione Neuro linguistica è uno strumento prezioso e pratico per quanti si occupano di reclutare, selezionare e addestrare il personale.
Dovrebbe essere intuitivamente evidente, che le strategie che applica un buon direttore alle vendite saranno diverse da quelle che fa un buon capo del personale o un buon tecnico. A chiunque sia preposto alle assunzioni o alla selezione si presentano due scelte:
    1. Se nell’ambito della nostra organizzazione abbiamo già una persona con buone disposizioni innate, per l’incarico per il quale stiamo effettuando il reclutamento (vale a dire una persona che sia già in possesso delle necessarie strategie) e vogliamo assumerne altre, che ne riprendano il comportamento, dovremmo far emergere le sue strategie e registrarle. Quando ne avremo registrato le strategie di decisione, motivazione, apprendimento, creatività, effettueremo una serie di colloqui nei quali faremo emergere le strategie naturali dei candidati. Naturalmente, sceglieremo i candidati le cui strategie più si avvicinano a quelle dell’impiegato che abbiamo preso come modello.
    1. Dopo aver estratto e registrato le strategie della persona in possesso delle disposizioni innate per l’incarico in questione, le possiamo installare in un impiegato o candidato già presente.

 

Possiamo anche scegliere un individuo che abbia tre delle quattro strategie necessarie e installare in lui la quarta.
A secondo delle caratteristiche dell’incarico e del tempo di cui disponiamo, possiamo trovare più vantaggioso optare per l’una o per l’altra scelta. Se l’incarico non è di alto livello tecnico e non comporta molte strategie sofisticate, il reclutamento sarà più facile. Se invece è tecnico sofisticato, avremo assai meno probabilità di trovare chi già possiede le strategie necessarie, e sarà più facile installarle in chi presenta i requisiti che più si avvicinano a quelli richiesti.
Se nella nostra organizzazione, non abbiamo alcuna persona altamente qualificata che possa essere presa come modello per il nostro procedimento di selezione, potremo sempre individuare in un’altra azienda o organizzazione qualcuno che abbia le capacitò richieste e prendere le strategie a modello.
Possiamo scegliere di attuare dei programmi di sviluppo di carriera o di valorizzazione del personale concepiti per potenziare i Sistemi Rappresentazionali e le strategie degli impiegati presenti.
I programmi di questo tipo contribuiscono a dare impulso e forza alle capacità innate dei dipendenti e a sviluppare quelle che presentano delle insufficienze.

 

 

 

 

 

 

 

La PNL nella pubblicità

 La PNL nella pubblicità

 

Le agenzie e gli operatori pubblicitari hanno utilizzato il ricalco delle strategie (PNL) sin dalla nascita stessa della pubblicità (anche se probabilmente non ci hanno mai pensato).
Esaminiamo, per esempio il seguente annuncio pubblicitario, parafrasato quasi parola per parola da un periodico a grande diffusione:
Quando compro mi piace chiedere molte cose. In questo modo mi posso sentire sicuro di aver visto tutte le scelte e di fare davvero la migliore di esse. Il prodotto X ha la qualità migliore tra quanti ne ho visti….
La strategia di chi fa un’affermazione del genere è chiaramente:
 
