I fattori motivanti della membership e l’adattamento organizzativo

I fattori motivanti della membership e l’adattamento organizzativo

Nel paragrafo precedente si è visto come la presenza di interdipendenze e di sovrastrutture nell’agire lavorativo, possono portare a delle conseguenze positive in termini di motivazione.

Dalla condizione di team member (membership), deriva che l’attività lavorativa subisce direttamente o indirettamente diverse influenze sociali, in parte già accennate alla fine del precedente capitolo. Fra gli effetti positivi del condizionamento sociale, si ha ad esempio il potenziamento reciproco, che si trova nei casi in cui si instaurino relazioni positive di fiducia, più facilmente nelle collaborazioni in gruppo.

Si ipotizza cioè che esista in ogni persona un nucleo positivo di motivazione ad apprendere e di autostima, che emerge nel momento in cui i soggetti instaurano delle relazioni positive con gli altri e diventano consapevoli del loro modo di apprendere, attraverso un sostegno reciproco.

In una prospettiva più ampia si collocano invece le applicazioni all’analisi del lavoro di gruppo di alcune teorie come quella del campo di Lewin, precedentemente trattata, che si sono focalizzate per la prima volta sull’importanza delle relazioni e delle interdipendenze fra i membri, visti in funzione della loro posizione reciproca. Secondo questi approcci, fra due persone, non sono tanto importanti le semplici azioni che avvengono fra di loro, ma è fondamentale la percezione che essi hanno reciprocamente sul piano delle intenzioni, dei desideri,  dei progetti e dei rispettivi ruoli.

Di particolare interesse, poi, sono state le strade da questo filone allo studio delle “dinamiche di gruppo” e di come esse influenzano alcuni aspetti dell’agire umano, tra cui la motivazione al lavoro. Esistono infatti delle regole generiche, elaborate già dagli psicologi della Gestalt, che illustrano come una organizzazione possa indirizzare a livello percettivo i suoi membri in direzione di percorsi prestabiliti .

In altre parole il gruppo, pur nell’azione reciproca di forze ed esigenze molteplici, assume una struttura di equilibrio sopraindividuale, sulla base di correlazioni associative dei suoi membri, conformemente alla tendenza di fondo di stabilire relazioni ottimali.

Secondo un altro approccio  gli effetti motivanti dell’appartenenza deriverebbero in sostanza dalla presenza di una “razionalità strumentale”, secondo la quale l’organizzazione e l’azione organizzativa hanno un effetto motivante, solo nella misura in cui possono essere un mezzo per ottenere obiettivi già stabiliti. In altre parole consiste nel rendere omogenei gli interessi dei lavoratori, in modo tale da assicurare che il loro comportamento sia automaticamente coerente con gli obiettivi aziendali, diminuendo il fabbisogno di attività decisionali e comunicative e annullando l’esigenza del controllo, grazie ai rapporti fiduciari che si stabiliscono tra i soggetti.

Tali valori sono tuttavia intermedi perchè strumentali all’ottenimento di obiettivi tecnico-economici (come ad esempio ridurre la percentuale di scarto, aumentare le vendite, migliorare il rapporto con i clienti, ecc.) che proprio per il fatto di essere perseguiti dall’azienda, non sono per loro stessa natura motivanti per i collaboratori. Simmetricamente gli interessi dei collaboratori, da un punto di vista strettamente economico, non sono importanti per l’azienda, ma servono ad essa per raggiungere i propri e viceversa. Si ha così fra i valori e gli interessi aziendali e quelli dei collaboratori un rapporto di mutualità e reciproca strumentalità.

I principi che derivano da queste considerazioni, si possono far risalire ad un principio più generico di equifinalità , secondo cui la formazione di gruppi ottimali e motivanti si basa sull’interazione di due elementi. La percezione di uno scopo comune e la formazione di relazioni stabili tra le persone. Il primo fattore consente l’utilizzazione dell’energia apportata dai membri per il raggiungimento dello scopo, rendendo possibile la distinzione tra il gruppo e la semplice somma degli individui.

A questo punto anche altri aspetti assumono un’importanza determinante: il legame tra i membri, la composizione del gruppo, la qualità degli obiettivi.

Affinché si possa sviluppare un gruppo è necessario che le persone siano motivate a mobilitarsi per il raggiungimento dello scopo, che vi sia una adeguata giustificazione della quantità d’energia necessaria per raggiungerlo, che gli obiettivi vengano dati in modo chiaro e tale da permettere la partecipazione e il coinvolgimento di tutti.

Il secondo elemento che assume grande rilievo sono i rapporti che si instaurano all’interno del gruppo.

La natura di tali rapporti influisce sulla possibilità che un gruppo si formi: in questa fase è cruciale la scelta dei futuri membri, essendo importante che le persone siano obiettivamente partecipi dello scopo comune e che si sentano soggettivamente motivate alla condivisione con gli altri. L’avere scopi comuni produce nei colleghi interazioni che aumentano la motivazione ad apprendere ed in generale favoriscono risultati migliori.

Fra le leve che in definitiva possono essere messe in campo per sprigionare le potenzialità motivanti dell’appartenenza, hanno un ruolo privilegiato le politiche di esplicitazione della mission.

Questo concetto, che può avere un potente impatto su di un’organizzazione, ne riassume la visione, le convinzioni, i valori condivisi all’interno di essa e la sua ragion d’essere. In sintesi lo stato futuro desiderato dall’organizzazione. La mission è talvolta indicata con l’espressione “obiettivi ufficiali”, essendo riferita a dichiarazioni formali sull’ambito di business e sui risultati che l’organizzazione cerca di raggiungere .

Questa è una delle capacità più importanti di cui la leadership aziendale dovrebbe essere dotata, poiché non è sufficiente provare passione verso una determinata attività se non si è in grado di trasmetterla in maniera vivace e coinvolgente.

Una mission che non sia chiara ai  dipendenti, rappresenta probabilmente la causa più frequente di confusione e disincentivazione all’interno di una organizzazione e può dipendere da più fattori.

Spesso chi dirige un’azienda da per scontato che se una certa situazione è per lui chiara lo sarà automaticamente anche per gli altri. Far sì che tutti vengano informati allo stesso modo può sembrare una perdita di tempo, così chi guida un team tenderà a farlo sempre meno spesso, senza considerare che nuovi assunti entrano costantemente nell’organizzazione e che le caratteristiche di base su cui essa si regge cambiano di continuo.

I lavoratori che occupano posizioni a diretto contatto con la clientela potrebbero sviluppare una visione distorta circa le priorità della propria attività. Spesso inoltre capita che, anche sotto le migliori condizioni, l’informazione trasmessa tende a subire delle deformazioni man mano che questa passa attraverso i vari livelli gerarchici, creando una situazione di confusione.

L’unico modo efficace per evitare ciò è quello di mantenere aperte le linee di comunicazione, dedicare una parte del tempo per avere delle conversazioni occasionali con ogni membro del team, durante il quale domandare loro la propria opinione circa gli obiettivi per cui essi stanno lavorando. Per questa ragione ogniqualvolta si rendono necessari dei cambiamenti significativi è utile tenere degli incontri in cui agli apprezzamenti per il lavoro fatto si uniscano e si spieghino le nuove priorità e le ragioni per le quali esse sono state adottate.

© Analisi dei processi di motivazione nella gestione delle risorse umane – Davide Barbagallo