Compiti di prestazione e compiti di apprendimento: Situazione di incertezza – Il conflitto sociocognitivo

SITUAZIONE DI INCERTEZZA: CONFLITTO SOCIOCOGNITIVO

Un tipo di situazione che ha luogo frequentemente negli ambienti di apprendimento è quella che crea incertezza: il confronto con un’altra persona che non è d’accordo su una risposta. Alcuni ricer-catori chiamano questa situazione “conflitto socio-cognitivo” (Buchs, Butera, Mugny & Darnon, 2004; Doise & Mugny, 1984; Mugny & Doise, 1978). Per questi autori il fatto che un’altra persona proponga una risposta diversa mette in discussione la conoscenza di un individuo e suggerisce che forse la sua risposta è sbagliata (Butera & Mugny, 1995, 2001; Quiamzade & Mugny, 2001). Quindi questa situazione è caratterizzata da una doppia incertezza: sia un’incertezza sulla validità di una risposta sia un’incertezza sulla competenza personale. In linea con questa tesi McGarry, Turner, Oakes e Haslam (1993) hanno dimostrato che il disaccordo con gli altri aumenta l’incertezza soggettiva (vedi anche Hardin & Higgins, 1996). Questo punto di vista è anche in linea con altri risultati (Pool, Wood & Leck, 1998) che dimostrano che il disaccordo con altre persone rilevanti minaccia l’autostima.

Molti contesti educativi comprendono l’opportunità di lavorare con altri studenti, sia nelle discussioni di classe e nei gruppi di studio che in unità di apprendimento cooperativistico. Ogni volta che queste interazioni con gli altri sono possibili, possono aversi disaccordi ed è importante studiare gli effetti degli scopi di risultato in questi contesti. Infatti, se dover affrontare il disaccordo di un pari grado aumenta l’incertezza, allora ci si può aspettare che gli scopi di prestazione perdano il loro potenziale positivo in questi tipi di contesti di apprendimento.

DUE ESEMPI DI STUDIO

Gli esperimenti che seguono testano l’ipotesi che gli scopi di approccio alla prestazione siano più efficaci in condizioni di scarsa incertezza e che siano meno vantaggiosi in condizioni di grande incertezza. Ciò verrà testato su tipici compiti accademici, cioè apprendere un testo accademico (Esperimento 1) e risolvere problemi matematici (Esperimento 2). In entrambi gli studi viene manipolata l’incertezza esponendo alcuni partecipanti al conflitto socio-cognitivo. Nell’esperimento 1 viene testata l’ipotesi sperimentalmente manipolando l’approccio verso scopi di evitamento della prestazione ed esponendo così ipartecipanti a un’altra persona che è in accordo o in disaccordo con loro. Quando ci si trova di fronte qualcuno che è in disaccordo, il vantaggio (beneficio) degli scopi di approccio o di evitamento dovrebbe andar perso in relazione alle condizioni in cui i pari grado sono d’accordo. Nello Studio 2 vengono misurati gli scopi di risultato auto-fissati e vine manipolata l’incertezza in due modi. Oltre alla manipolazione del conflitto socio-cognitivo, si manipola l’incertezza sulla competenza personale fornendo ad alcuni partecipanti un feed-back negativo sulle loro capacità.

STUDIO 1

I partecipanti hanno ricevuto istruzioni di approccio alla prestazione, rispetto all’evitamento, per una lezione di apprendimento di un testo e sono stati portati a pensare che stavano interagendo con un’altra persona. Durante questa “interazione”, l’altra persona poteva essere d’accordo o in disaccordo con loro sulle risposte alle domande sul testo.

Come previsto, il disaccordo rende i partecipanti incerti sulla validità della loro risposta e incoraggia comportamenti aventi lo scopo di ridurre l’incertezza. Infatti, i partecipanti hanno scelto di ritornare sul testo più dopo il disaccordo che dopo l’accordo. In linea con ciò, il disaccordo incoraggiava gli scambi; i partecipanti che avevano dovuto affrontare il disaccordo non solo non rileggevano di più il testo, ma anche replicavano di più al partner, riecheggiando il punto di vista di Festinger (1950) secondo il quale il disaccordo è l’elemento chiave che fa comunicare le persone. Inoltre, i risultati aiutano a chiarire l’effetto distintivo degli scopi di approccio e di evitamento della prestazione. Infatti, in condizioni di disaccordo, gli scopi di approccio alla prestazione portano a ritornare al testo dopo la risposta del partner, un comportamento che è piuttosto tipico della motivazione di approccio (Elliot, 1997).

