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La negoziazione nelle situazioni di crisi Conclusioni

La negoziazione nelle situazioni di crisi: Conclusioni

Per quanto riguarda la negoziazione, il sistema di polizia italiano rimane ancora un passo indietro, sia in termini di applicazione sia, soprattutto, di formazione. Nel nostro Paese sono stati istituiti Corpi specializzati che vedono al proprio interno figure professionali esperte nella negoziazione, ad esempio tale ruolo è presente nei GIS dell’Arma dei Carabinieri; ma il punto di fondo è che questi gruppi di lavoro hanno una altissima professionalità per situazioni poco rilevanti statisticamente anche se molto mediaticamente.

Rimangono “scoperti” tutti quei casi, non solo rilevanti numericamente, ma anche rilevanti nella sensibilità sociale del cittadino.

Sarebbe auspicabile quindi una formazione sulla negoziazione, diffusa a tutto il sistema di polizia e non solo ristretta alle sue eccellenze, per creare figure professionali che sappiano usare in modo scientifico ed efficace la relazione, la negoziazione e la deflazione del conflitto.

Ad oggi la negoziazione, per esempio nella Polizia di Stato, è talvolta usata nella gestione dell’ordine pubblico, come manifestazioni e grandi eventi, ma è ancora uno strumento che si basa sulle competenze, sulla sensibilità, sulle peculiarità intrinseche al soggetto che lo usa e non su una formazione sistematizzata. Manca ancora nella relazione tra cittadino e agente delle forze dell’ordine, cioè negli episodi conflittuali della vita quotidiana.

Concludendo, all’Estero vi è alta specializzazione congiunta ad una formazione che attraversa tutto il “sistema polizia”, dalla base fino ai vertici.

In Italia, a parte alcuni gruppi d’eccellenza e per casi molto specifici, manca una formazione trasversale di negoziazione-mediazione-deflazione, che possa fornire un’arma, un ulteriore strumento alle forze dell’ordine per affrontare le situazioni di rischio, quelle conflittuali e tutte le sfide future che una società in perenne e veloce cambiamento crea.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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© Lo strumento della negoziazione nelle situazioni di crisi. – Dott. Gabriele Candotti

 

Formazione professionale e forze di polizia

Formazione professionale e forze di polizia.

Negli Stati Uniti ogni dipartimento di polizia è autonomo nella gestione della formazione dei propri membri, anche se si può individuare una linea guida comune.

La formazione iniziale del negoziatore prevede un corso di 40 ore di base.

Naturalmente, per praticare le tecniche serve un tempo maggiore, ma, generalmente, è concesso solo un giorno intero al mese di formazione. Durante la sessione la squadra riesamina le procedure e trascorre la maggior parte del proprio tempo negli scenari di gioco di ruolo. Ogni due anni i membri del team hanno un corso di aggiornamento di circa 20 ore e i negoziatori di circa 30 ore.

Nella metodologia della formazione va sottolineato l’uso del role playing.

La stragrande maggioranza dei programmi di formazione per condurre una trattativa di crisi si basa dunque sui giochi di ruolo, al fine di fornire simulazioni di reali situazioni critiche.

La C.N.U (Crisis Negotiation Unit) ha elaborato differenti scenari di gioco di ruolo nel suo N.C.N.C (National Crisis Negotiation Course) che si occupa di formazione degli agenti dell’FBI e agenti di polizia. Tali scenari riguardano, per esempio, presa di ostaggi, barricamento, tentativi di suicidio, rapimenti e incidenti che richiedono una risposta di contrasto.

In Italia una figura preposta a negoziare esiste solo in alcune unità molto ristrette di alcune polizie di Stato, per esempio nei G.I.S dei Carabinieri.

Se non c’è questa figura, nel Corpo che ha la competenza di intervento, è il più alto in grado a gestire la situazione. Egli ha competenze di tipo tecnico-giuridico, non è detto che le abbia anche di tipo relazionale e di deflazione del conflitto.

La deflazione del conflitto è il risultato di tecniche atte a bloccare l’escalation del tono di una relazione e a ridurre la tensione. Quando c’è una relazione che non funziona, comportamenti sbagliati portano a conflitti, mentre comportamenti corretti e tecniche corrette portano a deflazionare la relazione.

Quasi tutte le organizzazioni di polizia hanno un reparto speciale di intervento rispetto alla propria “mission”.

Qual è il problema di fondo? Questi gruppi di lavoro hanno altissima professionalità, sono “speciali” rispetto all’uso della forza.