 Si tratta essenzialmente di una strategia di raccolta di informazioni, nella quale la persona fa delle domande, osserva gli esemplari del prodotto che le vengono mostrati e quindi li valuta cinesteticamente in base alla qualità richiesta dalla sua strategia di decisione.
Naturalmente, questo annuncio sarebbe stato adeguato, in qualche misura, per chiunque avesse condiviso una siffatta strategia.
Una strategia, che ricalchi una diversa strategia di acquisto potrebbe avere invece, pressappoco questa forma:
“Quando compero non amo sentirmi soggetto a pressioni. Se vedo qualcuno presentarmisi con tutte queste dubbie ostentazioni, dico subito a me stesso: “E chi ne ha bisogno?”, e me ne vado al più presto.
Ma la ditta X non ha mai chiesto di mettersi addosso dei lustrini. Fa una buona impressione vedere della gente che fa davvero le cose sul serio.
Posso dire in piena coscienza: “ Sa come si trattano i clienti……”. 
Questa dichiarazione ricalcherebbe una strategia con andamento:
In questa strategia si ricevono impressioni da ciò che si vede e quindi si fa una valutazione verbale che porta direttamente al risultato.
Poiché vi sono varie strategie di acquisto, un efficace approccio pubblicitario si basa sulla scoperta delle categorie strategiche più generali e diffuse, e sulla creazione di un annuncio che segua passo per passo l’andamento di ciascuna di esse.
La pubblicità di maggior successo si rivolge per lo più a tutti i Sistemi Rappresentazionali, ponendo in genere l’accento su uno o due di essi a secondo della natura del prodotto.
Il risultato essenziale che qualsiasi tipo di pubblicità vuole ottenere, è quello di predisporre delle ancore manifeste o coperte, che leghino il prodotto alle motivazioni e alle strategie d’acquisto dei consumatori, in modo che le ancore stesse, vengano innescate non appena i potenziali compratori entrino nel contesto in cui si vende quel certo prodotto.
Per questo motivo è importante inserire nell’annuncio alcuni segnali visivi o uditivi, che siano anche presenti nell’ambiente degli acquisti.
La partecipazione del pubblico all’annuncio (il coinvolgimento di chi vede/ ascolta), ottenuta mostrando ciò che l’osservatore vedrà con i suoi occhi o udrà sulla scena, fissa delle valide ancore associative al prodotto e all’ambiente del mercato.
Un altro punto importante, che la pubblicità spesso trascura, è di far sapere che cosa deve fare per acquistare il prodotto, dandogli istruzioni esplicite su dove andare e come procurarselo.
Anche l’adattamento al proprio vocabolario, al dialetto o alle espressioni idiomatiche della tradizione culturale della popolazione alla quale è rivolto l’annuncio pubblicitario, è un mezzo assai valido, spesso divertente, cui possono ricorrere gli incaricati delle vendite e gli operai pubblicitari.
Per esempio, John Grinder è stato consultato recentemente sul commercio dei fiori di una impresa, il cui principale obiettivo di mercato erano i fiorai, un mestiere per il quale è necessaria un’acutissima sensibilità olfattiva non comune nella massa della popolazione. Tra le varie raccomandazioni fatte per estendere a nuove zone l’attività del reparto vendite, l’autore consigliò di inserire nelle preposizioni per la pubblicità e la vendita, un assortimento di espressioni idiomatiche e termini relativi ai fiori, e di predicati olfattivi.
Sarebbe stato un piacevole modo di impedire che il rapporto appassisse e di assicurare un sano rigoglio, e anche di fornire un ambiente fresco, fertile e soddisfacente al fiorire della creatività degli addetti alle vendite e alla crescita del loro morale.
I termini del linguaggio dei fiori che è facile trapiantare nella conversazione quotidiana possono essere: profumo, rigoglioso, appassire, gemma, sfogliare, ibrido, fioritura, inaridirsi, effimero ecc..
In quasi ogni campo d’attività e di affari possiamo disporre di vocabolari specializzati, come questo dei fiori, da cui la comunicazione può trarre notevole vantaggio.

 

 

 