Riproducendo i primi risultati (per esempio Elliot & Church, 1997; Elliot et al., 1999), è stato riscontrato che gli scopi di approccio alla prestazione sono più benefici per la prestazione di quanto non lo siano quelli di evitamento, ma – e questo è il contributo di questo esperimento – solo in condizioni di accordo (bassa incertezza). È stato riscontrato un diverso modello di risultati quando ci sono disaccordi; in questa condizione di incertezza, i due scopi portano allo stesso basso livello di prestazione.

Così, i risultati di questo esperimento supportano l’ipotesi che gli effetti positivi degli scopi di approccio alla prestazione possano apparire solo quando l’incertezza è bassa. Tuttavia, sono state notate delle importanti limitazioni. In primo luogo, come già detto, i teorici hanno sostenuto che il disaccordo introduce una doppia incertezza: un’incertezza sulla correttezza di una risposta e un’incertezza sulla competenza personale (Butera & Mugny, 2001). In questo esperimento la manipolazione del conflitto ha sollevato dell’incertezza sulla correttezza di una risposta, ma non necessariamente solleva incertezza sulla competenza personale. Infatti, il disaccordo in questo studio è orientato al contenuto e all’interpretazione del testo e non c’è riferimento alla capacità del partecipante (si veda Darnon, Buchs & Butera, 2002, per diverse formulazioni del conflitto interpersonale). Un interessante ampliamento di queste scoperte sarebbe di esplorare se gli stessi effetti hanno luogo in condizioni di incertezza sulla competenza personale. Cioè, gli scopi di approccio alla prestazione si dimostrerebbero di maladattamento se, invece di dubitare della validità della loro risposta, i partecipanti fossero portati a dubitare della loro competenza personale? L’esperimento 2 tratteràquesta questione.

Inoltre, in questo esperimento, gli scopi sono manipolati. Tuttavia, molta della letteratura sugli scopi di risultato riguarda studi di scopi di auto-riuscita, e legami positivi tra scopi di approccio alla prestazione e prestazione accademica sono stati documentati in maniera più esaustiva in studi dove gli scopi non venivano manipolati, ma misurati (per es. Elliot & Church, 1999; Elliot & McGregor, 2001; Elliot et al., 1999; Harackiewicz et al., 1997, 2000, 2002; P.Pintrich, 2000; si veda anche Senko & Harackiewicz, 2001; o Elliot et al. 2005). A livello sperimentale gli scopi manipolati non sempre hanno gli stessi effetti degli scopi auto-determinati (Barron & Harackiewicz, 2001; Linnen-brink, 2005). È quindi importante esaminare i mediatori degli effetti degli scopi auto-determinati. Nell’esperimento 2 è stata testata la mitigazione degli effetti degli scopi auto-determinati di approccio e di evitamento alla prestazione tramite il disaccordo e il feedback negativo. Si dovrebbe osservare un modello similare di moderazione come nell’esperimento 1, cioè gli scopi di approccio alla prestazione dovrebbero essere migliori preconizzatori della prestazione in condizioni di bassa incertezza.

STUDIO 2

Come nel precedente studio 1 i partecipanti sono stati portati a pensare che stavano interagendo con un co-attore durante un compito di apprendimento. Questo esperimento tuttavia differisce dal primo per tre aspetti: 1) in contrasto con l’esperimento precedente gli scopi di approccio e di evitamento non sono manipolati, bensì determinati come variabili auto-riferite. 2) oltre al fattore di disaccordo, è stato manipolato un altro fattore per creare incertezza: feedback negativo sulla competenza personale. 3) il compito usato nell’esperimento 2 è diverso da quello dell’esperimento 1. Comporta l’apprendimento di una nuova tecnica di soluzione dei problemi di moltiplicazione.

Come nell’esperimento precedente, il disaccordo è preconizzato per moderare l’effetto degli scopi di approccio alla prestazione; cioè, i benefici degli scopi di approccio alla prestazione dovrebbero apparire solo senza disaccordo. La stessa moderazione dovrebbe essere osservata con feedback negativo, cosicché gli scopi di approccio alla prestazione dovrebbero avere effetti positivi in assenza di feedback negativo. In contrasto, gli scopi di approccio alla prestazione dovrebbero sempre preconizzare negativamente la prestazione, indipendentemente dal disaccordo o dal feedback negativo.

