L’immagine dello psicologo in Toscana

L’immagine dello psicologo in Toscana

 

Lo psicologo nella cultura della regione Toscana (Carli, Paniccia e Salvatore 2004)

Il motivo di fondo che ha spinto ad attivare la ricerca sull’immagine dello Psicologo in Toscana non è solo quella di valutare la percezione sociale degli individui rispetto allo psicologo, ma rispecchia anche l’intenzione dell’Ordine degli Psicologi di costruire progetti a partire dai risultati di questa ricerca, e anche di renderla pubblica e diffonderla presso operatori ed amministratori come possibile base di programmazione del  ruolo e rivisitazione dell’ immagine dello psicologo anche sul piano pubblico.
Lo scopo è di  favorire non solo una diversa e più qualificata immagine della psicologia presso potenziali committenze ma soprattutto una politica di sviluppo della professione orientata in senso integrativo, centrata sull’idea di servizio.
L’immagine dello psicologo nella Cultura Locale toscana appare di buon livello.
Soltanto in un Repertorio Culturale lo psicologo viene visto criticamente e svalorizzato nella sua funzione. Si tratta,  di una cultura – quella anomica – che è presente con una sua quota presumibilmente “fissa”in tutte le popolazioni segmentate culturalmente, e che rappresenta l’area pessimista e disadattata della Cultura Locale, ove si raggruppano le persone che non sanno guardare con fiducia e con realismo alla realtà sociale e culturale.
Nell’area rimanente della cultura esaminata, che rappresenta il 95% della popolazione partecipante all’indagine, la figura dello psicologo viene apprezzata, valorizzata e si propone una domanda professionale nei suoi confronti, anche se con modalità ed aspettative differenti.
Dall’analisi fattoriale emergono vari tipi di culture in Toscana ognuna con una percezione e delle aspettative diverse rispetto allo psicologo e alla psicologia:
Cultura del civismo locale: emerge, una cultura orientata alla valorizzazione del solo territorio di appartenenza; una cultura fondata sul rispetto delle regole e delle norme da parte di tutti, amministratori ed amministrati, servizi e clienti dei servizi. Una cultura fondata su:
• fiducia nell’amministrazione politica locale.
• fiducia nei servizi al cittadino.
• reciprocità nel rispetto delle regole del gioco.
In  questa cultura non viene assegnata rilevanza allo psicologo, ed è visto nella realtà attuale, come figura professionale competente ma costosa nella sua prevalente o esclusiva attività privata. Lo sviluppo futuro della professionalità psicologica è previsto ed auspicato, in una sua funzione pubblica, di facilitazione del rapporto tra Amministrazioni Locali e cittadini.
In questa cultura si è molto interessati a valutare il funzionamento delle amministrazioni pubbliche e dei servizi, si è soprattutto attenti ad una loro gestione trasparente e coerente con le regole. Lo psicologo è visto quale figura professionale marginale, elitaria, chiuso entro l’attività privata, quindi identificato con la psicoterapia che, tradizionalmente, viene vista come prassi da svolgere nel privato, interessante e appoggiata sulla competenza dello psicologo stesso, ma costosa, proprio perché con un costo totalmente a carico del cliente – paziente. Lo psicologopsicoterapeuta, quindi, sembra estraneo alla tematica dell’efficienza dei servizi e dell’intero sistema sociale, al civismo locale che fonda prioritariamente l’efficienza stessa. Sembra che lo psicologo, nella sua realtà attuale, venga visto come disinteressato al problema, ai margini delle questioni trattate, prevalentemente attento alla qualità ed all’eccellenza di una attività, quella psicoterapeutica, che concerne i singoli individui ed i cui risultati sono ininfluenti sulla crescita dei sistemi di convivenza. Un’attività psicoterapeutica vissuta come totalmente autoriferita, chiusa in sé, funzionale alle sole poche persone che ad essa possono accedere, per interesse e per via d’una buona condizione economica.
Questo si riferisce al presente della psicologia. Non il suo futuro: futuro in cui il contributo dello psicologo lo si prevede orientato ad un intervento sulla competenza nelle relazioni tra cittadini e sistema sociale comune.
Il Campione è composto da persone di sesso femminile, residenti nella zona  di Versilia. Persone che non leggono di politica, d’economia e di tecnologia.
