Disagio lavorativo: Riflessioni e conclusioni

DIsagio lavorativo: Riflessioni e conclusioni

Zugzwang: scacco matto!

Lo zugzwang è un termine tedesco usato dai giocatori di scacchi per definire una situazione in cui uno dei contendenti si ritrova nella situazione di non poter fare alcuna mossa valida senza subire danni irreparabili. Pertanto si può definire una combinazione di zugzwang come una sequenza di mosse forzate con cui un giocatore pone l’altro in una posizione priva di mosse valide da effettuare senza perdere materiale.

Chi coniò questo termine probabilmente nulla sapeva del fenomeno sociale etichettato come mobbing: ciononostante, “una sequenza di mosse forzate con cui un giocatore pone l’altro in una posizione priva di mosse valide da effettuare senza perdere materiale” è forse la miglior definizione di mobbing.

La società ci vuole vincenti, pertanto esige dei perdenti: forse è questo il gradino più basso cui possono giungere le relazioni interpersonali.

Nel primo capitolo si è visto come le azioni vessatorie possono indurre il mobbizzato ad azioni estreme (Ege, 2001), quali l’autoeliminazione o, addirittura, all’omicidio del mobber.

Certo è che per arrivarea commettere una tale azione bisogna prima attraversare diverse fasi che portano i lavoratori a diventare vittime di bossing o di stalking, piuttosto che di burnout, oppure di straining e di ostracismo.

Termini scientifici che differiscono talvolta l’uno dall’altro solo per alcune lievi sfumature, ma che in sostanza vanno a delineare un’unica grave conseguenza: la sofferenza fisica e psicosociale del lavoratore.

Zamperini (2010), colloca sotto l’etichetta linguistica ostracismo tre specifici fenomeni fra loro connessi: l’essere ignorati, respinti ed esclusi socialmente. L’offesa recata al lavoratore sembra essere impalpabile, non quantificabile: non ci sono graffi o lividi evidenti sulla persona.

Come sostiene Azzarini, intentare una causa di mobbing è difficile poiché mancano prove tangibili a sostegno del lavoratore che dimostrino la presenza di un danno subito, pertanto, come consiglia l’avvocato, è sempre utile fornire alle competenti sedi giudiziarie delle certificazioni, delle testimonianze e dei documenti che confermino il danno subito.

Spogliato all’inverosimile del proprio prestigio, della propria dignità e della propria professionalità, cosa rimane dell’uomo/lavoratore?

Pedon A. (2010), sottolinea come il settore risorse umane di un’azienda dovrebbe anzitutto privilegiare la natura sociale delle relazioni lavorative allo scopo di prevenire il declino del lavoratore: i rapporti sociali offrono al lavoratore il senso della propria identità e al lavoro il significato intrinseco perduto in conseguenza dei processi dell’organizzazione scientifica. Il funzionamento dell’impresa è strettamente legato ai fattori ambientali e relazionali, per cui nell’attività di lavoro è necessario umanizzare le relazioni tra le persone.

Sono proprio i fattori relazionali e ambientali che Zamperini (2007) intreccia affinché sia possibile spiegare il malfunzionamento di alcune componenti della società odierna, che annovera fra le sue peggiori malattie quelle citate poche righe sopra e ampiamente trattate nel primo capitolo.

Le relazioni osservate tramite la lettura dei resoconti, narrano la storia di donne e uomini costrette a un ripiegamento in se stessi (Zamperini, 2010), poiché chi non ha saputo adeguatamente difendersi ha trovato in questa strategia l’unico modo per sopravvivere al clima aberrante venutosi a creare sul luogo di lavoro.

Il carnefice approfitta di questa situazione per raggiungere il suo scopo: estromettere dal luogo di lavoro la persona presa di mira, passando attraverso stratagemmi come emarginazione, isolamento e demansionamento.

La combinazione di zugzwang dei mobbers è talmente macchinosa e ben congeniata che l’unica alternativa che resta al giocatore è talvolta quella di arrendersi, affinché il vincitore dichiari “scacco matto”: la forza costrittiva è talmente elevata da indurre il mobbizzato ad accettare il licenziamento o le dimissioni forzate.

 

“Il lavoro che (non) fa per te”. Il disagio nelle relazioni lavorative: un’indagine psicosociale sul territorio di Venezia –  © Maurizio Casanova