L’attività imprenditoriale e organizzativa

ESEMPI DI SETTORI DELL’ APPLICAZIONE DELLA PNL

La PNL ha creato un modello che risulta essere sorprendentemente innovativo ed efficace in ogni settore e situazione in cui, tra gli esseri umani, si svolga una comunicazione. In qualsiasi tipo di attività, le maggiori risorse sono costituite dalle persone che vi sovrintendono, quindi, ovunque l’uomo operi, può divenire esempio di applicazione della PNL e di conseguente rivoluzione.
Seguiranno degli esempi che meglio rappresentano il funzionamento delle strategie, ma ogni occasione, settore, campo professionale o personale possono beneficiare delle innovazioni applicative della Programmazione Neuro Linguistica.
L’attività imprenditoriale e organizzativa
Sono molti gli aspetti delle interazioni di tipo imprenditoriale e organizzativo che potremmo prendere in esame, questi che seguono sono solo alcuni settori specifici.
Il compito principale di ogni dirigente o amministratore è l’acquisizione della capacità organizzativa e di quella di gestire i rapporti con i dipendenti. Per riuscirvi occorre passare per tre fasi essenziali.
La prima fase, che permette tutte le altre, è l’instaurazione del Rapport: un apporto con gli individui, attento e aperto, risulta essere vantaggioso, perché ci permette di eliminare la resistenza che ostacola la comprensione.
L’approccio a ciascun individuo, influirà in modo determinante sull’andamento dell’interazione.
Ricalcando le strategie e il comportamento dell’altra persona, rispecchiandone e rimandandole per retroazione il tono di voce e la cadenza, le espressioni, gli atteggiamenti e i gesti, potremo stabilire rapidamente un proficuo rapporto.
Dedicando all’inizio dell’interscambio della comunicazione tutto il tempo necessario a predisporre ancore di risorsa e ancore positive, potremo contribuire ad accelerare la progressione verso l’esito auspicato dell’interazione.
La seconda fase consiste nella raccolta delle informazione, perché, come sappiamo, la conoscenza delle informazioni che ci occorrono e di come procurarcele, ci sarà di grande aiuto per ottenere che le cose siano fatte rapidamente e bene.
Varrà dunque la pena, progettando qualsiasi piano, procedimento, negoziato od operazione, di fondare per quanto possibile queste informazioni su uno specifico linguaggio a base sensoriale (che esprima cioè cose che ognuno possa vedere, udire, di cui possa avere la sensazione e sentire l’odore).
Prestando attenzione ai segnali non verbali, organizzando la nostra tattica per la raccolta delle informazioni e dando risalto alla forma e al modo di procedere, definiremo più rapidamente e meglio le modifiche necessarie per eliminare problemi, che ci fanno perdere tempo e denaro, non appena avremo scoperto quali sono le strategie che occorrono, per rendere manifeste nuove possibilità di azione, vantaggiose e dinamiche. Le informazioni minimali da raccogliere per la giusta impostazione di qualsiasi decisione, soluzione di problema, processo di mutamento, dovrebbero comprendere:
    1. Che cosa volete? (stato desiderato/risultato)
    1. Che cosa vi sta succedendo ora? (stato attuale)
    1. Che cosa vi impedisce di ottenere ciò che volete? (stato che è fonte di problemi)
    1. Di che cosa avete bisogno per ottenere ciò che volete? (risorse)
    1. Come fate a sapere se procedere in modo adeguato verso il vostro obiettivo? (retroazione)
    1. Lo avete mai conseguito prima d’ora? Che cosa avete fatto per conseguirlo? (risorse).
Si tratta semplicemente di domande sul modo di procedere, ma successivamente le informazioni da raccogliere saranno relative al prezzo, alla convenienza, al profitto ecc..
Il ricalco del comportamento è un modo rapido ed efficace di raccogliere la informazioni relative al modello del mondo e alle strategie di coloro con cui lavoriamo.
La terza fase consiste nell’esposizione e nella presentazione delle nostre idee e dei nostri suggerimenti, in modo conforme e congruo alle strategie e ai modelli del mondo di coloro con cui abbiamo a che fare.
È sempre necessario ottenere un feedback sul modo in cui le nostre comunicazioni influenzano l’individuo o il gruppo che abbiamo di fronte. Infatti, uno dei presupposti basilari della PNL, è che la risposta che otteniamo dagli interlocutori è il significato della nostra comunicazione, indipendentemente da quello che intendiamo attribuire alla comunicazione stessa.

 

 

 

 

La PNL e l’Ancoraggio

La PNL e l’Ancoraggio

 