Cultura anomica: emerge una profonda sfiducia nei confronti del sistema paese, come anche che delle strutture locali. L’assenza di rispetto per le regole del gioco e la disattesa sistematica delle norme da un lato e l’appartenenza ai gruppi di potere quale unica via per il successo, sono i due elementi che fondano la rassegnazione e la disperazione quali emozioni caratterizzanti la convivenza. La figura su cui si può “contare” è quella del politico, vista come coerente con la cultura del privilegio, della valorizzazione di un’appartenenza ai sistemi di gestione del potere, della violenza sociale. L’anomia è alimentata anche dalla percezione di una scarsa funzionalità delle differenti strutture sociali e di tutti i servizi.
Emerge sfiducia nel sistema sociale locale e nel sistema paese, e l’unica risorsa a  disposizione dei cittadini sembra essere l’appartenenza ai gruppi di potere della politica e del privilegio.
La professione di psicologo è vista negativamente, quale professione collusa con il potere violento, scarsamente utile e competente. Lo psicologo, poco considerato, è comunque svalorizzato e percepito come complice del sistema di potere; quindi poco utile e marginale entro l’area delle professioni. Lo psicologo è visto come  psicoterapeuta privato, come professionista che ha a che fare con i ceti sociali alti, con chi detiene il potere economico.
Il campione è composto da persone di sesso maschile, residenti nella zona di Pisa e Livorno. Liberi professionisti o coadiuvanti, prestatori d’opera; leggono di economia, politica, tecnologia e fumetti.
Cultura del familismo: E’ la cultura del cittadino arrabbiato ed impaurito nei confronti di un sistema sociale percepito come minacciante. L’unica soluzione alla minaccia è quella di arroccarsi entro la famiglia, vero e proprio bene-rifugio nei confronti del pericolo rappresentato dal sistema sociale più ampio. Emerge, una scissione tra sfiducia nel sistema sociale, nella sua gestione politica e manageriale da un lato, e attesa fiduciosa nella tecnicalità e nella competenza professionale dall’altro. Nella cultura in analisi emerge quindi una fiducia convinta nell’eccellenza tecnica e nella professionalità.
Lo psicologo è una figura professionale importante per quest’area culturale. Si vuole uno psicologo orientato ad intervenire entro quel sistema familiare (tutelare le famiglie; sostenere i minori) che rappresenta il luogo di rifugio nei confronti di un sistema sociale impaurente.
La funzione dello psicologo non è quella terapeutica, quanto di aiuto e di sostegno utile alle famiglie. Una sorta di tutore della famiglia; di mediatore tra la famiglia ed il sistema sociale.
Lo psicologo è visto come professionista competente e sensibile. Orientato, quindi, all’affiliazione ed alla riuscita, non al potere. In questo, lo psicologo è assimilato ai “giovani” e viene differenziato da figure sociali quali l’imprenditore, il giornalista, il magistrato ed il banchiere, visti come dotati di un potere forte, univocamente, senza competenza sulla relazione e senza competenza professionale. Anche lo psicoterapeuta, assimilato al medico, appartiene a queste figure forti e si differenzia dallo psicologo.
Lo psicologo, quindi viene percepito come un alleato del sistema familiare “debole”; al contempo, è differenziato da altre figure professionali che, tutte, sono univocamente orientate al potere, quindi minaccianti e fonte di sfiducia. Anche all’interno dell’area professionale psicologica, quindi, s’annida la tentazione di inseguire il potere, a scapito della competenza e della fiducia concessa da chi si rivolge allo psicologo stesso. Di qui la richiesta di studi approfonditi e di una lunga pratica professionale supervisionata, quali condizioni per una garanzia della competenza stessa.
Lo psicologo,  viene valorizzato quale aiuto alla famiglia ed ai suoi problemi; uno psicologo sensibile e competente, purché formato da studi approfonditi e da lunga pratica. Uno psicologo che non appartiene al contesto delle figure forti, dotate di potere sociale.
Il campione è composto da persone di sesso maschile, ad alto reddito, della zona di Grosseto. Leggono soltanto di viaggi e di sport. Conoscono poco la situazione professionale dello psicologo e non hanno mai pensato di rivolgersi a lui.
Cultura socializzante: E’ una cultura che valorizza sia il sistema paese che il territorio d’appartenenza, rilevandone la funzionalità e l’efficienza. Si è orgogliosi di abitare nel territorio toscano ed in Italia, due sistemi per i quali si prevede un elevato sviluppo.
