Stress e mobbing: come la vittima può difendersi

Stress e mobbing: come la vittima può difendersi

Ege (2001), sottolinea come un’adeguata autodifesa verbale, basata su frasi ferme e dirette a rispondere in maniera specifica e circoscritta, senza trascendere, alle accuse che vengono mosse in modo più o meno diretto al mobbizzato, possa essere una strategia vincente.

In questo senso sarebbe utile che il mobbizzato mantenesse uno stile verbale e comunicativo improntato all’assertività e alla fermezza anche quando lo stile del mobber  diventa estremamente aggressivo e ansiogeno.

Lo scopo del mobbizzato dovrebbe essere quello di dimostrare l’infondatezza delle accuse che gli vengono mosse e, contemporaneamente, portare l’attenzione sulla situazione in cui versa a causa delle azioni intraprese  a suo sfavore.

Un altro modo utile (Favretto, 2005) per impedire che le azioni vessatorie indeboliscano il lavoratore, è fare ricorso ad associazioni che si occupano di prevenire e fronteggiare situazioni di mobbing sul lavoro, come, ad esempio, i sindacati e gli sportelli di ascolto e aiuto.

Uno dei problemi più evidenti e immediati per la vittima di azioni di mobbing è il malessere vissuto a livello psicologico; prendersi cura di questo aspetto, rivolgendosi a personale specializzato, è un passo utile e importante per evitare che la situazione sfoci in un gesto estremo (suicidio della vittima o omicidio del mobber).

Nel caso in cui l’individuo non sia in grado da solo di rispondere ad uno stato di stress attingendo alle proprie risorse personali ma necessiti comunque di una soluzione al problema, è necessario ricorrere a delle strategie cognitive, con lo scopo di prevenire, ridurre o risolvere il distress e le relative conseguenze.

Fra queste Favretto (1984), ne individua alcune:

•    forme di problem solving;

•    tecniche cognitive di processamento dell’informazione;

•    strategie psicologiche per l’incanalamento costruttivo della carica emozionale e dell’ansia;

•    comportamenti di fuga, evitamento e differimento razionale e irrazionale dell’azione.

Il rischio cui va incontro una persona che prova un profondo disagio a causa della propria situazione lavorativa è di incombere in uno stato di esaurimento e, in ogni caso, determinare forti stati di stress psicologico e di elevata insoddisfazione lavorativa.

(Favretto, 2005).

 

“Il lavoro che (non) fa per te”. Il disagio nelle relazioni lavorative: un’indagine psicosociale sul territorio di Venezia –  © Maurizio Casanova