Ancorare significa fissare uno stato interno, allo scopo di riprodurlo immediatamente e in modo automatico quando l’ancora viene attivata. Questa tecnica in PNL, serve per avere velocemente delle risposte, in quanto l’ancora è un condizionamento che replica lo stato, tante volte quanto è attiva l’ancora stessa.
L’ancoraggio poggia sul presupposto, che tutte le esperienze vengono rappresentate dalle informazioni sensoriali. Ogni qual volta si reintroduce una parte qualsiasi di una data esperienza, si riproducono, in qualche misura, altre parti della stessa esperienza. Potremo quindi servirci di una parte qualsiasi di un’esperienza come ancora, per accedere ad un’altra parte dell’esperienza stessa.
Per molti aspetti questa strategia, perché così si può definire, non è che una versione, orientata verso l’utente del concetto stimolo risposta dei modelli behavioristici, ma con due sostanziali differenze:
    1. Per stabilire l’ancoraggio non occorre un lungo condizionamento. Certo il condizionamento protratto contribuirà a stabilirlo, ma sarà spesso l’esperienza iniziale quella che lo fisserà nel modo più saldo. Dunque, le ancore promuovono l’uso dell’apprendimento per tentativi unici.
    1. Per fissare l’associazione tra l’ancora e la risposta non è necessario rinforzarla direttamente, con qualche risultato immediato prodotto dall’associazione stessa. Ossia, le ancore, o le associazioni, si fisseranno senza che occorrano compensi o rinforzi diretti. Al pari del condizionamento, anche il rinforzo contribuirà al fissaggio dell’ancora, ma non è una condizione indispensabile.
    1. L’esperienza interna (cioè il comportamento cognitivo) è considerata altrettanto significativa, sotto il profilo del comportamento, che le risposte manifeste misurabili. In altre parole, la PNL sostiene che il dialogo, l’immagine o la sensazione interna, costituiscono una risposta allo stesso modo della salivazione del cane di Pavlov.
Il fissaggio dell’ancora richiede la predisposizione di uno schema sinestesico, ovvero la correlazione esistente tra rappresentazioni di due sistemi sensoriali diversi, che si sono associati nel tempo e nello spazio.
Questa tecnica è strettamente correlata ai sistemi rappresentazionali: ancorare significa, infatti, stabilire uno stimolo visivo, uditivo, cinestetico, atto a provocare una risposta che è uno stato interno.
Le ancore sono continuamente presenti nella nostra esperienza e nella nostra vita quotidiana. Anche i nomi, i luoghi, la voce, gli oggetti sono ancore.
Siamo immersi in un mare di ancore che suggellano i nostri stati e delle quali non ci rendiamo conto, e anche noi spesso con i nostri comportamenti suggelliamo con ancore gli stati che induciamo negli altri.
Se stiamo vivendo un’esperienza affettiva verso qualcuno, che magari sta soffrendo, istintivamente siamo portati a esprimere questo sentimento con un gesto, una carezza. Questo segnale di comunicazione non verbale può indurre nell’altro uno stato di consolazione e di sollievo, perché magari gli ricorda un gesto della madre. In questo, caso noi abbiamo inconsapevolmente riattivato un’ancora. Il rinnovare questo tocco d’ora, in poi farà accedere nuovamente la persona a quello stato.
La stretta di mano, un regalo, il biglietto per una festività, la telefonata, l’abito considerato porta fortuna, le cose che si fanno prima di un’occasione sono ancore. Tutte le celebrazioni, le inaugurazioni sono modi propiziatori di circondarsi di ancore positive.
Esistono anche ancore negative, basti pensare ai crisantemi, fiori apprezzati come gentile regalo in tutto il mondo fuorché in Italia, perché rammentano i cimiteri e il solo vederli procura una sensazione di tristezza. Le fobie, per esempio, sono stati negativi associati automaticamente ad alcune ancore: una persona vede e ascolta qualcosa e istintivamente ha una sensazione estremamente negativa visiva-cinestetica o uditiva-cinestetica.
Alcune caratteristiche dell’ancora possono incidere sull’efficacia dell’ancoraggio. È importante che l’ancora sia:
    • Congruente: cioè abbia una qualità comune con lo stato. Un urlo di guerra non sarà l’ancora più adatta per uno stato di rilassatezza, così come una carezza non sarà l’ancora più adatta per uno stato di sfida.
    • Unica: cioè non sia ancora per stati diversi.
    • Puntuale: cioè molto circoscritta e definita. Se è cinestetica, in un punto preciso del corpo. Se è uditiva, una parola ripetuta con lo stesso tono e volume. Se è visiva, un oggetto con la stessa forma, dimensione e colore.
    • Ripetibile: è importante che sia attivabile in ogni contesto.
    • Tempestiva: è importante che sia apposta proprio prima che la persona raggiunga l’apice dello stato.
Un ancoraggio è ben riuscito, quando la persona alla quale abbiamo voluto fissare un’ancora, ogni volta che compie lo stesso gesto, oppure ascolti lo stesso suonoo veda la stesso oggetto, abbia l’identica sensazione, risposta, o stimolo che è voluta essere stata sollecitata.
Questa strategia è applicabile con successo nei campi più svariati perché, creando un legame stretto e irriducibile tra il nostro agire e il nostro inconscio, facilita il raggiungimento dei propri obiettivi e degli stati desiderati.

 

 

 

 

 

 