Lo psicologo è visto come professionista utile alla famiglia ed ai suoi problemi; valorizzato anche entro il più ampio sistema sociale.
Lo psicologo, che deve approfondire studi, pratica ed analisi personale, può essere utile per i problemi del territorio e delle organizzazioni. Nel territorio, oltre alla famiglia ed ai minori, lo psicologo si può occupare della marginalità: integrare gli immigrati e ridurre la criminalità. L’integrazione degli immigrati comporta la valorizzazione dell’estraneo quale risorsa per il contesto. In questo la funzione integrativa si differenzia dall’azione assistenziale, e richiede una competenza psicologica. Un’integrazione che non comporti perdita dell’identità, sia nel sistema d’appartenenza che nell’estraneo, comporta anche riduzione della criminalità e dell’aggressività sociale.
Nelle organizzazioni, lo psicologo può occuparsi di selezione, formazione, potenziamento dei servizi, sviluppo della qualità. Può quindi contribuire a coniugare efficienza organizzativa e sviluppo dell’orientamento al cliente.
La funzione dello psicologo è utile, rassicurante, aiutante e necessaria. La sensibilità è la sua caratteristica più valorizzata.
Lo psicologo viene differenziato dallo psicoterapeuta: quest’ultimo è un medico specializzato e si occupa della malattia mentale. Lo psicologo si occupa di sofferenza psichica, intesa quale problema degli individui entro il più ampio contesto sociale.  Questa è un’informazione interessante. Di solito, quando si parla di sofferenza psichica si fa riferimento ad una psicologia dell’individuo e la sofferenza diviene l’elemento legittimante un intervento psicologico mutuato dal modello medico; qui sofferenza ha lo stesso significato di malattia. Nel caso della cultura in analisi, invece, la sofferenza psichica è vista nell’ottica di chi non è integrato entro il sistema sociale, di chi non vede le organizzazioni orientate alle sue aspettative. Si parla di sofferenza, mettendosi nei panni del cliente, o dell’estraneo ignorato o rifiutato. Si parla di un evento che è quanto di più distante ci sia dalla nozione di “malattia”.
Si guardaallo psicologo non solo per problemi che riguardano la famiglia; lo psicologo può essere utile per problematiche che riguardano le persone entro il contesto sociale. In sintesi, si tratta di una cultura integrata nel contesto, che valorizza lo psicologo quale professionista utile ad incrementare tale integrazione tra persone e contesto, intervenendo sui problemi di marginalità sociale e di efficienza organizzativa.
Il campione è composto da persone di sesso femminile, che leggonodi salute e di bellezza, non di sport, viaggi o tecnologia. Si conosce la situazione professionale ed ordinistica degli psicologi, si è già sperimentata la relazione con lo psicologo e si è desiderato di fare lo psicologo.
Cultura dell’ attesa contestuale: Si tratta di una cultura di persone sfiduciate sulla funzionalità e sulla qualità dei servizi, che pensano ad un territorio inefficiente, compromesso dal mancato decentramento dei poteri amministrativi. Pensano di convivere con persone disperate, scontente di abitare in Italia, senza valori e modelli su cui contare.
Sembra una cultura in attesa di chi la possa redimere dal localismo pretenzioso, per traghettarla verso il civismo locale. La psicologia può essere, un fattore importante in questa dinamica culturale e nella sua evoluzione.
L’immagine attuale dello psicologo, assimilato alle figure responsabili del deterioramento di efficienza nel paese, è deteriorata ed aggredita. Ancora una volta, l’assimilazione dello psicologo che opera concretamente nel reale allo psicoterapeuta, induce questa identificazione dello psicologo stesso con le figure che detengono il potere nazionale e che osteggiano il decentramento dei valori, dell’ideologia, dei sistemi che reggono ed influenzano la convivenza. Lo psicologo è assimilato al mago, si occupa di cervello, ed opera alla ricerca del suo successo personale. E’ quindi inattendibile, nella sua tendenza a rendere passive e dipendenti le persone che a lui si rivolgono. L’immagine negativa dello psicologo, deriva dalla sua assimilazione allo psicoterapeuta, in particolare allo psicoanalista.
