Al servizio del lavoratore: un’indagine condotta sul territorio di Venezia Mestre

Al servizio del  lavoratore: un’indagine condotta sul territorio di Venezia Mestre

Dal Settembre 2006, anno della costituzione dello sportello antimobbing della CGIL di Venezia Mestre, De Felice ha accolto persone provenienti dal territorio Veneto e dalle regioni limitrofe, ma i partecipanti cui facciamo riferimento nelle analisi a seguire è rappresentativo delle persone che lavorano nella provincia di Venezia.

In questi anni, 300 persone hanno fatto richiesta dei servizi offerti dall’associazione sindacale; per quanto riguarda il gruppo di ricerca di questa specifica indagine, sono 230 le persone che ne fanno parte.

I grafici sotto riportati suddividono il gruppo di ricerca per genere, età, residenza, titolo di studio, iscrizione  al sindacato, il tipo di  contratto, il tipo di azienda e la categoria lavorativa di appartenenza.

Incrociando le variabili è possibile ottenere uno specifico quadro di riferimento indicativo dell’attuale situazione vigente nella provincia veneta.

grafico 1.1: distribuzione dei partecipanti per genere e età

 

Queste analisi, condotte a puro scopo rappresentativo, mostrano come il gruppo di riferimento determini anzitutto una forte scissione a livello di genere; infatti, il 63% è costituito da donne di età compresa fra i 36 e i 50 anni.

Gli uomini, che compongono il restante 37% del gruppo, sono equamente rappresentati da persone che risiedono nelle fasce d’età che vanno dai 31 ai 60 anni.

Confrontando i dati con quelli ottenuti da Ege in una ricerca condotta nel 1999  su un campione di 469 vittime del mobbing, è notevole osservare come i numeri siano simili; infatti, lo studio riferisce che circa il 58% è di sesso femminile, contro il restante 42% di sesso maschile.

Come lo stesso Ege ci tiene a sottolineare, questo dato non deve essere valutato in modo troppo affrettato e semplicistico.

Il dato esposto dallo studioso, in linea con quello presente in questo elaborato, riflette non la percentuale generale dei mobbizzati, bensì la percentuale di quelle persone che, ritenendosi vittime di mobbing, hanno cercato spontaneamente aiuto esterno al loro disagio.

È quindi errato sostenere che gli uomini sono meno soggetti al mobbing rispetto alle donne; tendenzialmente, infatti, il lavoro è considerato più importante dall’uomo che dalla donna a livello mentale.

Come sostiene Ege, per quanto le donne possano essere ambiziose e determinate nel fare carriera, a livello generale hanno a disposizione anche altre possibilità per realizzarsi, quali la famiglia, la casa, i figli e l’impegno sociale. Gli uomini, viceversa, sono quasi sempre convinti di dovere e potere esprimersi al meglio solamente nel lavoro e nella carriera professionale.

Questa considerazione proposta da Ege spiega chiaramente il dato risultante: davanti ad una situazione di conflitto o di mobbing, l’uomo tende a bloccarsi ed ad irrigidirsi. Ammettere di stare male significherebbe, per altri ma soprattutto per se stesso, ammettere di aver fallito nel campo più importante di tutti.

Per orgoglio, dunque, il mobbizzato di sesso maschile tende a non esporsi davanti ad altri, rifiutando qualsiasi aiuto affinché la propria immagine sociale non venga minimamente intaccata. Ecco perché meno uomini che donne avanzano richieste di aiuto ad enti che si preoccupano della salvaguardia del lavoratore vessato (Ege, 2002).

grafico 1.2: distribuzione dei partecipanti per genere e titolo di studio

 

Il gruppo di partecipanti preso come riferimento per queste analisi mostra come le persone vessate nel territorio di Venezia e provincia abbiano un titolo di studio pari o inferiore al diploma (80%), fra questi, le donne risultano le più colpite (50%), come nel caso delle persone laureate (14%).

grafico 1.3: distribuzione dei partecipanti per genere e iscrizione al sindacato

 

Il dato presentato evidenzia come le persone iscritte all’associazione sindacale CGIL facciano maggiormente richiesta di aiuto (68%) rispetto a chi non appartiene ad alcun sindacato.

Questo dato, come emerge dalle parole di De Felice e di Azzarini che hanno contribuito alla ricerca, è sintomo del fatto che il fenomeno del mobbing è solitamente pubblicizzato fra le persone facenti parte di una cerchia di lavoratori che comunica informazioni utili per poterlo affrontare adeguatamente.

Questo dato positivo dimostra che a tutti gli effetti le persone che sono iscritte ad un’associazione sindacale hanno l’opportunità di essere sostenute durante tutto il processo del mobbing; venirne a conoscenza tramite i propri colleghi o tramite il sindacato stesso supporta l’idea che affrontare il mobbing insieme a dei professionisti è senza dubbio la scelta più oculata (Favretto, 2005).

grafico 1.4: distribuzione dei partecipanti per genere e tipo di  contratto

 

Di grande rilevanza è il grafico 1.4, poiché dimostra che le persone che accusano sofferenza sul luogo di lavoro possiedono un contratto a tempo indeterminato (84%), a dimostrazione di quanto detto da Leymann (1996), il quale sottolinea come le fasi del processo di questo fenomeno si perpetuino nel tempo anche per lunghi periodi, in alcuni casi anche per anni.

Anche in questo caso la ricerca di Ege (1999) supporta i dati di questa indagine, riscontrando che circa il 77% delle vittime del mobbing lavorano da più di 5 anni nello stesso ambiente lavorativo.

Ege (2001), in riferimento a quanto appena detto, afferma che questo particolare sub campione è composto da persone che non vengono vessate sin dalla loro assunzione; infatti, solo nell’ultimo periodo il mobbizzato subisce ripercussioni e violenze sul luogo di lavoro.

Ciò che fa scattare nel mobber la volontà di sottomettere un proprio collega è un improvviso mutamento avvenuto nell’ambiente lavorativo; Ege fa riferimento ad un repentino e sostanziale cambiamento riscontrabile a livello organizzativo societario o, ancora, dovuto al variare del clima aziendale che viene percepito diversamente dai lavoratori.

 

grafico 1.5: distribuzione dei partecipanti per genere e categorie lavorative

Le categorie lavorative cui si fa riferimento sono tratte dalla classificazione Istat delle Professioni .

Fra queste, il settore denominato “Amministrazione, Finanza e Controllo” sembra essere il più danneggiato (24%); ne fanno parte coloro che svolgono un ruolo impiegatizio.

Avvalorano il dato riportato le ricerche di Ege (1998) che sottolineano come in Italia il mobbing sembra essere una piaga tipica dei colletti bianchi; infatti, la categoria degli impiegati d’ufficio sembra essere quella più colpita.

Grafico 1.6: distribuzione dei partecipanti per genere e tipo di azienda

 

grafico 1.7: distribuzione dei partecipanti per categorie lavorative e titolo di studio

grafico 1.8: distribuzione dei partecipanti per categorie lavorative e tipo di contratto

 

grafico 1.9: distribuzione dei partecipanti per categorie lavorative vs. tipo di azienda

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Il lavoro che (non) fa per te”. Il disagio nelle relazioni lavorative: un’indagine psicosociale sul territorio di Venezia –  © Maurizio Casanova