Non sono addestrati ad usare in modo scientifico ed efficace la relazione o la deflazione del conflitto. Allo stesso modo, chi quotidianamente lavora su strada ha una formazione più giuridica che pratico-operativa, rispetto a queste due metodiche. Rimane perciò una zona scoperta, che precede l’uso della forza, e che comprende quelle situazioni che prevederebbero la negoziazione, la mediazione e la deflazione.

La figura del negoziatore, secondo il modello nordamericano, è fondamentale nei casi di presa di ostaggi e sequestro di persona. Anche nella realtà italiana sarebbe utile un’unità di crisi non solo nei casi citati ma anche, per esempio, nel caso di persone disperate che minacciano il suicidio. La negoziazione con questi individui è uno strumento indispensabile e comunque potrebbe essere esteso ad una pluralità di situazioni. Manca una sua applicazione in modo diffuso. L’approccio negoziale dovrebbe essere usato in tutte le relazioni poliziotto-cittadino.

In Germania, per gestire le manifestazioni pubbliche, hanno introdotto all’interno dei cortei una specifica figura che ha il compito di relazionarsi con la polizia e con la massa, chiamata mediatore di corteo. Il suo compito è quello di invitare i manifestanti a prendere le distanze da quelli che attuano un comportamento violento, cercando di spezzare la solidarietà tra chi delinque e chi vuole manifestare in modo pacifico.

Inoltre egli deve indicare ai colleghi poliziotti, che gestiscono la manifestazione, dove sta avvenendo cosa e se intervenire o meno, anche rispetto alle reazioni del resto del corteo.

In Italia c’è una formazione per la gestione dell’ordine pubblico che è prettamente militare ma non di relazione-negoziazione. Ancora oggi ci sono le formazioni a testuggine, si battono i manganelli sugli scudi, esattamente tecniche poste in essere dai legionari romani 2000 anni fa per contenere l’ordine pubblico.

La negoziazione e la deflazione del conflitto dovrebbero essere armi in dotazione a qualsiasi agente.

La Polizia Municipale di Torino utilizza queste competenze nel Nucleo di Prossimità per i casi che gestisce. All’interno di questa unità viene fatta formazione con corsi e seminari.

I servizi di “prossimità” sono relativi a problematiche di convivenza civile (conflitti di condominio,…), qualità urbana (zona degradata da bonificare dalla microdelinquenza,…), allarme sociale (truffe agli anziani, violenza verso donne, minori,…).

Prendersi cura, ascoltare le necessità, aiutare a capire, fornire informazioni corrette, rassicurare, prevenire le difficoltà, escogitare nuove modalità di intervento, sono solo alcune delle azioni del Nucleo di Prossimità, un nuovo modo di “essere Polizia”.

 

 

 

© Lo strumento della negoziazione nelle situazioni di crisi. – Dott. Gabriele Candotti

 

Triade negoziale il Negoziatore

Triade negoziale: il Negoziatore

Il negoziatore è uno specialista che è stato specificatamente preparato nel campo della negoziazione.

Il negoziatore deve sempre essere una persona diversa da quella che ha il potere di decidere, perché questo permette un raggio d’azione più ampio; così chi negozia non può essere obbligato a decidere su una richiesta formulata dalla controparte e ciò gli permette anche di guadagnare tempo.
Il suo è un ruolo critico, poiché rappresenta l’alternativa all’intervento armato.

Egli deve aver affinato le proprie conoscenze in diversi settori, deve imparare ed usare le tecniche, sia di comunicazione, sia di persuasione, per stabilire e mantenere un contatto con il sequestratore, deve saper valutare le dinamiche comportamentali, sì da percepire ogni segnale gli giunga dal sequestratore, deve saper effettuare velocemente un’analisi dei rischi, deve avere solide competenze in ambito psicologico.