La PNL e la Time-Line

 La PNL e la Time-Line

L’uso della Time-line (o TL) è un’applicazione piuttosto recente delle tecniche della PNL, che ci consente di conoscere meglio un soggetto e di intervenire in modo efficace sulla sua rappresentazione mentale della dimensione tempo.
Più precisamente, la linea del tempo (tradotto letteralmente) ci consente di lavorare sui ricordi passati e su come si pensa possano svolgersi gli eventi futuri. Molto spesso i ricordi non corrispondono a ciò che è realmente avvenuto nel nostro passato: in parte il tempo trascorso, in parte altri meccanismi, hanno alterato considerevolmente ciò che i sensi hanno registrato.
 Tutto questo, per il tecnico della PNL non costituisce un problema, egli non è un investigatore che indaga su fatti realmente avvenuti, non ha quindi motivo di chiedersi quali meccanismi abbiano provocato eventuali alterazioni dei ricordi. E’ importante ribadire che la PNL non si interessa alla realtà dei fatti, ma alla rappresentazione mentale che gli individui ne hanno, a prescindere dai motivi che l’hanno originata.
Tutto ciò, oltre che liberarci da inutili scrupoli legati all’attendibilità dei ricordi, ci permette anche di lavorare con il futuro sul quale ci possono essere solamente immagini mentali.
Gli utilizzi di questo procedimento sono molteplici: la linea del tempo può essere di aiuto al superamento di traumi passati o ansie future, e inoltre può facilitare la realizzazione degli obiettivi fornendo le risorse necessarie. Il modo di immaginare l’avvenire va ad influire su di esso, proprio come le considerazioni che facciamo sul nostro passato inevitabilmente condizionano il presente.
Le persone ambiziose hanno, spesso, una chance in più di arrivare al traguardo prefissato, poiché, ciò che precede il raggiungimento di un obiettivo, è spesso proprio la costruzione di un’immagine mentale che lo rappresenti.
Ciò che la PNL, e più specificatamente la Time Line, ci consente di fare, è mettere a fuoco il nostro modo di vedere il trascorrere dellavita, prenderne consapevolezza e intervenire su di essa al fine di vivere meglio i ricordi del passato e “mettere i mattoni” in modo opportuno per costruire il futuro desiderato.
Per poter lavorare sull’esperienza soggettiva di un individuo dobbiamo ricondurre qualsiasi ricordo, cognizione o aspettativa alle rispettive submodalità, in quanto è proprio con queste che il tecnico PNL lavora.
La Time Line utilizza quasi esclusivamente la modalità visiva e le sue innumerevoli submodalità; di conseguenza, chi ha una predisposizione naturale a visualizzare ne sarà facilitato.
Sarà capitato a tutti di ascoltare qualcuno che, con espressioni come: Ho lasciato il passato alle mie spalle, ha dichiarato di collocare nello spazio circostante (in questo caso dietro di sé) le immagini di alcuni eventi della propria vita. Altri dichiarano di vedere un futuro più roseo davanti a loro; anch’essi non fanno altro che collocare nello spazio qualcosa che non esiste in nessun altro posto che non sia la loro mente.
Questa capacità di tirare fuori la soggettività per tradurla in immagini, suoni, sensazioni e descriverne la collocazione, l’intensità o la qualità, è proprio quello che ci permette di lavorare con la PNL.
Quello che il tecnico dovrà fare, sarà aiutare il soggetto a individuare nello spazio a lui circostante la collocazione delle immagini (relative ai vari momenti della propria vita), fino a costruire una linea che unisca gli eventi presenti, passati, futuri. Su questa linea, ad esempio, troveremo le rappresentazioni legate al primo giorno di scuola, l’immagine del momento presente e quella relativa a un momento futuro (come ad esempio il giorno della pensione o la nascita del primo nipotino).
Questo compito sarà piuttosto difficile per l’operatore di PNL, che dovrà combattere contro la perplessità del suo interlocutore sottoposto ad un indagine tanto insolita; sarà inoltre impegnativa anche per il soggetto, che dovrà far ricorso alla sua capacità di visualizzare, di ricordare, di tradurre in immagini, suoni e sensazioni i suoi ricordi e le sue previsioni future.
L’individuo che ricostruisce la sua Time Line vive durante l’intero processo gli stati d’animo più diversi: in alcuni momenti potrà esserci paura, in altri fastidio, ma più spesso soddisfazione per essere riusciti a ordinare le idee in un modo così sistematico.
A causa della complessità di queste operazioni mentali, il tecnico dovrà essere dotato di molta pazienza, empatia, creatività e preparazione professionale per riuscire ad accompagnare il paziente o semplice interlocutore attraverso questa esperienza tanto insolita che sorprendente.
Il tecnico-programmatore dovrà avvalersi di uno schema di riferimento caratterizzato da tappe; dovrà essere dotato inoltre, dell’esperienza sufficiente per sapersi destreggiare con gli imprevisti che si verificano inevitabilmente, quando si lavora con la mente delle persone.
Se il procedimento che tra poco andremo a spiegare sarà eseguito in modo adeguato, si otterrà un eccezionale strumento di lavoro che permetterà il raggiungimento di molti obiettivi. Il procedimento da utilizzare è composto da tre tappe.
