I Padri fondatori del counseling: Robert Carkhuff e l’arte di aiutare

Robert Carkhuff e l’arte di aiutare

 

 

“ Tutti noi – nessuno escluso – siamo nati con le potenzialità per crescere. Se impariamo a mettere in pratica questo potenziale, vivremo una vita d’intensità e di pienezza indicibili. Riusciremo a sviluppare delle risposte di crescita che ci permetteranno di andare ovunque e di fare qualsiasi cosa. …[…] Crescere è la nostra vera ragione di vita. I processi umani rappresentano il veicolo della nostra crescita. Noi, come esseri umani, siamo il prodotto dei nostri processi. In effetti, siamo umani solo se siamo in grado di gestire i processi umani. E alla fine, o moriremo crescendo, oppure moriremo condizionati ed impotenti, profughi e senza casa nel nostro stesso mondo”.
(Carkhuff, ”L’arte di aiutare”, 1987).

Allievo di Rogers, psicoterapeuta, è considerato il più grande esperto internazionale di counseling e relazione d’aiuto.

Il modello operativo proposto da Carkhuff integra le feconde intuizioni della Scuola Rogersiana con gli approcci di tipo cognitivo comportamentale, in un’esposizione semplice, piana e rigorosa, che chiarisce ed approfondisce le abilità fondamentali del processo di aiuto: prestare attenzione, rispondere, personalizzare, iniziare.

Migliorare i processi terapeutici è stata l’ossessione di Carkhuff, e in questo sforzo ha seguito Rogers: migliorare i processi terapeutici significava innanzitutto migliorare i processi interpersonali nella terapia o nel processo d’aiuto.

Nel 1987 riassume il processo d’aiuto, come egli stesso riporta, nel seguente modo:

    • per cambiare o migliorare, i clienti devono agire in modo diverso da quanto fatto in precedenza: agire per muoversi da dove si trovano  a dove vogliono essere;
    • per riuscire a fare questo devono capire accuratamente i propri obiettivi e come raggiungerli: capire dove si trovano in rapporto a dove desiderano essere;
    • per capire questo devono esplorare il loro mondo in maniera esperenziale: capire dove si trovano in rapporto al loro mondo ed alle persone per loro significative;
    • i clienti devono poi imparare ad utilizzare il feedback delle loro azioni per riciclare l’intero processo  nella direzione di una più accurata esplorazione e comprensione dei suddetti elementi, perseguendo un’azione sempre più efficace nella direzione dei loro obiettivi.

(R.Carkhuff,” L’arte di aiutare, vedi capitolo “Citazioni”, 1987).

Il Modello di Carkhuff offre una base per comprendere e gestire le relazioni umane come tali. In particolare, permette di “forzare le relazioni, attraverso una sistematica formazione, nel senso di diventare relazione d’aiuto, ossia processi che comportino la crescita di una persona o di entrambe le persone coinvolte per mezzo del loro relazionarsi (e delle risorse che da ciò ne possono scaturire).

Nel contesto della relazione d’aiuto, è possibile individuare una linea di “ specializzazione “progressiva che parte dalle relazioni spontanee nella vita quotidiana per arrivare a forme d’aiuto via via più complesse, che si definiscono, a seconda del loro grado di strutturazione o di profondità, come counseling e psicoterapia.

Carkhuff ha esteso entrambi i punti fondamentali del sistema rogersiano, vale a dire

    1. l’analisi delle disposizioni personali dell’operatore d’aiuto e
    2. l’articolazione dell’apparato tecnico metodologico, indispensabile per una relazione d’aiuto efficace.

E’ stato dimostrato che, l’efficacia di una relazione di aiuto si può ricondurre a due fattori generali:

il rispondere e l’iniziare. Il fattore rispondere richiede che gli “ helper ” (chi aiuta) sappiano entrare nello schema di riferimento degli “ helpee “ (chi riceve aiuto) e sappiano comunicare con grande accuratezza, una loro reale comprensione delle esperienze a loro volta comunicate dagli helpee.

Il fattore rispondere rileva l’importanza di dimensioni quali l’empatia o sensibilità; il rispetto o calore umano; concretezza o specificità dell’helper nel mettere a fuoco il vissuto degli helpee e altre abilità ancora. L’abilità dell’helper di rispondere facilita, da parte degli helpee, l’esplorazione delloro vissuto e lo sviluppo dell’insight.

In seguito, il modello della relazione d’aiuto è stato completato con l’aggiunta delle cosiddette abilità di pre-aiuto o di prestare attenzione. Prestare attenzione agli helpee facilita il loro coinvolgimento nel processo d’aiuto. Attraverso l’azione, gli helpee producono e ricevono un feedback: quest’informazione “retroattiva” che scaturisce dall’azione, mette, in moto un processo in cui le fasi dell’aiuto si riattivano nuovamente, riciclandosi. L’obiettivo finale dell’aiuto è quello d’impegnare gli helpee in processi che portano alla crescita e allo sviluppo delle loro dimensioni umane.

 

 

© “Il Counseling ed il bilancio di competenze in azienda. Ipotesi di una sinergia professionale orientata alla persona e al business” – Dott.ssa Camilla Girelli