Un buon negoziatore dovrà avere competenze sociali e competenze comunicative, che gli permettano di relazionarsi con gli altri in modo efficace. Molto dipenderà anche da sue predisposizioni o caratteristiche personali e molto da abilità acquisite con una preparazione specifica.
La competenza sociale è l’insieme di quelle capacità che servono per mettersi in relazione con gli altri in modo utile ed efficace, di capire l’altrui comportamento e di controllare il proprio.
La competenza sociale ha un suo aspetto visibile nella competenza comunicativa. Il linguaggio è uno strumento fondamentale sia per ricevere informazioni che per fornirle.
Anche ascoltare è comunicare.
La competenza di ascolto riguarda la comprensione letterale delle idee e delle informazioni trasmesse con il linguaggio e la competenza che occorre per capire in modo critico le idee e le informazioni trasmesse.
Nelle relazioni con gli altri, anche la comunicazione non verbale ha un’importanza non trascurabile. Essa riguarda i segnali di tipo cinesico, paralinguistico e intonazionale. Con la comunicazione non verbale, per esempio, si esprimono emozioni, le quali possono essere soggette a controllo volontario. Il negoziatore deve essere in grado di esercitare tale controllo, dato l’alto grado di tensione in una situazione di crisi, e, nel contempo, deve essere in grado di riconoscerle nell’altro, per esempio, cogliere l’ansia o la minaccia; anche la voce può essere un potente rivelatore di stati d’animo da riconoscere, valutandone la fermezza o l’incertezza, il tono, l’intensità, il timbro, o le vocalizzazioni come i sospiri.
D’altra parte un determinato uso della voce influenza anche la possibilità di persuasione e la credibilità di un locutore, dunque il negoziatore deve essere abile in questa tecnica.

 

 

© Lo strumento della negoziazione nelle situazioni di crisi. – Dott. Gabriele Candotti

 

Negoziazione e Crisi – tipologie e interventi

Negoziazione e Crisi: tipologie e interventi.

 

Le squadre di intervento agiscono quindi in particolari situazioni di crisi.

Crisi” è una parola chiave, un termine generalizzato che individua una situazione in cui è presente un disagio oggettivo, in cui esistono variabili che di volta in volta devono essere individuate; tale individuazione permette di inserire la crisi in una particolare categoria.

Le situazioni critiche si articolano in diverse tipologie e presentano quindi numerose differenze tra loro. Possono essere, per esempio, arresti di criminali ad alto rischio, suicidi, crisi domestiche, rapimenti, barricamenti, vere e proprie prese di ostaggi.

La situazione con ostaggi si verifica quando un sequestratore detiene una o più persone per motivi “strumentali”. Il soggetto ha bisogno delle forze dell’ordine o di altre autorità per soddisfare le sue specifiche esigenze; gli ostaggi sono dunque un mezzo per raggiungere i suoi obiettivi.

La presa di ostaggi può essere definita come un evento triadico. Dato che il sequestratore vuole qualcosa da un terzo soggetto vi è una significativa possibilità che ci sia spazio per la contrattazione.

Caratteristiche di una situazione di ostaggi sono:

  • il sequestratore è orientato verso un obiettivo;
  • il sequestratore dichiara le proprie richieste, tra le quali, di solito,quella di poter fuggire;
  • il sequestratore ha bisogno della polizia per agevolare le richieste stesse.

Il sequestratore sottolinea che le richieste non soddisfatte si ripercuoteranno sugli ostaggi, ma sa anche che mantenerli in vita impedisce una risposta tattica da parte delle forze dell’ordine.

Una seconda tipologia di evento si ha in quelle situazioni che vedono la presenza di un carceriere e un prigioniero. Questi episodi sono chiamati barricamento con vittima e si configurano più come un evento diadico che come uno triadico. Il rapitore tiene la vittima per ragioni “espressive”, la sua azione è motivata da emozioni interne ed impulsi che sono molto personali e spesso oscuri.

Il soggetto si trova in uno stato altamente emotivo, preda di rabbia o gelosia o frustrazione. Dal colpevole non giungono sostanziali richieste verso una terza parte, perché l’autore non vuole avere un intermediario, non ha bisogno delle forze dell’ordine o di altre autorità, perché non c’è qualcosa di materiale che voglia ottenere.

Un esempio può essere quello di un uomo armato che trattiene la sua ex moglie/compagna per poi spararle e uccidersi. La moglie si configura più come vittima (victim homicide to be) che come ostaggio (Fuselier, VanZandt e Lanceley, 1991). Dato che il soggetto ha ciò che vuole, ovvero la vittima, non può esistere uno spazio di contrattazione.

Le caratteristiche di questa situazione di barricamento con vittima sono:

  • nessun obiettivo chiaro;
  • mancanza di richieste sostanziali da parte dell’autore; – mancanza di un pensiero razionale;
  • attenzione diretta contro la persona presa.

Ci può essere una trattativa anche in una terza tipologia di evento che non vede la presenza di ostaggi. Vi è un autore, armato e barricato, e vi sono le forze dell’ordine che parlano con lui per farlo arrendere.

Può essere un criminale intrappolato in un luogo in cui ha commesso o ha tentato di commettere un reato, per esempio una rapina, o una persona armata e barricata in casa che vuole suicidarsi. Si riporta la seguente tabella (Call, 2003).