La prima tappa ha come punto di arrivo l’instaurazione del rapporto empatico positivo (rapport) tra il tecnico-terapeuta e il soggetto-paziente.
Lavorando con la time-line questo aspetto assume particolare importanza, in quanto il lavoro sarà piuttosto faticoso e necessiterà quindi di forte motivazione e spirito di collaborazione.
In questa fase oltre ad instaurare un rapport, l’operatore spigherà lo scopo del procedimento che si sta per intraprendere e avviserà l’interlocutore dell’impiego che sarà necessario per raggiungere un buon risultato. Una modalità valida potrebbe essere quella di presentare il tutto come un gioco stimolante e divertente, che potrà aiutare la persona a conoscere meglio se stessa e a raggiunger obiettivi importanti.
La seconda tappa corrisponde, una volta instaurato un rapport, a far prendere consapevolezza al paziente del fatto che egli ha già, nella sua mente, una time-line e quello che dovrà fare sarà unicamente riuscire a prenderne coscienza e a verbalizzarla; questi dovrà rendersi conto che, quando pensa al suo futuro o al suo passato, è in grado di collocarli nello spazio a lui circostante definendone la direzione e la distanza.
Per far entrare il soggetto nell’ottica giusta, sarà importante fargli notare, che è normale collocare gli eventi temporali nello spazio a noi circostante. Per fare questo, il metodo migliora sarà ricordargli come le persone esprimono questo stato di cose tramite la metafore presentate precedentemente.
A questo punto la domanda che dovrà fare il tecnico sarà quella di farsi indicare con il dito dove si trova il passato e dove il futuro.
È importante porre la richiesta in questi termini al fine di superare le barriere razionali (che interverrebbero inevitabilmente se venisse chiesto al soggetto di dirci dove si trovano passato e futuro. La riposta in questo caso non sarebbe spontanea, ma ragionata e ciò comporterebbe la veridicità).
Per raccogliere più informazioni, verrà chiesto dove si trova l’immagine del momento della nascita e lo stesso deve essere fatto con l’immagine relativa al momento presente e a quello della morte. Grazie a questo verranno fissati tre punti importanti sulla linea che chiameremo P quello relativo al presente, N quello riferito alla nascita e M quello che indica la morte.
Con questa serie di operazioni verranno fissati gli estremi della linea del tempo e verrà indicato a quale distanza dalla testa l’individuo colloca il punto che corrisponde al presente.
Anche se la linea non è una retta precisa e in realtà non lo è quasi mai, unendo i punti individuati, si otterrà già un’idea, anche se approssimativa, di come è costruita la Time Line. Questa tappa è di particolare importanza poiché, oltre ad essere fondamentale per il lavoro successivo, consentirà al tecnico di individuare alcune caratteristiche specifiche della persona, che potranno poi essere utilizzate per modificarne il modo di percepire il tempo.
Nella terza tappa il paziente verrà invitato a pensare ad alcuni eventi significativi del proprio passato e a collocarne le immagini, i suoni o le sensazioni sulla linea del tempo.
È bene chiarire che, collocare un evento sulla TL è un’imprecisione, in quanto è possibile che si percepiscano alcuni episodi della vita come spostati (rispetto alla traiettoria della linea che aveva costruito unendo solo i punti N, P e M).
In questa eventualità, è bene sottolineare che in realtà è la linea che si deve adattare alle immagini corrispondenti agli episodi e non viceversa. Sarà inoltre opportuno inserire sulla TL anche gli eventi meno gradevoli o addirittura traumatici; in corrispondenza di questi, infatti, si trovano spesso delle variazioni nella forma, nella direzione, nella curvilineità, nel colore e nello spessore. È bene notare che alcune persone immaginando la propria time-line, non hanno l’immagine di una semplice linea scura, ma possono visualizzare un tunnel, un sentiero con diverse caratteristiche cromatiche e dimensionali.
Sta al terapeuta cercare di invitare l’interlocutore ad arricchire di particolari la Time Line, per renderla più personale e rappresentativa.
Le tappe successive, perciò si differenziano a seconda del tipo di lavoro che sarà necessario per venire incontro alle esigenze di ogni soggetto.
Dalla descrizione di centinaia di TL, sono emerse due tipologie di linee molto frequenti, le quali si differenziano per una caratteristica precisa. La loro collocazione rispetto alla testa del soggetto.
Alcune persone, collocano la propria immagine del presente in corrispondenza della testa o del corpo e quindi la linea li attraversa; essi posizionano il futuro davanti a loro e il passato alle spalle.
Questa tipologia detta in-line, è presente in soggetti con caratteristiche peculiari.
Benché far elicitare la Time Line non sia un test psicologico, quando ci troviamo di fronte ad un soggetto in-line possiamo dedurre alcune considerazioni su come questa tipologia di Time Line possa influenzarne alcuni aspetti dell’esistenza.
Ipotizziamo che la TL abbia una forma come quella rappresentata in fig.5: la persona si sentirà in diretto contatto con i suoi eventi futuri e passati, in quanto si percepirà attraverso essi. Questo, a livello emotivo, comporterà un forte coinvolgimento con i ricordi del passato e le aspettative o i timori per il futuro.