Questo esperimento era preparato per trattare due questioni. In primo luogo si è cercato di riprodurre i risultati dell’esperimento 1, ma con scopi auto-stabiliti, anziché manipolati. In secondo luogo, si è preso in considerazione la questione se la moderazione degli effetti degli scopi di approccio alla prestazione sarebbero stati osservati anche con una diversa manipolazione dell’incertezza, basata sulla competenza personale piuttosto che sulla validità di una risposta.

I risultati del controllo di manipolazione indicano che sia il feedback negativo sia il disaccordo sono efficaci nell’introdurre incertezza. Come nell’esperimento 1, il disaccordo aumenta l’incertezza sulla validità delle risposte del partecipante (anche se erano corrette). Al contrario, il feedback negativo non aumenta l’incertezza sulla validità di una risposta, ma solo l’incertezza sulla competenza personale. Sebbene questi due fattori portino a diversi tipi di incertezza, ognuno di essi moderava gli effetti degli scopi di approccio alla prestazione allo stesso modo. Infatti, si è osservato un’interazione tra scopi di approccio alla prestazione e disaccordo, e anche un’interazione tra scopi di approccio alla prestazione e feedback negativo. La prima interazione permette una replica concettuale dell’esperimento 1. La seconda indica che la stessa dinamica appare con l’incertezza sulla competenza personale.

Ci si aspettava che gli scopi di evitamento della prestazione fossero negativamente collegati alla prestazione attraverso le condizioni sperimentali. Contrariamente a questa ipotesi, l’effetto principale degli scopi di evitamento della prestazione non è significativo. Tuttavia, l’interazione significativa tra scopi di evitamento della prestazione e disaccordo rivelano che gli scopi di evitamento della prestazione preconizzano la prestazione (come anche riscontrato da Elliot & Church, 1997; Elliot & McGregor, 2001; Elliot et al., 1999; Sideridis, 2005; Skaalvik, 1997) ma solo in condizioni di non-conflitto. In condizioni di conflitto, tuttavia, la prestazione è bassa indipendentemente dall’applicazione dello scopo di evitazione della prestazione, forse perché tutti i partecipanti sperimentano l’incertezza quando il loro partner non è d’accordo con loro. Inoltre, questo effetto di interazione è in linea con i risultati dell’esperimento 1, indicando che gli scopi di evitamento della prestazione minano la prestazione relativa agli scopi di approccio alla prestazione in condizioni di accordo, ma non in condizioni di disaccordo.

L’alta correlazione tra scopi di approccio ed evitamento della prestazione suggerisce che gli individui possono adottare e adottano entrambi i tipi di scopi e che è importante testare i loro effetti separati e interattivi (Barron & Harackiewicz, 2001; Pintrich, Conley & Kempler, 2003). L’interazione tra scopi di evitamento e di approccio alla prestazione indica che, quando si associano a un forte supporto degli scopi di approccio alla prestazione, gli scopi di evitamento della prestazione non sono negativi per la prestazione. Questo risultato suggerisce che il supportare entrambi i tipi di scopi di prestazione può essere più adattabile che supportare solo gli scopi di evitamento della prestazione, forse perché lo scopo di approccio contiene l’effetto negativo dello scopo di evitamento. Questo risultato illumina la possibilità di sostegno di scopi multipli, una possibilità sinora studiata solo per gli scopi di padronanza e di approccio alla prestazione.

