Lavoro emozionale e burnout

Lavoro emozionale e burnout

 

La relazione esistente tra domanda emotiva, nello specifico il lavoro emozionale,  dissonanza emotiva e burnout è stata poco analizzata. Nelle ricerche sul burnout le alte domande emotive che risultano dalle interazioni con i clienti sono viste come caratteristiche dei lavori che forniscono servizi ma solo recentemente la domanda emotiva viene inclusa negli studi sul burnout. In precedenza gli studi piuttosto hanno analizzato le variabili sociali e organizzative come potenziali predittori del burnout.
Partendo da una prospettiva job-focused emotional labor, l’intuizione che le variabili sociali e organizzative non possano catturare la complessità del lavorare con i pazienti nell’ambito dell’assistenza sanitaria, e che fosse più appropriato per questa tipologia di lavoro includere oltre alle domanda psicologica e fisica anche quella emotiva è stata colta da De Jonge et al. (1999) che ha dimostrato su uno studio di 212 operatori di cura che l’introduzione della domanda emotiva contribuisce  a spiegare una percentuale maggiore di varianza relativa al burnout.
Nella stessa prospettiva altri autori  (Blanc, Bakker, Peeters,  Heesch & Schaufeli, 2001) hanno condotto uno studio per esplorare la relazione tra differenti tipi di domanda lavorativa e burnout in particolare sulle dimensioni di esaurimento emotivo e depersonalizzazione (considerate come il nucleo del bunout) su  un campione di 816 addetti all’assistenza oncologica.
L’obbiettivo di questo studio era quello si ampliare il modello di Karasek (1979) “domanda controllo”, includendo la domanda emotiva che è particolarmente rilevante per i servizi alla persona.
Nello specifico sono state incluse due tipi di domanda emotiva nel questionario. La prima è definita “problemi nell’interazione con i pazienti” e valuta l’ampiezza con la quale i rispondenti sono confrontati con domande quali pazienti aggressivi, non cooperativi e con aspettative irrealistiche. Il secondo tipo di domanda emotiva è nominata  “confronto con la morte”  che misura il grado con la quale i lavoratori sono confrontati con domande come la morte di diversi pazienti contemporaneamente, e il dover informare i parenti circa la morte di un paziente.
I risultati hanno dimostrato che l’inclusione della domanda emotiva, oltre alla domanda quantitativa, migliora significativamente la predizione del burnout tra coloro che prestano assistenza oncologica. In un altro studio longitudinale, con un intervallo di un anno  condotto da Vegchel e colleghi (2004), su un campione di 2255 dipendenti delle assicurazioni sociali, gli autori hanno indagato il ruolo delle variabili di moderazione “controllo lavorativo” e “supporto sociale” nella relazione tra domande lavorative e burnout. Per adattare lo studio a questa categoria professionale, gli autori hanno testato sia la domanda quantitativa che quella emotiva. La domanda quantitativa venne misurata con 4 item relativi al carico di lavoro e agli straordinari, in parte derivati da misure standard utilizzate nelle applicazioni del modello DC; mentre le domanda emotiva venne misurata con la scala sviluppata da M. Sòderfeldt (1997, citato in Vegchel, De Jonge, Soderfedeldt, Dormann & Schaufeli , 2004), composta da otto dichiarazioni relative agli sforzi emotivi sul lavoro.
Le ipotesi indagate in questo studio sono che le alte domande lavorative, il basso controllo e il basso supporto sociale (misurati nel tempo 1) conducessero ad avversi effetti sulla salute in termini di burnout e che gli effetti negativi delle alte domande potessero essere moderati dall’alto controllo e/o alto supporto sociale. I risultati delle analisi hanno dimostrato la validità delle ipotesi formulate, eccetto per la variabile supporto sociale. Per quanto riguarda l’esaurimento emotivo è stata riscontrata una forte associazione sia per le domande quantitative che emotive. Questo risultato è in linea con il modello domanda risorsa (Demerouti, Bakker, Nachreiner, & Schaufeli, 2001) il quale assume che le domande sono correlate positivamente all’esaurimento; inoltre la domanda emotiva era anche correlata positivamente con la depersonalizzazione, mentre non lo era la domanda quantitativa.
In una prospettiva employee-focused emotional labor, Zapf e coll. (2001) hanno condotto uno studio indagando  su un campione di 1241 lavoratori di diversi contesti (ospedale, banca, call center, asilo), la relazione tra gli stressors organizzativi e sociali, le variabili relative al lavoro emotivo (richiesta di mostrare emozioni positive e negative, richiesta di sensibilità emotiva, controllo sugli scambi emotivi e dissonanza emotiva) e il burnout. I risultati dalla regressione multipla gerarchica mostrano che le variabili relative al lavoro emotivo correlano con gli stressors organizzativi e sociali ed un unico contributo della variabile lavoro emozionale  nella predizione del burnout. Inoltre, la dissonanza emotiva risulta essere la variabile maggiormente predittiva delle dimensioni esaurimento emotivo e depersonalizzazione.
Un altro studio focalizzato sulle modalità di gestione delle emozioni è stato condotto su un campione di  345 medici di medicina generale che lavorano in una grande comunità urbana in Spagna (Martinez-Indigo, Totterdell, , Alcover, & Holman, 2007). L’analisi della regressione ha indicato che la regolazione delle emozioni aveva una associazione positiva con l’esaurimento emotivo, quando è stata effettuata utilizzando una modalità di  superficie.
Sempre nel tentativo di analizzare la relazione esistente tra la dissonanza emotiva e il burnout, Heuven e Bakker (2003) hanno condotto uno studio su un campione di 220 assistenti di cabina. L’ipotesi di questi autori era che oltre alle “classiche” variabili di  Karasek (1979) riscontrabili  nel modello domanda-controllo, la dissonanza emotiva avrebbe dato un contributo autonomo per spiegare la varianza nel Burnout (cioè, esaurimento emotivo e depersonalizzazione). I risultati di una serie di equazioni strutturali (SEM) hanno sostenuto questa ipotesi, in particolare emerse che la  dissonanza emotiva è stata il principale predittore di burnout in misura maggiore rispetto alle domande lavorative e alla mancanza di supporto. Un ulteriore studio che ha analizzato la relazione tra la  domanda emotiva, la dissonanza emotiva e il burnout è quello condotto da Bakker e Heuven (2006) su un campione di 108 infermieri e 101 ufficiali di polizia. Infermieri e poliziotti sono confrontati con situazioni quali morte, malattia, violenza, situazioni che scatenano reazioni emotive, mentre la loro professione richiede loro di inibire o sopprimere le emozioni che normalmente scaturiscono per reagire a queste situazioni. Pertanto gli autori  hanno ipotizzato che la domanda emotiva lavorativa, la quale richiede una regolazione delle emozioni, comporterà elevati livelli di dissonanza emotiva che condurrà a percepire un sentimento di esaurimento e cinismo. I risultati della SEM analisi hanno confermato questa ipotesi.