Questa linea viene spesso elicitata da persone che soffrono per i loro trascorsi o sono in ansia per ciò che potrà accadergli, in quanto non riescono a vivere con distacco gli eventi meno gradevoli della loro esistenza. Questo stato d’animo è inoltre sovente accompagnato da una certa confusione, poiché gli eventi futuri, come quelli passati, sono spesso sovrapposti. Gli eventi piacevoli del passato si sovrappongono a quelli spiacevoli, non permettendo ai soggetti in-line di mantenere un ricordo bello, isolato da uno neutro o da uno brutto. Quando queste persone ricordano un’esperienza positiva, non riescono più a goderne, in quanto l’associano automaticamente ad altre (a causa della loro prospettiva particolare.)
L’altro tipo di Time Line è chiamata through-time.
Come è possibile intuire guardando la figura 6, chi ha questo tipo di linea vive i momenti della sua vita con un certo distacco emotivo, poiché li percepisce distanti da sé; la persona through-time ha un ottimo controllo sugli eventi, perché la componente affettiva legata ad essi non ne impedisce un’analisi obiettiva. In virtù del fatto che i vari momenti della vita non sono sovrapposti ma collocati in serie, l’individuo through-time riuscirà a distinguere con più chiarezza le varie esperienze vissute e a giudicarle in modo distacco.
Quello che la PNL cerca di dare, è una maggiore possibilità di scelta, ciò che le interessa è unicamente capire come è organizzata la mente e come poterne migliorare le strategie.
Molto spesso, si sostiene di mal sopportare le limitazioni causate dalla forma o dalla collocazione della sua linea del tempo; la PNL dà la possibilità di modificare la TL e un cambiamento di esso può essere accompagnato da svariati e differenti stati d’animo.
Se una persona volesse, per esempio, far ruotare la sua linea del tempo o raddrizzarla oppure passare da in-line a through-time, dovrebbe farsi seguire da un esperto, il quale suggerirà le modifiche in base alle reazione emotive che gli verranno comunicate.
A seguito di questo cambiamento, il risultato atteso sarà uno stato d’animo diverso da parte del soggetto; egli potrà sperimentare, nei giorni successivi, in che modo l’aver cambiato la TL avrà influito sulla sua quotidianità.
Uno strumento di grande utilità all’elicitazione della Time Line è l’ipnosi.
Avvalendosi di una leggera trance ipnotica, il soggetto avrà una maggiore facilità di visualizzare, nel concentrarsi e nel percepire i suoi stati d’animo.
Una volta visualizzato la TL, la prima cosa da sperimentare sarà muoversi agevolmente sopra e dentro essa. Qualora si verificassero difficoltà, potrà essere utile  rovare a disegnare la linea segnando su di essa, i punti relativi ai vari momenti rievocati precedentemente. Fatto questo, dopo aver provocato nel soggetto un rilassamento più o meno profondo, il terapeuta lo inviterà a vedere se stesso inserito nella sua TL in corrispondenza del punto P; successivamente il paziente sarà invitato ad immaginare di elevarsi a qualche metro di altezza: questo gli provocherà un cambiamento di prospettiva distaccandolo emotivamente dalla situazione.
Il coinvolgimento emotivo sarà maggiore o minore in modo direttamente proporzionale all’avvicinamento o all’allontanamento dal punto in cui si trovano le immagini relative agli eventi. Successivamente si potrà ridiscendere sulla linea e ricontestualizzarsi nel punto P; si ripeterà l’esercizio fino a quando non si troverà agevole questa operazione.
Ciò da la possibilità di vedere da una posizione nuova e distaccata gli eventi del passato e del futuro.
Un ulteriore esercizio interessante potrebbe essere quello di sperimentare la regressione.
Se vogliamo rendere un’immagine più chiara di quello che si prova movendosi sulla Time Line, possiamo dire che, quando ci collochiamo sul punto P, ci vediamo nell’ambiente in cui ci troviamo realmente (per esempio, in una stanza). Questa ha due porte immaginarie situate a estremità opposte che si aprono una verso il passato e una verso il futuro. Attraversando, per esempio, la porta che conduce al passato, ci recheremo nell’ultimo posto dove ricordiamo di essere stati o nell’ultima situazione che abbiamo vissuto.
Continuando in questa direzione (cioè verso il passato) ci ritroveremo, per esempio, alla scuola materna.
Il terapeuta potrà quindi invitare il soggetto a muoversi dentro la Time Line, attraversare queste porte e descrivere ciò che vede.
Se l’operatore noterà un’espressione felice nel suo interlocutore, potrà invitarlo ad associarsi emotivamente al “se stesso” che incontra durante il percorso.
Diversamente, se attraverserà una porta che lo conduce ad un evento doloroso, il tecnico lo inviterà a vedersi sollevato da terra, evitandogli quindi di rivivere una sofferenza.
Nell’utilizzo di questa strategia è evidente il fatto che la PNL sia una costola della psicologia e della psicoterapia, che riscontra un numero infinito di frutti positivi e casi risolti.
È importante sottolineare che chi utilizza le tecniche di PNL deve avere a monte una cultura professionale sostanziosa da permettere l’utilizzo di pratiche terapeutiche, perché il compito che esegue è di estrema delicatezza proprio perché si lavora con le persone e la loro vita personale.

