La spiritualità nelle organizzazioni

La spiritualità nelle organizzazioni 

Lo studio della spiritualità in ambito lavorativo è un tema provocatorio e ambizioso che ha bisogno di essere indagato in maniera approfondita e compreso in termini di impatto, rilevanza e significato pratico nell’ambiente di lavoro.

Lo stato attuale della letteratura mostra una frammentazione e diversità nel definire i termini di base del costrutto, in alcuni casi anche mancante di evidenza empirica.

La sua delicata natura d’estrazione e l’ambiente in cui essa è nata e sviluppata rende difficile identificare gli standard per la misurazione, l’interpretazione, esplorare le interrelazioni tra le diverse variabili e l’impatto che ha su di esse.

Infatti, una delle difficoltà principali è delineare i confini concettuali entro i quali è possibile parlare di spiritualità e/o religiosità.

La grande attenzione posta sul concetto della spiritualità negli ultimi anni, ha accentuato sempre di più la contrapposizione tra i due termini, fino ad arrivare ad una concezione dualistica che oppone una religiosità sostanziale, statica e istituzionale, ad una spiritualità funzionale, dinamica, personale, soggettiva.

In altre parole, la religione è quindi definibile come un insieme di credenze morali e percezioni condivise da un gruppo di persone, che si esprime attraverso la comprensione dell’esistenza umana nell’universo; ovvero un insieme di valori, dottrine, e principi che provvedono alla creazione di una struttura etica e morale per la comprensione, la motivazione e il comportamento.

La finalità di queste comunità è una condivisione dell’insieme di valori e comportamenti ai quali i seguaci devono aderire.

La spiritualità, invece, è identificabile come un fenomeno legato all’individuo, nello specifico, “è la ricerca personale per la comprensione delle risposte alle domande ultime sulla vita, sul senso e sul rapporto con il sacro o trascendente, il quale può (o non può) provocare la formazione di comunità o derivare dallo sviluppo di rituali religiosi ” (Koenig, 2008, p. 13).

Proprio la sua implicazione e inscindibilità dalla religiosità rende difficile la definizione del costrutto.

Secondo King (1997), la spiritualità può essere intesa come la ricerca di uno scopo, di un significato, dell’integrità interiore, della connessione con altri, e infine come la trascendenza.

Alcuni ricercatori la definiscono come una misura di soddisfazione, significato, o la direzione che può essere intrapresa eseguendo un particolare compito, sia esso religioso o sociale, che si traduce in un miglioramento di sé e degli altri.

Per quanto riguarda l’ambito organizzativo la spiritualità ha una connotazione leggermente diversa dalla spiritualità intesa in maniera generale.

Una delle definizioni più diffuse e più accreditate dal mondo scientifico è quella degli studiosi Ashmos e Dunchon (2000, p. 137), i quali identificano la spiritualità al lavoro (workplace spirituality) come “un riconoscimento del fatto che i dipendenti abbiano una vita interiore che nutre ed è nutrita da un lavoro significativo che si svolge nel contesto della comunità”.

Da questa definizione è possibile già percepire la complessità del tema, che racchiude al proprio interno più sfaccettature:

    1. il concetto di vita interiore,  indice della comprensione o conoscenza di una potenza trascendentale (che va oltre le cose materiali) e di come sia possibile usarla per vivere pienamente;
    1. il lavoro significativo, si verifica quando i lavoratori riconoscono che il loro lavoro dà significato o ha uno scopo per la loro vita;
    1. la comunità, riferendosi a come le persone si sentano connesse con il proprio lavoro.

Come affermano le studiose Kinjerski e Skrypnek “la spiritualità al lavoro è, dunque, uno stato ben definito, caratterizzato da dimensioni cognitive, interpersonali, spirituali e dimensioni mistiche.

Coinvolge: l’impegno lavorativo (engaging work) caratterizzato da un profondo senso di benessere, dalla credenza che uno sia impegnato in un lavoro significativo che ha un alto scopo, dalla consapevolezza dell’allineamento tra i valori e le credenze di ciascuno e del lavoro e dal senso di essere autentico; la connessione spirituale (spiritual connection) caratterizzata da un senso di unione con qualcosa più grande di sé, il senso di comunità (sense of community) caratterizzato dal sentirsi legato agli altri e ad uno scopo comune, e l’esperienza mistica (mystical experience) o unificante caratterizzata da uno stato positivo di energia e vitalità, il senso di perfezione, trascendenza, e esperienze di gioia e beatitudine” (2004, p. 37).

Parlare di spiritualità nei contesti organizzativi significa miglioramento del benessere, del coinvolgimento e dell’impegno.