TIPO INTERAZIONE DESCRIZIONE
Situazione con ostaggio Perpetratore

Ostaggio

Terza persona

Il sequestratore avanza richieste di merito (in genere strumentali, alcune volte espressive) ad una terza parte minacciando la salute degli ostaggi se queste richieste non saranno soddisfatte.
Barricamento con vittima Perpetratore Vittima L’autore non avanza richieste sostanziali ad una terza parte. Qualsiasi richiesta sarà comunque di natura non sostanziale
Barricamento Perpetratore L’autore del reato può o meno fare richieste e può o meno essere disposto a negoziare.

Ci sono molti modi utili per fare un profilo di una situazione di crisi.

Uno di questi è quello di classificare la situazione a seconda della posizione di vittima e sequestratore (Call, 2003).

RICHIESTE POSIZIONE

CONOSCIUTA

(ASSEDIO)

POSIZIONE SCONOSCIUTA
SOSTANZIALI Spazio di trattativa probabile Spazio di trattativa possibile
NON SOSTANZIALI Spazio di trattativa possibile Spazio di trattativa probabilmente non esiste

Nel primo caso si può trovare un autore e una vittima all’interno di un perimetro conosciuto e tenuto sotto controllo dalle autorità; il reo farà delle richieste creando così spazio per la contrattazione e per il potere negoziale (bargaining control) da parte del negoziatore.

Nel secondo caso, la vittima è stata rapita e non si conosce la posizione né di questa né, tantomeno, del sequestratore. Non vi sono inoltre richieste di questi ad una terza parte per cui è impossibile qualsiasi tipo di controllo sulla contrattazione da parte del negoziatore.

La chiave, per il negoziatore delle situazioni di crisi, è determinare il motivo dell’atto criminale da parte del soggetto e la natura delle sue richieste (Call, 2003).

TIPOLOGIE DI RICHIESTE DESCRIZIONE
Strumentali Richieste definite oggettive come, ad esempio, denaro, trasporti, cibo, alcolici, droga.
Espressive Richieste definite soggettive; ad esempio, l’autore vuole parlare ad un famigliare, vuole fare una dichiarazione alla stampa per quanto riguarda le sue motivazioni.
Sostanziali Le vittime sono state minacciate al fine di ottenere concessioni da una terza parte; le richieste possono essere strumentali o espressive.
Non sostanziali Non si sono avanzate richieste o, se si sono avanzate, sono banali e non correlate al motivo per cui la vittima è minacciata.

La contrattazione in una situazione di crisi è di solito molto emotiva, i sentimenti predominanti sono rabbia, ostilità, paura.

Non importa se la presa di ostaggi è un atto ben organizzato ed eseguito da parte di estremisti politici o è un atto casuale di un rapinatore; lo stress della crisi erode i più alti processi di pensiero e fomenta le più primitive e pericolose emozioni.

Qui è dove il negoziatore addestrato si inserisce nel puzzle.

Nelle situazioni in presenza di ostaggi si distinguono due tipologie: “caso di emergenza” e “stato di crisi”.

Nel primo caso sono compresi gli eventi nei quali l’ostaggio non era previsto per il conseguimento del fine; egli è uno strumento casuale, ma diventa necessario per garantire al malvivente una via di fuga o comunque una soluzione al suo problema contingente. Il sequestro di persona è quindi solo occasionale, in quanto l’azione delinquenziale nasce con finalità diverse. È, per esempio, la circostanza in cui i rapinatori non possono uscire dal luogo in cui stanno commettendo la rapina per il tempestivo intervento delle forze dell’ordine e quindi da rapinatori si ritrovano ad essere sequestratori.

Le caratteristiche intrinseche di questo tipo di sequestro richiedono particolari capacità di trattazione e una specifica competenza da parte del negoziatore, a causa delle condizioni psichico-emotive particolarmente fragili dei sequestratori che sono posti in condizione di forte stress derivato dalla situazione inaspettata che si sono trovati ad affrontare, nonché dall’esito incerto della stessa.

In questi casi, in cui sono presenti soggetti emotivamente instabili ed in condizioni prossime al panico, è determinante la capacità del negoziatore di riuscire a ridurre lo stato di emotività dei sequestratori.

Nello stato di crisi, invece, la presa di ostaggi è una scelta deliberata, progettata ed attuata dal rapitore per soddisfare le sue esigenze, strumentali o espressive. I casi più evidenti che possono determinare uno “stato di crisi” sono quelli che hanno presupposti socio-politici, per esempio riguardanti gruppi appartenenti ad etnie, o religioni, o politiche diverse che, qualora mal gestiti o strumentalizzati, potrebbero determinare lo sviluppo di sacche eversive e, attraverso l’impiego di una strategia del terrore quale strumento destabilizzante, potrebbero cercare di ottenere riconoscimenti o concessioni per la loro causa.