 

 

 

 

PNL: Il Modello di strategie T.O.T.E.

Modello di strategie T.O.T.E.

 

Per la PNL ogni nostro comportamento manifesto è controllato da strategie operanti internamente. Ciascuno di noi ha un proprio insieme di strategie per motivarsi, per alzarsi dal letto la mattina, per delegare ai dipendenti le responsabilità di lavoro, per imparare e insegnare, per condurre negoziati d’affari e così via.
Eppure i nostri modelli culturali, non ci insegnano esplicitamente gli aspetti specifici delle strategie necessarie per conseguire gli obiettivi comportamentali espressi o impliciti in ciascun modello.
Per descrivere una specifica sequenza di comportamento, la PNL sfrutta lo studio che per la prima volta fu formulata in “Plans and the structure of Behavior”, pubblicato nel 1960 da Gorge Miller, Eugene Galanter e Karl H. Pribram.
Questo studio si chiama T.O.T.E., che significa Test, Operate, Test, Exit e riprende una sequenza basata sul modello del computer.

 

Il primo Test è un input che dà inizio alla strategia; stabilisce i criteri per andare avanti partendo dallo stato come standard. Il secondo test si fa sullo stato desiderato.
    1. L’Operazione dà accesso ai dati per avanzare ricordando, creando o raccogliendo le informazioni richieste dalla strategia, dal mondo interno e esterno, per procedere dallo stato presente allo stato desiderato.
    2. Il secondo Test è un confronto di alcuni aspetti dei dati a cui si ha avuto accesso con i criteri stabiliti dal primo test. I due stati confrontati devono essere rappresentati nello stesso Sistema Rappresentazionale.
    3. L’Exit, o il Punto decisionale, o “Punto di Scelta”, è una rappresentazione del risultato del test e se c’è coincidenza tra stato presente e stato desiderato la strategia è conclusa.
    4. Se non c’è coincidenza la strategia si ricicla.
    5. La strategia si può riciclare:
• Cambiando l’obiettivo o correggendo la strategia.
• Adeguando i criteri, salendo o scendendo di livello, o riorientarli.
• Specificando o affinando ulteriormente l’obiettivo.
• Accedendo ad altri dati.
Questo modello è lo schema alla base di ogni apprendimento, strategia o azione.
Facciamo un esempio nel tentativo di rendere più esplicito il modello.
Supponiamo che vogliamo appendere un quadro su una parete vuota.
La parete vuota rappresenta lo stato presente o la situazione attuale.
L’obiettivo, lo stato desiderato è rappresentato dalla parete con il quadro appeso nel punto adeguato. Per raggiungere l’obiettivo sarà necessario compier delle azioni specifiche: per prima cosa prendere un martello e dei chiodi (OPERAZIONI) poi confrontiamo se lo stato desiderato è stato raggiunto (TEST). In questo caso è chiaro che porteremo il chiodo nel punto prefissato e diamo la prima martellata (nuova OPERAZIONE) e saggiamo la tenuta del chiodo (TEST).
Se il chiodo non è ben fissato si darà una nuova martellata e così via. Sarà solo quando il test sarà positivo e cioè quando lo stato presente e lo stato desiderato saranno coincidenti, il quadro appeso nel punto desiderato che si potrà uscire (EXIT) dallo schema.
Questa strategia può essere alla base di qualsiasi azione che ha degli obiettivi da perseguire. Nel caso dell’utilizzo T.O.T.E., in un qualsiasi processo comunicativo, l’obiettivo potrebbe portare l’interlocutore ad uno stato di benessere e per fare questo cerchiamo di calibrarci: modifichiamo il tono della voce e se il test ci dice che non è ancora sufficiente, cambiamo il volume e il test ci dice che il soggetto ha raggiunto lo stato da noi desiderato; a questo punto usciremo dallo schema.