DISCUSSIONE GENERALE

Lo scopo di questi due esperimenti è di trattare la questione degli effetti degli scopi di prestazione sulla prestazione stessa. È stato ipotizzato che gli scopi di approccio alla prestazione aumentassero la prestazione se confrontati con gli scopi di evitamento della prestazione, ma solo in condi-zione di bassa incertezza. Al contrario, si prevedeva che gli scopi di evitamento della prestazione fossero alla base della prestazione, indipendentemente dal livello di incertezza. Considerati insieme, i risultati degli esperimenti supportano fortemente l’ipotesi. Nell’esperimento 1 questa ipotesi è stata valutata in un contesto in cui è stato manipolato il conflitto attraverso il confronto tra un attore in disaccordo e un co-attore in accordo. I risultati dimostrano che, come ci si aspettava e come osservato nella precedente richiesta (McGarty et al., 1993), la manipolazione del conflitto aumentava l’incertezza. Il test critico dell’ipotesi, tuttavia, riguardava la prestazione. Infatti gli scopi di approccio alla prestazione hanno un vantaggio sugli scopi di evitamento della prestazione in caso di accordo, ma questo beneficio andava perso non appena i partecipanti dovevano affrontare i disaccordi. Coerentemente con l’ipotesi, allora, era solo quando l’incertezza era bassa (nessun disaccordo) che gli scopi di approccio alla prestazione avevano più effetti positivi sulla prestazione rispetto agli scopi di evitamento della prestazione. Nell’esperimento 2 la stessa ipotesi era testata in una situazione in cui sono statemanipolate due tipi di incertezza: l’incertezza sulla risposta corretta (permettendo una replica concettuale dell’esperimento 1) e l’incertezza sulla competenza personale. Oltre alla manipolazione del disaccordo, alcuni partecipanti hanno ricevuto un feedback negativo sulla loro precedente prestazione. Inoltre, in questo esperimento, gli scopi erano misurati anziché manipolati come nell’esperimento 1. I risultati non solo replicavano quelli dell’esperimento 1, mostrando una moderazione degli effetti degli scopi di approccio alla prestazione tramite il disaccordo, ma anche dimostravano che la stessa dinamica avveniva con il feedback di competenza negativa.

Presi insieme questi due esperimenti confermano che, in linea con la prospettiva revisionata degli scopi di prestazione (Harackiewicz et al., 2002), gli scopi di approccio alla prestazione possono avere effetti positivi sulla prestazione. Va notato tuttavia che negli studi attuali come nella ricerca precedente questo legame positivo può essere compreso nei termini della particolare struttura degli scopi implicita nel contesto di ricerca (Meece, Anderman & Anderman, 2006), cioè una grande università. All’università infatti la competenza è tipicamente definita in termini di capacità relative. In altre parole, lo scopo di superare gli altri nella prestazione è coerente con la contestuale struttura dello scopo ed è, in questo senso, di adattamento. Questo potrebbe spiegare perché, in una tale struttura di approccio alla prestazione, gli scopi preconizzano positivamente il successo. I risultati tuttavia suggeriscono che questo beneficio non viene osservato in tutte le situazioni. Infatti, quando i partecipanti si sentono insicuri della loro risposta o della loro capacità, gli scopi di approccio alla prestazione non promuovono la prestazione. In una condizione di altissima incertezza, come la condizione dell’esperimento 2 in cui c’erano sia il feedback negativo sia il disaccordo col partner, gli scopi di approccio alla prestazione erano veramente negativi per la prestazione. Questa scoperta è coerente con il punto di vista di Elliot (1999) che questi scopi sono scopi ibridi e che i loro effetti sono misti e dipendono in larga misura dal contesto. I risultati sono anche coerenti con lo studio di Barron & Harackiewicz (2001) che documentava che gli effetti degli scopi di approccio alla prestazione sono moderati dalla difficoltà del compito. Sebbene siano stati riscontrati positivi per gli scopi di approccio alla prestazione per i problemi facili, gli scopi di approccio alla prestazione non hanno preconizzato la prestazione su problemi più difficili, forse perché i partecipanti erano incerti sulla loro capacità di risolverli.

Per quanto riguarda gli scopi di evitamento della prestazione, gli studi dimostrano, come nella precedente ricerca, che questi scopi non sono di adattamento (si veda Elliot & Church, 1997; Elliot & McGregor, 2001; Elliot et al., 1999; Sideridis, 2005; Skaalvik, 1997). I risultati dell’esperimento qualificano questa affermazione generale, tuttavia, perché gli scopi di evitamento della prestazione non avevano effetti uniformemente negativi sulla prestazione. In situazioni di grande incertezza, il rapporto negativo tra scopi di evitamento della prestazione e prestazione è attenuato. Inoltre sono state riscontrate interazioni significative tra gli scopi di approccio e di evitamento della prestazione, suggerendo che gli effetti negativi degli scopi di evitamento possono essere compensati dal sostegno degli scopi di approccio alla prestazione. Anche se i risultati supportano l’idea che questi scopi non portano mai a risultati positivi, suggeriscono però che in alcune situazioni (disaccordo), o quando associati ad altri scopi più positivi (approccio alla prestazione), questi scopi non sono negativamente correlati alla prestazione.

