Il costrutto del Job burnout

Il costrutto del Job burnout

 

Dalla rassegna sul costrutto del job burnout condotta da Borgogni e Consiglio, (2005) emerge che questo concetto nasce come problema sociale, originatosi dall’esperienza lavorativa di alcune categorie di professionisti che vivono all’interno del contesto lavorativo una specifica difficoltà. Si tratta di particolari categorie professionali come medici, infermieri, insegnanti, educatori, poliziotti, operatori sociali impiegati  in contesti sociali e sanitari dove l’obiettivo dell’attività lavorativa è la cura, l’aiuto, la riabilitazione dell’utenza. L’essere disponibili, empatici, prestare cure, sono azioni che richiedono un considerevole dispendio di energia psicologica. I primi sintomi di questo malessere degli operatori sono quindi il distacco emotivo e l’insofferenza verso l’utenza, che portano a definire  lo stato di burnout come il risultato di uno squilibrio prolungato tra investimenti e risultati, tra richieste e risorse (Schaufeli & Enzmann,1998, citato in Borgogni & Consiglio, 2005). La prima sistematizzazione teorica del costrutto avviene ad opera di Christina Maslach (1982, citato in Borgogni & Consiglio, 2005) secondo la quale il job burnout rappresenta una specifica sindrome da stress cronico caratterizzata da tre dimensioni:
Esaurimento emotivo : rappresenta la componente centrale e più tipica del job burnout e consiste nella sensazione della persona di aver «bruciato» tutte le energie psicologiche; il lavoratore si sente svuotato e senza più risorse fisiche ed emozionali per affrontare l’attività lavorativa. L’esaurimento è la dimensione maggiormente legata allo stress e al benessere fisico, oltre che psicologico, e costituisce anche l’aspetto più approfondito dalla ricerca scientifica. Può considerarsi una condizione necessaria, ma non sufficiente alla comparsa del burnout;
Depersonalizzazione: rappresenta la componente interpersonale del burnout ed è caratterizzata da un esasperato distacco nella relazione con gli utenti/clienti che si esprime nel trattare gli altri come oggetti piuttosto che come persone. La depersonalizzazione costituisce quindi una reazione di difesa, che si manifesta attraverso un atteggiamento freddo e cinico, di indifferenza e annullamento delle emozioni;
Ridotto senso di riuscita professionale: rappresenta la componente di valutazione di sé del burnout, caratterizzata da un crescente senso di inadeguatezza, dalla mancanza di fiducia circa le proprie possibilità di riuscita nell’attività professionale.
A partire da queste dimensioni teoriche, la Maslach mette a punto il diffuso questionario MBI-Maslach Burnout Inventory .Sebbene questo costrutto sia nato in riferimento alle helping profession,  in seguito diversi autori hanno cercato di estenderne l’ applicabilità  e la pertinenza ad un numero maggiore di contesti professionali, riadattando ciascuna delle tre dimensioni con un carattere più generale, dimensioni valutabili attraverso il MBI-General Survey (Maslach & Leiter 1999; Maslach, Schaufeli & Leiter, 2001, cit. in Borgogni & Consiglio, 2005). Le tre dimensioni costitutive vengono articolate con item meno caratterizzanti il contesto socio-sanitario e definite come: esaurimento (exhaustion), disaffezione lavorativa (cynicism) ed efficacia professionale o inefficacia (professional efficacy o inefficace); è la disaffezione lavorativa quella che si discosta maggiormente dall’originaria formulazione (Leiter e Schaufeli, 1996 cit. in Borgogni & Consiglio, 2005). Con depersonalizzazione ci si riferiva ad una modalità disfunzionale di affrontare la richiesta emotivamente coinvolgente dell’utente (attraverso il distacco da quest’ultimo), invece con disaffezione lavorativa si intende riferirsi ad un generico atteggiamento di indifferenza, freddezza e distanza emotiva dal lavoro ed alla risposta difensiva nei confronti di vari aspetti della vita lavorativa (Maslach e Leiter, 1999; Borgogni, Armandi, Consiglio e Petitta, 2005 cit. in Borgogni & Consiglio, 2005).
Nella stessa prospettiva diestensione del costrutto ad altri ambienti professionali si colloca il modello proposto da Demeruti e colleghi (2001) denominato modello “domanda risorsa.” In un studio condotto su un campione di 374 lavoratori appartenenti a tre gruppi occupazionali (servizi alla persona, industria, trasporti) gli autori hanno validato questo modello  che ha come presupposto che il burnout si sviluppi a prescindere dal tipo di occupazione quando le domande sono alte e quando le risorse lavorative sono limitate poiché le condizioni lavorative negative conducono ad una carenza di energie e ad una diminuzione della motivazione dei lavoratori.
Gli autori definiscono le domande lavorative come quegli aspetti fisici, sociali o organizzativi del lavoro che richiedono di sostenere uno sforzo fisico o mentale e che sono associati con certi costi psicologici e fisiologici  quali l’ esaurimento, mentre le risorse lavorative si riferiscono a quegli aspetti fisici, psicologici, sociali o organizzativi del lavoro che riducono le domande lavorative ed i costi associati,sono funzionali al raggiungimento degli obiettivi lavorativi,stimolano la crescita, l’apprendimento e lo sviluppo personale” (Demerouti, Bakker, Nachreiner, & Schaufeli, 2001, pag. 501).
Questo modello propone che lo sviluppo del burnout segue due processi. Nel primo processo gli aspetti delle richieste lavorative (domande lavorative estreme) conducono ad un costante sovraccarico e alla fine all’esaurimento. Nel secondo una mancanza di risorse rende difficile l’incontro con le domande lavorative, mancanza che conduce ad un comportamento di ritiro. Le conseguenze a lungo termine di questo ritiro è il disimpegno dal lavoro (disengagement).  In sintesi i risultati di questa ricerca suggeriscono che lo sviluppo dei sintomi del  burnout è determinato da una specifica costellazione di condizioni lavorative. Quando le domande lavorative sono alte, gli autori  predicono che i dipendenti abbiano maggiori probabilità di sperimentare esaurimento (ma non disimpegno), quando le risorse lavorative sono assenti, si predicono alti livelli di disimpegno (ma non di esaurimento) mentre in condizioni con alte domande e allo stesso tempo limitate risorse i lavoratori sviluppino sia esaurimento che disimpegno, che se presenti simultaneamente rappresentano la sindrome del burnout. La validità di questo modello è stata testata anche nel contesto italiano su un campione di 159 infermieri (Guglielmi, Simbula, Depolo &Violante, 2011).
In questo studio sono state considerate in particolare due specifiche domande (dissonanza emotiva e iniquità percepita) e due specifiche risorse lavorative (controllo e supporto sociale da parte dei superiori). I risultati delle analisi SEM hanno sostenuto la validità del modello JD-R e confermato l’esistenza di entrambi i processi.
Pur riconoscendo la validità di questo modello, in questa ricerca si farà riferimento alla prima formulazione del concetto di job burnout, essendo l’obiettivo quello di analizzare l’attività lavorativa di operatori sanitari oltre ad analizzare gli effetti in termini di depersonalizzazione, esaurimento emotivo e ridotto senso di riuscita professionale, che si ipotizza siano correlati ad un processo di regolazione delle proprie emozioni.