IL PIANO STRATEGICO DELL’ENTE LOCALE

Scritto da Roberto Russo.

Tratto da www.robertorusso.it

INTRODUZIONE

L’architettura del Piano strategico dell’Ente Locale.

1 – Premessa: il contesto della pianificazione strategica per l’ente locale

Il progetto interpreta la pianificazione strategica come modalità operativa che caratterizza una amministrazione locale che mira a conseguire risultati concreti e misurabili, in rapporto alle risorse impegnate, da ognuna delle azioni intraprese nell’ambito delle proprie competenze, in particolare da quelle finalizzate alla promozione dello sviluppo socio economico e territoriale del sistema locale. Fare pianificazione strategica consente di promuovere una intensificazione dei rapporti di relazione esistenti tra attori del sistema locale che si riconoscono e condividono gli stessi obbiettivi di sviluppo.

Le fasi rilevanti del processo di pianificazione

La definizione del piano strategico

Il piano strategico costituisce un documento formale che racchiude in sintesi i risultati concernenti il coinvolgimento preventivo di una molteplicità di attori sia interni all’ente (sindaco, giunta, consiglio, direzione generale e vari livelli della struttura organizzativa) che esterni (stakeolder) nel processo decisionale dell’amministrazione. Tale documento non è obbligatorio, ne tanto meno richiesto dai principi contabili degli enti locali. Esso costituisce il risultato di un’importante scelta politica finalizzata alla definizione delle direzioni di sviluppo verso le quali indirizzare il destino di un dato territorio. Ogni ente è pertanto libero di scegliere se redigere tale documento e di optare per una struttura rispetto a un’altra. L’importante è che il piano strategico possa costituire un momento di arrivo di un più ampio processo di pianificazione strategica, ma al contempo una fase di partenza per la successiva implementazione delle decisioni e quindi delle conseguenti azioni. I contenuti del piano strategico sono ovviamente influenzati dalle priorità di intervento previste nel programma di mandato: nel caso in cui l’amministrazione non intendesse avviare un più ampio percorso di pianificazione strategica, sarà tale programma il punto di partenza per alimentare il processo di programmazione pluriennale, partendo dal piano generale di sviluppo.

Pur consapevoli dell’estrema varietà di potenziali approcci che un’amministrazione è libera di intraprendere, dalla lettura incrociata della consolidata dottrina internazionale con i risultati emersi da uno studio condotto nelle prassi italiane, vi sono alcune fasi processuali critiche su cui un’amministrazione deve attentamente focalizzarsi:

    1. sensibilizzazione delle parti sociali e pianificazione delle tappe significative del piano;
    2. definizione della mission, del programma di mandato, analisi organizzativa interna, mappatura degli stakeolder e diagnosi dell’assetto ambientale;
    3. individuazione delle istanze strategiche e relativa declinazione funzionale ai vari livelli di priorità;
    4. formulazione delle strategie e definizione della relativa tempistica
    5. revisione del piano strategico e relativa attuazione;
    6. implementazione delle strategie e quindi del piano, di monitoraggio e rialimentazione dell’intero processo.

Dal piano strategico alla valutazione della fattibilità economico – tecnica e sociale delle strategie

A prescindere dalla qualità e quantità degli obiettivi a cui mira una data amministrazione, è indubbio che negli ultimi anni, la disponibilità di risorse finanziarie abbia raggiunto livelli di scarsità crescente (con l’aggravante di più ristretti vincoli di indebitamento imposti dalle recenti leggi finanziarie e dal rispetto delle diverse versioni del patto di stabilità). Al punto da costringere quasi tutte le amministrazioni pubbliche locali a riconfigurare il proprio approccio in termini di strategie economico – finanziarie. Sono queste ultime che devono infatti supportare la serie di politiche comunali che un dato ente intende avviare lungo il mandato. Pianificare e programmare le risorse finanziarie atte a sostenere lo sviluppo delle politiche dell’ente sta diventando pertanto sempre più centrale per ogni disegno strategico di largo respiro. In tal senso è opportuno per l’ente rendere maggiormente sistematico l’impiego delle tecniche di simulazione economico – finanziarie al fine di delineare in modo più accurato le possibili conseguenze che determinate decisioni intraprese potranno esercitare in termini di impatto economico – finanziario sulla struttura del bilancio in chiave prospettica. In tal senso, costituisce un formidabile ausilio l’impiego di strumenti predittivi che consentono di valutare l’impatto economico finanziario di determinate scelte strategiche sugli equilibri prospettici di bilancio.

Oltre alla sostenibilità finanziaria delle scelte politiche occorre tuttavia estendere l’orizzonte di analisi strategica verso le dimensioni massime di espansione urbanistica realizzabili (considerate in prospettiva) attraverso attuali piani urbanisticie le connesse implicazioni socio – ambientali che potranno derivare dall’implementazione dei progetti previsti per ciascun ente strategico.

Tavola 1

Sostenibilità finanziaria, urbanistica e socio – ambientale delle strategie di mandato

La fattibilità economica da un lato e quella tecnica dall’altro andranno opportunamente messe in sinergia con la dimensione sociale della strategia: è noto come specie in questi ultimi anni, variabili quali l’aumento dell’immigrazione, l’aumento delle fasce di popolazione con età avanzata e la crescente necessità di organizzare servizi pubblici differenziati destinati a cittadini sempre più multi-etnici, abbiano portato ad un innalzamento del grado di complessità organizzativa per l’ente e ribadito quindi la necessità di orientare le singole decisioni secondo un quadro di riferimento univoco e di lungo respiro neo confronti del territorio.