Emerge, in sintesi, un forte pregiudizio nei confronti dello psicologo: una sorta di medico non legittimato, ove cervello e mente vengono confusi in modo allarmante; ove è sottolineata l’arroganza del voler trattare terapeuticamente, del volersi assumere ruoli e funzioni che spettano al medico spostando, entro l’area della terapia, problemi che non possono essere soggetti al potere medico. Di qui l’assimilazione dello psicologo al mago, e la sottolineatura della dipendenza che lo psicologo esige da chi a lui si rivolge: dipendenza che ricalca quella del paziente dal medico, ma senza quella giustificazione tecnica che la relazione medico-paziente comporta. Di qui, anche, la mancata presenza dello psicologo entro la problematica sociale locale, chiuso com’è entro interesse ed attenzione per i singoli individui.
La psicologia, al contrario, viene valorizzata quale modo d’intervenire nei contesti sociali. Si pensa alla scuola e alla sanità, non alle singole persone.
La funzione della psicologia è, ancora una volta, quella di potenziare il rapporto tra cittadini e sistema sociale. E’ una funzione di potenziamento della relazione tra individuo e contesto. Si persegue l’integrazione delle componenti deboli del sistema sociale, così come l’incremento della funzionalità dei servizi.
L’intervento ed il cambiamento sono le modalità d’azione della psicologia.
La sfiducia che caratterizza questa cultura nei confronti del sistema sociale si ripercuote sulla figura dello psicologo: figura poco credibile, attenta al successo personale e volta ad approfittare della confusione tra biologico e psicologico per creare dipendenza da sé e dal proprio intervento psicoterapeutico.
C’è, al contrario, una forte aspettativa nei confronti della psicologia, che proponga interventi sulla relazione tra individui e contesto, affrontandone le problematiche di funzionalità e di servizio alla comunità. Come se la psicologia potesse rappresentare il luogo di sfogo della scontentezza, della rabbia, al contempo contribuendo al ripristino di funzioni importanti, quale la scuola e la sanità, che sono istituzioni – simbolo per un collegamento tra stato nazionale e governo locale della cosa pubblica e dei servizi. La domanda rivolta, implicitamente, alla psicologia è quella di ripristinare la fiducia nel sistema sociale locale, per traghettare una cultura reattiva e campanilista entro modelli ed aspettative più mature, più evolute, quali quelle rilevate nella cultura del Civismo locale.
La scissione tra psicologo e psicologia è riferibile alla sfiducia nell’attuale popolazione degli psicologi, residuo probabile della scarsa credibilità che, nel recente passato, ha goduto la formazione degli psicologi nelle università italiane. Cattiva stampa che gli psicologi godono, entro la cultura in analisi, pur conservando la psicologia una sua immagine prestigiosa e utile.
Chiamando Attesa contestuale quest’area culturale, si vuole sottolineare l’attesa che la psicologia intervenga su contesti di convivenza; contesti deteriorati, nella rappresentazione collusiva di questo Repertorio Culturale, ma entro i quali si può evidenziare una domanda di sviluppo, di cambiamento.
Il Campione è composto da studenti, e da persone con il titolo di studio elementare e medio. Conoscono molto poco la situazione professionale degli psicologi.
Cultura attesa psicoterapeutica: è la cultura delle persone contente, soddisfatte e fiduciose nel sistema dei valori e delle regole del gioco che fondano la convivenza, in Toscana e nell’intero paese. Si scommette sul futuro, senza alcun sintomo di anomia. Ma il futuro sembra dover corrispondere pienamente al presente, entro una visione conformista dello status quo. Sembra una cultura senza problemi, anche perché senza una domanda di funzionalità specifica al sistema paese come al territorio d’appartenenza.
Lo psicologo viene identificato totalmente con lo psicoterapeuta, si occupa delle dinamiche mentali dei pazienti. Lavora, con singole persone, caratterizzate da sofferenza psichica. Ciò che è importante per lo psicologo è la competenza, mentre non si dà rilievo alla sua sensibilità ed alla gentilezza verso le persone che a lui si rivolgono. Nella cultura in analisi, viene escluso ogni impegno sociale dello psicologo, al di fuori della cura dei singoli.
Il Campione è composto da persone dal basso reddito. Conoscono bene la situazione ordinistica e professionale degli psicologi e ne approssimano esattamente il numero in Italia. Non c’è un particolare riferimento a una specifica zona di appartenenza.