Numerosi studi mettono in luce la rilevanza del costrutto all’interno dei contesti lavorativi, grazie alla sua influenza positiva in termini di benessere, coinvolgimento e impegno.

Per queste accezioni diversi studiosi hanno analizzato in quale misura viene percepita la spiritualità a livello organizzativo, le modalità con le quali viene espressa, le eventuali conseguenze in termini di benessere e salute per il lavoratore e quali potrebbero essere i percorsi formativi e le strategie aziendali migliori per una sua corretta espressione e utilizzo sia livello macro (organizzativo) che a livello micro (individuale).

I campi di applicazione della spiritualità al lavoro sono diversi, e spaziano dal settore pubblico al privato, dal settore dei servizi a quello della produzione.

Negli ultimi anni la ricerca si è focalizzata sul settore dei servizi, con particolare riferimento al contesto sanitario, nel quale la spiritualità ha trovato largo impiego.

La spiritualità è stata introdotta come un’ulteriore dimensione o dominio accanto al dominio fisico, psicologico e sociale, sottolineandone l’importanza sia per la persona assistita che per l’operatore stesso.

Emerge, infatti, come gli individui che lavorano nei contesti sanitari siano esposti a diverse fonti di stress che potrebbero portare a sindromi lavoro correlate come il burnout.
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Il burnout è stato definito come l’esito di una condizione lavorativa stressante, alla quale l’individuo non ha saputo rispondere in maniera adeguata (Gabassi & Mazzon, 1995, in De Carlo, Faa & Rutelli, 2008, p. 198).

Nello specifico, il lavoratore avverte un senso di fallimento, di logoramento e di esaurimento derivante dalle eccessive richieste poste dall’operatore alle proprie energie e risorse (Freudenberger, 1983).

Diversi studi mostrano come la spiritualità può avere un effetto “tampone” nella percezione degli eventi stressogeni, o può essere utilizzata come strategia di coping nel fronteggiare situazioni stressanti.

Lo studio condotto da Holland e Neimeyer mostra, infatti, un’associazione negativa tra le esperienze di spiritualità quotidiane e il burnout negli operatori sanitari.

In particolare lo studio mette in luce come la spiritualità tende a diminuire la percezione di fatica fisica, cognitiva ed emotiva.

In conclusione è possibile affermare che emerge l’esigenza di sviluppare e implementare la ricerca nell’ambito della spiritualità a lavoro.

In primo luogo è, però, necessario affrontare la questione delle definizioni cercando una strada univoca che trovi consenso fra i ricercatori.

Se la spiritualità è considerata come qualcosa di multidimensionale, sarà allora necessario sviluppare modelli di ricerca in grado di abbracciare e spiegare le diverse manifestazioni della spiritualità possibili sul luogo di lavoro; ciò dovrà essere fatto in modo da evitare un eccessivo riduzionismo dovuto alle definizioni operative di spiritualità, religione e fede.

La sfida sarà quindi quella di sviluppare modelli teorici che siano in grado di  supportare la multidimensionalità della spiritualità al lavoro.

Inoltre i risultati evidenziano come la spiritualità al lavoro risulti essere profondamente legata alle professioni di aiuto, perciò lo studio di questa variabile nei contesti sanitari dovrebbe essere approfondito in modo da incoraggiare i manager sanitari alla gestione consapevole delle influenze di questi aspetti nelle proprie organizzazioni al fine di migliorare la qualità del servizio di cura.

La spiritualità al lavoro sembra essere un nuovo e significativo paradigma manageriale che i dirigenti aziendali potranno sfruttare al fine di migliorare le proprie organizzazioni aumentando, fra gli altri, i livelli di impegno organizzativo, soddisfazione e performance dei propri dipendenti.

Bibliografia

  • Ashmos D. P. & Duchon D. (2000). Spirituality at Work: A Conceptualization and Measure. Journal of Management Inquiry, 9(2), 134-145.
  • Holland J. M. & Neimeyer R. A. (2005). Reducing the risk of burnout in the end-of-life care settings: the role of daily spiritual experiences and training. Palliative and Supportive Care, 3, 173-181.
  • King J. E. & Crowther M. R. (2004). The measurement of religiosity and spirituality. Examples and issues from psychology. Journal of Organizational Change Management, 17(1), 83-101.
  • Kinjerski V. M. & Skrypnek B. J., (2004). Defining spirit at work: finding common ground. Journal of Organizational Change Management, 17(1), 26-42.
  • Koenig H. G. (2008) Medicine, religion and health. Where science and spirituality meet. West Conshohocken, Pennsylvania: Templeton Foundation Perss.

© La spiritualità nelle organizzazioni – Dott.ssa Sofia Lupi