Definire l’employability

Definire l’employability analizzando la letteratura scientifica

Introduzione

Le competenze possono essere considerate di diversa natura: tecniche, organizzative, trasversali, relazionali, personali o sociali e diventano sempre più importanti nell’attuale contesto lavorativo.

Parleremo dettagliatamente nel resto del paper del costrutto multidimensionale dell’employability, descrivendone origini e sviluppo.

L’employability si inserisce in quella parte della metodologia di ricerca che si colloca nel versante della psicologia positiva. La psicologia positiva si occupa dello studio degli aspetti che possono incrementare il benessere della persona, sempre più minacciato dall’instabilità del lavoro, ad oggi incerto e insicuro.

Il costrutto dell’employability si compone di variabili utili al lavoratore moderno, un soggetto immerso in nuove condizioni di occupazione, un individuo che ha bisogno di nuovi strumenti per muoversi meglio all’interno di un contesto lavorativo, oggi profondamente mutato.

L’obiettivo dell’elaborato è quello di ripercorrere le fasi che hanno portato alla formulazione del modello dell’employability a partire dallo studio della letteratura di riferimento in psicologia sociale sino ad arrivare alla descrizione del recente modello di Fugate e  Kinicki del Marzo 2008.

Definire l’employability analizzando la letteratura scientifica

Definire l’employability non è cosa semplice nè tantomeno la sua descrizione risulta priva di problematiche relative all’ innata complessità del costrutto.

Gli studi sull’employability nascono principalmente in rapporto ai mutamenti del mercato del lavoro e alla luce della progressiva modificazione delle domande del mercato, dei contratti e della frammentazione delle carriere lavorative. Le attuali carriere di lavoro sono profondamente cambiate se le rapportiamo a quelle mediamente vissute da un lavoratore negli anni ’80; la larga diffusione del lavoro flessibile ha stravolto le dinamiche lavorative così come erano concepite in maniera classica.

E’ stato progressivamente messo in discussione il concetto di job security e di stabilità, soprattutto per i lavoratori temporanei (Kluytmans e Ott 1999).

In questo contesto l’employability si inserisce come il nuovo set di abilità del lavoratore, il quale ha la possibilità di “difendersi” dalla mutevolezza del lavoro a partire dalle sue stesse capacità e risorse personali.

Per fronteggiare ai turbolenti sviluppi del mercato del lavoro e ai sempre più frequenti cambiamenti di carriera, ai lavoratori è richiesto di gestire il loro personale livello di cambiamento nel contesto di lavoro, questa abilità della persona, unita alla disponibilità ad adattarsi, è essenziale per il successo nella carriera (Hall, 2002; Pulakos, Arad, Donovan, e Plamondon, 2000).

L’employability incarna le caratteristiche individuali e sociali utili al lavoratore al fine di alleviare i problemi di adattamento e gli aspetti negativi legati al rapporto all’incertezza del mondo del lavoro.

Per diverso tempo con il termine employability si è andata ad indicare una miriade di aspetti diversi in letteratura, dalle policy (Kossek, Huber, e Lemer, 2003) al counseling vocazionale indirizzato a individui disabili, (Bricuit e Bentley, 2000) fino all’utilizzo del termine per descrivere aspetti di carattere economico.

L’employability ha suscitato grossa attenzione in letteratura di ricerca soprattutto negli ultimi anni, considerato il fatto che tale argomento è stato finora studiato sotto punti di vista concettualmente diversi.

Inizialmente l’employability era definita come  la nuova serie di abilità legate alla capacità di trovare occupazioni (Gaspersz, Ott 1996) all’interno dell’attuale mercato del lavoro, flessibile e in continuo mutamento, responsabile del progressivo spezzettamento della carriere.

Sin dagli anni ’80 tale capacità era intesa come un’abilità legata alla flessibilità del lavoro a tal punto che la parola employability veniva spesso sostituita con quella di flessibilità funzionale.

Per diverso tempo si è pensato che l’employability facesse capo alla capacità di trovare lavoro, tale abilità è stata collegata quasi automaticamente alla condizione di occupato seguendo l’idea che coloro che si trovano all’interno del mondo del lavoro siano (automaticamente) “employable” rispetto agli inoccupati (McArdle 2007) .

Il legame tautologico tra employability ed effettiva occupazione è fin troppo invitante ma rischia di essere figlio di un bias euristico.

Ciò che è chiaro è che un lavoratore maggiormente employable ha maggiori probabilità di ottenere un’occupazione rispetto a chi presenta scarse employ skills (Fugate et al. 2004).

Diversi autori hanno definito l’employability in maniera unidimensionale considerandola esclusivamente in rapporto all’effettiva occupazione e valutandola alla luce del raggiungimento del posto di  lavoro.

Nel contributo di Ott “Management of Employability in The  Netherlands” (1999) si è indagato in che modo questo set di abilità fosse promuovibile da parte dell’organizzazione poiché l’idea di base dei ricercatori era che alti livelli di employability favorissero la job security per i temporanei (Kanter 1989).

Nel contributo di Ott (1999) viene sottolineato come il set di abilità del lavoratore “employable” si componesse di :

    1.  Abilità di know-how (Fa riferimento alla capacità di problem solving se si presentano improvvisi cambiamenti o problemi nuovi)
    1. Disponibilità a spostarsi
    1. Conoscenza mercato del lavoro (E’ un’abilità utile sia per trovare posti di lavoro per il lavoratore in prima persona che per implementare lo scambio di informazioni tra le aziende attraverso la promozione del network).

 

Il contributo di Ott propone elementi come la mobilità, le capacità di “learning on the job” e il monitoraggio personale della carriera come elementi caratterizzanti l’employability.

Tutto sommato tali abilità sussistevano alla luce di obiettivi ben precisi, vale a dire l’ottenimento di posti di lavoro che a sua volta serviva al lavoratore per ottenere una maggiore sicurezza del posto di lavoro (Kanter 1989).

La problematicità della visione di alcuni autori (Ott 1999) emerge nel momento in cui gli occupati vengono considerati automaticamente employables. Nel lavoro di McArdle (2007) si sottolinea l’esigenza di considerare l’employability in maniera più ampia e completa a partire da un modello che sia comprensivo di molteplici aspetti.

Fugate e collaboratori (2004) presentano l’employability come un costrutto psico-sociale centrato sull’individuo e scollegato dalla necessità di avere un impiego, ciò significa che un individuo può essere employable senza la necessaria condizione di avere un posto di lavoro.

Il rafforzamento delle competenze dei soggetti employable è utile alla promozione del loro re-employment, a dispetto delle difficoltà economiche e sociali che comporta la perdita del lavoro (McArdle 2007).

Prima del 2004, analizzando la letteratura scientifica non era possibile rintracciare una lunga tradizione di studi capace di inquadrare in maniera precisa e chiara cosa fosse con esattezza l’employability e come potesse esser quantificata.

Vedremo in maniera dettagliata come negli ultimi anni di ricerca il costrutto sia stato sempre più considerato alla luce di una visione di insieme che puntasse sul concetto di modello multidimensionale e di carattere psico sociale, fino ad arrivare alla pubblicazione di un modello disposizionale capace di quantificare il costrutto.

Si fa riferimento nello specifico ai contributi di Fugate e altri del 2004 e a quelli di Fugate e Kinicki del 2008  che verranno affrontati più il là nel paper.

 

Lavoro flessibile e job insecurity: l’incertezza lavorativa avanza alla luce di un fenomeno eterogeneo – © Dr. Pierluigi Lido