Categorizzare i lavoratori flessibili per studiarli meglio

Categorizzare i lavoratori flessibili per studiarli meglio

La maggior parte degli studi sul tema è di natura non teorica o al massimo si rifà a modelli teorici  che spiegano  atteggiamenti, benessere e comportamento dei lavoratori temporanei.

Il problema primario consiste nel comprendere quale tipologia di lavoratori si vuole prendere in  analisi, considerata l’eterogeneità del concetto di lavoratore flessibile (Virtanen et al. 2003b).

Se si parla di lavoratori temporanei la posizione più bassa è da attribuire ai lavoratori “a chiamata”  i quali mostrano i livelli più bassi di soddisfazione lavorativa (Guest e altri 2003) e quindi in questo senso potrebbero abbassare il livello di job satisfaction in un campione di lavoratori temporanei generico.

Le differenze legate alla legislazione degli Stati presi in studio portano a risultati che sembrano poco generalizzabili, se non all’interno di contesti che presentano le medesime condizioni e regolamentazioni.

I contratti possono essere stabiliti con le agenzie o essere trattati individualmente e ciò genera un ulteriore squilibrio se prendiamo in considerazione i livelli di formazione, i benefits e tutti quei diritti che riducono il rischio di instabilità e allontanano gli effetti negativi della disoccupazione (Hancock 1999; Scherer 2004; Wooden 2004).

Altro aspetto di differenziazione molto importante tra i lavoratori temporanei è la volition, vale a dire la volontarietà della scelta di intraprendere un lavoro temporaneo per svariate ragioni, o per andare incontro alle proprie esigenze di conciliazione lavoro-famiglia o per usufruire della flessibilità degli orari di lavoro.

In passato i lavori temporanei erano preferiti ai permanenti perchè presentavano un alto livello di motivazione nei confronti del loro lavoro; la volition costituiva un’elevata percezione di controllo sul proprio lavoro e ciò preservava il lavoratore da condizioni di strain così come è confermato dai postulati del modello di Karasek (1979).

I lavoratori che operano scelta volontaria rispetto al lavoro temporaneo mostrano livelli più elevati  di job satisfaction (Barringer e Sturman 1998; Ellingso e al. 1998; Krausz e altri. 1995)  e più elevati livelli di committment (Von Hippel e altri 1997).

Tutto ciò sottolinea come l’aspetto della volition sia molto importante per i lavoratori temporanei poiché genera una ulteriore differenziazione tra questi, determinando differenze significative sotto il punto di vista dei risultati.

Un altro aspetto da tenere presente è la possibilità che il lavoro flessibile, in determinate situazioni e condizioni, possegga degli aspetti positivi e desiderabili per il lavoratore (De Cuyper e De Witte 2006a) e che non tutti gli aspetti della flessibilità siano da considerare negativi (Garsten 1999; Kunda e altri 2002).

Si considerava pocanzi la possibilità di migliorare l’equilibrio lavoro-famiglia con orari flessibili che permettono di pensare al manage familiare o alla  possibilità di sfruttare il cambiamento di occupazioni diverse, al fine di acquisire conoscenze e competenze che arricchiscano il portfolio del lavoratore temporaneo (Hardy e Walker 2003; Kalleberg 2000; Krausz e altri. 1995).

Generalmente le possibili caratteristiche favorevoli del lavoro provvisorio non vengono prese in considerazione negli studi nonostante costituiscano elementi di rilievo che possono influenzare i risultati di ricerca.

 

 

 

 

 

Lavoro flessibile e job insecurity: l’incertezza lavorativa avanza alla luce di un fenomeno eterogeneo – © Dr. Pierluigi Lido