È importante notare che in questa ricerca sono stati esaminati solo gli scopi di prestazione, ma l’incertezza può anche moderare gli effetti degli scopi di prestazione e questo può essere importante da esaminare nella futura ricerca. Più specificamente, e in contrasto con gli scopi di prestazione, è possibile aspettarsi che gli scopi di padronanza siano particolarmente di adattamento in condizioni di grande incertezza. Infatti la ricerca recente indica che la prestazione è favorita quando gli scopi di padronanza sono associati ad alti livelli di difficoltà del compito (Senko & Harackiewicz, 2005) o perseguiti in condizioni di conflitto (Darnon et al., 2007). La futura ricerca dovrà anche chiarire la precisa natura dell’incertezza creata in questi esperimenti. L’incertezza può essere correlata all’auto-efficacia (Bandura, 1982), ed è possibile che i partecipanti dubitassero della loro capacità di raggiungere certi livelli di prestazione. Un’altra possibilità è che ciò che conta sia l’incertezza sulla propria capacità di dar prova della sua competenza. Nei due tipi di condizioni di incertezza qui studiati, i partecipanti non erano sicuri di poter soddisfare i loro scopi di prestazione (fare bene rispetto agli altri). Questo può aver fatto sì che si rivolgessero a strategie che li danneggiavano, come il ritiro o lo sforzo, quindi mettendo in pericolo la loro prestazione (Rhodewalt & Tragakis, 2002).

Inoltre, una possibile interpretazione di questi risultati potrebbe essere che l’effetto del disac-cordo (esperimenti 1 e 2) e del feedback negativo (esperimento 2) potrebbe essere stato infatti di trasformare gli scopi di approccio alla prestazione negli scopi di evitamento della prestazione. Questa idea sarebbe supportata dai recenti risultati di Senko e Harackiewicz (2005b) che hanno dimostrato che la prestazione scarsa nei primi esami aumenta l’attuazione di scopi di evitamento della prestazione. Si potrebbe sostenere che i partecipanti allo studio che hanno applicato scopi di approccio alla prestazione possano essersi spostati sull’evitamento dopo un disaccordo o un feedback negativo. Questo potrebbe spiegare perché, in queste ultime condizioni, gli scopi di approccio alla prestazione hanno legami negativi con la prestazione. Uno studio che misuri gli scopi prima e dopo un disaccordo o una manipolazione del feedback permetterebbe una più approfondita analisi di questa possibilità.

 

In sintesi si ritiene che questi studi contribuiscano a una comprensione dei processi degli scopi di prestazione. In linea con la recente ricerca (vedi Senko, Durik & Harackiewicz, in stampa) questi risultati suggeriscono che gli scopi di approccio alla prestazione, quando non associati all’incertezza, hanno effetti positivi sulla prestazione. Tuttavia i risultati indicano che non appena gli studenti diventano incerti, o a causa di dubbi sulla loro risposta o a causa di dubbi sulla loro capacità di rispondere correttamente, gli scopi di approccio alla prestazione diventano meno adattivi. Questo punto è di grande importanza. Infatti, poiché molti studi hanno ora dimostrato il legame positivo tra scopi di approccio alla prestazione e prestazione all’esame, si potrebbe raccomandare di promuovere non solo la padronanza ma anche gli scopi di approccio alla prestazione nelle classi (per es. Hidi & Harackiewicz, 2000; Rawsthorne & Elliot, 1999). I risultati mostrano che gli scopi di approccio alla prestazione possono solo avere effetti positivi se quanto richiesto nel compito è qualcosa che sembra facile e non aumenta l’incertezza. Questo è un punto molto importante. Infatti, si ritiene che sia quasi impossibile – e non desiderabile – rendere il il lavoro accademico libero da incertezze. Come sostenuto precedentemente, i contesti accademici implicano discussioni e quindi conflitto. I risultati della corrente ricerca suggeriscono che, in questi contesti, gli scopi di approccio alla prestazione possono diventare negativi per l’apprendimento.

 

 

 

© Compiti di prestazione e compiti di apprendimento: sviluppi recenti  – Fabrizio Manini

 

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