In questi casi, il negoziatore si trova di fronte sequestratori determinati, perfettamente consapevoli dell’azione che stanno compiendo, armati, addestrati e seguiti da un’organizzazione che ne guida le mosse.

Il modo di affrontare l’assedio a uomini armati, con ostaggi, va valutato caso per caso, considerando centinaia di fattori diversi; le forze di polizia di tutto il mondo preferiscono la strada delle trattative. La linea di condotta è quella di non concedere mai nulla senza una contropartita, mentre l’ipotesi di un’azione tattica è sempre tenuta presente. In linea generale si può affermare che, quando uno o più soggetti trattengono ostaggi in un ambiente più o meno vasto, la situazione è di per sé indicativa di una volontà di trattare, in una parola rappresenta la loro apertura verso una soluzione alternativa alla morte degli ostaggi.

 

 

© Lo strumento della negoziazione nelle situazioni di crisi. – Dott. Gabriele Candotti

 

Lo strumento della negoziazione nelle situazioni di crisi Introduzione

Lo strumento della negoziazione nelle situazioni di crisi: Introduzione

Abstract
Nel presente articolo viene esaminato lo strumento della negoziazione applicato alle situazioni di crisi. Queste si configurano principalmente in eventi con ostaggio, barricamento con vittima e barricamento senza vittima.
Viene presentata la cosiddetta Triade negoziale, composta dagli attori principali operanti nella situazione di crisi: il negoziatore, il sequestratore e l’ostaggio/vittima.
Successivamente la trattazione analizza le linee guida dell’intervento negoziale e si focalizza sul modello BCSM usato dall’FBI per gestire le situazioni di crisi. Infine vi è un breve riferimento allo strumento della negoziazione e alla figura del negoziatore rispetto alla situazione italiana.
Parole chiave: negoziato, negoziatore, crisi, ostaggio, sequestratore, modello BCSM.

 

Introduzione.
Il 5 settembre 1972, undici atleti israeliani, che partecipavano ai Giochi Olimpici a Monaco di Baviera, furono presi in ostaggio da terroristi palestinesi, che si erano introdotti nel villaggio olimpico.
Le richieste dei terroristi riguardavano il rilascio di 234 detenuti in Israele, di alcuni detenuti nella Germania Federale, tra cui i capi della banda BaaderMeinhof, arrestati nel giugno di quell’anno. Chiedevano inoltre tre aerei per essere trasportati in un “luogo sicuro”, dove promettevano di liberare gli ostaggi. La scadenza dell’ultimatum era fissata per le 9 del mattino successivo, prorogata poi a mezzogiorno e infine alle 21. Poco dopo le 22, due elicotteri trasportarono i nove atleti e gli otto fedayin all’aereoporto, da dove sarebbero dovuti partire per Il Cairo. Qui entrarono in azione tiratori scelti e ci fu un lungo scontro a fuoco. Uno dei terroristi lanciò una bomba all’interno dell’elicottero con cinque ostaggi, che saltò in aria; altri due spararono ai restanti quattro ostaggi nel secondo elicottero. Tutto finì all’una e mezza del mattino seguente con l’uccisione dell’ultimo terrorista.
In seguito a questo incidente, i governi e le forze di polizia di quasi tutto il mondo occidentale hanno cominciato a riconsiderare le proprie politiche di intervento.
Nel Gennaio del 1973 il New York City Police Department mise in atto un programma di recupero ostaggi che includeva non solo l’uso di armi e squadre d’intervento specializzate ma anche agenti addestrati come negoziatori (Bolz e Hershey, 1979; Schlossberg, 1980).
Il successo nella progettazione e gestione di questo programma, ottenuto dallo psicologo della Polizia Harvey Schlossberg e dal Capitano della stessa Frank Bolz, catturò l’interesse del Federal Bureau of Investigation. L’F.B.I. creò quindi la SOARU (Special Operations and Research Unit), con sede presso l’Accademia a Washington D.C. I membri di questa unità si occupano di ricerca e formazione dei negoziatori per conto dell’Agenzia. Ogni distaccamento dell’F.B.I. ha almeno un agente speciale addestrato come negoziatore. La SOARU svolge anche corsi di formazione per le Forze Statali e quelle Locali.
Dal 1973 l’impiego di questi agenti specializzati è costantemente aumentato in tutti gli Stati Uniti.

 

© Lo strumento della negoziazione nelle situazioni di crisi. – Dott. Gabriele Candotti