La costruzione del piano generale di sviluppo

Ci pare evidente che nella maggior parte delle amministrazioni pubbliche locali vi sia un’evidente difficoltà ad instaurare specifiche correlazioni tra le macro aree strategiche e i programmi e i progetti della relazione previsionale e programmatica.

Tale difficoltà emerge soprattutto nel caso in cui gli enti intendano intraprendere percorsi di rendicontazione sociale, dal momento che dovendo in questa fase ricercare elementi di confronto nei documenti preventivi si finisce per collegare forzatamente quanto comunque realizzato con generiche aree di intervento del programma di mandato.

In precedenti lavori si è enfatizzato come il citato raccordo debba trovare idonea sede nello strumento concernente la programmazione di mandato previsto dal Tuel, il piano generale di sviluppo, contemplato dall’art. 165 e disciplinato nei termini minimi dal principio contabile degli enti locali n. 1 e che ha quale principale funzione informativa proprio quella di cercare il necessario bilanciamento delle diverse variabili che l’amministrazione deve preventivamente ponderare sia all’inizio del proprio mandato che in corso di sviluppo dello stesso.

Si ritiene che sia proprio questa la fase del processo in cui l’ente partendo da una serie di obiettivi strategici ed operativi debba confrontarsi con le reali esigenze e disponibilità di risorse esistenti. Il fine del legislatore, è evidente, quello di dotare l’ente di un rilevante strumento atto a dimensionare (o anche a ridimensionare) le strategie che s’intendono perseguire. Mediante la predisposizione e la successiva approvazione (da parte del consiglio) del piano generale di sviluppo, in funzione degli impegni richiesti dalle politiche comunali (o provinciali) atte a conseguire le finalità di mandato, l’ente è in grado di prevedere nei relativi documenti di programmazione finanziaria, l’entità degli investimenti da inserire all’interno del piano triennale delle opere pubbliche e descritti in termini quanti – qualitativi in sede di redazione previsionale e programmatica. Sarà quest’ultimo documento a dover motivare la necessità di apportare eventuali modifiche (incrementative o riduttive) rispettivamente alle previsioni di spesa in c/capitale (qualora si tratti di intervenire a livello di investimenti) o di spesa correnti (qualora si debba intervenire sul potenziamento di alcuni servizi o prevedere ulteriori oneri indotti dalle scelte di finanziamento) e alle relative modalità di reperimento di risorse finanziarie, in seguito a mutamenti di priorità strategiche intervenuti durante il mandato o alla sopravvenienza di specifiche opportunità di intervento in precedenza non contemplate nei documenti programmatici originari.

Essendo uno strumento pensato per convogliare in predeterminate direzioni lo sforzo dell’amministrazione, il piano generale di sviluppo deve possedere al contempo delle proprietà che potrebbero risultare a prima vista tra loro in trade – off, vale a dire la presenza di un sistema di specifiche coordinate di rispettare nei cinque anni contro la flessibilità che invece deve caratterizzare l’intera strumentazione della programmazione finanziaria dell’Ente: ciò richiede che una parte del PGS sia parzialmente modificabile per garantire una costante aderenza con i mutevoli connotati normativi (si pensi alla variabilità annuale del patto di stabilità) e con il sistema dei vincoli/opportunità per lo sviluppo territoriale. Il piano generale di sviluppo deve essere caratterizzato da una connotazione strutturale che sia ben “determinata” nei relativi contorni strategici ma al contempo “flessibile” con riferimento alle modifiche che annualmente possono esservi apportate dal Consiglio, preliminarmente all’approvazione dei documenti programmatici di bilancio.

Allo stato attuale della prassi degli Enti locali italiani, è possibile affermare che laddove siano stati predisposti idonei piani generali di sviluppo, le amministrazioni hanno ammesso di avere beneficiato di indubbie sinergie organizzative ed informative derivanti dalle specifiche correlazioni che necessariamente devono intercorrere tra il piano e gli strumenti di programmazione triennale (relazione previsionale e programmatica, programma triennale delle opere pubbliche, bilancio pluriennale). L’introduzione del Pgs dovrà pertanto costituire il primo atto programmatico da parte delle nuove amministrazioni che si accingono a governare nel rispettivi territori urbani nei prossimi cinque anni del loro mandato.

Tavola 2

Piano generale di sviluppo: trade – off tra scelte strategiche e fabbisogno di programmazione

2 – L’architettura del documento

Il processo di definizione del piano strategico parte dalla redazione di un documento che contiene LINEE, STRATEGIE, POLITICHE, prioritarie per il Comune.

In particolare vengono definiti, in accordo con la Giunta, i progetti prioritari della città e la suddivisione temporale.

Vengono anche richiamati il sistema degli obbiettivi creditizi che gli attori del sistema locatesi impegnano a perseguire nel medio e lungo termine e definisce le specificità delle condizioni strutturali e delle linee strategiche che lo compongono. Riporta inoltre le strategie da attivare per conseguire gli obiettivi del piano e articola le stesse, seguendo un ordine di priorità, in politiche d’intervento.

Le azioni (accordi, coordinamenti, programmi operativi, progetti d’intervento,.. ) attraverso la cui realizzazione gli obiettivi del piano possono essere conseguiti possono variare al variare delle condizioni oggettive del contesto di riferimento (promotore, disponibilità di risorse, tempi di attuazione, …) ed essere selezionate tra più alternative in base a criteri di sostenibilità sociale ed ambientale e in base ai possibili effetti sull’organizzazione urbana, sia fisica che funzionale.

 

©  Il piano strategico dell’Ente locale – Roberto Russo